DOLCIBELLI (del Manzo, Mangio), Benedetto
Nacque a Carpi (prov. di Modena) da Michele e da madonna Zilia da Forlì. Non si conosce la data precisa per la mancanza dei registri battesimali, ma il perdurare del suo soggiorno, seppur saltuario, in città è ricordato in numerosi atti notarili dal 1501 al 1512, anno della morte. Dal testamento rogato da G. B. Carnevali in data 1º apr. 1512 si apprende che la sua casa era ubicata nel borgo di S. Francesco e che egli destinò a sepoltura la chiesa francescana di S. Nicolò.
La famiglia Dolcibelli, originaria di Spezzano, località del Preappennino modenese ma soggetta al governo dei Pio, si trasferì a Carpi, capitale del feudo, verso il 1430, dove è chiamata nei documenti anche "del Manzo", probabilmente perché esercitava la conduzione di una beccheria. E Benedictus Mangius fu il nome col quale il D. sottoscrisse le opere da lui stampate a Venezia e a Milano.
È probabile che il D. fosse avviato alla professione di tipografo per tradizione familiare dal cognato Bartolomeo delle Selle, fratello della moglie Oliva, appartenente ad una famiglia di origine tedesca trapiantata da tempo a Carpi e che esercitava un'apprezzata attività di stampatore a Ferrara. I recenti contributi di studio di L. Balsamo e di A. Cioni relativi a Giovanni Bissoli, pure carpigiano, ribadiscono l'ipotesi tradizionale dell'apprendistato a Venezia presso Aldo Manuzio, che favorì in ogni modo gli esordi dello stampatore carpigiano, memore dei rapporti di amicizia che lo legavano con i Pio, signori di Carpi, e del ricordo del soggiorno in questa città quando era stato precettore dei giovani principi Alberto e Leonello.
Sempre a Venezia, nel 1498, il D. risulta essere in società editoriale e commerciale con Giovanni Bissoli, provetto stampatore di caratteri greci, ma i due soci presto tradirono la fiducia di Aldo Manuzio con una concorrenza sleale, imitandone i tipi e i caratteri e stampando nel 1498, insieme con Bartolomeo Pelusio di Capodistria e con Gabriele Braccio di Brisighella, edizioni greche delle Lettere di Falaride e delle Favole di Esopo. Nel 1499 a Milano i due provvidero alla realizzazione del Lexikon di Suida (Suda), edizione curata dall'umanista Demetrio Calcondila. Nel 1501 risultano operanti a Reggio Emilia, dove imprimono gli Erotemata del Guarino, il primo testo in greco qui edito, sovvenzionati da Simone Bombaro e Ludovico da Ponte, chiamato col nome umanistico di Virunio Pontico. Il sodalizio di lavoro si protrarrà fino al 26 genn. 1502, data dello scioglimento rogato da Cristoforo Carnevali; il Bissoli continuerà in seguito la professione di orafo nella quale era particolarmente versato.
Rimasto solo, il D. proseguì l'attività di tipografo girovago, trasferendosi presso la corte dei Pallavicino nel nuovo impianto urbano di Cortemaggiore, piccola "capitale" e centro di cultura provvista di istituzioni pubbliche, tra cui una biblioteca. Qui negli anni 1502-1503 realizzò l'elegante edizione dell'OfficiumBeatae Virginis, curando personalmente la fusione dei caratteri di stampa, e gli Opuscola di Niccolò Cusano.
In Carpi l'attività umanistica del principe Alberto Pio risulta invece estranea a una concezione pubblica della cultura. I suoi interessi sono rivolti a realizzazioni edilizie intese a magnificare la potenza della famiglia signorile e l'aspetto aulico della città, mentre la raccolta di codici e di libri, seppur cospicua, resta legata alla sfera privata della corte. Pur proteggendo in ogni modo e appoggiando finanziariamente il Manuzio, suo antico maestro, Alberto Pio non riuscì a concretizzare il progetto di fargli trasportare a Carpi la tipografia e nemmeno risultarono concreti gli interventi del principe sulla modesta e frammentaria attività editoriale e tipografica che il D. prese a condurre dopo il suo successivo trasferimento a Carpi. Certamente il rapporto tra lo stampatore e il signore della città era condizionato dalla negativa esperienza veneziana con Aldo Manuzio.
