Vedi Belgio dell'anno: 2012 - 2013 - 2014 - 2015 - 2016
Il Belgio, il paese che ospita le maggiori istituzioni comunitarie, è uno dei membri meno stabili dell’Unione Europea. Per diversi anni, infatti, ha attraversato una fase di grave instabilità politica legata alla fisionomia stessa dello stato, contraddistinta da frammentazione linguistica e comunitaria, e alla difficoltà di gestire le crescenti tensioni centrifughe. Differenti istanze culturali e linguistiche, nonché economiche e politiche, hanno indotto il paese ad adottare un federalismo unico nel suo genere, che vede una complessa interazione tra stato, regioni e comunità. Il sud del Belgio è abitato dalla comunità francese che, per la quasi totalità, coincide con la regione della Vallonia. La regione delle Fiandre, a nord, è invece abitata prevalentemente dalla comunità fiamminga. La capitale Bruxelles costituisce una regione a sé. Un’altra comunità riconosciuta a livello politico-istituzionale è quella germanofona, che occupa la porzione orientale della Vallonia, al confine con la Germania.
La complessità del sistema non ha potuto arginare le tensioni latenti tra le componenti nazionali, fiamminghe e francofone, degenerate tra il 2010 e il 2011 in una grave crisi di stallo politico domestico, che ha registrato ben diciotto mesi di governo ad interim. Dopo quasi cinque mesi di trattative, da metà ottobre 2014 si è insediato un nuovo governo federale di centro-destra, diretto dal liberale francofono, Charles Michel. Le redini del neoesecutivo, tuttavia, sono fermamente nelle mani di Bart de Wever, sindaco di Anversa e leader della Nuova alleanza fiamminga (N-Va), uscito come il vero vincitore dalle elezioni del 25 maggio 2014, una tornata elettorale fondamentale per il Belgio, vista la congiunzione in una stessa giornata delle elezioni federali, regionali ed europee. Il partito separatista fiammingo si è aggiudicato la maggioranza relativa dei consensi in praticamente tutti e tre i livelli istituzionali e ha potuto così dirigere le trattative per la formazione del nuovo governo federale (di cui detiene alcuni tra i principali ministeri), raggiunto grazie all’accordo con i liberali di entrambi i gruppi linguistici e i democristiani fiamminghi – ovvero le due famiglie politiche belghe che presentavano maggiore compatibilità ideologica con il programma della N-Va.
Per la prima volta negli ultimi 30 anni, invece, il partito socialista guidato dell’ex primo ministro Elio Di Rupo, pur confermandosi il maggiore tra i partiti francofoni, è rimasto fuori dal governo federale e siede all’opposizione.
Stando alle intenzioni programmatiche della vigilia esplicitate dal nuovo premier Michel, il suo governo, nonostante la forza della N-Va, non dovrebbe porre all’ordine del giorno per tutta la durata della legislatura questioni sull’assetto istituzionale, ma concentrarsi sul risanamento dei conti pubblici e il rilancio di un’economia nazionale tornata a tassi di crescita oltre l’1%. Dal suo insediamento il nuovo governo ha infatti dato avvio a un discreto programma economico in senso liberale, piuttosto radicale per gli standard del paese, tradizionalmente legato alla presenza di un solido welfare state. Tra le riforme principali attuate finora: l’innalzamento dell’età pensionabile a 67 anni entro il 2030, la sospensione del meccanismo di adeguamento dei salari all’inflazione e uno spostamento del peso fiscale dal lavoro ai consumi (anche energetici).
Dal punto di vista dell’assetto istituzionale l’ultima riforma è stata varata soltanto nel 2011, con misure che hanno rafforzato le prerogative federali e sancito la divisione del distretto elettorale di Bruxelles-Halle-Vilvoorde. L’attuale sistema federale attribuisce alle regioni forti poteri in materia di economia, occupazione, agricoltura, energia, trasporti (eccetto che per le ferrovie statali), ambiente, commercio, piani urbanistici, supervisione delle province, dei comuni e delle compagnie intercomunali. Le comunità, invece, definiscono le politiche culturali (gestione di teatri, librerie, media e audiovisivi), amministrano i settori dell’istruzione e della salute (cura e prevenzione medica) e promuovono iniziative di welfare, tra cui assistenza e servizi agli immigrati, aiuto alle famiglie e protezione dei giovani. Inoltre, sia le comunità sia le regioni hanno un proprio parlamento e un proprio governo e godono di una certa autonomia decisionale nel settore della ricerca scientifica e delle relazioni internazionali.
All’unicità dell’organizzazione politica interna si aggiunge, per quanto attiene al panorama europeo, una peculiarità istituzionale: Bruxelles è sede dei più importanti organismi dell’Unione Europea (Eu), tra i quali la Commissione, il Segretariato generale del Consiglio e, in condivisione con Strasburgo, il parlamento europeo.
