CINCANI, Benedetto (Benedetto Montagna)
Figlio del pittore vicentino Bartolomeo e di Paola Crescenzio, veiliva chiamato e si firmava Montagna anche lui. Come il padre fu pittore, ma anche incisore.
Come pittore il C. fu artista piuttosto mediocre, di gran lunga inferiore al padre, dal quale derivava e dipendeva; come incisore ebbe, invece, una sua personalità e occupa un posto di un certo rilievo nel quadro della incisione veneta dei primi decenni del Cinquecento. Collaborò, in qualche misura, alle opere del padre; alla sua morte (1523), ereditò la ben avviata bottega in contrada San Lorenzo a Vicenza e, in conseguenza dei molti impegni, abbandonò quasi totalmente la attività di incisore, la quale si svolse quindi quasi esclusivamente negli ann i che precedono quell'evento.
Non esistono dati relativi alla nascita del C., nonostante che "innumerevoli" siano i documenti che lo riguardano: essi vanno dall'atto in cui il padre lo nominsuo procuratore, il 12 apr. 1504, all'anno 1558, in cui egli risulta già morto (Zorzi, 1916, p. 130). Dal primo possiamo dedurre che egli doveva essere nato all'incirca verso il 1480, dall'ultimo che la sua morte dovette precedere di poco il 1558. Tra i molti documenti esaminati dallo Zorzi, pochissimi sono quelli che rivestono particolare importanza: uno del 1521 e un altro del 1523, nei quali il C. è nominato dal padre erede universale; uno del 1530, in cui figura sposato concertaAngela Mandello; e uno del 1531, in cui si impegna a eseguire una pala con la Vergine fra i ss. Girolamo e Battista per conto di Alessandro e Scolastica Avian (Zorzi, 1916, p. 130). Un altro documento assai importante, trovato nell'archivio di Padova, si riferisce alla commissione di affrescare la cappella del Crocifisso nella chiesa di S. Agostino a Padova (Moschetti, 1901, p. 36: nella stessa chiesa, secondo il Michiel, p. 82, il C. avrebbe dipinto a fresco anche nella cappella della Vergine). Gli affreschi andarono perduti con la demolizione dell'edificio nel 1822. Il documento è del 15 sett. 1522; ma la attività di pittore del C. è documentata già nel 1517, quando il padre riceve un pagamento per suoi lavori eseguiti nel palazzo del podestà a Vicenza (Puppi, 1962, p. 78).
Frutto dell'attività incisoria del C. sono ben quarantuno stampe, che lo rivelano "buon disegnatore, di notevole scaltrezza tecnica" (Petrucci, 1971, col. 241).
Anch'egli, come gran parte degli incisori dell'Italia settentrionale di questo tempo, prende le mosse dalla tecnica mantegnesca, aggiornandosi successivamente sulle stampe del Dürer (Pittaluga, 1928, p. 108), e trae gran parte dei, suoi motivi dalle opere del padre. Quando firma, lo fa per esteso ("Benedetto Montagna"), oppure si serve del monogramma "B. M." (ma non va comunque confuso con lo xilografo che firma "B. Mo."). La produzione della prima fase incisoria è caratterizzata da una tecnica a base di un fitto gioco di linee parallele e variamente incrociantisi, con intenzioni prevalentemente plastiche per tentar di tradurre nella stampa lo stile paterno. A essa appartengono, fra l'altro, un S. Gerolamo (Bartsch, 1816, n. 14), notevole per impianto e carattere anche se non privo di asperità e squilibri, e una bella Madonna col Bambino, in quattro varianti (Hind, 1948, p. 179), derivante dalla Madonna di Bartolomeo ora a Williamstown, Mass. (S. and F. Clark Institute), generalmente datata verso il 1502.
Segue una seconda fase, in cui "a poco a poco Benedetto ammorbidisce la sua maniera, raflinando il bulino, unendo ai tagli sottili variamente incrociati, l'uso di lineette isolate e di punti" (Pittaluga, 1928, p. 110). Appartengono a questo secondo tempo l'Orfeo che ammansa gli animali (Bartsch, n. 25) e il Redentore risorto (Bartsch, n. 12; Hind, n. 2), derivato da un noto disegno di Bartolomeo oggi al Louvre. Entrambe le incisioni sono generalmente riferite al 1510 circa.
Nelle stampe della fase successiva e ultima prende il sopravvento una sensibilità atmosferica, in concomitanza con il mutato gusto della pittura veneta. "Il segno perde la sua vita incisiva e si fa indizio essenzialmente pittorico: le figure come le piante, come le case sono oggetti in balla della luce e dell'ombra: il nome di Giulio Campagnola viene alla mente di chi guarda, ed ognuno sente d'essere dinanzi ad un limitato, ma schietto temperamento incisorio" (Pittaluga, 1928, p. 110). A questa fase appartiene la nota Sacra Famiglia in un paesaggio, firmata per esteso in alto, di evidente derivazione iconografica da opere del padre e databile, anche in conseguenza di ciò, non prima del 1520.
