BENEDETTO XVI
Joseph Aloysius Ratzinger è nato il 16 aprile 1927 a Marktl am Inn, in Baviera, da una famiglia di origini contadine e artigiane e di modeste condizioni economiche, ultimogenito di Joseph Ratzinger e Maria Peintner. È entrato in seminario nel 1939; dopo essere stato inquadrato per un breve periodo alla fine del secondo conflitto mondiale nei servizi ausiliari antiaerei dell’esercito tedesco insieme agli altri seminaristi, dal 1946 al 1951 ha studiato filosofia e teologia a Frisinga e a Monaco di Baviera, e il 29 giugno 1951 è stato ordinato sacerdote, in quello che nell’autobiografia definirà come «il momento più importante della mia vita». Addottoratosi in teologia nel 1953 con una tesi intitolata Popolo e casa di Dio nella dottrina agostiniana della Chiesa, e abilitatosi in seguito all’insegnamento universitario con la dissertazione La teologia della storia di san Bonaventura, ha insegnato dogmatica e storia del dogma presso le università di Bonn (1959-1963), di Münster (1963-1966), di Tubinga (1966-1969) e di Ratisbona (1969-1977), ricoprendo allo stesso tempo importanti incarichi per la Conferenza episcopale tedesca e nella Commissione teologica internazionale. In questo periodo è stato consultore teologico del cardinale Joseph Frings, arcivescovo di Colonia, e perito conciliare durante il concilio Vaticano II (1962-1965): esperienza, quest’ultima, che ha arricchito la sua formazione teologica grazie ai costanti contatti con studiosi di tutto il mondo e durante la quale ha acquisito come teologo notorietà internazionale. Durante il concilio Ratzinger si è legato inoltre alla figura di Hans Küng, al quale lo univa la comune appartenenza alla corrente riformatrice – pur con posizioni talora più sfumate da parte di Ratzinger – e del quale sarà collega a Tubinga.
La collaborazione intellettuale con Küng, che trova espressione anche nei contributi pubblicati da entrambi sulla rivista «Concilium», si interromperà bruscamente quando, all’epoca della contestazione studentesca, avversata da Ratzinger, Küng accuserà di conservatorismo il collega, che a sua volta deciderà di spostarsi in una sede meno esposta come Ratisbona (dove il fratello era direttore del coro della cappella della Cattedrale), e che nel 1972 fonderà, con Hans Urs von Balthasar, Henri de Lubac e altri, la rivista «Communio», di orientamento più tradizionalista: è l’inizio di un contrasto intellettuale destinato, nel corso dei decenni successivi, ad assumere toni assai marcati e a ricevere grande rilievo anche sui mass media e presso il grande pubblico.
Si forma in questi anni un nucleo stabile del pensiero ratzingeriano, destinato a informare la sua vasta produzione teologica così come poi l’attività pastorale, e caratterizzato dalla ricerca di una nuova unione tra fede e ragione, con riferimento soprattutto all’incontro, considerato non casuale ma intrinsecamente necessario, tra il messaggio biblico e il pensiero greco (Il Dio della fede e il Dio dei filosofi era il titolo della lezione inaugurale all’università di Bonn, 1959): il neoplatonismo patristico, in particolare, fornì secondo Ratzinger degli strumenti interpretativi che non sono stati superati dai successivi sviluppi dell’elaborazione teologica e che costituiscono ancora un indispensabile argine alle derive ideologiche di una parte della teologia contemporanea. Risale inoltre a questo periodo uno dei libri più noti e importanti tra i molti scritti da Ratzinger prima dell’elevazione al soglio pontificio: quella Introduzione al cristianesimo. Lezioni sul simbolo apostolico (pubblicata in Germania nel 1968 e in Italia nel 1969) che rielabora le lezioni tenute a Tubinga nel semestre estivo del 1967 e nella quale sono affrontati in modo organico e sistematico, sulla base del simbolo apostolico, i contenuti della fede cristiana.
