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Il Belgio è oggi tra i più instabili tra i paesi europei. Il motivo è da imputarsi alla fisionomia statale, contraddistinta da frammentazione linguistica e comunitaria, e all’incapacità del sistema politico di gestire le crescenti tensioni centrifughe. Differenti istanze culturali e linguistiche, nonché economiche e politiche, hanno indotto il paese ad adottare un federalismo unico nel suo genere, che vede una complessa interazione tra stato, regioni e comunità. Il sud del Belgio è infatti abitato dalla comunità francese che, per la quasi totalità, coincide con la regione della Vallonia; la regione delle Fiandre, a nord, è invece abitata prevalentemente dalla comunità fiamminga. La capitale Bruxelles costituisce poi una regione a sé, mentre un’altra comunità riconosciuta a livello politico-istituzionale è quella germanofona, che occupa la porzione orientale della Vallonia al confine con la Germania.
Tale sistema, tuttavia, non è stato in grado di arginare le tensioni latenti tra le diverse componenti nazionali, che negli ultimi anni hanno determinato una grave crisi politica. Yves Leterme, già primo ministro dal novembre 2009, è stato per diversi mesi a capo di un governo ad interim, in attesa della nomina di un nuovo esecutivo. L’esito elettorale del giugno 2010, tuttavia, sembra aver portato ad un’ulteriore frammentazione del panorama politico, rendendo le forze partitiche incapaci di raggiungere un compromesso. Il dibattito pubblico risulta quindi congestionato dalla minaccia della disgregazione del paese in favore della costituzione di due diversi stati, uno fiammingo e l’altro francofono.
L’attuale sistema federale attribuisce alle regioni forti poteri in materia di economia, occupazione, agricoltura, energia, trasporti (eccetto le ferrovie statali), ambiente, commercio, piani urbanistici, supervisione delle province, dei comuni e delle compagnie intercomunali. Le comunità, invece, definiscono le politiche culturali (gestione di teatri, librerie, media audiovisivi), amministrano i settori dell’istruzione e della salute (cura e prevenzione medica) e promuovono iniziative di welfare, tra cui assistenza e servizi agli immigrati, aiuto alle famiglie, protezione dei giovani.
Inoltre sia le comunità, sia le regioni hanno un proprio parlamento e un proprio governo e godono di una certa autonomia decisionale nel settore della ricerca scientifica e delle relazioni internazionali.
L’attuale premier Yves Leterme è esponente di spicco del partito dei Christen-Democratisch en Vlaams. Sul versante francofono, il medesimo spazio politico è dominato dal partito dei centristi francofoni (Centre Démocrate Humaniste), storicamente sostenuto da un elettorato molto più ristretto rispetto alla controparte fiamminga.
Il peso politico dei liberali e dei socialisti nelle due regioni è invece più equilibrato, sebbene le ultime tornate elettorali abbiano segnato un lieve vantaggio in favore delle formazioni francofone di entrambe i partiti. Il Partito liberale è stato il primo ad essersi organizzato politicamente in Belgio, tra il 19° e il 20° secolo, e già negli anni Sessanta si è scisso nelle due formazioni regionali (attualmente denominate Vlaamse Liberalen en Democraten e Mouvement Réformateur). Il Partito socialista belga è nato invece nel 1884, scindendosi nel 1978 nelle correnti vallona (Parti Socialiste) e fiamminga (Socialistische Partij Anders). A partire dal 2003 i due gruppi socialisti hanno registrato un andamento altalenante, con un ottimo risultato per i socialisti francofoni nelle elezioni federali del 2010.
All’estrema destra, a partire dal 1995 si assiste invece ad un’ascesa significativa delle forze nazionaliste; in particolare, nelle ultime elezioni i nazionalisti della Nieuw-Vlaamse Alliantie di Bart De Wever hanno ottenuto 27 seggi, avanzando istanze indipendentiste sempre più plausibili.
I Verdi, infine, mantengono un peso politico limitato ma strategicamente spendibile in parlamento.
All’unicità dell’organizzazione politica interna si aggiunge, per quanto attiene al panorama europeo, una peculiarità istituzionale: Bruxelles, infatti, è sede dei più importanti organismi dell’Unione Europea (Eu), tra cui spiccano la Commissione, il Segretariato generale del Consiglio e, in condivisione con Strasburgo, il Parlamento europeo.
Questa peculiarità deriva al Belgio dalla circostanza che il paese è stato, sin dagli anni Quaranta, tra i più convinti promotori dell’integrazione europea. Negli ultimi vent’anni Bruxelles si è distinta soprattutto per il forte impegno nel promuovere la dimensione economica e monetaria dell’Eu: nel gennaio 1999 il Belgio è stato infatti tra i primi undici stati ad adottare la moneta comune, l’euro. Inoltre, il politico belga Herman Van Rompuy è stato il primo ed essere nominato alla carica di presidente permanente del Consiglio europeo. Van Rompuy, che al momento della nomina era primo ministro del proprio paese, secondo le disposizioni del Trattato di Lisbona resterà in carica sino al 31 maggio 2012.