Questa peculiarità deriva dal fatto che il Belgio è stato, sin dagli anni Quaranta, tra i più convinti promotori dell’integrazione europea. Negli ultimi vent’anni Bruxelles si è distinta soprattutto per il forte impegno nel promuovere la dimensione economica e monetaria dell’Eu. Nel gennaio 1999 il Belgio è stato tra i primi undici stati ad adottare la moneta comune. Inoltre, nel 2008, il politico belga Herman Van Rompuy è stato il primo a essere nominato presidente permanente del Consiglio europeo, riconfermato successivamente per un secondo mandato fino al 30 novembre 2014.
Gli sforzi della politica estera belga puntano verso un rafforzamento dell’Eu allo scopo di rendere il paese un attore di primissimo piano sulla scena mondiale. In particolare l’attuale governo di centro-destra è allineato alla linea rigorista dettata dalla Germania in ambito fiscale. Ugualmente, considerato il forte incremento nelle domande di asilo ricevute dal paese negli ultimi mesi, il Belgio è uno dei sostenitori del sistema di redistribuzione dei rifugiati tramite quote nei paesi Eu. Resta aperta, invece, la questione degli allineamenti internazionali extra-europei. Il dibattito si articola soprattutto attorno ai rapporti con gli Stati Uniti, deterioratisi nel 2003 in seguito all’opposizione belga all’intervento in Iraq, ma in via di miglioramento negli ultimi anni.
Il 21 luglio 2013 è salito sul trono del Belgio Philippe Léopold Louis Marie, primogenito di re Alberto II e secondo monarca più giovane d’Europa dopo Willem-Alexander, re dei Paesi Bassi.
Con 370 abitanti per chilometro quadrato, il Belgio è il secondo paese d’Europa per densità di popolazione, superato soltanto dai Paesi Bassi. Le Fiandre e la Vallonia sono regioni con estensione geografica simile, tuttavia la maggioranza della popolazione si concentra nella prima: vi risiedono poco più di 6,4 milioni di persone, mentre la Vallonia conta circa 3,5 milioni di residenti. La terza regione, quella di Bruxelles-capitale, è abitata da oltre 1 milione di persone.
La distribuzione etno-linguistica non coincide totalmente con quella politica: in Vallonia risiede una minoranza di lingua tedesca di circa 73.000 abitanti, e nella regione di Bruxelles-capitale i residenti di lingua francese sono all’incirca il 77%. Anche nelle due regioni di Fiandre e Vallonia esistono minoranze di lingua fiamminga e francese. La demografia linguistica è una questione politicamente sensibile, tanto che neppure il censo belga riporta dati esatti: si stima che nel paese i cittadini di lingua fiamminga siano circa il 60% del totale, il 39% degli abitanti parli francese e la lingua tedesca sia utilizzata da circa l’1% della popolazione. Come accade in molti altri paesi europei, l’età media della popolazione belga sta lentamente aumentando.
Il livello di radicamento della democrazia in Belgio è molto elevato. Ciò è dovuto alla struttura politica fortemente pluralistica che, paradossalmente, è anche tra le prime cause dell’instabilità del paese. Il particolare federalismo belga mette sullo stesso piano stato, regioni e comunità, facilitando la comunicazione tra classe dirigente e cittadinanza e permettendo dunque una migliore governabilità del territorio. Allo stesso tempo, però, ciò comporta un’alta frammentazione politica, culturale ed economica, che spesso frena l’agenda governativa e polarizza il dibattito pubblico. La frammentazione del paese si rispecchia anche nel panorama mediatico, regolato a livello comunitario e non federale. Esistono tre canali televisivi e tre radio pubbliche che coprono l’intero territorio nazionale e che trasmettono, rispettivamente, in lingua olandese, francese e tedesca: una peculiarità pressoché unica nel panorama europeo. Vi sono poi molte radio private a diffusione regionale o locale. Molto elevato, poi, il tasso di penetrazione di Internet, pari a circa l’84%% nel 2014 (contro il 60% dell’Italia e il 95,5% dei Paesi Bassi). Circa il 90% delle famiglie ha inoltre accesso alla televisione via cavo. Il sistema mediale è quindi libero e articolato, anche per quanto riguarda la carta stampata.
A partire dal 1988 la direzione del sistema scolastico è stata delegata alle tre comunità del paese. In tal modo gli organi istituzionali delle regioni hanno guadagnato la possibilità di adeguare l’istruzione e l’insegnamento alle peculiarità del mercato del lavoro del proprio territorio. Per l’ottenimento dei certificati finali della scuola obbligatoria, invece, è previsto un programma di studio nazionale unificato.