Nel 1977 è stato nominato arcivescovo di Monaco e Frisinga e, pochi mesi più tardi, creato cardinale da Paolo VI, con il titolo presbiterale di S. Maria Consolatrice al Tiburtino; il motto episcopale da lui scelto, Cooperatores veritatis («collaboratori della verità»: cfr. 3 Gv v. 8), intendeva segnare la continuità con la precedente attività di ricerca e di insegnamento, e insieme richiamare programmaticamente l’attenzione sul tema della verità, che era e sarebbe rimasto centrale nel suo magistero. Esclusivamente agli anni precedenti la nomina ad arcivescovo (1927-1977) è dedicato il volume autobiografico La mia vita. Autobiografia (pubblicato prima, nel 1997, in traduzione italiana, e l’anno successivo nell’originale tedesco).
Nell’agosto 1978 il cardinale Ratzinger ha preso parte al conclave che ha eletto Giovanni Paolo I, dal quale è stato nominato inviato speciale del Santo Padre al III Congresso mariologico internazionale di Guayaquil (Ecuador), che si è tenuto dal 16 al 24 settembre; nell’ottobre dello stesso anno ha partecipato al conclave che ha eletto Giovanni Paolo II, del quale sarebbe divenuto, soprattutto verso la fine del pontificato, uno dei collaboratori più stretti. Negli anni successivi è stato relatore nella V Assemblea generale ordinaria del sinodo dei vescovi sul tema «Missione della famiglia cristiana nel mondo contemporaneo» (1980) e presidente delegato della VI Assemblea generale ordinaria sul tema «La riconciliazione e la penitenza nella missione della Chiesa» (1983).
Nel 1981 è stato nominato da Giovanni Paolo II prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, presidente della Pontificia commissione biblica e della Commissione teologica internazionale.
Nel ruolo di prefetto ha contribuito a ispirare i documenti dottrinali del suo predecessore sul soglio pontificio e si è impegnato a reindirizzare le interpretazioni del concilio Vaticano II, sostenendone da un lato una lettura in piena continuità con le determinazioni del Concilio di Trento e del concilio Vaticano I, contro le istanze di un’apertura, da lui giudicata eccessiva, alla cultura e alla società contemporanee: istanze che erano invece state postulate come proprie del Vaticano II da diversi soggetti ecclesiali nei decenni del postconcilio («tra quel che i padri conciliari volevano e quel che è stato mediato all’opinione pubblica e che, poi, ha finito per impregnare la coscienza comune, c’era una sensibile differenza. I Padri volevano aggiornare la fede, ma, appunto, proprio presentandola in tutta la sua forza. Invece è andata via via formandosi l’idea che la riforma consistesse semplicemente nel gettare la zavorra, nell’alleggerirsi, così che, alla fine, la riforma è sembrata consistere non in una radicalizzazione della fede ma in un suo annacquamento»: Il sale della terra: cristianesimo e Chiesa cattolica nella svolta del millennio. Un colloquio con Peter Seewald, 1997, pp. 85-86); e contrastando, dall’altro, le forzature, da lui ritenute incompatibili con quell’assise, che tendevano ad appiattire l’esperienza religiosa su una dimensione prevalentemente politica, ad alimentare la critica nei confronti delle istituzioni ecclesiastiche e della struttura gerarchica della Chiesa, a determinare l’oblio del patrimonio liturgico, nonché a favorire la rinuncia alla missione pedagogica e una concezione relativistica della salvezza e di conseguenza della stessa fede cristiana. Negli oltre ventitré anni trascorsi alla guida della Congregazione per la Dottrina della Fede il cardinale Ratzinger ha difeso in modo rigoroso e autorevole l’ortodossia cattolica, esprimendo ad esempio nelle due istruzioni Libertatis nuntius (1984) e Libertatis conscientia (1986) una valutazione sostanzialmente negativa sulla teologia latinoamericana della liberazione, ritenuta per alcuni aspetti incompatibile con la dottrina sociale della Chiesa (e nella quale colpisce in particolare «questa illusione così poco cristiana di potere creare