ODESCALCHI ERBA, Benedetto
ODESCALCHI ERBA, Benedetto. – Nacque a San Donnino (Como) nel 1679 da Antonio Maria Erba, senatore di Milano, marchese di Mondonico, nipote ex sorore di Innocenzo XI, e da Teresa Turconi, figlia di Luigi, decurione di Como. Il fratello Baldassarre, nominato erede dello zio Livio Odescalchi, assunse il cognome di questo in aggiunta a quello paterno.
Nel 1700 si laureò in utroque iure a Pavia. Successivamente si recò a Roma dove ottenne l’abito prelatizio e fu annoverato dal papa tra i suoi camerieri d’onore. Nel 1708 divenne ponente del Buon Governo. Sempre a Roma entrò in Arcadia. Ottenne da Clemente XI la legazione di Ferrara nel 1709 e quella di Bologna nel 1710. Divenne poi nunzio in Polonia.
Già vescovo di Tessalonica dal dicembre 1711, il 5 ottobre dell’anno seguente, alla morte di Giuseppe Archinti, fu nominato arcivescovo di Milano; ricevette il pallio il 27 novembre, ma a causa dei suoi impegni diplomatici entrò in diocesi soltanto il 19 agosto 1714, dopo aver ricevuto da Clemente XI il 30 gennaio 1713 anche la berretta cardinalizia.
I festeggiamenti a Milano, cominciati subito dopo la notizia della sua nomina episcopale, proseguirono in maniera più maestosa con l’ingresso ufficiale. Dopo di allora non lasciò più la città se non per partecipare ai conclavi del 1721, del 1724 e del 1730. Tuttavia mantenne con Roma uno stretto rapporto e mostrò in particolare grande sensibilità alle tematiche del sinodo romano del 1725, incentrato sulla questione della missione pastorale della Chiesa, in piena sintonia con la trattatistica coeva che dedicava largo spazio alla figura del ‘buon vescovo’. I modelli proposti erano Carlo Borromeo e Francesco di Sales, e a loro si ispirò Odescalchi stesso, che già nella lettera pastorale del 1717 si era assegnato il ruolo di «agricoltore evangelico». Egli incarnò perfettamente la figura di vescovo rigoroso di inizio Settecento.
Non ha lasciato scritti teorico-pastorali, ma la sua indefessa attività è testimoniata da editti, lettere e visite pastorali e visite ad limina.
Tra gli strumenti essenziali del suo governo diocesano ricorse proprio alla visita pastorale, indetta il 20 marzo 1717 e sistematicamente attuata negli anni successivi a partire da zone remote, come le tre valli svizzere e le pievi lacuali. Alla mancanza di sinodi diocesani supplì invece con le congregazioni dei vicari foranei. Intervenne inoltre con particolare veemenza per limitare gli abusi del clero, sottolineando con un editto dell’8 giugno 1716 l’urgenza di riformare «i mali costumi» diffusi tra i sacerdoti che danneggiavano anche le anime dei fedeli. Nella congregazione dei vicari foranei dell’8 maggio 1719 e del 29 aprile 1720 furono definiti di nuovo i compiti di prevosti, parroci, arcipreti rispetto alla cura delle anime del gregge; venne soprattutto sollecitata la necessità di essere puntuali nell’amministrare i sacramenti senza richiedere alcuna remunerazione. Nel 1722 rinnovò un editto nel quale ribadiva l’assoluto divieto per i sacerdoti di tenere presso di sé donne non consanguinee. Nel febbraio 1723 emise un’istruzione sui confessori per limitare le assoluzioni da censure riservate.
Per favorire la crescita spirituale degli ecclesiastici, sulle orme di Federico Borromeo, inaugurò la congregazione della disciplina ecclesiastica interiore.
Si preoccupò di ampliare la capacità recettiva dei seminari e, sempre nell’intento di migliorare la preparazione dei chierici, nel 1716 pubblicò una serie di disposizioni per innalzare il livello degli studi, anche incrementando le biblioteche dei seminari per i quali fece ristampare le costituzioni e le regole dei Borromeo. Parallelamente emanò disposizioni volte a riformare le lezioni, a conferire nuovo spazio e vigore alla figura del confessore e a regolamentare con maggiore rigore la disciplina all’interno degli istituti.
Nell’azione di riforma del clero, conferì una funzione chiave alla Congregazione degli oblati di S. Ambrogio di Rho, fondata nel 1578 da Borromeo, che aveva tra i suoi compiti principali quello della predicazione, della quale favorì la ripresa in forma più sistematica. Nel 1714 nominò Giorgio Maria Martinelli prefetto del santuario della Beata Vergine Addolorata di Rho e lo appoggiò nella nuova fondazione del collegio degli oblati, formalmente eretto il 4 aprile 1721. Inoltre ricorse agli oblati per la direzione di altri seminari (seminario Maggiore, Elvetico, S. Giovanni sul Muro).
