BATTISTERO
Il termine, già in uso nell'Antichità classica per definire la vasca del frigidarium negli edifici termali (Plinio il Giovane, Ep., II, 17, 11; V, 6, 25), con l'affermarsi del cristianesimo passò a indicare il luogo fisico, posto all'interno di una chiesa o distinto da essa, che ospita la vasca utilizzata per amministrare il primo sacramento della vita cristiana.
Già prima dell'età costantiniana, come indica il b. della casa cristiana di Dura Europos (ante 230) e come suggeriscono i testi più antichi, l'ambiente in cui si svolgono i riti battesimali appare distinto dall'edificio di culto, cui risulta in origine annesso, acquisendo via via autonomia architettonica, con peculiarità che variano a seconda dell'area o dell'arco cronologico di appartenenza.Nell'ambito delle problematiche a esso relative, l'articolato rapporto con l'edificio di culto rappresenta il nodo più significativo per la comprensione del fenomeno legato all'origine del b. stesso, in Oriente come in Occidente.In questa prospettiva è indubbio che il legame fra il b. e la chiesa episcopale appare fin dalle origini privilegiato e registra gli esempi più antichi, dal citato caso di Dura Europos, del sec. 3°, ai b. delle chiese episcopali costantiniane.Se, nel caso dei b. di Aquileia - di cui recentemente è stata individuata la vasca della fase teodoriana dei primi anni del sec. 4° (Menis, 1986) - e di Treviri (e forse della prima fase del b. di Colonia), che hanno in comune anche il tipo di vasca ovoidale, si tratta di ambienti annessi di dimensioni limitate, il b. della chiesa episcopale di Roma, quella del Salvatore al Laterano (Cecchelli, 1990), fin dalle origini ebbe una propria autonomia architettonica: aveva una pianta circolare - sostituita più tardi da quella ottagonale del b. di Sisto III (432-440) - e risulta essere il b. autonomo più antico della cristianità, se si esclude il problema del b. del Santo Sepolcro di Gerusalemme. Questo primato gli è contestato forse dal b. della basilica costantiniana di Capua, recentemente rinvenuto, mentre di poco posteriore sembrerebbe il b. della basilica nova, S. Stefano alle Fonti a Milano (prima metà ca. del sec. 4°). Il primo è stato individuato a Capua, a S-E dei resti della basilica costantiniana: si tratta di un ambiente quadrangolare cupolato, nella cui copertura il passaggio dal quadrato al cerchio si attua per mezzo di cuffie angolari (Pagano, Rougetet, 1984). Se dunque è da legare alla fase costantiniana della vicina basilica, esso probabilmente fornì al b. severiano di Napoli (fine sec. 4°-inizi 5°), e a quello più tardo di S. Giovanni in Fonte a Marcellianum - ricordato da Cassiodoro agli inizi del sec. 6° -, il modello non solo per l'impianto quadrangolare con cupola, ma anche per l'adozione delle cuffie angolari, elementi che sembrano peculiari di quest'area.Alla prima metà del sec. 4° va probabilmente riferito il b. di S. Stefano alle Fonti a Milano, di cui sono state rinvenute alcune tracce - compresa una vasca ottagonale - sotto la sacrestia aquilonare del duomo di Milano, da identificare con il b. più antico di Milano, dove Ambrogio esercitava il suo ministero, fino a oggi riconosciuto nel b. di S. Tecla (Apollonj Ghetti, 1987). Se l'ambiente che conteneva la vasca era anch'esso ottagonale, si tratterebbe del più antico b. ottagonale attestato, modello sia del più tardo S. Giovanni in Fonte a Milano sia dei numerosi b. ottagonali d'Occidente e probabilmente, seppure si tratti di una tipologia meno frequentemente attestata, d'Oriente. La fase sistina, ottagonale, del b. Lateranense rappresenta poi una sorta di frontiera per quanto riguarda la diffusione di questa formula architettonica nell'Italia a S di Roma, dove peraltro il numero dei b. superstiti sembra più esiguo rispetto al resto della penisola.Se il b. ottagonale appare il più diffuso nell'Italia centrosettentrionale e a N delle Alpi, con un esempio significativo a Barcellona in Spagna (Verrié, 1978), rari casi si rintracciano in Africa settentrionale, per es. il grande b. ottagonale annesso alla chiesa di Siagu e quello di Tabarka (Duval, 1989), nonché in Dalmazia (Chevalier, 1988) e in Grecia (Volanakis, 1976); si tratta inoltre di una tipologia peculiare, sembra, dei grandi b. orientali legati ai celebri santuari di S. Menna in Egitto, Qal῾at Sim῾·an nella Siria settentrionale, S. Giovanni a Efeso costruiti nell'arco del sec. 5°, che dipendono da un prototipo comune, probabilmente imperiale, ancora da individuare. Anche la Santa Sofia di Costantinopoli aveva un b. ottagonale, giunto nella redazione giustinianea; probabilmente anche quello più antico presentava la medesima pianta, attestata in Asia Minore, a Efeso, in relazione sia al b. del santuario di S. Giovanni Evangelista sia a quello della chiesa episcopale, S. Maria, menzionato da una fonte all'anno 400 (Falla Castelfranchi, 1980).La diffusione della forma ottagonale, sia in relazione all'architettura dei b. sia soprattutto alla vasca, non si sottrae a sollecitazioni simboliche per la sua significativa relazione con la numerologia (Quacquarelli, 1973). Il valore simbolico del numero otto presso i Padri della Chiesa, esaltato dall'iscrizione ambrosiana nel b. di Milano (Paredi, 1966, p. 225), è noto, e il b. ottagonale coniuga felicemente schemi antichi con significati, funzioni e simbologie del mondo cristiano. Così è anche per la forma esagonale, rara nei b. ma attestata soprattutto in relazione alle vasche, tipologia ampiamente diffusa in particolare ad Aquileia e nel vasto territorio della sua diocesi, con qualche attestazione nel resto del mondo cristiano, in Francia, Grecia, Dalmazia, Africa settentrionale; in Siria per es. il b. di Deyr Seta ha forma esagonale, e così il b. di Zara in Dalmazia. L'adozione della forma esagonale può sottintendere accenti antiariani, essendo il numero sei un multiplo di tre, nonché il numero perfetto, corrispondente, nell'esegesi patristica, al numero della creazione (Di Manziano, 1968). Anche il numero dei gradini della vasca non si sottrae a queste suggestioni: la vasca ideale per Isidoro di Siviglia e Ildefonso di Toledo (sec. 7°) ha tre gradini per lato, fino a formare, con il fondo, il numero sette (Ulbert, 1978), che simboleggia la fine dell'Antico Testamento e l'inizio del Nuovo, nella figura unificante del Battista (Quacquarelli, 1973).Solo di recente è emerso in tutta la sua significativa rilevanza il rapporto che lega il b. alla città (Février, 1975; Testini, 1985; Episcopo, 1985; Saxer, 1989), e il caso forse paradigmatico di Roma, con i suoi numerosi b. urbani ed extraurbani, ha consentito di avviare le indagini in questo settore. Nell'Urbe infatti fra i secc. 4° e 5° si moltiplica il numero dei b., operazione da legare all'evergetismo dei papi ma anche dei privati - per es. i b. di S. Vitale e di S. Anastasia, degli inizi del sec. 5°, e quello di S. Stefano sulla via Latina, costruito sotto Leone I (440-461) -, e ciò soprattutto in relazione a esigenze di tipo pastorale. Per quanto riguarda i b. del suburbio invece, i casi del pieno sec. 5° - il citato S. Stefano sulla via Latina, il b. di S. Agata in fundo Lardario, creato da papa Simmaco sull'Aurelia nova, e ancora la probabile trasformazione in b. di un cubicolo della catacomba di Ponziano sulla via Portuense (Episcopo, 1985) - sono da porre in relazione con i mutamenti delle strutture organizzative e delle istituzioni ecclesiastiche, che acquisirono un ruolo più definito, in rapporto specificamente alle esigenze delle popolazioni rurali, specialmente a partire dall'età di Gelasio I (492-496): nasce così l'ecclesia baptismalis, che preluderà alla pieve altomedievale.Al recente elenco fornito da Saxer (1989) sui casi certi di b. romani vanno aggiunti il b. Lateranense, quello di S. Cecilia, recentemente scoperto (Parmegiani, Pronti, 1990), e il probabile b. di S. Marco.Anche a Salonicco i maggiori edifici cristiani sono corredati di b., a partire dalla chiesa episcopale, Santa Sofia (Falla Castelfranchi, 1981), al martyrium di S. Demetrio (Volanakis, 1976, p. 99), alla chiesa dell'Acheiropoietos (Cormack, 1969, p. 51), fino alle chiese suburbane, per es. l'edificio di culto a Tumba (Volanakis, 1976, p. 100ss.): a Stobi, sempre in Macedonia, si verificò un fenomeno analogo, con b. urbani, rurali e inseriti nelle chiese degli insediamenti militari, e ciò in particolare nel sec. 6° (Duval, Popović, 1984). Così a Costantinopoli, dove ai tre b. segnalati da Mathews (1971) vanno aggiunti quello di S. Polieucto (Harrison, 1986, p. 24) e altri b. menzionati dalle fonti, come quello del martyrium di S. Artemio, ricordato in un testo degli inizi del sec. 7° ca. (Mango, 1979), e il 'piccolo' b. - citazione che invita a supporre l'esistenza di un b. più vasto - nell'ambito del santuario dei Ss. Cosma e Damiano, il celebre Kosmidion ricostruito da Giustiniano (Deubner, 1907). Anche a Edessa (od. Urfa, nella Turchia orientale) sono attestati, fra i secc. 4° e 6° e oltre, alcuni b. (Segal, 1970), e così in alcune città dell'Africa settentrionale (Duval, 1989, p. 364ss.).Con un deciso scarto cronologico rispetto alla genesi e allo sviluppo dei b. urbani, il rapporto fra b. e campagna, in relazione alle esigenze della popolazione rurale, trova una sua collocazione per così dire 'giuridica' non prima del tardo sec. 5° (Violante, 1982), sotto Gelasio I (492-496) e Simmaco (498-512), pur con eccezioni: si pensi per es. al canone 77 del concilio di Elvira, dei primi anni del sec. 4°, dove già si parla di diaconi regentes plebem (Testini, 1985, p. 42). È questo un fenomeno che si registra contemporaneamente in altre aree del mondo cristiano, almeno a giudicare da quelle regioni ove il problema è stato impostato, per es. la Dalmazia, che conta casi del sec. 5°, ma soprattutto del 6°, successivi alla riconquista bizantina (Rendić Miocević, 1972), e la Siria, dove il fenomeno si colloca fra i secc. 5° e 6° (Dufay, 1989); esso appare attestato anche in Africa settentrionale (Duval, 1989), in Nubia (Godlewski, 1979, p. 19ss.) e in Francia (Février, Duval, 1972, p. 70ss.).È in parte collegabile a questo particolare aspetto la presenza del b. in ambito monastico, laddove si tratti specificamente di monasteri ubicati in zone impervie e isolate o di centri di pellegrinaggio con le medesime caratteristiche: per es. il b. di Alahan Monastir, del tardo sec. 5° (Bakker, 1985). Il fenomeno appare già documentato in età costantiniana e si codificò fra la fine del sec. 4° e la fine del 5°, e poi in seguito. Per l' Occidente vanno ricordati il b. di S. Pietro, costruito sotto Damaso (366-384), e quello del santuario di Saint-Martin a Tours, costruito verso il 471, poi trasformato nel sec. 6° da Gregorio di Tours in un oratorio dedicato a s. Benigno. Lo stesso Gregorio eresse poi un nuovo b. trasferendovi alcune reliquie di s. Giovanni Battista. È soprattutto in Oriente che la relazione b.