ALFIERI, Benedetto
Architetto, nato a Roma nel 1699, dal conte Alessandro Niccolò Alfieri Bianco, del ramo cadetto degli Alfieri di Asti, detto di Cortemiglia. Secondo il Paroletti ebbe a padrino il papa Innocenzo XII, che poi si occupò della sua educazione, facendolo studiare a Roma presso i gesuiti. Nel 1722 l'A. entrò nel Collegio dei nobili a Torino, ove si addottorò in legge; in seguito andò a stabilirsi ad Asti, esercitandovi l'avvocatura, date le modeste condizioni familiari. Le sue prime opere come architetto furono ad Asti: decorazione del coro di S. Bernardino (perduta), campanile della chiesa di S. Anna (di cui resta un disegno), cose peraltro di non rilevante interesse. È con la costruzione (terminata circa il 1732) del palazzo Ghilini ad Alessandria (ora prefettura), commessagli dal marchese T. Ghilini suo zio, che l'A. assume statura propria. Benché, infatti, per il palazzo fosse già stato interpellato F.Juvara, che ne aveva dati anche disegni (v. gli schizzi riprodotti dal Brinckmann, Theatrum...,tav. 14), e benché la facciata dell'edificio segua strettamente l'idea juvariana, la personalità dell'A. si afferma nel trattamento plastico, mentre l'interno ha già un carattere particolare, non esente da richiami al Guarini.
Entrato in contatto con la corte sabauda, forse più attraverso F. Juvara, che certamente l'A. dovette conoscere, che non per merito del Ghilini, nel 1736 l'A. riceveva da Carlo Emanuele III l'incarico di portare a compimento la costruzione del nuovo Teatro Regio (anch'esso certo iniziato dallo Juvara), terminato rapidamente già nel 1740 (illustrato nel volume: Il nuovo Regio Teatro di Torino apertosi nell'anno MDCCXL. Disegno del Conte Benedetto Alfieri Gentiluomo di Camera, e primo Architetto di S.M.,Torino 1741; i disegni preparatori per le tavole sono nell'Archivio di Stato di Torino), in seguito ripetutamente alterato.
Il 1° giugno 1739 l'A. fu nominato primo architetto civile del re di Sardegna: da allora la sua attività fu ininterrotta. Abitava in Palazzo Madama, dove aveva studio, e con lui lavoravano molti aiuti. Nella Torino, che, sulla metà del secolo, rinnovava a fondo, con lusso ed eleganza in rivalità con la Francia, i suoi palazzi nobiliari, sotto il regno di un re amante delle arti come Carlo Emanuele III, l'A. ebbe modo di spiegare il suo grande talento di decoratore di interni: soprattutto nel Palazzo reale, dove su suoi disegni (conservati nell'Archivio di Stato) furono eseguite - dopo il 1739 le ricchissime decorazioni delle gallerie "delle battaglie" e i del Daniele., del gabinetto e della camera da lavoro della regina, e nello splendido palazzo Caraglio, poi sede dell'Accademia Filarmonica (distrutto durante la seconda guerra mondiale, ricostruito nel 1947). In quest'ultimo (la cui facciata verso piazza S. Carlo è di A. di Castellamonte) costruì gran parte dell'ala di sinistra verso il cortile e l'ala su via Lagrange, con facciata che si richiama a quella del Castellamonte. Negli interni, lo stile dell'A., ovviamente ispirato al rococò francese, si distingue tra l'altro per l'originale uso dei grandi specchi, per l'intelligente inserzione della decorazione pittorica. Nel 1739 l'A. era inviato a Roma per l'acquisto di quadri per il re di Sardegna, ed è da presumere che incarichi simili gli fossero dati più volte. Tra le numerose altre opere dell'A. in questo periodo, di minore o maggiore impegno, sono da ricordare la sistemazione del palazzo Chiablese, del palazzo Morozzo della Rocca (1748, alterato, poi distrutto nella seconda guerra mondiale), del palazzo Asinari di San Marzano, iniziato nel 1741, e il proseguimento dei lavori del palazzo del Senato. Del 1745 è la costruzione del palazzo Alfieri ad Asti.