Particolare attenzione dedicò al controllo della vita monastica femminile, emanando subito dopo il suo arrivo a Milano un atto che esprimeva la volontà di essere informato sull’andamento generale di quelle istituzioni religiose. Una nuova inchiesta venne fatta nel giugno 1719; nel settembre 1721, la cancelleria arcivescovile invitava le superiore dei diversi monasteri a rispondere a un accurato questionario in modo da fornire notizie dettagliate intorno all’andamento economico e spirituale dei monasteri a cui erano preposte. Si soffermò in particolare sul problema delle monacazioni forzate. Un rilevante impulso fu dato all’ordine delle Orsoline con l’istituzione di S. Maria della Porta per ospitare le nuove monache. Trasferì inoltre le salesiane della Visitazione da Arona a Milano, assegnando loro il domicilio di S. Sofia e, nel giugno 1716, pose la prima pietra per la costruzione della chiesa.
Nella città di Milano prese disposizioni volte a limitare i divertimenti del Carnevale. Particolare attenzione venne posta al corretto funzionamento delle scuole di dottrina cristiana. Nel 1722, dopo aver preso atto con l’indagine del 1721 delle inadempienze che la catechesi presentava in molte zone, esortò i sacerdoti a non sottrarsi al loro compito di evangelizzare. Altre disposizioni analoghe estremamente dettagliate furono emanate nel 1735 e nel 1736. Promosse l’apertura di scuole specializzate per diverse categorie di persone (mendicanti, camerieri e paggi). L’editto Pro Doctrina Christiana, che emanò su sollecitazione romana al fine di promuovere l’insegnamento della dottrina cristiana, si concludeva con l’elenco delle indulgenze concesse a tutti coloro che frequentavano le scuole.
Negli ultimi anni del suo episcopato, tormentati dalla malattia che lo costrinse all’immobilità nel 1736 e poi a chiedere le dimissioni, la diocesi, conquistata tra il 1733 e il 1736 dalle forze franco-sabaude, fu travagliata da guerra e carestia.
Morì il 13 dicembre 1740 a Milano, nella casa paterna dove si era ritirato dopo aver abbandonata la carica episcopale.
Fu sepolto a S. Giovanni della Conca, davanti all’altare maggiore. Muratori, dedicandogli il quinto volume dei Rerum Italicarum Scriptores, esaltò la sua generosità e la sua rettitudine. «Zelantissimo» fu invece l’epiteto con cui lo chiamò l’oblato Pirovano nell’elogio funebre (Sassi, 1755).
Fonti e Bibl.: Milano, Archivio della Curia arcivescovile, Stampati A, Editto per la disciplina del clero (1716); Ibid., Biblioteca Braidense, Regole istruttive e indirizzi pastorali per i confratelli coadiutori nella santa missione urbana e comunione generale introdotta a Milano dall’Em. Sig. Card. Arciv. B. E.O. l’anno 1723 e consegnate ai padri della compagnia di Gesù; G.A. Sassi, Archiepiscoporum mediolanensium series historico-chronologica, III, Milano 1755, pp. 1184-1199; G. Moroni, Dizionario di erudizione ecclesiastica, XLVIII, Venezia 1848, p. 269; Acta Ecclesiae Medionalensis, a cura di S. Ratti, IV, Milano 1891, coll. 1532-1536: Editto per la disciplina ecclesiastica (9 marzo 1723); coll. 1537: De habitu clericali (7 aprile 1723); L. von Pastor, Storia dei papi nel periodo dell’assolutismo, XV, Roma 1943, ad ind.; F. Arese, Genealogie patrizie milanesi, in La demografia del patriziato milanese nei secoli XVII, XVIII, XIX, a cura di D.E. Zanetti, Pavia-Bologna 1972, pp. 94-99; F. Valesio, Diario di Roma, a cura di G. Scano - G. Graglia, Milano 1977-79, IV p. 11; P. Vismara, Buon governo ecclesiastico e salute delle animenella linea pastorale degli arcivescovi di Milano (XVIII secolo), in Quaderni milanesi, XI (1986), pp. 82-111; Ricerche sulla Chiesa di Milano nel Settecento, a cura di A. Acerbi - M. Marcocchi, Milano 1988, ad ind.; P. Vismara, in Dizionario della Chiesa Ambrosiana, II, Milano 1988, pp. 1125-1127; E. Passerini, Un vescovo del Settecento: B. E. O., tesi, Università degli studi di Milano, Facoltà di lettere e filosofia, a.a. 1990-91, ad ind.; P. Vismara, Settecento religioso in Lombardia, Milano 1994, ad ind.; Legati e governatori dello Stato Pontificio (1550-1809), a cura di Ch. Weber, II, Roma 1994, p. 651; Id., Il volto religioso di Milano nel primo Settecento, in Politica, vita religiosa, carità. Milano nel primo Settecento, a cura di M. Bona Castellotti - E. Bressan - P. Vismara, Milano 1997, ad indicem.