Gli sforzi della politica estera belga, dunque, puntano verso un rafforzamento dell’Eu tale da renderla un attore di primissimo piano nella scena politica mondiale. I governi delle tre comunità interne, tuttavia, spesso adottano linee politiche divergenti, che rendono difficoltoso perseguire tale intento.
Resta aperta, invece, la questione degli allineamenti internazionali extra-europei. Il dibattito si articola soprattutto attorno ai rapporti con gli Stati Uniti, peggiorati nel 2003 a seguito dell’opposizione belga all’intervento in Iraq, ma andati poi migliorando negli ultimi anni.
Con 352 persone per chilometro quadrato, il Belgio è il secondo paese d’Europa per densità di popolazione, superato soltanto dai Paesi Bassi. Le Fiandre e la Vallonia sono regioni con estensione geografica simile, tuttavia la maggioranza della popolazione si concentra nella prima: nel 2008 vi risiedevano 6,2 milioni di persone, mentre la Vallonia contava 3,5 milioni di residenti. La terza regione, quella di Bruxelles-Capitale, è abitata da circa 1 milione di persone.
La distribuzione etno-linguistica non coincide totalmente con quella politica: in Vallonia risiede una minoranza di lingua tedesca di circa 70.000 abitanti, e nella regione di Bruxelles-Capitale i residenti di lingua francese sono all’incirca il 77% del totale. Anche nelle due regioni di Fiandre e Vallonia esistono minoranze di lingua fiamminga e francese. La demografia linguistica è una questione politicamente sensibile, tanto che neppure il censo belga riporta dati esatti: si stima che nel paese i cittadini di lingua fiamminga siano circa il 60% del totale, il 39% degli abitanti parli francese e la lingua tedesca sia praticata da circa l’1% della popolazione.
Come accade in molti altri paesi europei, l’età media della popolazione belga sta lentamente aumentando. Per questo motivo il governo sarà costretto ad innalzare l’età pensionabile, e ad adeguare la spesa destinata allo stato sociale alle necessità di una popolazione più anziana.
Tra i paesi europei ad aver patito in misura minore la crisi finanziaria ed economica globale (anche se il tasso di crescita del pil ha fatto segnare un −2,7% nel 2009), il Belgio ha visto tuttavia crescere in maniera incontrollata il suo debito pubblico in rapporto al pil, facendo riemergere quella che era stata una delle maggiori preoccupazioni di politica economica del paese negli anni Novanta. Si è infatti passati da un rapporto debito/pil dell’88% nel 2007 al 103% nel 2010: si tratta di uno degli indebitamenti più alti d’Europa, inferiore soltanto a Italia, Grecia e Islanda. Inoltre, il sistema retributivo belga prevede un meccanismo di adeguamento automatico dei salari ai prezzi e per questo motivo l’inflazione è spesso più alta rispetto alla media dell’Eu.
Nel 2000 il governo aveva infatti raggiunto il pareggio di bilancio per la prima volta in cinquant’anni; bilancio che restò in leggero surplus fino al 2003. Nonostante un primo deterioramento delle finanze pubbliche nel 2004, l’adozione di misure una tantum ha consentito, fino al 2007, di chiudere ogni successivo bilancio annuale in una posizione sempre vicina al pareggio.
Dal 2008 la crisi finanziaria ha però colpito in maniera estremamente dura i principali istituti di credito belgi. I più colpiti sono stati KBC, Dexia e Fortis – tanto che quest’ultima compagnia è stata costretta ad accettare l’acquisizione da parte di BNP Paribas.
La crisi è stata aggravata da due fattori: da una parte, i dissidi interni alla maggioranza del primo ministro Yves Leterme, che tra il 2008 e il 2010 è stata composta da cinque partiti (tre francofoni e due fiamminghi), hanno generato una pioggia di veti incrociati sui tagli e le misure di emergenza da adottare. Dall’altra, l’esistenza di uno stabilizzatore automatico dei salari all’inflazione (la scala mobile) ha fatto sprofondare il rapporto debito/ pil al 6,1% nel 2009, mentre il debito pubblico ha sfondato la soglia psicologica del 100% del pil.
Il recente tira e molla di competenze tra governo federale e regioni è stato un ulteriore ostacolo alla conclusione di un accordo per ridimensionare la spesa pubblica, attualmente sovradimensionata rispetto alle prospettive di crescita economica del paese. In un contesto tanto grave, l’obiettivo del governo sarebbe quello di riportare il bilancio pubblico in pareggio entro il 2015, ma la situazione finanziaria resta così complicata che nel settembre 2010 il paese è stato costretto a concordare un piano di risanamento con l’Unione Europea.