-santuario di pellegrinaggio acquisisce connotazioni specifiche in relazione soprattutto ai santuari più venerati, quali S. Menna in Egitto, non lontano da Alessandria (prima fase del b., seconda metà del sec. 5°), S. Giovanni a Efeso (prima metà sec. 5°) e Qal῾at Sim῾·an nella Siria settentrionale (fine sec. 5°). Si tratta di b. monumentali, probabilmente in relazione all'afflusso dei pellegrini che chiedevano di essere battezzati presso la tomba del santo o del martire. Essi denunciano nella pianta, nell'articolazione in più ambienti e nelle vaste dimensioni un modello comune: ciò risalta maggiormente se si tiene presente che ciascuno di essi si pone come un'eccezione rispetto alla tradizione delle aree di appartenenza. In Siria infatti il b., di dimensioni limitate, è di consueto annesso, tranne qualche eccezione, e ha pianta quadrata; in Egitto è analogamente ubicato in un annesso e difficilmente è dotato di autonomia e monumentalità. Così avviene anche in Asia Minore, dove i b. di Efeso, quelli di S. Giovanni e della chiesa episcopale di S. Maria sembrano gli unici a presentare una pianta ottagonale.Inoltre questi b. sono tutti connessi a grandi chiese cruciformi costruite nell'arco del sec. 5°, soprattutto legate a una committenza imperiale: è il caso di Qal῾at Sim῾·an e di S. Menna con Zenone (474-491) o della fase pregiustinianea del b. di S. Giovanni a Efeso con Arcadio (395-408) o con Teodosio (408-450). Se questi b. monumentali legati ai più importanti santuari dell'Oriente cristiano e dell'Egitto costituiscono quasi un gruppo a sé, in Oriente il numero dei b. legati al santuario è comunque cospicuo e le fonti stesse trasmettono preziose notizie riguardo ad altri casi celebri, per es. il b. del martyrium di S. Leonzio a Tripoli di Fenicia, testimoniato da Zaccaria Scolastico, e quello del santuario dei Ss. Ciro e Giovanni a Menuthis, non lontano da Alessandria, di cui parla Sofronio di Gerusalemme, e altri ancora, ad Antiochia e altrove (Falla Castelfranchi, 1980).In questa temperie il rapporto tra il b. e l'edificio di culto si carica di ulteriori valenze, se si tiene conto del concetto, caro ai Padri della Chiesa, che assimila il battesimo alla tomba, sull'esempio di s. Paolo (Rm. 6, 3-4); una sorta di tópos letterario, come indicano anche alcuni autori siriaci dal sec. 8° al 12° (Varghese, 1989). A ciò si collega probabilmente la presenza di reliquie e tombe nel b. (Février, 1986), attestate sia in Oriente sia in Occidente: non è forse casuale, in quest'ottica, che a Cirene la vasca del b. della cattedrale sia un sarcofago reimpiegato (Duval, 1971-1973, p. 287), o che il fondo di una vasca di Tebessa sia costituito da una mensa circolare ad alveoli di reimpiego (Duval, 1980 p. 340ss.), o ancora che la vasca ottagonale del c.d. monastero Bianco in Egitto sia stata in seguito riutilizzata come tomba (Grossmann, 1984-1985), analogamente alla vasca da Povlja in Dalmazia (Ostoicjć, 1963). Risalta in questo settore il caso di Edessa, dove nel 'grande b.' costruito nel 369-370 erano conservate reliquie del Battista, mentre più tardi, in un b. della stessa città, edificato agli inizi del sec. 8°, fu probabilmente custodita la più preziosa reliquia, il mandilio (Segal, 1970). La presenza di altari nei b., talvolta con depositi di reliquie (Février, 1986), introduce al tema relativo alla suppellettile del b. mutuata dall'edificio di culto. Si discute da tempo sulla funzione di questi altari, talvolta semplici mense su colonnette, come quello ubicato nell'abside dell'ambiente orientale del b. di S. Giovanni a Efeso. Sulla base della liturgia battesimale della Spagna visigotica, l'altare nel b. sarebbe in relazione alla confirmazione, e l'olio che serviva per questo rito era posto sull'altare (Ulbert, 1978, p. 160ss.), ipotesi avanzata anche per i b. di S. Giovanni a Efeso (Falla Castelfranchi, 1980, p. 31ss.) e di Cimiez. Si è proposto anche di collegare la presenza dell'altare nel b. al moltiplicarsi degli altari nell'edificio di culto (Février, 1986, p. 126ss.), mentre l'altare rinvenuto davanti alla parete orientale del b. nuovo del complesso ecclesiale di Ḥūarte nella regione di Apamea in Siria, del 483-487, serviva forse per la benedizione dell'olio usato nel corso della cerimonia (Canivet, Canivet, 1987, p. 312ss.). In ogni caso l'altare nel b. appare abbastanza diffuso in Oriente e in Occidente fino alla Nubia. Alcuni di questi altari contenevano reliquie, come, tra gli altri, quelli del b. di Alahan Monastir in Cilicia (Bakker, 1985, p.132) e di Tevesthe in Algeria (Février, 1986, pp. 119ss., 126ss.).Sono anche documentati alcuni casi di troni nel b., per es. in Tripolitania (Romanelli, 1966, p. 428ss.), nel grande b. rotondo di Cuicul in Algeria (Grégoire, 1938) o a Thàrros in Sardegna. Si tratta di un elemento che forse è in relazione alla presenza del vescovo durante il rito (Testini, 1966, pp. 193ss., 199, n. 26), e così è probabilmente l'ambone, attestato per es. nel b. Neoniano di Ravenna (Deichmann, 1976), a Lomello (Peroni, 1974) e a Ginevra. In quest'ultimo caso, tra i secc. 6° e 7°, un ambone fu aggiunto alla vasca del b. paleocristiano, mentre più tardi, in età carolingia, un altro ambone fu sistemato sulla vasca stessa, obliterandola (Bonnet, 1989, p. 1413). Talvolta nel b. è anche attestata la presenza del sýnthronon: per es. nell'abside sinistra del b. di Alahan Monastir (Bakker, 1985). La presenza di tombe nel b., da Albenga (Février, 1986) alla Nubia (Godlewski, 1979), così come la trasformazione di b. in martyria, costituiscono una delle tante sfaccettature di questa variegata realtà.È noto da s. Ambrogio che a Milano tutti i riti si svolgevano nel b., ivi compreso quello della rinuncia a Satana, che altrove, per es. a Gerusalemme o ad Aquileia, si verificava prima di entrare nel b. stesso (Picard, 1984, p. 1456ss.).Un capitolo significativo a questo riguardo è quello relativo alla dimensione delle vasche battesimali, molto più vaste in Occidente, in Italia soprattutto, rispetto all'Oriente. Ciò è forse da porre in relazione con la presenza di diaconi e preti che accompagnavano nella vasca il catecumeno, tradizione che in alcune aree si conservò almeno fino al sec. 8° (Picard, 1984, p. 1463) e oltre. Va ricordato che in origine l'immersione era più o meno totale e che inoltre ci si battezzava preferibilmente da adulti dopo una lunga preparazione (talvolta quaranta giorni e più).Vi è un'area in cui si può impostare e verificare l'equazione b.-liturgia battesimale, cioè la penisola iberica, dove testi e monumenti si confortano a vicenda. Qui infatti si registra un progressivo processo di monumentalizzazione dell'ambiente destinato al battesimo, in precedenza più modesto (Ulbert, 1978), cui corrisponde anche la trasformazione delle vasche, più ampie e profonde rispetto a quelle più antiche, con alcuni casi di forme atipiche. Al contrario, a Ḥūarte, in Siria, il b. nuovo (fine del sec. 5°) del complesso ecclesiale venne poi dotato di una piscina rotonda, più piccola di quella precedente. Qui il diacono, che solitamente accompagnava il neofita fin nella vasca, o non vi trovava più posto o forse si fermava sui gradini, sintomo di una pratica antica probabilmente già in disuso nella regione in quel periodo (Canivet, Canivet, 1987, p. 312ss.). Anche la presenza di piccole vasche presso la vasca battesimale si può spiegare talvolta, e specialmente in Occidente (Godoy Fernandez, 1989), alla luce di un rito postbattesimale descritto da Ambrogio, Cromazio di Aquileia, Agostino, Cesario di Arles, cioè la lavanda dei piedi (Saxer, 1989), ma è stata anche posta in relazione al battesimo dei bambini (Ovadiah, 1970).Le fonti letterarie e liturgiche non offrono elementi per la comprensione del fenomeno relativo alla presenza di due vasche nel medesimo b., elemento peraltro abbastanza diffuso nell'orbe cristiano, anche se va tenuto presente che spesso la seconda vasca risulta inserita in epoca posteriore rispetto alla prima e che, in ogni caso, potrebbe trattarsi di una soluzione per l'amministrazione simultanea del battesimo. Ci si chiede anche, a questo proposito, se la presenza di cibori sulle vasche sia in relazione alla possibilità di isolare con tende il neofita al momento del battesimo ma, come ha rilevato Duval (1989), in quei rari casi in cui i cibori appaiono ben conservati, non si notano tracce di incavi per travi destinate a sostenere i vela.È forse in relazione con l'evoluzione del rito un ulteriore fenomeno, la contrazione della vasca battesimale, da collegare probabilmente a una semplificazione del rito battesimale in un momento posteriore rispetto alla fase iniziale, oppure al battesimo dei bambini, che via via soppiantò quello degli adulti. Di consueto, per ridurre le dimensioni della vasca se ne fodera di muratura la parete, ricoprendola poi di marmi, e talvolta se ne modifica la forma, come per es. a Ḥūarte in Siria (Canivet, Canivet, 1987), oppure nel b. della chiesa episcopale di Stobi in Macedonia, la cui vasca fu ridotta probabilmente verso la fine del sec. 5°, quando fu anche inserito al suo centro un kántharos (Aleksova, 1986). La vasca del b. di Lione, per es., presenta tre fasi, con un restringimento progressivo nelle ultime due (Reynaud, 1984, p. 469); pure ridotte in epoche successive appaiono per es. le vasche dei b. di Ignazia in Puglia (Moreno Cassano, 1975, p. 162ss.), di S. Giovanni in Montorfano in Piemonte (Pejrani Baricco, 1982a), di S. Marcello al Corso a Roma, della cattedrale di Aosta (Bonnet, 1986, p. 1418ss.), di Evreux (Cliquet, Pillet Lemiére, Vipard, 1990, p. 64), di Lione (Reynaud, 1984), di Ginevra, di Karm Abu Mina (Grossmann, 1981a), di Polystylon in Tracia (Bakirtzis, 1989) e via enumerando.Particolarmente interessante è il caso del b. di Ginevra, dove, come a Lione, nel corso dei secoli la vasca fu più volte ridotta nelle dimensioni; in questo processo fu pure radicalmente modificato il sistema di adduzione dell'acqua, che comportò, fra i secc. 7° e 8°, l'abbandono del battesimo per immersione nell'acqua corrente a favore del battesimo per infusione, fatto che si rileva anche nei b. di Lione e Aosta (Bonnet, 1989, p. 1413ss.).