Nel 1757 veniva iniziata la costruzione del duomo di Carignano, l'opera meglio nota e più originale dell'A.: nella pianta a ventaglio, nella concava facciata, a scabro mattonato scoperto, è forte il richiamo al Guarini. La chiesa veniva consacrata solo nel 1771, dopo la morte dell'architetto. Di fronte al duomo di Carignano stanno per contrario, nell'opera dell'A., edifici di forme compostamente "ufficiali", in cui il più tardo Juvara appare rielaborato con intenti di decoro classicheggiante (palazzo Ottolenghi ad Asti; Sormani a Milano). La facciata della cattedrale di Ginevra, con pronao a sei colonne, modellato su quello del Pantheon, rappresenta il tentativo massimo in questa direzione (è bene avvertire che forse non tutto vi è idea dell'A.: esisteva già, in-fatti, un progetto del francese Billot, che l'A. fu chiamato a modificare). La facciata del duomo di Vercelli (1753, compiuta nel 1760) è quasi una trasposizione della facciata di S. Giovanni in Laterano, riecheggiata anche nel grande progetto per l'ampliamento e il rimodernamento, non attuato, del duomo di Torino (disegni nell'Archivio di Stato), che comprendeva anche una sistemazione urbanistica della zona circostante. Lo stesso tono classicistico ha pure il progetto per l'ampliamento del Palazzo Madama (ibid.). Di grande interesse i progetti, conservati, per l'ampliamento di Stupinigi e per la ricostruzione del castello di Chambéry. Nel campanile di S. Gaudenzio a Novara (1753) è evidente, invece, il richiamo, attraverso il Guarini, al Borromini.
Per Torino, l'A. aveva progettato anche una sistemazione della zona della piazza delle Erbe, disegnato la decorazione dell'interno della chiesa del Corpus Domini, l' Istituto della Divina Provvidenza. L'A. morì a Torino nel 1767.
Nel complesso, l'opera dell'A., che si può dire inferiore a quella di B. Vittone, suo contemporaneo, appare, tuttavia, particolarmente interessante proprio per il ripensamento, in chiave settecentesca e non troppo strettamente i piemontese., di elementi guariniani alla luce del classicismo di F. Juvara.
Per lo studio dell'architetto è importante la Raccolta de' Disegni di varie Fabriche R.e fatti in Tempi diversi d'ordine di S.M. dall'Ill° Suo Gentil' Uomo di Camª P° A° Conte Alfieri MDCCLX (Archivio di Stato di Torino, G 31-73, Sala 13 G 19). Per la sua opera, l'A. era stato creato dal re conte di Sostegno.
Bibl.: V. Alfieri, Vita scritta da esso,Asti 1951, I, pp,.34-50; C. Rovere, Descriz. del Reale Palazzo di Torino,Torino 1858, pp. 41, 46, 75n. 85,138, 204 n. 79,206 n. 93; L. Mina, Dei palazzo reale di Alessandria e del suo architetto,Alessandria 1904; L. Rovere, il palazzo della Accademia Filarmonica in Torino (già Caraglio),Milano 1915, pp. 17 ss.; G. Chevalley, Un avvocato architetto, il Conte Benedetto A.,Torino 1916 (tuttora fondamentale, con bibl.); A. E. Brinckmann, Die Baukunst der 17. u. 18. Jahrh. in den Romanischen Ländern,Berlin 1915, v. Indice;Id., Theatrum novum Pedemontii,Düsseldorf 1931, v. Indice;N. Ballario, Il palazzo dei conti Gabuti di Bestagno e dei conti Ottolenghi ad Asti,in Atti d. soc. piemontese di archeologia e belle arti,XVI (1937): Atti e memorie del II Congresso d. Soc. piemontese di archeologia e belle arti (Asti, 1-3 ag. 1933). pp. 191-201; G. Rodolfo, L'architettura barocca in Carignano, ibid.,pp. 147-186; R. Ghivarello, La chiesa parrocchiale di Piovò Massaia ed il suo architetto,in Bollett. d. Soc. piemontese d'archeologia e di belle arti,I (1947), pp. 187 ss.; M. Rosci, Benedetto Al/ieri e l'architettura del '700 in Piemonte,in Palladio,III (1953), pp. 91-100; R. Wittkower, Italian Art and Architecture 1600-1750,London 1958, p. 378; U. Thieme-F. Becker, Allgem. Lexikon der bildenden Künstler,I, pp. 279 s.; Encicl. Italiana,II. p. 388.