ACQUAVIVA D'ARAGONA, Belisario
Nato intorno al 1464, secondogenito di Giulio Antonio e di Caterina Orsini, ebbe una compiuta educazione, letteraria ad opera di Gioviano Pontano e militare a cura del padre stesso. Morto questo ad Otranto (1481), ne continuò le tradizioni di valore difendendo nel 1484 la Puglia contro i Veneziani. Rimasto nell'ombra del fratello maggiore Andrea Matteo fino alla venuta di Carlo VIII nell'Italia meridionale, assunse poi un atteggiamento del tutto autonomo, rimanendo al fianco di Ferrante II e contrastando valorosamente l'avanzata ai Francesi; quando questi furono costretti a tornare in patria, l'A. venne compensato dal suo re con le contee di Conversano e Casamassima, tolte proprio al fratello Andrea Matteo (1495). Quando, però, morto Ferrante II, il giovanissimo re Federico I, nel tentativo di riunire intorno a sé tutto il paese, condonò la pena a tutti i ribelli, l'A. restituì Conversano e Casamassima al fratello, ottenendo in cambio, dal demanio regio, il feudo di Nardò col titolo di conte (1455). Il 1 agosto dello stesso anno intervenne all'incoronazione di re Federico, al cui fianco restò fino alla caduta del Regno (1501). Entrato in rapporto con la monarchia spagnola, le rimase sempre fedele: amico di Gonzalo de Cordoba, difese con lui Barletta, assediata dal duca di Nemours, partecipando poi alla battaglia di Cerignola (28 apr. 1503) e del Garigliano (28 dic. 1503). In compenso della sua devozione e dei sacrifici personali e finanziari compiuti per gli Spagnoli, ebbe da Ferdinando il Cattolico il diritto di giudicare i suoi vassalli nelle cause d'appello e, successivamente, il titolo di marchese di Nardò. Quando Gonzalo de Cordoba cadde in sospetto del re e venne richiamato in Spagna (1507), l'A. si ritirò completamente dalla vita politica, pur rimanendo legato dal più vivo affetto al fratello maggiore Andrea Matteo, di lui ben più inquieto e politicamente mutevole.
Risiedette ora a Napoli, ora a Nardò, e riprese con passione gli studi letterari della sua fanciullezza; nulla turbò la serenità della sua vita, malgrado le vicende di quegli anni nel Mezzogiorno d'Italia.
Il 20 luglio 1516 ancora una volta lo raggiungeva un ambìto riconoscimento: Carlo d'Asburgo appena salito sul trono di Spagna, apprezzando i servigi resi dall'A. alla Spagna, gli elevava il titolo di marchese in quello di duca di Nardò.
Accademico Pontaniano a Napoli, a Nardò istitui l'Accademia del Lauro per favorire l'incremento della poesia e, insieme, della cultura letteraria.
Non trascurabile del resto fu l'attività dello stesso A., anche se chiusa nell'ambito umanistico più tradizionale. Ciò si rileva specialmente dal complesso di quattro trattatelli, che egli scrisse tracciando un programma d'educazione d'un principe, editi poi a Napoli presso "Ioannes Pasquet de Sallo" tra il 7 maggio e il 1 ag. 1519.
Nel primo, De instituendis liberis principum, dopo avere non senza disdegno espresso il rammarico per la forzata sua inattività, pone le basi dell'educazione principesca sui precetti degli antichi e sugli esempi che essi ci hanno lasciato, additando come ideale d'un principe l'esercizio della clemenza, della liberalità e della continenza per poter avere sudditi fedeli e devoti.
Poiché, però, il principe, oltre alle qualità morali dovrà essere esperto nei problemi economici, l'A., nella Paraphrasis in Economica Aristotelis libri duo, gli espone le principali questioni della vita economica sulla base specialmente di Platone e di Aristotele e ricordando sempre gli esempi dell'antichità: il primo libro parla della vita economica della famiglia, il secondo dell'attività economica connessa con l'agricoltura.