È in quest'area che appare documentato uno dei casi più antichi di b. riscaldato, quello di Saint-Etienne a Lione, dove sono state rinvenute notevoli tracce del sistema di riscaldamento, che mutò nel corso dei secoli (Reynaud, 1984, p. 471ss.), e probabilmente la medesima funzione svolgevano i tubi fittili inseriti nella muratura del b. della cattedrale di Xanthos in Licia. Altrove l'acqua usata per il battesimo veniva riscaldata, per es. nei b. delle chiese est e ovest di Apollonia in Cirenaica, del sec. 6°, dove sono state rinvenute tracce di una fornace per il riscaldamento dell'acqua (Goodchild, 1966, p. 211ss.); a Filippi, in Macedonia, il b. annesso alla chiesa ottagonale era provvisto di acqua calda da un complesso termale adiacente, mentre a Cipro, nel b. della basilica di S. Epifanio, della fine del sec. 4°, la vasca era alimentata da un ipocausto (Pallas, 1977, pp. 117, 292).Per quanto riguarda l'impianto idraulico, si notano talvolta tracce del sistema di deflusso, ma si registrano anche casi in cui non esiste alcuna canalizzazione, venendo dunque l'acqua probabilmente versata sul neofita per mezzo di brocche. A Roma e altrove essa sgorgava talvolta da orifizi impreziositi da figure di agnelli e cervi d'oro o d'argento, oppure, come accadeva nel b. di S. Stefano a Milano, attraverso le colonne del ciborio, stando alla notizia trasmessa da Ennodio (Picard, 1984, p. 1459ss.). I testi sul battesimo prescrivevano in ogni caso di battezzare nell'acqua corrente. Il problema delle installazioni idrauliche nel b. e l'uso dell'acqua corrente per il battesimo, sia pure indirettamente, si collegano a una speciale categoria di b. detti miracolosi, documentati dalle fonti sia in Oriente sia in Occidente e recentemente classificati da Saxer (1989, p. 558ss.). Nella sua fase iniziale e fino al sec. 5°-6°, ma soprattutto nell'arco del sec. 4°, la fortuna del b. corrisponde alla diffusione dei testi catechetici dei Padri della Chiesa orientale e occidentale. In questa prima fase si registra varietà di schemi tipologici, compresenza in una stessa area di elementi tradizionali e innovatori e in ogni caso l'assenza di regole precise circa l'ubicazione del b. rispetto all'edificio di culto. In linea generale, nella pars orientalis, in Africa settentrionale e nella penisola iberica il b. occupa un ambiente annesso, di dimensioni limitate; vi è tuttavia qualche eccezione: per es. i b. ottagonali di Tarrasa e Barcellona in Spagna, alcuni b. monumentali dell'Algeria e della Tunisia, come Thuburbo Maius, Sbeitla III, Sabratha - che si installarono talvolta in edifici più antichi - nonché i b. del complesso di S. Menna in Egitto. In Occidente, e soprattutto in Italia, il b. appare spesso distinto dalla chiesa, con una propria autonomia architettonica.In Africa settentrionale e a Cipro esso è spesso ubicato dietro l'abside e presenta forme diverse - triloba, quadriloba, rettangolare, ottagonale, quest'ultima più raramente impiegata -, mentre le vasche sono in genere scavate nel pavimento. In Siria il b. si colloca talvolta in un ambiente presso l'abside o in edifici spesso quadrangolari: la vasca di solito è sistemata nell'abside, una caratteristica questa che viene trasmessa ai b. della vicina Cipro. Anche in Palestina, Giordania e Libano, il b. è sempre inserito in ambienti a sé stanti, annessi vuoi all'abside, vuoi lungo il fianco o all'interno dell'edificio di culto, con rare eccezioni: per es. il b. di Tiro, che Eusebio descrive come indipendente, probabilmente quello del Santo Sepolcro, anch'esso del sec. 4°, e forse il b. di S. Sergio a Gaza, descritto da Coricio nel sec. 6°, che sorgeva a N dell'atrio della chiesa (Mango, 1972). Le vasche, di forma diversa, sono sia di muratura sia monolitiche. È il caso, rispettivamente, delle due vasche, costruite ad alcuni decenni di distanza, nella basilica del monastero di Mosè Profeta sul monte Nebo, la più antica delle quali si trova nel 'sacro diakonikón di Dio' ed è datata al 531, come precisa un'iscrizione musiva in greco (Piccirillo, 1986).Analogamente avviene in Asia Minore, dove il b., tranne qualche eccezione, risulta installato entro ambienti annessi, e varia è la forma - l'impianto ottagonale è attestato a Efeso e Costantinopoli - come la sua ubicazione riguardo all'edificio di culto; può comparire presso il quadriportico (Efeso, Mileto, Costantinopoli), presso il nartece (Hierapolis di Frigia), presso l'abside (Side, Xanthos), nel diakonikón (Anemurium, Meriamlik) o ancora lungo il fianco settentrionale (Idyros), mentre le vasche, come di consueto, scavate nel pavimento, hanno forma sia oblunga sia monolitica (vasche costantinopolitane di marmo proconnesio, nel cortile dell'Arkeoloji Müz. di Istanbul; vasca, sempre di marmo proconnesio, di S. Tecla a Meriamlik in Cilicia).Simile è la situazione in Grecia e in Iugoslavia, dove si conserva un gran numero di b., molti dei quali di recente individuazione. Si tratta ancora una volta per lo più di ambienti annessi e variamenti ubicati rispetto all'edificio di culto, talvolta articolati in diversi ambienti come il martyrium di S. Leonida presso Corinto, della seconda metà del sec. 5° (Pallas, 1977), o il monumentale b. della Katapoliani a Paros, con pianta a tre navate. I rari b. ottagonali appaiono, quasi tutti concentrati nell'isola di Kos. In Iugoslavia - che si distingue, in particolare nel sec. 6°, per il limitato numero di b. episcopali superstiti rispetto a quelli rurali - sono attestati b. in siti fortificati, come quello di Gamzigrad, del sec. 6°, recentemente scoperto (Bavant, 1984).Rari sono i b. superstiti in Albania (a Butrinto e Lin), in Bulgaria e soprattutto in Romania. In Bulgaria risalta il caso del vasto b. circolare di Sandanski, con un'elaborata vasca ottagonale coperta da un ciborio, mentre gli altri esemplari sono ubicati in annessi, talvolta presso il nartece (Golyano Belovo, Hissar, Odessos, Perustiča) o presso il fianco dell'edificio di culto (Pirinchtepe, Hisperihovo, aggiunti a chiese già esistenti). Sul litorale orientale del mar Nero i b. occupano di solito un locale annesso o interno alla chiesa, tranne rari casi, per es. quello di Goundava, a navata unica con abside, del 5°-6° secolo. Le vasche (cruciformi, triconche, rettangolari) in genere non presentano condutture per l'adduzione e l'evacuazione dell'acqua (Krouchkhova, 1989).In Occidente i b. appaiono per lo più distinti dall'edificio di culto, specialmente in Italia. In Francia e in Svizzera non sono numerosi: si distingue il gruppo dei b. provenzali, autonomi, con pianta ottagonale inscritta in un quadrato e con nicchie (Marsiglia, Fréjus, Riez), mentre il b. di Aix-en-Provence, del sec. 5°-6°, aveva in origine pianta quadrangolare essendo state le nicchie aggiunte, a quanto sembra, verso la fine dell'11° secolo. Insieme con quello di Poitiers, questi b. continuarono la loro funzione per tutto il Medioevo, anche se talora snaturati da interventi successivi; va segnalata la scoperta dei b. di Lione e Ginevra, entrambi ad aula rettangolare absidata. Circa le vasche, prevale la forma ottagonale, più raramente quella esagonale. I due b. noti in Corsica, Mariana e Sagona - della fine del sec. 4° il primo, attribuito alla fine del sec. 5° il secondo -, presentano una pianta rispettivamente quadrangolare e cruciforme.I rari b. superstiti in Austria e Germania, territorio in parte legato alla diocesi di Aquileia, sono anch'essi variamente ubicati rispetto all'edificio di culto: si segnala l'acquisizione del b. di Colonia, probabilmente del sec. 4°, rettangolare con vasca ottagonale, sostituito nel corso del sec. 5° da un edificio cruciforme.La situazione si presenta assai ricca e articolata in Italia, dove si registra la presenza di alcuni b. già agli inizi del sec. 4°, per es. il b. di Aquileia, la cui vasca ovoidale, pertinente alla fase costantiniana, è stata recentemente individuata (Menis, 1986). Il numero aumenta progressivamente nel corso dei secoli successivi in relazione sia all'edificio di culto, e specificatamente alla cattedrale sia alla città sia alla campagna. Nella maggior parte dei casi esso appare autonomo dalla chiesa e la sua ubicazione non segue regole fisse. In Italia centrosettentrionale il b. è spesso in asse con la chiesa (b. di Brescia, quadrangolare all'esterno e ottagonale all'interno, b. antico di Cividale, b. di Firenze, ecc.), dietro l'abside (b. di S. Giovanni in Fonte a Milano, b. Lateranense), e ancora sul fianco (b. degli Ortodossi a Ravenna e b. presso la chiesa dei Ss. Felice e Fortunato a Vicenza). Anche la tipologia varia, benché in quest'area sembri prevalere la forma ottagona, derivata probabilmente dai b. di Milano. Nell'area nordoccidentale sono attestati alcuni casi di b. ad aula absidata, recentemente scoperti: per es. i b. della chiesa di S. Giovanni in Montorfano in Piemonte, la cui fase più antica sembra risalire al sec. 5°-6° (Pejrani Baricco, 1982a), o quello di S. Paragorio a Noli in Liguria (Frondoni, 1985), che si saldano al gruppo dei b. di Lione e Ginevra. Rari sono i casi di b. quadriconchi, tipologia rappresentata dal b. di Lucca, recentemente individuato, mentre il b. di S. Maria del Tiglio a Gravedona ha pianta triconca, come l'ambiente che contiene la vasca più antica presso la cattedrale di Venosa in Basilicata. Insoliti sono pure i b. quadrati, per es. in quest'area il b. della basilica Petriana di Classe (Deichmann, 1976). Alcuni dei b. campani superstiti adottano la pianta quadrangolare con cupola. In aggiunta al b. di Napoli si ricordano i b. di Marcellianum e quello, recentemente venuto alla luce, della basilica costantiniana di Capua (Pagano, Rougetet, 1984), mentre il vasto b. di Nocera è a pianta centrale con deambulatorio e si collega, per monumentalità e cronologia - furono entrambi eretti nel sec. 6°, durante la guerra greco-gotica -, al b. di S. Giovanni a Canosa, dodecagonale con deambulatorio e ambienti sugli assi principali, ubicato in asse con la coeva chiesa di S. Salvatore (Bertelli, Falla Castelfranchi, 1981). In aggiunta ai casi campani, a eccezione di Roma, sono rari i b. superstiti nell'Italia centromeridionale: in Molise è recente la scoperta del b. della cattedrale di Isernia, probabilmente di origine paleocristiana, ubicato a destra presso l'abside; in Basilicata, in aggiunta al b. di Venosa, con le sue due vasche, di cui è più tarda probabilmente quella cruciforme (Salvatore, 1985), si segnala la recente scoperta di un b. paleocristiano presso la chiesa, forse episcopale, di Metaponto, a pianta rettangolare con vasca ovoidale, probabilmente del sec. 5°-6° (Lattanzi, 1983). In Puglia, oltre al monumentale b. di Canosa, vanno ricordati il più modesto b. a pianta rettangolare sul fianco sinistro della basilica (Moreno, Cassano, 1975), nonché i b. ricordati dalle fonti a Siponto, Taranto e forse Brindisi.
La progressiva semplificazione del rito battesimale e la sostituzione del battesimo degli adulti con quello dei bambini, nonché la minore attenzione alla catechesi battesimale, in sincronia con la crisi generalizzata che, a eccezione di alcune aree, interessa tanto l'Oriente quanto l'Occidente, condizionano probabilmente la rarefatta mappa geografica dei b. costruiti ex novo in questo arco di tempo, e le fonti colmano solo in parte il vuoto.In Occidente e in particolare in Italia, dove la situazione appare meglio indagata, si assiste a un decentramento delle strutture ecclesiastiche e alla conseguente creazione, in relazione alle esigenze della popolazione rurale, del nuovo tipo di chiesa battesimale, sostituita in età carolingia, a partire soprattutto dalla metà del sec. 9°, dalla pieve (Violante, 1982). In Italia centrosettentrionale, dove si segnala la scoperta recente di alcune chiese battesimali, si conservano in taluni casi anche i battisteri. In Piemonte sono state individuate due chiese battesimali provviste di b., da assegnare all'età paleocristiana o a quella altomedievale, poste presso San Ponso Canavese e Settimo Vittone: nel primo caso il b. è ottagonale con nicchie semicircolari sugli assi diagonali (Pejrani Baricco, 1982b), nel secondo il b., sempre ottagonale, presenta peraltro nicchie rettangolari (Pantò, 1982). In Italia meridionale, divisa fra Bizantini e Longobardi, "l'esile spessore della tradizione documentaria" (Fonseca, 1982) non consente una buona conoscenza dell'organizzazione ecclesiastica delle campagne nell'Alto Medioevo, malgrado la recente individuazione di alcuni complessi cultuali, probabilmente con funzione di chiese battesimali, in Campania e in Puglia. Si tratta di un gruppo di villaggi fluviali individuati nella pianura di Paestum, tra cui alcuni complessi ecclesiali con funzione probabilmente di chiese battesimali: si segnalano in particolare quello di Altavilla Silentina, provvisto di b. - un vano di modeste dimensioni, a pianta quadrata, con una vasca circolare scavata nel pavimento - assegnato alla prima metà del sec. 7°, la coeva vasca battesimale quadriloba, scavata nel terreno, rinvenuta in