Tra i paesi europei ad aver patito in misura minore la crisi finanziaria ed economica globale, negli ultimi anni il Belgio ha visto aumentare in maniera incontrollata il suo debito pubblico in rapporto al pil. Si è passati, infatti, da un rapporto debito/pil dell’88% nel 2007 al 106,6% nel 2015, e quindi a uno degli indebitamenti più alti d’Europa, dopo Grecia, Italia, Portogallo, Irlanda e Cipro. È riemersa così una delle maggiori preoccupazioni di politica economica del paese degli anni Novanta. Inoltre il sistema retributivo belga prevede un meccanismo di adeguamento automatico dei salari ai prezzi e per questo motivo l’inflazione è spesso più alta rispetto alla media dell’Eu. Per il 2015 questo meccanismo è stato tuttavia sospeso, così come sono stati tagliati i fondi federali verso i governi regionali, al fine di promuovere una maggiore equità fiscale tra le aree del paese. Altra riforma importante portata avanti dall’attuale governo è una riallocazione fiscale dal valore di 7,2 miliardi di euro, che alleggerisca il costo del lavoro, riducendo dal 33% al 25% la contribuzione sociale da parte del datore di lavoro.
Più di tanti altri paesi europei, il Belgio ha saputo adattare il concetto di ‘mercato unico’ alla propria economia, trasformandosi in uno dei mercati più aperti e concorrenziali al mondo. L’integrazione commerciale risalta soprattutto nei rapporti di interdipendenza economica tra il Belgio e i paesi dell’Eu confinanti – Germania, Francia e Paesi Bassi – con i quali il paese intrattiene più del 40% del totale dei suoi scambi.
A trainare l’economia belga, come per tutti gli stati a economia avanzata, sono i servizi, nei quali sono coinvolte molte compagnie straniere. I maggiori settori di produzione dell’industria sono invece quelli dei prodotti chimici (inclusi i farmaceutici) e dell’ingegneria leggera (componenti auto, apparecchiature elettroniche, ecc.).
Il Belgio è dipendente in misura significativa dalle importazioni di energia, che nel 2014 arrivavano a quasi il 90% del suo consumo primario. La maggior parte della domanda energetica interna è coperta dall’importazione di petrolio e dei suoi derivati, seguita da quella di gas naturale. Il paese dispone attualmente di sette centrali nucleari attive, ma ciò nonostante deve comprare all’estero una quota rilevante di elettricità. La situazione limite affrontata durante l’inverno 2014, con una scarsa disponibilità energetica a causa della chiusura di due reattori, ha portato il governo centrale a estendere l’utilizzo di due centrali nucleari, destinate a spegnersi nel 2015, fino al 2025. Il programma di graduale uscita dal nucleare, progettato nel 2003, è stato per ora disatteso per far fronte al fabbisogno energetico del paese. Il Belgio sta attualmente cooperando con Francia e Paesi Bassi con l’obiettivo di creare un mercato regionale dell’elettricità più efficiente e di accelerare la costruzione di nuove infrastrutture interstatali per il trasporto dell’energia elettrica.
In crescita i settori ad alto contenuto tecnologico. In tale ottica, sempre più numerosi sono i parchi scientifici, i centri di ricerca, i laboratori, le università e i business park in tutto il paese. Tutto ciò, assieme all’efficienza della forza lavoro, fa sì che la produttività manifatturiera sia superiore alla media europea.
Abbandonata la neutralità permanente in seguito alle invasioni da parte della Germania nella Prima e nella Seconda guerra mondiale, dal 1945 il Belgio non ha più subito gravi minacce alla sicurezza nazionale. Negli ultimi anni l’elevato indebitamento, gli effetti della crisi economica e le preoccupazioni per l’instabilità interna hanno indotto alle misure d’austerità dell’ottobre 2009 che prevedono tagli alla difesa, in particolare agli armamenti. L’impegno internazionale rimane tuttavia significativo. Le truppe belghe affiancano gli eserciti francese, tedesco e spagnolo negli Eurocorps, contingente Eu acquartierato a Strasburgo. Hanno inoltre partecipato alle missioni di pace delle Nazioni Unite nella Repubblica democratica del Congo (Monuc) – ex colonia belga – e in Libano (Unifil) e a quelle della Nato in Afghanistan (Isaf) e in Kosovo (Kfor). Forte è anche l’impegno nell’anti-terrorismo a livello domestico e comunitario, soprattutto dopo gli attentati di Parigi del novembre 2015. Dal 1977, il quartier generale delle forze alleate della Nato in Europa (Shape) ha sede a Mons, nel sud del Belgio, ed è il luogo deputato all’organizzazione delle operazioni militari coordinate. Infine, a conferma dell’indole cooperativa belga e dei tradizionali rapporti di buon vicinato che il paese intrattiene nell’ambito del Benelux, vi è la costituzione di una flotta navale comune con i Paesi Bassi.