Fra le opere di pittura del C. giunte fino a noi, la prima che reca la sua firma è la pala, dat. 1528, con la Madonna in trono col Bambino fra i ss. Pietro, Francesco, Antonio da Padova e Paolo, conservata all'Accad. di Brera di Milano. È una sacra conversazione all'aperto, composta secondo gli schemi paterni, iconograficamente assai memore delle sue ultime opere, realizzata con quel chiaroscuro intriso di intenzioni pittoriche che è tipico della fase finale di Bartolomeo. Ricorda infatti la pala della chiesa di S. Maria in Va.nzo a Padova. Più o meno improntate allo stesso spirito, ma sempre fiaccamente realizzate, sono le altre poche opere sicure: la Madonna fra i ss. Sebastiano e Rocco, datata 1533 e firmata, ora nella chiesa di S. Maria dei Servi a Vicenza (ma proveniente dalle Gallerie dell'Accademia di Venezia); la Trinità con la Vergine e il Battista, firmata e datata 1535, ora nel Museo civico di Vicenza; la Madonna in trono col Bambino fra i ss. Quirico e Giulitta, firmata e datata 1541, nella pieve dei santi omonimi a Lonigo; la pala con la Madonna fra i ss. Sebastiano e Antonio abate, firmata, nella chiesa del Carmine a Vicenza (Berenson, 1958, p. 122); la pala con la Madonna in trono col Bambino fra i ss. Vito e Modesto, nella parrocchiale di Gambugliano (Puppi, 1958, pp. 60, 62).
A queste vanno aggiunte alcune opere attribuite, in parte già accolte tranquillamente dagli studiosi, in parte in attesa di conferma: la Madonna col Bambino della coll. J. G. Johnson-Museo di Filadelfia, la Madonna col Bambino della Treuhandverwaltung von Kulturgut di Monaco (Puppi, 1960, p. 283), la Madonna col Bambino fra due angeli musicanti della collezione Sartorio di Trieste (Puppi, 1958, p. 56), prima assegnata a Bartolomeo. Si è inoltre cercato, con particolare diligenza, di individuare la collaborazione del C. a opere di Bartolomeo, come nella pala di Cologna Veneta (Puppi, 1958, p. 58);e si e cercato di cogliere la sua attività anche fuori dell'ambito incisorio e pittorico, confermandogli la incerta attribuzione della, terracotta con la Madonna e il Bambino del Museo del Louvre (Puppi, 1961).
Bibl.: M. A. Michiel, Notizia d'opere di disegno..., pubbl. e illustrata da D. J. Morelli, a cura di G. Frizzoni, Bologna 1884, p. 82; A. Bartsch, Le Peintre graveur, XIII, Vienne 1816, pp. 332-352; A. Moschetti, La prima revis. delle pitt. in Padova e nel territorio (1773-1795), in Boll.. del Museo civico di Padova, IV(1901), p. 36; G. G. Zorzi, Contributi alla storia dell'arte vicent. nei secc. XV e XVI, Venezia 1916, pp. 130 ss., 180 s.; M. Pittaluga, L'incisione italiana nel Cinquecento, Milano 1928, ad Ind.;K. J.Parker, B. Montagna, in Old Master Drawings, III(1928-29), pp. 23 s.; E. P[rasse], A recent accession by B. Montagna, in Bull. of the Cleveland Mus. of Art, XVIII (1931), pp. 47-49; A. M. Hind, Early Ital. engraving, I, London 1938, ad Indicem;V, ibid. 1948, pp. 173-188; H. S. Francis, An engraving by B. Montagna, in Bulletin of the Cleveland Museum of Art, XXXII (1945), pp. 25 s.; B. Berenson, Pitture ital. del Rinasc. La scuola veneta, Firenze 1958, ad vocem. L. Puppi, Appunti su B. Montagna pittore, in Arte veneta, XII(1958), pp. 53-62; Id., Di B. Montagna, del Mocetto e di altri problemi, in Arte antica e moderna, 1960, n. 9, pp. 281-290; Id., Une sculpture de B. Montagna au Musée du Louvre, in La Revue du Louvre..., XI(1961), pp. 15-18; Id., Bartolomeo Montagna, Venezia 1962, ad Ind.;C. A. Petrucci, in Encicl. univ. dell'arte, VII, Venezia-Roma 1971, sub voce Incisione.