un uomo e un mondo nuovi, non col chiamare ciascuno a conversione, ma agendo solo sulle strutture sociali ed economiche»: Rapporto sulla fede. Vittorio Messori a colloquio con il cardinale Joseph Ratzinger, 1985, p. 203), e sostenendo la necessità di porre dei limiti all’ecumenismo e al dialogo interreligioso, alla luce dell’unicità e dell’universalità salvifica di Cristo e della Chiesa: di fronte ad «alcune proposte teologiche, in cui la rivelazione cristiana e il mistero di Gesù Cristo e della Chiesa perdono il loro carattere di verità assoluta e di universalità salvifica, o almeno si getta su di essi un’ombra di dubbio e di insicurezza», di fronte a «questa mentalità relativistica, che si sta sempre più diffondendo, occorre ribadire anzitutto il carattere definitivo e completo della rivelazione di Gesù Cristo» (dichiarazione Dominus Jesus, 2000); a tale necessità si deve, tra le altre cose, la condanna, formulata nel 1998, delle opere del gesuita indiano Anthony de Mello (1931-1987), nelle quali sono sostenute posizioni ritenute oggettivamente incompatibili con la fede cristiana. Non si può, d’altra parte, negare il grande impegno ratzingeriano nel dialogo teologico, in particolare con la Chiesa ortodossa, testimoniato anche dalla cosiddetta ‘formula Ratzinger’, enunciata in una conferenza tenuta a Graz nel 1976, per la quale, riguardo alla dottrina del primato, Roma non dovrebbe pretendere dall’Oriente più di quanto è stato formulato e praticato nel primo millennio; e destinato a trovare espressione, negli anni del pontificato, in una serie di importanti iniziative congiunte – soprattutto con il patriarca ecumenico Bartolomeo I – tese, in prospettiva, al «ristabilimento della piena comunione» (così nel discorso alla delegazione del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli del 27 giugno 2009). In questi anni il cardinale Ratzinger ha presieduto inoltre la Commissione per la preparazione del catechismo della Chiesa cattolica (1986-1992). Significativa, in questo periodo, è anche la pubblicazione, nel 1985, del libro-intervista con Vittorio Messori Rapporto sulla fede, subito tradotto in molte lingue, con il quale per la prima volta un prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede si confrontava con un giornalista, anticipando così la tendenza, che si sarebbe affermata con evidenza nei decenni successivi, all’apertura, da parte delle gerarchie ecclesiastiche, a un dialogo diretto con gli esponenti dei mass media e dell’editoria divulgativa.
Elevato nel 1993 alla dignità di cardinale vescovo con la sede suburbicaria di Velletri-Segni, nel 2002 è stato eletto decano del Collegio cardinalizio e gli è stata contestualmente conferita la sede di Ostia, che spetta a chi ricopre tale carica in aggiunta alla sede di cui è già titolare. Nel 2005, nei giorni immediatamente precedenti la scomparsa di Giovanni Paolo II, due suoi interventi si sono segnalati per il carattere particolarmente incisivo delle espressioni impiegate e delle posizioni sostenute, tanto da essere stati poi retrospettivamente interpretati come una sintesi delle questioni più urgenti che, nell’imminenza della morte del pontefice, avrebbero dovuto essere affrontate dal suo successore, e delle quali – di conseguenza – si sarebbe dovuto tenere conto nell’ormai prossimo conclave: nelle «meditazioni e preghiere» pronunciate durante la Via Crucis (25 marzo), nella terza caduta di Gesù sotto il peso della croce veniva vista un’immagine della sofferenza di Cristo anche all’interno della sua stessa Chiesa: «Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a lui! Quanta superbia, quanta autosufficienza! Quanto poco rispettiamo il sacramento della riconciliazione, nel quale egli ci aspetta, per rialzarci dalle nostre cadute!»; e ancora: «Signore, spesso la tua Chiesa ci sembra una barca che sta per affondare, una barca che fa acqua da tutte le parti. E anche nel tuo campo di grano vediamo più zizzania che grano.