un insediamento presso Ponte Barizzo, sulla riva sinistra del Sele, e ancora la chiesa con b. presso Pratola Serra (Avellino), anch'essa databile intorno alla prima metà del sec. 7° (Peduto, 1984). In Puglia le medesime funzioni svolgeva forse l'edificio di culto, di modeste dimensioni, situato entro un'area funeraria presso Belmonte, nel territorio di Altamura, nel quale è stata rinvenuta una vasca battesimale cruciforme in muratura, datata, come il complesso, al terzo quarto del sec. 7° (Iorio, 1977-1978), che, e per la forma e per il tipo di muratura in opera listata, si ricollega alla seconda vasca di Venosa, priva di condotti di deflusso (Salvatore, 1985).In linea generale i b. delle cattedrali continuano a occupare un posto preminente nella penisola, talora per modifiche apportate a edifici già esistenti, talora per costruzioni ex novo attestate da fonti e monumenti. Gregorio Magno (590-604) ricorda la costruzione durante il suo episcopato di alcuni b. episcopali, per es. a Taranto, dove, prima del 603, fu rinnovato o costruito ex novo il b. della cattedrale, S. Maria (Cagiano de Azevedo, 1973). Al sec. 7° risale il b. di Lomello, a pianta ottagonale con nicchie negli angoli, provvisto di una vasca battesimale esagona, internamente decorata con affreschi, nella quale si affaccia un ambone, anch'esso affrescato: all'esterno alcuni elementi, per es. le desuete nicchiette cuspidate, se evocano quelle della torre del monastero di S. Michele alla Pusterla a Pavia (Peroni, 1974), rinviano anche alle analoghe soluzioni dell'esterno del b. di Poitiers, la cui redazione attuale risale in gran parte agli inizi del 7° secolo. Il coevo b. della cattedrale di Torcello, edificata nel 639, era in asse con la chiesa e presentava probabilmente una pianta ottagonale, come quello, anch'esso scomparso, della vicina Murano (Vecchi, 1981), i cui resti furono definitivamente demoliti nel 1892 (Polacco, 1984). Al sec. 7°, probabilmente ante 662, va ricondotta l'edificazione della chiesa di S. Giovanni Battista a Torino, provvista di b., identificata sulla scorta delle fonti come la cattedrale ariana della città (Casartelli Novelli, 1970).Pianta esagonale irregolare, con abside, presenta il b. di Varese, probabilmente del 7° secolo.Tra i b. sicuramente costruiti nell'arco del sec. 8° va ricordato, nell'anno 732, quello c.d. di Callisto a Cividale, di cui si conserva il fonte ottagonale arricchito da rilievi, alcuni dei quali di pochi decenni posteriori, e sormontato da un baldacchino. In Italia meridionale, a Napoli, fra il 762 e 766 si colloca la sistemazione del c.d. episcopio di emergenza del vescovo Paolo II, nel vestibolo inferiore della catacomba di S. Gennaro, provvisto di b. con una vasca circolare scavata nel pavimento e rivestita a opus sectile.Nel quadro di un generale rinnovato interesse edilizio si registrano, agli inizi del sec. 9°, i casi di ristrutturazioni, spesso radicali, di antichi battisteri. A quello di Riva San Vitale fu aggiunta nel sec. 9° un'abside, internamente a ferro di cavallo (Brenk, 1988); il b. della cattedrale di Aquileia, inserito in un complesso situato a O dell'edificio di culto - la c.d. chiesa dei Pagani -, fu privato delle nicchie semicircolari angolari, a eccezione di quella che conteneva l'altare, oltre ad altre modifiche (Dalla Barba Brusin, Lorenzoni, 1968). Alle testimonianze monumentali fanno da contrappunto alcune fonti coeve sui riti battesimali, fra cui una lettera indirizzata a Carlo Magno da Massenzio, vescovo di Aquileia, agli inizi del sec. 9°, che commissionò le modifiche al b. della cattedrale (Ep. ad Carolum Magnum imp.; PL, CVI, col. 51ss.).Nel secolo successivo il fenomeno si accentua, sempre più rari sono i b. costruiti ex novo, a confronto delle opere di restauro degli edifici antichi. Al sec. 10° risale l'alto tiburio del b. di Novara, nel cui interno l'interessante ciclo apocalittico si data ai primi anni del sec. 11° (Mauck, 1975), mentre più genericamente a età altomedievale va assegnato il riempimento della piscina antica, obliterata da un monumento funebre romano riutilizzato come nuovo fonte battesimale (Donzelli, Monti, 1982).Analoga la situazione coeva in Francia (Février, 1957). Al b. di Aix-en-Provence, per es., in origine di pianta quadrata, furono aggiunte nicchie all'esterno verso la fine del sec. 11°(Guild, Guyon, Rivet, 1983); a quello di Saint-Maurice-d'Agaune in Svizzera, ricostruito nel sec. 6° con pianta quadrata e preceduto a O da un vestibolo, fu aggiunta in età carolingia un'abside, a E, che conteneva un altare; contemporaneamente furono ridotte le dimensioni originarie della piscina. Nel sec. 9° il b. della Madeleine a Ginevra fu sistemato in una navata, analogamente a quanto era previsto nel piano di San Gallo (San Gallo, Stiftsbibl., 1092): si tratta oramai di semplici vasche battesimali poste all'interno della chiesa (Heitz, 1980). Il b. di Poitiers, ricostruito agli inizi del sec. 7°, presenta una pianta rettangolare divisa trasversalmente in due ambienti, preceduti da una sorta di nartece tripartito: più tardi furono aggiunte due absidi sui fianchi e ne fu modificata la parte anteriore (Heitz, 1987). Anche nella penisola iberica si registra la tendenza a continuare l'uso dei b. paleocristiani, che talvolta subiscono interventi non rilevanti, come nel caso del b. di Bobalá, alla cui piscina fu aggiunto un baldacchino, probabilmente nel sec. 7° (Pita, de Palol, 1972). Il b. visigoto di San Miguel di Tarrasa, l'antica Egara, a pianta cruciforme, fu ricostruito fra i secc. 9° e 10°, epoca alla quale risalgono anche gli interessanti affreschi mozarabici (Demus, 1968).La situazione appare ancora più rarefatta in Oriente e in Africa settentrionale, dove in questi secoli sono pressoché inesistenti fonti e documentazione archeologica sui battisteri. Fa eccezione la Nubia, ove rari sono i casi di b. del sec. 6°, datandosi la maggior parte dei casi superstiti solo a partire dal sec. 7° e soprattutto dall'8° in poi: si tratta di ambienti di dimensioni limitate, localizzati a S-E della chiesa (Godlewski, 1979). Rari casi si registrano anche in Egitto, come a S. Menna, dove un b. a pianta quadrata fu aggiunto, dopo il sec. 6°, alla basilica settentrionale, mentre il b. del martyrium subì alcune modifiche nel corso del sec. 8° (Grossmann, 1981).Anche a Bisanzio e in Asia Minore sono rari i b. documentati in questo periodo. Nella capitale, una fonte degli inizi del sec. 7°, che narra i miracoli di s. Artemio, attesta la presenza di un b. indipendente presso il fianco meridionale della chiesa dedicata al santo (Mango, 1979): si tratta di un'opera contemporanea al b. della chiesa di S. Michele a Mileto - a pianta quadrata come quello, più antico, della chiesa episcopale -, edificato all'epoca del patriarca di Costantinopoli Ciriaco (595-604). Che il b. di Santa Sofia a Costantinopoli fosse ancora in uso nell'età mediobizantina lo confermano le fonti: il 6 gennaio 906 vi fu battezzato, dal patriarca Nicola il Mistico, Costantino Porfirogenito, figlio dell'imperatore Leone VI (Ostrogorski, 1940), come testimonia anche una delle miniature della Cronaca di Giovanni Skilitze (Madrid, Bibl. Nac., Vit. 26-2; Grabar, Manoussacas, 1979, fig. 134). Immagini relative al battesimo sono frequenti nei manoscritti miniati mediobizantini, che offrono testimonianze anche delle vasche usate per i b., non di rado cruciformi (Walter, 1980).La documentazione risulta altrettanto scarna per le restanti regioni: a Edessa è attestata nel sec. 8° la costruzione di un nuovo b. per custodire la reliquia più preziosa della città, il mandilio, mentre in Armenia e in Georgia, regioni in cui si conservano solo rari fonti battesimali, di solito monolitici, sono forse da attribuire al sec. 7° la vasca interiormente quadriloba conservata nella chiesa di Zvart'noc', e quella rettangolare della cattedrale di Mzcheta.Nel sec. 9° venne costruito ex novo il b. della grande basilica di Pliška in Bulgaria, con vasca quadriloba da attribuire forse al momento della cristianizzazione dei Bulgari, poco dopo la metà del sec. 9° (Michailov, 1976).È in questo periodo che inizia ufficialmente l'uso di sepolture situate, come ad Albenga (Février, 1986), nel b., e che si moltiplicano gli altari. Si accentua inoltre la divaricazione tra l'Italia settentrionale e quella meridionale, povera di b., una situazione che si aggrava successivamente: in età comunale, per es., ai monumentali b. di Firenze e Pisa, che si riallacciano alla grande tradizione dei b. paleocristiani, fanno riscontro in Italia meridionale solo piccole vasche legate al battesimo per infusione.
L'equazione funzione liturgica-decorazione è documentata fin dai più antichi esempi di b., a partire nel sec. 3° da Dura Europos, il cui programma iconografico (Miracoli di Cristo allusivi all'acqua, le Marie al Sepolcro, il Buon Pastore) presenta singolari affinità con quello del b. di Napoli, della fine del sec. 4° (De Bruyne, 1957). Fra le tematiche privilegiate nella decorazione dei b. la scena del Battesimo di Cristo occupa un posto significativo, sia come fulcro dell'intero programma sia come episodio isolato: si pensi, oltre a Ravenna, dove essa compare sulla sommità della cupola (Deichmann, 1976), al Battesimo di Cristo raffigurato in un cubicolo della catacomba di Ponziano a Roma, trasformato in b. fra il 6° e il 7° secolo. Anche la decorazione dei pavimenti dei b. ne riflette spesso la specifica funzione nella scelta di tematiche legate all'acqua, come la Fontana della vita, rappresentata per es. nel b. di Pitsunda, nell'antica Abkhasia, in Georgia, e ancora nei b. di Stobi (in cui è stata rinvenuta parte della decorazione ad affresco delle pareti, fra cui una scena con il Cristo imberbe) e di Eraclea Lincestide (Bitola), entrambi in Macedonia (Aleksova, 1986; Bitrakova Grozdanova, 1986). Si segnalano anche casi in cui compare l'immagine del vescovo committente del b. o dei santi più venerati dal fondatore: nella decorazione musiva della basilica Petriana di Classe, compariva anche l'immagine del fondatore, il vescovo Vittore (538-545; Deichmann, 1976); i ritratti di s. Martino e di Paolino di Nola erano dipinti nel b. fondato da Sulpicio Severo nel suo possesso di Primuliacum, poi divenuto monastero (Février, 1986), e così in un b. di Catania, dove si venerava l'immagine di Severo, vescovo della città agli inizi del sec. 9° (AASS, Martii III, 1865, p. 485). Apostoli e martiri compaiono di frequente nel programma iconografico dei b., si pensi ai casi di Ravenna e a quello di Napoli, a un b. di Cartagine e a ulteriori casi ricordati dalle fonti (Février, 1986): per es. un b. citato in alcuni versi di Ennodio da Pavia (m. nel 521), mentre un'epistola di Epifanio di Salamina (m. nel 403) a Teodosio I parla genericamente delle immagini di Cristo, degli apostoli e dei profeti che decoravano sia gli edifici di culto sia i b. (Mango, 1972). Altro tema privilegiato, nella decorazione dei b., è la croce connessa al significato di morte e risurrezione insito nel battesimo, secondo i Padri della Chiesa, sia nelle vasche - si pensi alle vasche battesimali africane, rivestite di mosaici - sia sulle pareti, per es. nel b. della chiesa di S. Maria di Efeso (fine sec. 4°), le cui pareti sono rivestite di lastre di marmo decorate con croci.Accanto alle immagini di apostoli e martiri, comparvero in seguito