In Carpi le condizioni sociali e forse anche economiche del D. si erano però consolidate, forse con un riavvicinamento alla famiglia dominante. Lo dimostra il matrimonio della figlia Alda con Manfredo Pio, appartenente a un ramo collaterale dei signori del luogo, e quello della sorella Margherita, che sposò il pittore Bernardino Loschi, intimo di Alberto Pio e sua persona di fiducia per le realizzazioni artistiche ed edilizie carpigiane. Il fratello Antonio, minore osservante, fu più volte guardiano del convento di S. Nicolò. Nel 1506 il D. era stipendiato di corte e provvedeva a una serie di rilegature di codici e libri del principe di Carpi. Nello stesso anno stampava a Carpi tre libri, ma Alberto Pio, pur figurando per doveroso omaggio nelle dedicazioni, non contribuì alle spese, che furono sostenute da privati. Per tradizione non convalidata da apporti documentari, la stamperia del D. è ricordata come posta nel convento di S. Nicolò. Il primo libro è l'Epigrammaton Libellus, una raccolta di versi di Giovanni Gazoldo, poeta ospite dei Sessi nella vicina contea di Rolo, ed è dedicato a Giovan Francesco Gozzadori, pur contenendo un riferimento di riguardo al principe Alberto Pio.
Le altre due edizioni contengono opere di rilevante interesse teologico, legate a momenti e riflessioni filosofiche che interessavano in qualche modo i problemi e gli aspetti di contenuto religioso che precedevano gli anni della Riforma; tutti argomenti che dovevano essere graditi agli interessi letterari e umanistici di Alberto Pio. Si tratta della Lectura fratris Pauli Scriptoris, con il commento al primo e secondo libro dell'Opus Parisiense di Duns Scoto, pubblicata a cura ed a spese di Juan de Montesdoch, filosofo chiamato da Alberto Pio a leggere le opere di Scoto ai frati minori osservanti del prediletto convento di S. Nicolò, e del commento di Scoto al secondo libro delle Sentenze di fra' Graziano da Brescia, anch'egli strettamente legato al principe di Carpi, ma a spese del medico Alberto da Budrio.
Due anni dopo, nel 1508, nel castello di Novi, presso Carpi, il D. stampava l'opera di Giovan Francesco Pico De Providentia Dei contra philosophastros, questa volta a spese di Alberto Pio e a lui ampiamente dedicata: testo assai caro al principe di Carpi, dove sono espresse le aspirazioni filosofiche e religiose sia di Alberto sia del cugino Giovan Francesco Pico, esule da Mirandola e suo ospite, ma che è pure un manifesto politico contro le minacce dei potenti signori vicini.
Questo è l'ultimo lavoro del D. a Carpi. Lo stampatore si allontanava nel 1509 dalla città natale per trasferirsi a Ferrara, chiamato da Ludovico Bonaccioli, medico di corte degli Este, e dove fu apprezzato per la cura rivolta alla fusione di eleganti caratteri tipografici.
L'attività del D. nel campo editoriale dell'inizio del Cinquecento mostra motivi di indubbio interesse per la scelta, nelle edizioni carpigiane e di Novi, di caratteri di nuovo disegno corsivo del tutto indipendenti da quelli consolidati nelle edizioni di Aldo Manuzio, testimonianza di una sensibilità grafica e di una ricerca creativa non disprezzabili.
Le marche tipografiche del D. sono varie e non ripetitive. Insieme con il Bissoli adottò una pigna; a Cortemaggiore un simbolo molto complesso: una lettera "M" entro riquadro rettangolare diviso da aste con le iniziali "D. B." e le lettere "I. V. P. E." entro un cartiglio superiore tra due rami di lauro sormontato da una stella. Nelle edizioni di Carpi e Novi l'impresa muta ancora e raffigura una nave con vele raccolte; nella banderuola di poppa sono le iniziali "D. B.".
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