La veste e il volto così sporchi della tua Chiesa ci sgomentano. Ma siamo noi stessi a sporcarli! Siamo noi stessi a tradirti ogni volta, dopo tutte le nostre grandi parole, i nostri grandi gesti». Pochi giorni dopo, il 1° aprile, in una conferenza tenuta a Subiaco, presso il convento di S. Scolastica, e intitolata L’Europa nella crisi delle culture, denunciava la degenerazione del razionalismo illuminista in un «dogmatismo che si crede in possesso della definitiva conoscenza della ragione, ed in diritto di considerare tutto il resto soltanto come uno stadio dell’umanità in fondo superato e che può essere adeguatamente relativizzato», con la conseguenza che «in Europa si è sviluppata una cultura che costituisce la contraddizione in assoluto più radicale non solo del cristianesimo, ma delle tradizioni religiose e morali dell’umanità»; da qui la necessità di un accordo tra laici e cattolici che tenga conto del fatto che il cristianesimo è, sin dal principio, la «religione del logos», la «religione secondo ragione»: «il tentativo, portato all’estremo, di plasmare le cose umane facendo completamente a meno di Dio ci conduce sempre di più sull’orlo dell’abisso, verso l’accantonamento totale dell’uomo. Dovremmo, allora, capovolgere l’assioma degli illuministi e dire: anche chi non riesce a trovare la via dell’accettazione di Dio dovrebbe comunque cercare di vivere e indirizzare la sua vita veluti si Deus daretur, come se Dio ci fosse. […] Così nessuno viene limitato nella sua libertà, ma tutte le nostre cose trovano un sostegno e un criterio di cui hanno urgentemente bisogno».
In qualità di decano, il cardinale Ratzinger ha presieduto la messa esequiale per Giovanni Paolo II (8 aprile 2005) e la Missa pro eligendo Romano Pontifice (18 aprile 2005), durante la quale ha pronunciato un’omelia che molti osservatori hanno voluto leggere come una sorta di ‘programma’ del futuro pontificato. Soffermandosi in particolare sulla seconda lettura (Ef 4, 11-16), ha commentato l’esortazione paolina a non essere «come fanciulli sballottati dalle onde e portati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, secondo l’inganno degli uomini, con quella loro astuzia che tende a trarre nell’errore» (4, 14) riferendo l’immagine alla «dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie»: «Quanti venti di dottrina abbiamo conosciuto in questi ultimi decenni, quante correnti ideologiche, quante mode del pensiero... La piccola barca del pensiero di molti cristiani è stata non di rado agitata da queste onde – gettata da un estremo all’altro: dal marxismo al liberalismo, fino al libertinismo; dal collettivismo all’individualismo radicale; dall’ateismo ad un vago misticismo religioso; dall’agnosticismo al sincretismo e così via». A siffatte derive ideologiche ha contrapposto una fede «adulta e matura», «profondamente radicata nell’amicizia con Cristo» perché «è quest’amicizia che ci apre a tutto ciò che è buono e ci dona il criterio per discernere tra vero e falso, tra inganno e verità»; e ha proposto la formula della «verità nella carità» (4, 15) – che sarà poi ripresa, in forma invertita, nel titolo di una delle tre encicliche, a conferma della centralità della lettera paolina nel pensiero ratzingeriano – come «formula fondamentale dell’esistenza cristiana».
Il 19 aprile 2005 è stato eletto papa al quarto scrutinio da 115 elettori (il numero più alto nella storia delle elezioni papali), in un conclave durato meno di ventiquattro ore e nel quale il secondo candidato più votato, secondo le ricostruzioni maggiormente accreditate, sarebbe stato Jorge Mario Bergoglio. Con il nome assunto da pontefice ha inteso richiamarsi sia a Benedetto XV, profeta di pace durante il primo conflitto mondiale, sia a s. Benedetto, patriarca del monachesimo occidentale e compatrono d’Europa, scelto come fondamentale punto di riferimento per le radici cristiane della cultura e della civiltà europea; nella benedizione apostolica Urbi et Orbi pronunciata subito dopo l’elezione, il pontefice si è definito – «dopo il grande Papa Giovanni Paolo II» – «un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore».