scene connesse più genericamente all'edificio di culto, per es. l'Ascensione nel b. di Tarrasa in Spagna (sec. 9°-10°) e in quello di Poitiers, della fine del sec. 11° (Demus, 1968), o ancora un ciclo apocalittico nel b. di Novara (fine sec. 10°-inizi 11°), programmi iconografici legati al processo di trasformazione che, nel corso dei secoli, assimilò lentamente il b. alla chiesa propriamente detta. Elemento specifico della decorazione dei b. sembra ora divenire, in Occidente come in Oriente, la presenza di un ciclo della Vita di s. Giovanni Battista, eponimo della maggior parte dei b.: si pensi agli esempi di Firenze, Parma, Venezia, Poitiers, ai b. della Nubia, ove la figura del Battista compare spesso, a partire dal sec. 9°, accompagnata da quella di s. Stefano (Godlewski, 1979), e al b. della Santa Sofia di Costantinopoli, che era ornato da un ciclo della Vita di s. Giovanni Battista dipinto, verso la fine del sec. 12°, da un pittore di nome Paolo. Mentre nell'isola di Kos il b. paleocristiano di S. Giovanni, trasformato in chiesa, mostra tracce di una decorazione pittorica (inizi sec. 13°) in cui compaiono scene della Vita del Battista. Sempre in ambito bizantino, a Lesnovo, presso il fonte battesimale ubicato nel nartece, è campito un ciclo di affreschi con scene della Vita del Battista, mentre nel fonte, analogamente sistemato nel nartece, della chiesa monastica di Dečani compare l'albero genealogico della famiglia reale serba - a sottolineare il nesso fra potere dinastico e battesimo - i cui rami sono formati dai membri della famiglia reale morti e risorti in Cristo e con Cristo nell'acqua del fonte battesimale, concetto che si coglie nell'analoga situazione di Gračanica.
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Una cesura nella trattazione della tipologia del b. in prossimità dell'anno Mille può essere presa in considerazione nella cornice del rinnovamento che in quel torno di tempo toccò l'architettura sacra, secondo testimonianze che risalgono agli stessi contemporanei (Rodolfo il Glabro, Historiarum libri quinque, III, 4; PL, CXLII, coll. 651-653). Gli esempi sopravvissuti offrono interessanti confronti tra la rielaborazione di strutture già esistenti e invenzioni nuove. Dal punto di vista topografico si è peraltro più volte fatto notare che l'uso di costruire b. come edifici autonomi si esaurisce prima del valico del millennio, tranne che nell'area italiana. In particolare l'Italia settentrionale, che, in relazione con l'intervento e l'influsso di s. Ambrogio, già nell'età precedente rivela singolarità e importanza di testimonianze, si prospetta anche intorno e dopo il Mille come un'area privilegiata. Si hanno infatti b. che vengono più o meno significativamente rielaborati a riscontro di altri ricostruiti ex novo: questo fenomeno depone di per sé per una sostanziale continuità, ribadita da una certa fedeltà agli stessi schemi planimetrici (Cattaneo, 1970).Nel b. di Lomello (Pavia), già ricostruito in età altomedievale, ci si limita ad aggiungere sulla rinnovata copertura un lanternino-campaniletto che mutua il suo apparato di archetti pensili dalla vicina basilica di S. Maria Maggiore, del secondo quarto del sec. 11° (Vicini, 1987). Una simile aggiunta si riscontra sul b. altomedievale di Settimo Vittone (Torino). Il b. di Novara conserva la struttura originaria che articola nicchie quadrangolari e semicircolari con sovrapposto ottagono, in cui si aprono le finestre, ma fu rielaborato, entro i primi lustri del sec. 11° (secondo altri alla fine del sec. 10°; Chierici, 1967), con una nuova copertura, una volta a modo di cupola a otto spicchi inclusa in un tiburio ottagonale dal tetto aderente, coronato da fornici di alleggerimento. All'interno prendeva allora posto, nell'ottagono, un ciclo pittorico con scene dell'Apocalisse (sette in buona parte conservate), significativamente connettendo all'iniziazione battesimale i temi della nuova Parusía. Il caso di Novara è notevole anche per la leggibilità, in parte appoggiata da ritrovamenti archeologici, del rapporto assiale con l'antico duomo, raccordato da portici. Altro caso in questo senso interessante è, spostandosi più a oriente, il b. di Aquileia, i cui resti rivelano pure tracce di un rinnovamento del sec. 11°, con aggiunta di una copertura voltata ottagona, sul precedente tracciato quadrato del sec. 5° (Tavano, 1984). Meno chiare le fasi nel conservato b. di Riva San Vitale (Canton Ticino), dove nel sec. 11° poterono essere rinnovate l'abside e diverse porzioni di muratura, sulla precedente struttura quadrata con nicchie angolari del sec. 5°, di cui pare si mantenesse anche il peribolo esterno quadrato. Tra le pitture una serie di scene pertinenti a un Giudizio universale del sec. 12° (Reggiori, 1935; Steinmann-Brodtbeck, 1941). Lo stesso S. Giovanni in Atrio a Como, solo in parte conservato, poté essere oggetto di rifacimento (Magni, 1960).Contemporaneamente alle rielaborazioni emergono costruzioni radicalmente nuove, fedeli all'idea dell'impianto centrale e tuttavia ben diverse per impostazione e svolgimento, anche se contemporanee e appartenenti allo stesso ambito regionale, o addirittura alla stessa diocesi.Il b. della chiesa di S. Vincenzo a Galliano, presso Cantù, si presenta esternamente di impianto quadrilobato (sull'ingresso è addossato un atrio quadrato), ma poi internamente articolato in due piani, con una terminazione centrale ottagonale, che usufruisce alla base di quattro colonne, mentre al piano superiore, ove prendono posto vani minori, quello orientale tuttora munito di altare, si accede entro scale in spessore di muro. I materiali sono misti e grezzamente commessi, ma si impegnano in replicati profili degli archi e anche in scarse archeggiature esterne di raccordo, con qualche archetto pensile. Si stima questa costruzione, di grande singolarità inventiva, di poco posteriore alla vicina basilica, e dunque da collocare entro i primi decenni del sec. 11° (Caramel, 1976). Entro la prima metà dello stesso secolo viene classificato il b. di Agliate, che dispone di parallele possibilità di raffronto con la vicina basilica di S. Pietro. Ad Agliate il b. risulta tuttavia aderente all'impianto ottagono ambrosiano, variandolo però curiosamente nella sezione superiore a nove lati, che alla base ne assembla due assorbendoli in un'unica abside. Alla copertura corrisponde sul perimetro ennagono una combinazione di nicchie a fornice e, sotto a essa, di una cornice di archetti pensili. Il piccolo b. di San Ponso Canavese riprende l'impianto con nicchie angolari alternate a rettangolari (quella orientale, in asse con l'ingresso un po' più grande, destinata all'altare) intorno a un ottagono interno irregolare (diametro m. 5 ca.) da cui nasce una volta a spicchi. All'esterno appare una sistematica intavolatura di archetti pensili di arcaica fattura, che concorrono a orientare la cronologia tra la fine del sec. 10° e il primo 11°; anche qui fu aggiunto più tardi un campanile di sproporzionata dimensione (Olivero, 1941; Rosati, 1967).Esempio ben conservato e leggibile è quello di Biella, di pianta quadrilobata, in cui si innesta, sul nucleo interno quadrato, un tamburo ottagonale all'esterno e tuttavia di sezione quadrangolare, con angoli arrotondati all'interno, che per il tramite di trombe provvede al raccordo a una volta a spicchi. Entra dunque in gioco una serie di adattamenti 'plastici' degli spessori murari, quale si è vista a Galliano, ma con una organica applicazione di coronamenti esterni di fornici, arricchiti di sopraccigli di archetti pensili, che coerentemente alleggeriscono i semicatini delle quattro absidi e la terminazione superiore dell'ottagono; al culmine di questo poggia un campaniletto quadrato dall'asse leggermente sfalsato. Il b. di Biella si data su basi tipologico-comparative al secondo quarto del sec. 11° (De Bernardi Ferrero, 1959).Gli esempi sin qui citati bastano a dimostrare che, insieme alla rielaborazione di contesti più antichi, si praticava la sperimentazione di nuove strutture, che, accettando i suggerimenti della tradizione, proponevano numerose varianti, introducendo modi nuovi di intavolatura parietale e un organico impegno per una copertura voltata, con notevoli implicazioni nei raccordi tra interno ed esterno. Questi orientamenti risultano confermati anche nella meno frequente casistica dei b. a impianto circolare: quello di Velezzo Lomellina (Pavia), che lo adotta a breve distanza da Lomello, si mostra aggiornato nell'intavolatura e nell'apparecchiatura laterizia sulle novità di S. Maria Maggiore di quello stesso centro, e può dunque essergli ancorato nella cronologia. Meno regolari nella conformazione cilindrica sono taluni esempi di aspetto più arcaico, non sempre bene leggibili, come il b. di Breme (Lomellina) che aggrega a un impianto ovoidale due nicchie e un'abside di andamento egualmente anomalo (Vigorelli, 1972; Vicini, 1987). Quello di dimensioni all'incirca simili (intorno ai m. 6 di diametro interno) di Domo Valtravaglia (Varese), all'estremo Nord della diocesi milanese, risulta circolare all'esterno ma vagamente ottagonale all'interno, con angoli arrotondati; lo si è voluto anticipare al sec. 9°-10° (Magni, 1960), ma potrebbe collocarsi piuttosto in prossimità dell'anno Mille. A esso viene collegato (Floris, Martegani, 1965) il più tardo poco noto b. di Mazzo Valtellina (Sondrio). A Chiavenna (Sondrio) il b., molto rimaneggiato, conserva una vasca battesimale datata 1156 che reca scolpito il rito stesso del battesimo. In forma di piccola cappella voltata, ora inglobato come cappella ma una volta autonomo, con interessanti tracce di affreschi, è il b. di Susa (Segre Montel, 1988).I principali tipi segnalati s'incontrano lungo il sec. 11° e nel 12° e in mancanza di riferimenti cronologici precisi si classificano entro un quadro comparativo più vasto, che fa appello a modi peculiari dell'apparecchiatura, oltre che ai moduli costruttivi. Tra le diocesi di Milano e di Como si situano i b. di Oggiono e di Lenno, simili per l'esterna volumetria ottagona, su cui si innesta un'abside. Il primo modella tuttavia l'interno su una sezione circolare, a cui corrisponde una volta emisferica, e semicircolare è coerentemente anche l'abside; nello spessore murario è predisposta un'angusta scala di servizio. Il secondo mantiene il profilo ottagonale anche all'interno, su spessori non incisi da passaggi, con corrispondente volta a spicchi culminante in una lanterna-campaniletto e abside a sezione spezzata in cinque lati, originariamente tuttavia semicircolare (Magni, 1960; Anzani, 1984). È vistosa in entrambi i casi (a prescindere dalle modifiche e dai restauri intercorsi) l'originaria aderenza del tetto alla volta, mentre si rinuncia al coronamento di fornici per preferire l'intavolatura con la terminale cornice di archetti pensili, nelle forme diffuse e prevalenti tra la fine dell'11° e il principio del 12° secolo. Allo stesso ambito cronologico appartiene il b. di Mariano Comense, che riprende l'impianto quadriconco, sovrapponendogli un ottagono, per il tramite di massicci pennacchi; notevoli all'interno le semicolonne angolari con capitelli cubici. All'esterno ricorre puntualmente in entrambi gli ordini l'intavolatura degli archetti pensili in ritmo binario o ternario (Reggiori, 1935; Anzani, 1984). Nel novarese si segnala il piccolo b. di Cureggio, che