Dal punto di vista delle relazioni commerciali, il Belgio è uno degli stati maggiormente integrati nel mercato europeo e uno dei più aperti al mondo. Il totale del valore delle sue esportazioni e importazioni è infatti equivalso nel 2010 a più del 120% del suo pil. L’integrazione commerciale risalta soprattutto nei rapporti di interdipendenza economica tra il Belgio e i paesi dell’Eu confinanti – Germania, Francia e Paesi Bassi – dai quali nel 2009 è provenuto il 47% del totale delle importazioni belghe, e verso i quali il paese ha destinato il 49% delle sue esportazioni.
A trainare l’economia belga, come per tutti gli stati ad economia avanzata, è il settore dei servizi, che vede la presenza sul territorio nazionale di molte compagnie straniere. I maggiori settori di produzione dell’industria sono invece quelli dei prodotti chimici (inclusi i farmaceutici) e dell’ingegneria leggera (componenti auto, ecc.).
Il Belgio è dipendente in misura significativa dalle importazioni di energia, che nel 2009 arrivavano a coprire il 75% del suo consumo primario.
La maggior parte della domanda energetica interna è coperta dall’importazione di petrolio e dei suoi derivati, seguita da quella di gas naturale. Il paese dispone anche di sette centrali nucleari, ma ciononostante ha ancora bisogno di comprare all’estero una quota rilevante di elettricità.
La capacità di trasferimento elettrico dall’estero è tuttavia limitata: per questo il Belgio sta attualmente cooperando con Francia e Paesi Bassi con l’obiettivo di creare un mercato regionale dell’elettricità più efficiente e di accelerare la costruzione di nuove infrastrutture interstatali per il trasporto dell’energia elettrica.
Il livello di radicamento della democrazia in Belgio è molto elevato. Ciò è dovuto alla struttura politica fortemente pluralistica che, paradossalmente, è anche tra le prime cause dell’instabilità interna del paese. Il particolare federalismo belga, infatti, mette sullo stesso piano stato, regioni e comunità, facilitando la comunicazione tra classe dirigente e cittadinanza e permettendo dunque una migliore governabilità del territorio. Allo stesso tempo, però, ciò comporta un’alta frammentazione politica, culturale ed economica, che spesso frena l’agenda governativa e polarizza il dibattito pubblico.
Il sistema mediale è libero e articolato: ogni giorno circolano ventotto quotidiani (tra nazionali e regionali) per un totale di circa 2 milioni di copie. I giornali in lingua francese sono sedici, dieci quelli in fiammingo, uno in tedesco e uno presenta due edizioni, una francese e una fiamminga.
Esistono tre canali televisivi e tre radio pubbliche che coprono l’intero territorio nazionale e che trasmettono, rispettivamente, in lingua olandese, francese e tedesca. Oltre a queste vi sono molte radio private a portata regionale o locale.
A partire dal 1988 la direzione del sistema scolastico è stata delegata alle tre comunità del paese. In tal modo gli organi istituzionali delle regioni hanno guadagnato la possibilità di adeguare l’istruzione e l’insegnamento alle peculiarità del mercato del lavoro del proprio territorio. Per l’ottenimento dei certificati finali della scuola obbligatoria, invece, è previsto un programma di studio nazionale unificato.
La scuola superiore belga, pur registrando in media un buon livello di insegnamento, ha un diverso rendimento a seconda della regione: i dati mostrano infatti che il sistema di istruzione secondaria della comunità fiamminga prepara meglio gli studenti rispetto a quello della regione francofona.
Abbandonata la politica della neutralità permanente a seguito dell’invasione tedesca del 1914, e dopo essere stato occupato una seconda volta durante la Seconda guerra mondiale, dal dopoguerra il Belgio non ha più riscontrato gravi minacce alla sicurezza nazionale.
Negli ultimi anni l’elevato indebitamento, gli effetti della crisi economica e le preoccupazioni per l’instabilità interna hanno indotto il paese a contenere le spese per la difesa. Le misure d’austerità prese nell’ottobre 2009 prevedono infatti tagli agli armamenti, la chiusura di 23 basi entro il 2011 e la riduzione del reclutamento militare.
L’impegno internazionale del paese rimane tuttavia significativo. Le truppe belghe affiancano infatti gli eserciti francese, tedesco e spagnolo negli Eurocorps, contingente Eu acquartierato a Strasburgo. Partecipano inoltre alle missioni di pace delle Nazioni Unite nella Repubblica democratica del Congo (Monuc) – ex colonia belga – e in Libano (Unifil) e a quelle della Nato in Afghanistan (Isaf) e in Kosovo (Kfor). Dal 1977, il Quartier generale delle Forze Alleate della Nato in Europa (Shape) ha sede a Mons, nel sud del Belgio, ed è il luogo deputato all’organizzazione delle operazioni militari coordinate. Infine, a conferma dell’indole cooperativa belga e dei tradizionali rapporti di buon vicinato che il paese intrattiene nell’ambito del Benelux, vi è la costituzione di una flotta navale comune con i Paesi Bassi.