Le priorità del pontificato sono state esposte da Benedetto XVI in alcuni messaggi, omelie e discorsi programmatici pronunciati nel corso dei primi mesi successivi all’elezione: l’attuazione del concilio Vaticano II in piena continuità con la tradizione della Chiesa, contro quella «ermeneutica della discontinuità e della rottura» che «non di rado si è potuta avvalere della simpatia dei mass media, e anche di una parte della teologia moderna» e alla quale va contrapposta l’«ermeneutica della riforma, del rinnovamento nella continuità dell’unico soggetto-Chiesa, che il Signore ci ha donato; è un soggetto che cresce nel tempo e si sviluppa, rimanendo però sempre lo stesso, unico soggetto del Popolo di Dio in cammino» (discorso alla Curia romana del 22 dicembre 2005); la valorizzazione della centralità dell’Eucaristia; la necessità di ravvivare nella comunità ecclesiastica la consapevolezza della propria vocazione apostolica; l’impegno per la ricostituzione dell’unità dei cristiani e il dialogo con i credenti delle altre religioni, in particolare con il mondo ebraico e con quello islamico, e con i non credenti. Anche in vista del dialogo interreligioso Benedetto ha richiamato l’attenzione sulla necessità e l’urgenza di una nuova unione tra fede e ragione, in particolare in una lectio magistralis tenuta all’università di Ratisbona il 12 settembre 2006, che è stata oggetto di aspre critiche da parte di numerosi esponenti del radicalismo islamico per la citazione di una frase con la quale l’imperatore bizantino Manuele II Paleologo condannava la diffusione della fede mediante la violenza, nonostante il discorso del pontefice, lungi dall’avere sottintesi critici nei confronti dell’islam – al quale è anzi riconosciuta da Ratzinger la capacità di «offrire una base spirituale valida per la vita dei popoli, una base che sembra essere sfuggita di mano alla vecchia Europa, la quale così, nonostante la sua perdurante potenza politica ed economica, viene vista sempre più come condannata al declino e al tramonto» (così in un’altra lectio magistralis, tenuta il 13 maggio 2004 presso la Biblioteca del Senato e intitolata Europa. I suoi fondamenti spirituali ieri, oggi e domani) –, si inserisse piuttosto in una linea, costantemente sviluppata nel corso del pontificato, di forte critica della ragione illuministica e postilluministica, alla quale il pontefice opponeva l’esortazione, rivolta alla società europea, a riconoscere la centralità del riferimento, a suo avviso imprescindibile, alla ragione illuminata dalla fede cristiana.
Tra i discorsi pronunciati nei primi anni del pontificato, è da ricordare anche quello rivolto il 18 aprile 2008 ai membri dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, nel quale Benedetto ha proposto una riflessione sui grandi problemi del nostro tempo («questioni di sicurezza, obiettivi di sviluppo, riduzione delle ineguaglianze locali e globali, protezione dell’ambiente, delle risorse e del clima»), che vanno affrontati nel rispetto della legge e promuovendo allo stesso tempo la solidarietà verso le regioni più deboli del pianeta; e si è soffermato in particolare sul pericolo rappresentato da una ricerca scientifica non rispettosa dell’ordine della creazione, del carattere sacro della vita e dell’identità naturale della persona e della famiglia; sul rispetto dei diritti umani, la cui promozione «rimane la strategia più efficace per eliminare le disuguaglianze fra Paesi e gruppi sociali, come pure per un aumento della sicurezza», e che non deve venire condizionato da un relativismo valoriale la cui conseguenza è la negazione della stessa universalità dei diritti, garanzia per la salvaguardia della dignità umana; sull’approccio multilaterale, di cui viene auspicato un recupero al fine di un intervento più efficace sui problemi del mondo contemporaneo; e sul diritto alla libertà religiosa, come «espressione di una dimensione che è al tempo stesso individuale e comunitaria, una visione che manifesta l’unità della persona, pur distinguendo chiaramente fra la dimensione del cittadino e quella di credente».