per l'irregolarità dell'impianto, che richiama quello di Lomello, e la sezione depressa sembra un aggiornamento del sec. 12° ottenuto attraverso riprese di una più antica partitura; all'interno tracce della vasca ottagonale (Reggiori, 1935; Di Giovanni, 1981). Sempre nel novarese molto più complesso il b. di Agrate Conturbia, ottagono, ma con nicchie nell'ordine inferiore che s'inscrivono in un perimetro esterno quasi circolare; su quello interno a otto lati s'imposta l'ordine superiore, coperto da volta a spicchi, articolato all'esterno non solo dal coronamento di archetti pensili ma da una galleria di archi ciechi in ritmo ternario su ciascun lato, riprendendo in altra forma il gioco di pieni e vuoti della muratura inferiore, richiamando in questo i tiburi, che con i b. presentano affinità strutturali. La cronologia dovrebbe collocarsi nella prima metà del sec. 12° (fu consacrato dal vescovo Litifredo, 1122-1148), anche se parti inferiori della muratura possono appartenere a una fase più antica (Di Giovanni, 1981). All'interno vasca ottagonale, rimaneggiata.Il b. di Ventimiglia, ottagono, con nicchie quadrangolari e semicircolari alternate su ciascun lato, già ritenuto molto più antico, è nella forma pervenuta (molto rimaneggiata per la sovrapposizione di una cappella) da considerare ricostruito verso il 1100, data esatta riportata sulla vasca più antica, mentre quella più grande, al centro dell'edificio, si ritiene sincrona alla ricostruzione della vicina cattedrale, tra il sec. 12° e il 13° (Lamboglia, 1970). Di pianta semplicemente ottagonale, ma rialzato in un ulteriore rimaneggiamento, è il b. di Vigo Lomaso (Trento) del sec. 12° (Rasmo, 1980).La casistica esaminata, di ambito prevalentemente subalpino, lombardo-piemontese-ligure, fa intravedere il peso di Milano come ideale baricentro di svolgimenti tecnico-formali, al di là della continuità e della diffusione del tipo. Se ci si sposta verso oriente gli esempi si rarefanno, ma si incontra ben conservato il b. di Concordia (Venezia) a testimoniare del profondo legame tecnico-formale con l'architettura veneta lagunare. Sul nucleo quadrato si innestano tre absidi, mentre sull'asse dell'ingresso si sviluppa un piccolo atrio rettangolare; un tamburo circolare, raccordato tramite pennacchi e coperto da una volta a cupola, è ritmato all'interno da arcature entro cui si aprono in alternanza otto finestre (all'esterno inquadrate da ampi replicati profili). L'apparecchiatura laterizia con nicchie all'interno e all'esterno e il gioco insistito delle arcature e dei rincassi in superficie bene corrisponde ai caratteri dell'architettura della regione tra il sec. 11° e il 12°, ma dispone altresì di un raro riferimento storico alla committenza del vescovo Reginpoto (notizie dal 1089 al 1105), di cui si conserva l'epigrafe tombale nell'atrio, dove fu sepolto. Importante agli effetti del corredo iconografico è il ciclo pittorico (sec. 12°), pur guasto, che comporta una Dèesis nella volta, profeti nelle nicchie del tamburo, evangelisti nei pennacchi e il Battesimo di Cristo nell'abside centrale (Brusin, Zovatto, 1960).Forse alla ripresa di un impianto precedente si deve a Verona l'eccezionale adozione dell'impianto basilicale (triabsidato, con alternanza di pilastri-colonne) per il b. di S. Giovanni in Fonte, costruito nel secondo-terzo decennio del sec. 12°, in cui si valorizza già a pieno "la tipica fattura muraria policroma del maturo Romanico, a più filari di cotto alternati a un filare alto di tufo" (Romanini, 1964a). Al centro della navata prese posto, agli inizi del sec. 13°, il fonte ottagonale scolpito con scene della Vita di Cristo fino al Battesimo.Scendendo a S del Po si rarefanno i b. superstiti. A Serravalle Ceno, nell'Appennino parmense, sopravvive un b. ottagonale non voltato, con capitelli sulle semicolonne agli angoli interni che lo fanno apparire una rielaborazione del sec. 12° (Testi, 1916; Quintavalle, 1969). A Castrocaro (valle del Lamone sopra Forlì) il S. Giovanni, di pianta circolare (forse del sec. 11°), noto piuttosto per un sarcofago altomedievale che vi si conserva, attende di essere meglio indagato (Budriesi, 1984).L'aderenza ai modi locali di costruire s'intravede anche negli esempi minori, e così è, passando alla Toscana, nelle poco leggibili tracce dei b. delle pievi di San Pietro in Bossolo in Val di Pesa (solo da scavo non documentato), di San Giovanni Battista di Castello del sec. 11° (frammentario) e di Sant'Appiano del sec. 12° (in rovina, ma sicuramente dotato di un deambulatorio interno), entrambi questi ultimi in Valdelsa (Moretti, Stopani, 1968).Scendendo ad Ascoli Piceno si incontra un rilevante b. che, nella sua forma quadrata all'esterno e ottagona articolata con nicchie all'interno, e ancor più nell'esito volumetrico esterno, riporta ai temi lombardi, includendo una volta a otto spicchi serrata da un parallelepipedo scavato da gallerie non praticabili di archi ciechi, del tutto conforme alla tradizione dei tiburi padani. L'apparecchiatura in pietra accuratamente squadrata e la finezza delle modanature inclinano a collocare questa struttura non prima della fine dell'11° secolo. Il ritrovamento di una vasca interna più antica, sostituita solo nel sec. 14° da un fonte sostenuto da una base, fa intendere che il b. fu ricostruito nel luogo di un precedente edificio, di cui si manteneva tuttavia l'assetto e probabilmente l'uso del fonte interno.Intorno alla metà e nella seconda metà del sec. 12° è ancora la zona subalpina lombarda a offrire due b. di complessa struttura in località minori. Ad Arsago Seprio si ha un ottagono articolato all'interno in due ordini, uno inferiore di nicchie profonde e irregolari (una eccezionalmente semicircolare, accoglie l'altare) e uno superiore che comprende una loggia praticabile sorretta da colonnine e coperta con volte a crociera. Vi si accede con scalette immesse disagevolmente nella struttura, che a onta della complessa organizzazione resta inferiore a m. 14 di diametro esterno. Dalla loggia si passa per il tramite di trombe a un tamburo che raddoppia il numero dei lati, su cui poggia la volta emisferica. All'esterno il tamburo, forato da oculi, corona l'edificio con una serie di arcature e una frangia di archetti pensili, la stessa che conclude il netto volume inferiore. L'apparecchiatura lapidea pur ricca di pietre riusate corrisponde ai modi dell'avanzato 12° secolo. Sul lago di Como, a Gravedona, S. Maria del Tiglio propone, dopo la metà del secolo, una sofisticata rielaborazione dell'impianto triconco con replicata apertura di nicchie sul lato absidale, un vero e proprio triforio praticabile sui due lati che reggono un'insolita copertura longitudinale a capriate, mentre sul lato dell'ingresso si organizzano le scale di accesso, segnatamente al campanile, che sporgendo in facciata caratterizza vivacemente la volumetria esterna dell'edificio (Brucher, 1987). Si poteva dubitare dal titolo che la chiesa non avesse originarie funzioni battisteriali, ma è dimostrato il contrario dai documenti, mentre scavi interni hanno messo in luce la struttura di un b. più antico e più piccolo, alla cui planimetria tuttavia ancora ci si ispirava (Zecchinelli, 1975). Non manca dunque ad Arsago, in così vario panorama, un accenno a organiche gallerie interne (veri e propri deambulatori con colonne potevano appellarsi a un modello di raggio ecumenico come il b. Lateranense, ma erano presenti in più prossime versioni, come il poco noto b. di Piacenza).Semplici impianti quadrangolari potevano pure essere adottati. Il piccolo S. Salvatore di Barzanò, in Brianza, del sec. 11°, risulta adattato a b. in un secondo tempo, forse intorno al 1200 (Anzani, 1984). Adattamenti di questo tipo, non ancora censiti, poterono avvenire in altri luoghi e regioni: si veda il caso di Santa Severina (Catanzaro), ove si segnala un impianto centrale, solo in un secondo tempo, alla fine del sec. 13°, trasformato in b. (Falla Castelfranchi, 1977).Ma proprio nel corso del sec. 13° fu ricostruito il b. di Varese (Romanini, 1964b), più vasto e importante, su pianta quadrangolare, coperta da volta a crociera con sottili costoloni laterizi, su cui si affaccia un presbiterio a due piani, egualmente coperti da crociere costolonate, il superiore destinato ad accogliere un altare dedicato a s. Dionigi, mentre il sottostante lo era a s. Giovanni Battista (l'attuale regolarità del parallelepipedo esterno è piuttosto il frutto di un moderno restauro). Da ulteriori ricerche e restauri (1948-1950) la ricostruzione risulta avere soppiantato un precedente impianto esagonale, la cui vasca ottagonale fu solo ulteriormente sostituita con una vasca scolpita monolitica (incompiuta, con figure di apostoli). Interessanti pitture comprendono egualmente figure di apostoli e numerosi ex voto (sec. 14°).Impianto quadrangolare a modo di cappella hanno molti b. che continuano a essere aggregati a impianti basilicali o claustrali. Qui se ne accenna per lo spicco che assumono in taluni contesti, anche per il corredo dei programmi figurativi. Si cita almeno il b. della basilica di S. Marco a Venezia (nell'attuale aspetto elaborazione del sec. 14°, in due campate coperte da cupole su pennacchi e breve atrio, con mosaici rappresentanti Cristo in trono entro gerarchie angeliche, storie del Battista, teorie di santi, ecc.); il b. di Nostra Signora a Bressanone (Bolzano), compreso nel chiostro addossato alla chiesa, articolato internamente con un'abside e una loggia, e con importante corredo pittorico a sfondo dottrinario (figure di profeti, trono di Salomone, Sedes Sapientiae) del primo sec. 13° (Rasmo, 1980; Diemer, Diemer, 1987).Nella composita cattedrale di S. Giusto a Trieste la cappella rettangolare di S. Giovanni, definita tardoromanica (abside e portichetto esterno sono rimaneggiamenti moderni), allungata forse nel 1380, contiene un fonte esagono più antico, non più nella sede originaria (Mirabella Roberti, 1970). Singolare è la soluzione adottata nel duomo di Siena, dove il b. prese posto sotto il coro del nuovo duomo trecentesco, sfruttando il dislivello del terreno, peraltro incrementato con apposito taglio (Pietramellara, 1980). Le volte della nuova sistemazione (larga internamente poco più di m. 24 e alquanto meno profonda, con interna spartizione in tre navate, per due valichi di profondità, conformemente al coro superiore) risultano concluse nel 1358 (Wagner-Rieger, 1956-1957). Il b. senese ricavò, nonostante l'inglobamento in un gigantesco sviluppo del duomo, in realtà mai pervenuto a compimento, un suo notevole spicco esteriore attraverso una facciata propria, che pare fosse già conclusa prima del 1355, con intervento decisivo per l'assetto architettonico della parte superiore dovuto a Giovanni d'Agostino (Bartalini, 1989).Aggregato alla chiesa di S. Giovanni, anticamente parte dell'antica cattedrale che riuniva anche il titolo di S. Reparata, il b. di Lucca è una ricostruzione di pianta quadrata con sistema interno di pilastri aggettanti e volta a cupola a sesto acuto, conclusa nel 1393, ma rifatta nel sec. 16° (Belli Barsali, 1988). Rinserrato tra vari edifici, appare in alto come una massiccia struttura laterizia alleggerita da una loggetta cieca; l'ingresso da N è un portale strombato di forme trecentesche entro una parete di marmi dicromi. Il fonte ottagonale è frutto di un restauro del 1403.Da un