Per la prima volta nella sua storia, il Belgio sta attuando alcune riforme di stampo liberale, mettendo in discussione il proprio solido sistema di welfare state. Dopo sette anni di crisi finanziaria, aggravata dai contrasti interni alla maggioranza dell’allora primo ministro Yves Leterme, il paese ha urgenza di mettere in campo riforme strutturali che possano porre un argine alla crescita del debito pubblico e del rapporto deficit/pil, cercando di risanare le finanze statali.
Il governo di coalizione formato dopo le consultazioni del maggio 2014 e guidato da Charles Michel, ha messo da parte le ambizioni di riforma istituzionale per focalizzarsi invece su un più marcato federalismo e sulle riforme in ambito economico. Il Belgio è riuscito a uscire dalla procedura di deficit eccessivo nella metà del 2014. Il governo federale è riuscito a mettere in atto alcune significative riforme: innanzitutto quella del sistema pensionistico, che innalzerà l’età minima per il pensionamento a 67 anni entro il 2030; la sospensione dell’indicizzazione dei salari in base all’inflazione; una serie di tagli al costo del lavoro, con una riduzione delle aliquote contributive a carico del datore di lavoro dal 33 al 25%, spostando invece l’aumento delle tasse sui consumi e sull’energia. L’unico partito francofono all’interno della coa;lizione di governo si è espresso a favore delle misure di austerità, affrancandosi dalla linea dell’altro grande partito francofono, il Parti Socialiste.
Tuttavia è possibile che socialisti e unioni sindacali mettano in atto una forte opposizione alle riforme, specie nella regione di Bruxelles e in Vallonia. Le divisioni politiche potrebbero dunque nuovamente incrinarsi lungo le linee comunitarie piuttosto che su quelle meramente di contenuto. Dal punto di vista economico, inoltre, le riforme, nonostante siano mirate a rilanciare la competitività economica nel lungo periodo, potrebbero invece avere effetti ulteriormente depressivi sull’economia nel breve termine, portando a una riduzione della domanda interna.
Il Belgio ha il numero più alto tra i paesi occidentali di foreign fighters in rapporto alla popolazione: secondo uno studio pubblicato a ottobre 2014 dall’Icsr di Londra, sarebbero oltre 400 i cittadini belgi impegnati a combattere in Siria o in Iraq, tra le fila dell’Is o in altre formazioni jihadiste minori. Come gli altri paesi europei, anche il Belgio deve dunque affrontare il fenomeno dei ‘combattenti stranieri’ di ritorno, intenzionati a portare la propria esperienza in Europa. Non sorprende dunque che Bruxelles abbia non solo creato una task force espressamente dedicata nell’attività di contro-radicalizzazione, prevenzione, monitoraggio e persecuzione giudiziaria dei potenziali jihadisti dal e/o verso il Medio Oriente, ma ha inoltre assunto a livello comunitario un ruolo di leader nel coordinamento proprio rispetto a questo fenomeno. Negli ultimi anni sono state diverse le operazioni dell’anti-terrorismo belga, la gran parte delle quali dirette contro l’organizzazione aderente al salafismo radicale chiamata Sharia4Belgium, che conta diversi membri attivi in Belgio e Siria, nelle attività di reclutamento e finanziamento. Ben 46 appartenenti a questo gruppo sono sotto processo presso il tribunale di Anversa. Il pericolo maggiore per le forze di polizia del paese è che possano verificarsi nuovi attentati eclatanti come quello avvenuto il 24 maggio 2014 presso il museo ebraico di Bruxelles, costato la vita a quattro persone. Dopo settimane di indagini si è scoperto che l’autore della sparatoria era un jihadista francese, passato nel 2013 proprio dalla Siria. Questa indiscrezione ha svelato agli inquirenti il legame diretto esistente tra Belgio e Francia. Nel gennaio 2015, una nuova operazione dell’anti-terrorismo belga ha portato alla scoperta di una cellula jihadista a Verviers, direttamente implicata negli attentati di Parigi a Charlie Hebdo e al market kosher del 7-9 gennaio 2015. Pochi mesi dopo, nel novembre 2015, la polizia ha eseguito 19 raid anti-terrorismo tra Bruxelles, Molenbeek e Charleroi, che hanno portato all’arresto di 16 persone di origine maghrebina, all’uccisione di Abdelhamid Abaaoud – la mente degli attentati di Parigi del 13 novembre 2015 – e alla scoperta nella capitale belga della base di Salah Abdesalam, tra gli autori dei fatti al Bataclan.