Unico svago veramente degno d'un principe è la caccia, alla quale l'A. dedica il trattato De venatione et de aucupio, in cui imita il Τὰ Κυνηγετικά dello pseudo-Oppiano, da lui studiato in greco con l'aiuto del fratello Andrea Matteo.
Più personale, più aderente alla realtà dell'epoca è solo l'ultimo trattato, De re militari et singulari certarnine, sulla guerra, cioè, e sul duello in cui, oltre agli antichi condottieri, si ricordano anche i contemporanei, come Federico di Montefeltro, Ramon de Cardona ed altri.
A questi trattati pedagogici l'A. fece seguire alcune opere di argomento religioso, di cui è accertata l'esistenza solo per l'Expositionis Orationis Dominicae Pater Noster libri duo, dedicati a Leone X: in essa oltre all'esposizione del Pater noster, che occupa tutto il primo libro, segue un trattato della morale cristiana. Di quest'opera l'A., nello stesso manoscritto, fa seguire la versione italiana.
Fu uomo di notevole indipendenza di carattere, come risulta dal fatto d'aver consentito che un suo figliolo (non sappiamo bene quale, ma certo uno dei tre illegittimi), sposasse una figlia di ebrei (anche se ebrei convertiti al cristianesimo), permettendo anche che il fatto fosse celebrato in un'epistola dell'umanista Antonio Galateo.
Sposò Sveva Sanseverino. Morì di peste a Napoli il 24 luglio 1528. Il suo corpo, trasportato a Nardò, fu seppellito nella chiesa di S. Antonio de' Zoccoli, accanto a quello della moglie.
Opere: Belisarii Aquivivi Aragonei Neritonorum ducis De instituendis liberis principum, Neapoli in Bibliotheca Ioan. Pasquet de Sallo, Anno Domini MDXIX, VII Mai; Prefatio-Paraphrasis in Economica Aristotelis, ibid., anno Domini MDXIX, V Iunii; De venatione et de aucupio: De re militari et singulan certamine, Anno Domini MDXIX, primo Augusti. Non si conoscono, a quanto ci risulta, esemplari dell'edizione a stampa di: Expositionis Orationis Dominicae Pater Noster et Homiliae, sive interpretationes quorundam Davidis psalmorum, Neapoli 1522 apud Io. Antonium de Caneto Papiensem, ma il manoscritto dell'opera è conservato nella Biblioteca Nazionale di Napoli. Di un'altra opera, De prestantia christianae religionis, che sembra diversa dalla precedente, non ci sono tracce.
Bibl.: Oltre ai più antichi genealogisti, come P. Litta, Fam. cel. ital., Acquaviva, tav. III; S. Ammirato, Delle famiglie nobili napoletane, II, Firenze 1651, pp. 31-32, e ai repertori di G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, I, 1, Brescia 1753, pp. 120 s. e di E. D'Afflitto, Memorie degli scrittori del Regno di Napoli, I, Napoli 1782, pp. 53-63, si veda specialmente V. Bindi, Castel S. Flaviano. Studi storici archeologici ed artistici, III, Napoli 1881, pp. 114-140 (in cui è ripreso l'altro lavoro dello stesso autore, Gli Acquaviva letterati, Notizie biogr. e bibliogr., Napoli 1881). Per il pensiero politico dell'A., si veda T. Persico, Gli scrittori politici napoletani dal '400 al '700, Napoli 1912, pp. 139-145; del matrimonio del figlio con un'ebrea e dell'epistola del Galateo, parla B. Croce, Un'epistola del Galateo in difesa degli Ebrei, in Aneddoti di varia letteratura, I, Bari 1953, pp. 132-140 (ma l'A. è ricordato anche a p. 152), mentre del suo pensiero economico discute G. Carano-Donvito, Economisti di Puglia, Firenze 1956, pp. 247-256.