punto di vista meramente tipologico-distributivo si può ammettere che la prevalenza di una tematica ottagonale, anche parzialmente conseguita a diversi livelli e con numerose varianti, possa risalire alla suggestione del prototipo ambrosiano milanese (De Angelis d'Ossat, 1969), il quale dichiaratamente, nell'epigrafe dedicatoria, alludeva al significato soteriologico del numero otto (il giorno della risurrezione). Vi si connettono anche altre implicazioni tecnico-formali (le analogie con sale termali e con mausolei o impianti affini, soprattutto l'ancora conservato S. Aquilino presso S. Lorenzo a Milano). Questo filo di trasmissione, lungi dal cristallizzarsi in un canone comune, dà luogo a soluzioni singole, specie nell'alzato, anche se si tratta di realizzazioni di ridotta dimensione.L'idea che le affinità strutturali con i tiburi rievochino una convergenza di intenti allusivi è ammissibile in un'area in cui l'esegesi offerta dai testi ambrosiani conserva un' autorità secolare (Cattaneo, 1975). Tuttavia anch'essa indirizza nella direzione confronti strutturali e formali che coinvolgono l'intero repertorio degli edifici a pianta centrale dedicati a Maria e ai santi, nonché con particolare favore, nell'età delle crociate, le c.d. imitazioni del Santo Sepolcro di Gerusalemme, con un riflesso particolarmente evidente nel b. di Pisa (Krautheimer, 1942).Restano aperti molti interrogativi circa le motivazioni che portarono solo in determinate regioni e in determinate città a una tenace e ambiziosa costruzione di b. come edifici autonomi, anche al di là dell'ambito ambrosiano-lombardo che vi rimase fedele pure nella casistica periferica. Da questa si ricava intanto che i b. furono anche in minime proporzioni concepiti come organismi indipendenti, intorno a una vasca poligonale, che erano dotati di uno o più altari, talora giustificati con l'assorbimento di altre intitolazioni, o con dotazioni e lasciti, come per le altre chiese. È di qualche significato vedere che vi si innestano minuscoli campanili propri, che vi risultino complesse officiature (anche la messa dopo il battesimo) e anche molto a lungo riflessi dottrinari, come quello dello scisma aquileiese. Tuttavia per taluni casi maggiori, che rappresentano insieme l'apogeo e l'ultima fase della fioritura, si ha la sensazione che radicate tradizioni siano state rianimate dalla potente committenza di gruppi cittadini o dallo stesso potere comunale per motivi di prestigio politico-culturale. Così emerge nel caso di Firenze, dove il b. è affidato all'influente Arte di Calimala; nel caso di Parma, nel cui b., secondo Salimbene de Adam (Cronica, a cura di G. Scalia, Bari 1966, I, p. 292), in seguito alla vittoria contro Federico II (1248) viene portato come trofeo il carroccio dei Cremonesi. Il b. di Pisa riflette il ruolo della città nelle crociate; quello di Padova è legato alla 'fraglia' che s'intitolava a s. Giovanni Battista. Con queste considerazioni si può introdurre il gruppo dei grandi b., entro un raggio che rimane circoscritto tra la Toscana, l'Emilia e l'Italia settentrionale.Il b. di S. Giovanni a Firenze, riconosciuto capolavoro dell'architettura occidentale, risulta tuttavia di intricata definizione critica. L'edificio pervenuto (un ottagono all'esterno caratterizzato da un doppio ordine, architravato e di arcate con finestre ed edicole, e di un sovramesso attico spartito da lesene, il tutto giocato con modanature e campiture a incrostazioni dicrome di grande rigore compositivo) viene prevalentemente considerato un organismo realizzato tra la metà del sec. 11° e la metà del 12° (Paatz, Paatz, 1941; Horn, 1943; Salmi, 1972), con trasformazioni o complementi ulteriori ('scarsella', che nel 1202 sostituì un'abside semicircolare; dicromismo sui contrafforti angolari, cornice basamentale e pavimento a tarsie del sec. 13°; a non dire delle famose porte aggiunte nei secoli seguenti). Si è voluto di recente anticipare la cronologia della costruzione al 1045-1059 con argomentazioni che restano da controllare (Jacobsen, 1980). Tuttavia non manca chi sostiene, con diverse sfumature, che parte dell'attuale contesto, al di là dei rivestimenti, si debba a un edificio tardoantico (De Angelis d'Ossat, 1969; Pietramellara, 1973; Sanpaolesi, 1975); che si tratti di fabbrica altomedievale è destituito di ogni credibilità. Di recente è stata ipotizzata l'identificazione, che rimuoverebbe ogni sospetto di una così massiccia rielaborazione, dei resti di un b. precedente molto più piccolo nell'ottagono della vasca - già demolita nel 1577 -, trovati a suo tempo negli scavi (Toker, 1976). Il fatto è che la struttura lascia intravedere nell'attuale edificio un'organica concezione di incastri tra un doppio apparato, internamente conseguito con ordini di colonne e logge aperte, che si connette in penetrazione con quello esterno, e poi in alzato con un doppio guscio della copertura, attraverso un terzo piano di straordinaria orditura statica, occultato all'esterno dall'attico. L'articolazione parietale interna vi concorre con raffinati accorgimenti, segnatamente il sistema voltato entro gli spessori e le aperture quadrate di alleggerimento, ma di non minore rilevanza formale, che fanno da tramite all'avvio degli spicchi della gran volta. Si va oltre, e con soluzioni inedite, la lezione delle fabbriche antiche giocate sulla combinazione di muri molteplici, con effetto di concentrata dilatazione dello spazio interno intorno a un asse di rotazione singolarmente accresciuto (diametro interno di m. 26, altezza di m. 32 ca.). Giustamente viene sottolineato l'amalgama di pezzi riusati (colonne e capitelli dell'ordine inferiore) e reinventati (lesene e cornici) con effetto di sorprendente unità, altrettanto efficace che nella vivace calcolata policromia dell'esterno. Al colmo una vera e propria lanterna modanata reca una importante iscrizione che ne orienta la datazione intorno al 1150. La rielaborazione della nuova 'scarsella' segnò anche l'avvio di una nuova decorazione a mosaico, che impegnò, a partire dal 1225 ca., la volta della 'scarsella' stessa, e poi sino ai primi decenni del Trecento quella dell'intero battistero. Si tratta di un gigantesco programma di cicli figurativi (nella 'scarsella' Dèesis, in singolare assetto, con corredo di profeti; nella volta e sottostanti pareti Giudizio universale, gerarchie angeliche, storie dell'Antico Testamento e del Battista, teorie di profeti e di santi), con peculiarità di scelte, in relazione con svolgimenti culturali religiosi e politici (Hueck, 1962; Garzelli, 1982). Al grande impegno e all'impulso innovativo della costruzione, e a una continuità di arredi e complementi (basti ricordare solo i pavimenti interni a tarsia, le porte aggiunte nei secoli successivi e, ancora nel 1117, le colonne di porfido donate dai Pisani e addossate all'ingresso verso il duomo), corrisposero funzioni rappresentative che andarono ben oltre quelle battisteriali, e che concentrarono nel titolo il patronato di s. Giovanni Battista per l'intera città, accanto a quello dell'antica ricostruita basilica di S. Reparata, sul cui asse stava il b. e al posto della quale fu costruita, dal 1296, la nuova cattedrale di S. Maria del Fiore.Il b. di Pisa risulta fondato, come da iscrizione, nel 1152, dall'architetto Diotisalvi (v.). Le colonne monolitiche interne (le più grandi del Medioevo) venivano montate nel 1164. L'interno doveva essere in avanzata costruzione nel 1221; nel 1246 vi veniva eseguito il fonte battesimale da Guido da Como (ottagonale, recinto da formelle quadrate con rosoni, rombi, tarsie; su quattro lati s'innestano quattro pozzetti circolari e sul fondo il pavimento bianco e nero finge onde stilizzate). Nel 1260 vi prendeva posto il pulpito di Nicola Pisano, alla cui scuola appartiene gran parte della loggia sopra le arcate esterne (qui i tre portali, opera di raffinate maestranze bizantineggianti, sono degli ultimi lustri del sec. 12°). La galleria superiore interna è proseguimento dell'ultimo quarto del sec. 13°; il coronamento della cupola del 1365. Di impianto circolare (diametro interno di m. 30 ca.), il b. di Pisa adotta un deambulatorio interno delimitato da dodici grandi colonne; sopra vi s'imposta una galleria, con archi sostenuti da pilastri, su cui poggia una volta troncoconica, rinfiancata da una calotta a corona circolare che parte dal muro perimetrale e si appoggia alla prima, lasciandone sporgere la porzione superiore. Il singolare profilo, all'esterno arricchito dal sistema trecentesco di cuspidi, tradisce, pur variando un precedente assetto, una suggestione direttamente raccolta dal Santo Sepolcro di Gerusalemme (Krautheimer, 1942; Boeck, 1968; Seidel, 1977), a cui si richiamava anche la chiesa pisana coeva (ottagonale) intitolata allo stesso Santo Sepolcro. Rispetto al duomo, da cui riprende molti elementi, dall'organizzazione della parete tramite arcate, alle cornici raffinate, al fasto dei marmi lavorati, riflette un decorativismo più sofisticato, e anche diversamente modulato in relazione con i complementi due-trecenteschi. La concezione strutturale combina arditamente il poco diffuso schema a deambulatorio con una libera ispirazione al modello gerosolimitano.Il b. di Cremona, fondato nel 1167, per quanto ritoccato da un rialzamento della copertura esterna e dall'aggiunta di un protiro (sec. 16°), conserva in singolare severità di apparecchiature laterizie una versione del grande ottagono battisteriale che aderisce ai modi dell'ultima stagione romanica lombarda. Il congegno della doppia muratura perimetrale percorsa da logge e scavata da due scale a chiocciola ricorda quello del b. di Firenze, specie per la relazione che istituisce con il doppio profilo della copertura, curvo all'interno e rettilineo all'esterno, per il tramite di una complessa orditura. Se ne discosta invece per dimensioni (diametro interno di poco più di m. 20) e per i materiali, scevri di finezze e inserti anticheggianti (anche i capitelli adottano semplici foglie lisce), ma messi al servizio di un rigore di partiture che rievoca lo spirito delle coeve fabbriche cistercensi padane, vistosamente contrapponendosi alla già allora più composita e ornata vicina cattedrale. La partitura (chiusa verso l'esterno con contrafforti a sezione 'rostrata' agli spigoli) è 'aperta' verso l'interno, ove comporta un primo ordine, che sopra gli archi svolge un'intavolatura di lesene e archetti pensili, a cui seguono due teorie di bifore, segnate egualmente da cornici di archetti pensili. Il fonte battesimale, un monolito ottagonale all'esterno e circolare all'interno, fu terminato nel 1532.Solo poco meno di trent'anni dopo, nel 1194, si avviava per opera dello scultore, in questo caso anche architetto, Benedetto Antelami (v.) il b. di Parma. Nel 1216 vi ha luogo il primo rito battesimale; è solennemente consacrato nel 1270. Le parti del coronamento esterno sono concluse solo nel 14° secolo. La forte impronta del maestro produce una tra le più rare e compatte imprese di scultura, sistematicamente radicate in un supporto architettonico (de Francovich, 1952). Quest'ultimo ricava dallo stratificato gioco dei muri d'ambito una diversa dosatura strutturale: da una parte l'ordine inferiore è segnato dal giustapporsi del guscio esterno (scavato però dai poderosi sguanci dei tre portali) al rigoroso moltiplicarsi interno in sedici intervalli (a nicchia, salvo i tre ingressi); dall'altra il tema delle loggette architravate percorribili s'inserisce all'interno per due piani sino all'imposta della volta a spicchi, montati su lunette archiacute, spartiti da costoloni che continuano sottili colonnette addossate a tutta altezza. All'esterno si replica per quattro piani la sequenza delle loggette, a cui segue ancora l'attico trecentesco. Questo assetto distingue radicalmente il b. di Parma dai precedenti lombardi e toscani, per l'intenzionale scioglimento di qualsivoglia legame (tranne che al colmo, nella serraglia circolare) tra la volta e la copertura esterna del tetto, che risulta sensibilmente sopraelevata. Entro il pozzo di raccordo, che ora poco sporge al di sopra, prendeva posto una campana; un'edicola a cuspide, simile a quelle superstiti agli otto vertici degli angoli dell'ottagono, si trova anche al centro. A prescindere dalle variazioni di livello probabilmente intervenute nel tardo completamento della copertura, il rapporto che vi si stabilisce tra involucro interno ed esterno induce a ravvisare un'apertura che si può denominare 'gotica', e che converge chiaramente con gli orientamenti di Antelami scultore. È però vero che l'architetto sapeva anche ricuperare, nel traforo calcolato dell'involucro murario, i valori della tradizione romanica. Così la stereometria esterna evita l'enucleazione in aggetto dei salienti angolari, così si gioca sulla replicata sovrapposizione delle gallerie. Recenti proposte di distinzione della costruzione in fasi (Quintavalle, 1989) non infirmano la sostanziale aderenza a un progetto unitario da cui si stacca solo la già citata sopraelevazione.Benché l'eccezionale programma plastico svolgesse temi dottrinali con ampiezza e complessità tali da gareggiare con le cattedrali francesi, nella volta e sulle pareti rimaste libere si aggiunse (secondo alcuni dalla metà del sec. 13°, secondo altri in prossimità della consacrazione del 1270) un grande ciclo di pitture, opera di maestri certo in contatto con la pittura bizantina di area balcanica. Partendo dall'alto comprende una visione celeste, il Cristo tra la Vergine e s. Giovanni Battista, gli evangelisti, gli apostoli e alcuni profeti. Questa parte rivela difficoltà di adattamento alla spartizione dei costoloni e alle irregolari aperture della volta. Seguono via via verso il basso le Storie di Abramo e del Battista intercalate con figure simboliche (Virtù, Fiumi del paradiso, ecc.). Altre pitture coeve investono lo stesso primo ordine, dove altre ancora se ne aggiunsero più tardi. Il programma pittorico presenta molte singolarità, che hanno spinto a collegarlo all'esegesi di Gioacchino da Fiore e a eventi storici precisi (Gavazzoli, 1975; Gandolfo, 1982; Bianchi, 1986), o da ultimo a rinnovati rapporti con la Chiesa orientale (Quintavalle, 1989), come del resto l'intera impresa si rilega agevolmente alle vicende del Comune parmense (Kerscher, 1986). Il b. di Parma possiede tuttora sia una grande vasca centrale ottagonale di forme spoglie datata 1299 sia un fonte più piccolo finemente scolpito sorretto da un leone accosciato, ancora di scuola antelamica, sia ancora l'altare originario pure scolpito, nella nicchia a E. La vasca ottagonale contiene all'interno un recinto quadrilobato, che sarebbe stato destinato, secondo antiche testimonianze, ai sacerdoti che somministravano il battesimo (Testi, 1916).Contemporaneo all'incirca è il b. di Volterra, ma di dimensioni più ridotte e di forme spoglie, pure ottagono, con qualche zona di paramento lapideo dicromo. Sempre in Toscana l'ultimo grande b. è quello di S. Giovanni Battista in Corte a Pistoia, a cui è legato il nome di Cellino di Nese, che ne dirigeva i lavori nel 1337; risulta finito nel 1359 (il progetto è stato anche riferito ad Andrea Pisano). Ottagono, presenta un esterno di raffinata dicromia di gusto 'senese', con portali cuspidati e loggetta cieca terminale a modo di attico, tetto piramidale con lanterna e guglie angolari. L'interno, slanciatissimo verso l'alto, è in cortine laterizie, su cui è solo sottilmente segnata l'imposta della volta a otto spicchi. L'abside quadrata (con volta a crociera costolonata) ha fatto pensare a un'ispirazione al b. di Firenze, che tuttavia non va oltre lo schema planivolumetrico. Architettura di elevatissima invenzione, di cui non sono chiariti i precedenti (forse inglobati nell'attuale costruzione). Entro la rielaborazione della vasca centrale del sec. 16° si è trovata ed è stata restaurata quella più antica, quadrata, all'interno di una forma ovoidale e con quattro pozzetti agli angoli (secondo uno schema molto antico), tutta rivestita di marmi lavorati, con iscrizioni che ne fissano l'esecuzione al 1226, a opera di Lanfranco da Como. Questo ricupero ha consentito una più attendibile interpretazione (Garzelli, 1969; Salmi, 1972) della perduta vasca del S. Giovanni di Firenze e dei dibattuti cenni descrittivi che ne dava Dante (Inf. XIX, vv. 14-21). Interessante anche il dato che l'acqua lustrale potesse essere attinta a un pozzo interno al b. (Ferrali, 1966).Il b. di Padova fu iniziato dalla 'fraglia' di s. Giovanni Battista nel 1260 sull'area di quello più antico. Ha forma quadrata (lato interno di m. 11 ca.) con coro rettangolare introdotto da una tribuna a tre archi, verso O, dove è l'attuale portichetto d'ingresso; il più antico accesso era a E. Il grande vano è coperto, tramite pennacchi, da una volta a cupola, all'esterno rinserrata da un alto tamburo laterizio con partitura di lesene e doppia fascia di archetti pensili, simile a quella delle pareti sottostanti. L'edificio appare in una veste interna dominata interamente dal ciclo di pitture di Giusto de' Menabuoi (1375-1378): dall'alto, nella cupola il Cristo Pantocratore, la Vergine, le Storie della Genesi; nei pennacchi gli Evangelisti; sulle pareti Storie del Nuovo Testamento e di Giovanni il Battista; nell'abside Storie dell'Apocalisse. Altre sostanziali rielaborazioni (tra cui il rifacimento della cupola) avvennero nella seconda metà del Trecento per volere di Fina Buzzacarini moglie di Francesco il Vecchio da Carrara, signore di Padova, per cui il b. divenne un mausoleo carrarese, con la tomba di Fina in un arcosolio a parete e quella di Francesco collocata al centro del b. nel 1393. Queste memorie dei signori di Padova furono rimosse con la loro caduta (1405) e al centro del b. fu collocato il fonte attualmente pervenuto (Il Duomo di Padova, 1977; Saalman, 1987).Come estremo esempio di rielaborazione tardogotica in pieno Quattrocento può valere il b. di Udine, ricostruito a N del duomo sotto il patriarca Bertrando (1334-1350), ma poi radicalmente trasformato in seguito alla decisione del 1441 di installare sulla costruzione già esistente, voltata, un nuovo campanile. L'impresa, che proseguì sino al 1450, coinvolse il b. dandogli nuova forma e munendolo di un portale archiacuto a forte strombatura di ringrossi murari, nonché di un sistema di pilastri polistili con capitelli a fogliame, a sostegno di una volta a ombrello (nella chiave il busto del Battista), in tutto conforme al gusto lombardo-padano della prima metà del sec. 15° (Someda de Marco, 1970).In qualche modo comparabile è il caso del b. di Chieri (Torino) di nucleo ottagonale, ma con cappelle semicircolari e quadrate aggettanti, che subì nel corso del sec. 15° (1432-1495) una radicale trasformazione per diventare la cappella funeraria della famiglia Tana (con volta a ombrello simile a quella di Udine). All'esterno le forme laterizie tardogotiche sono fortemente alterate da un rimaneggiamento del secolo scorso (Cavallari Murat, 1969). È anche significativo che a Castiglione Olona (Varese) si adattasse a b. della collegiata il vano di una vicina torre e che nel 1435 Masolino vi dipingesse un organico ciclo di storie del Battista.Dalla rassegna qui prodotta emerge che non infrequenti rifacimenti condotti su precedenti ricostruzioni ricalcano da vicino vicende ben note per cattedrali e altre chiese, distinguendosi tuttavia nella singolarità del mantenimento della ubicazione non solo, ma del manufatto del fonte centrale, che rappresentava il fulcro dell'edificio. Ciò induce a credere che l'attaccamento al rito tradizionale si esprimesse nel rispetto di un dispositivo strutturale collaudato, aggiornandolo però nella sua veste architettonica. Nel caso del S. Giovanni a Firenze le implicazioni storico-culturali trovano conferma nell'intero sviluppo urbanistico tra il sec. 11° e il 14° (Braunfels, 1953). Una direzione d'indagine promettente per approfondire le peculiarità architettonico-funzionali risiede proprio in una ricognizione archeologica adeguata dei rapporti che in ciascun caso si stabilirono tra fasi diverse della costruzione e dell'arredo. Le nozioni in proposito sono lacunose e scarsi gli appoggi documentari circa i riti, che richiederebbero descrizioni ben individuate e non solo referenze dottrinarie. Al di là di questi innegabili aspetti specifici, resta la necessità di includere i b. nel più vasto ambito delle architetture a pianta centrale. Lo dimostrano scambi caratteristici, per cui, per es., la già citata ispirazione al Santo Sepolcro di Gerusalemme ha fatto tenacemente ritenere b. una costruzione come il Santo Sepolcro di Asti (erroneamente conosciuto come b. di S. Pietro in Consavia, del sec. 11°-12°, con rielaborazioni ulteriori e pesanti interventi di restauro), che non fu costruito come tale (Casartelli Novelli, 1965). Altri casi emblematici di edifici centrali ritenuti, occasionalmente e senza fondamento, b. sono la Santa Croce a Bergamo, la cappella presso la pieve a Vigolo Marchese, di singolare struttura del primo sec. 11°, con deambulatorio (Segagni Malacart, 1984), e anche il S. Stefano di Bologna, in un contesto che intende riprodurre il Santo Sepolcro e i luoghi santi di Gerusalemme.Così il S. Ansano di Dofana (territorio dell'antica repubblica di Siena, ma diocesi di Arezzo), un ottagono con diverse fasi costruttive (prevalente quella laterizia del sec. 13°), viene presentato come b., anche se le più antiche citazioni documentarie non accennano a tale funzione (Moretti, 1962). La prevalenza della nozione formale su quella funzionale risulta attestata almeno dal 15° secolo. Galeazzo Maria Sforza dichiarava, nel suo testamento del 1471, di volere per sé un mausoleo che avesse la forma del S. Giovanni di Firenze o del b. di Pisa, suggerimento che poteva essere raccolto certo anche per la vistosa presenza, nel b. fiorentino, di sepolture monumentali (Eiche, Lubkin, 1988); ma si veda sopra per questo aspetto, il caso del b. di Padova. Non molti anni dopo (1475) l'umanista milanese Stefano Dolcino, volendo celebrare il b. di Cremona, sapeva coglierne il rapporto con il grande S. Lorenzo della sua città (Giordano, 1985), che conservava allora la fisionomia tardoantica nella rielaborazione medievale e che conserva ancor oggi, nel collegato ottagono di S. Aquilino, il modello più accreditato dei b. lombardi. In tal senso si può dire che della stessa multiforme ispirazione dei grandi b. delle origini fosse consapevole, nel suo esaurirsi, il giudizio dei posteri.La casistica dei fonti battesimali va considerata a parte (v. Fonte battesimale), per la frequente autonomia di questi manufatti in sedi che non sono architetture a sé stanti.
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