Negli anni successivi ha acquisito crescente importanza nel magistero di Benedetto la consapevolezza della necessità e dell’urgenza di una «nuova evangelizzazione», con particolare riferimento alla situazione del Vecchio Continente. Ma già nel 1999 l’allora cardinale Ratzinger aveva iniziato con queste parole una conferenza alla Sorbona tenuta il 27 novembre di quell’anno e intitolata Verità del cristianesimo?: «Al termine del secondo millennio, il cristianesimo si trova, proprio nel luogo della sua originaria diffusione, in Europa, in una crisi profonda, basata sulla crisi della sua pretesa alla verità. Questa crisi ha una doppia dimensione: innanzitutto ci si domanda con sempre maggiore insistenza se è giusto, in fondo, applicare la nozione di verità alla religione; in altri termini se è dato all’uomo conoscere la verità propriamente detta su Dio e le cose divine. […] Questo scetticismo generalizzato nei confronti della pretesa alla verità in materia religiosa è ulteriormente sorretto dalle questioni che la scienza moderna ha sollevato riguardo alle origini e ai contenuti del cristianesimo»; e a tale crisi della religione cristiana come crisi dell’idea di verità proponeva di rispondere con un recupero dell’essenza autentica del cristianesimo, individuabile nella sintesi tra ragione, fede e vita: «Il tentativo di restituire, in questa crisi dell’umanità, un significato globale alla nozione di cristianesimo come religio vera, deve per così dire puntare parallelamente sull’ortoprassi e sull’ortodossia. Il suo contenuto, oggi come un tempo, dovrà consistere, più profondamente, nella coincidenza tra amore e ragione in quanto pilastri fondamentali propriamente detti del reale: la ragione vera è l’amore e l’amore è la ragione vera. Nella loro unità essi costituiscono il fondamento vero e il fine di tutto il reale». A tali considerazioni possono essere ricondotte le iniziative con le quali nel 2010 Benedetto ha istituito il Pontificio Consiglio per la Promozione della nuova evangelizzazione, assegnandone la presidenza a mons. Rino Fisichella, e un anno più tardi ha indetto l’Anno della Fede (il secondo dopo quello del 1967-1968, voluto da Paolo VI), che ha avuto inizio l’11 ottobre 2012, nel cinquantesimo anniversario dell’apertura del concilio Vaticano II e nel ventesimo della promulgazione del Catechismo della Chiesa cattolica da parte di Giovanni Paolo II, ed è terminato il 24 novembre 2013, nella solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo.
Grande è stato l’impegno di Benedetto nella lotta agli abusi sessuali commessi da esponenti del clero, con una serie di iniziative prive di precedenti, alle quali alcuni osservatori ritengono sia stato condotto da una consapevolezza maturata negli anni in cui era prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, e nei quali aveva dovuto affrontare, in tale veste, diversi casi riconducibili a tale tipologia. Di particolare rilievo, tra gli interventi sul tema, è la lettera pastorale ai cattolici dell’Irlanda (19 marzo 2010), contenente una condanna esplicita non soltanto degli abusi sessuali commessi da esponenti della Chiesa locale («avete tradito la fiducia riposta in voi da giovani innocenti e dai loro genitori. Dovete rispondere di ciò davanti a Dio onnipotente, come pure davanti a tribunali debitamente costituiti. Avete perso la stima della gente dell’Irlanda e rovesciato vergogna e disonore sui vostri confratelli»), ma anche del modo in cui il problema era stato gestito dai loro superiori, ai quali viene attribuita una «preoccupazione fuori luogo per il buon nome della Chiesa e per evitare gli scandali», che ha portato come risultato «alla mancata applicazione delle pene canoniche in vigore e alla mancata tutela della dignità di ogni persona». In tale contesto, di particolare rilievo sono le iniziative prese nel 2006 dal nuovo prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede cardinale William Levada, con l’esplicito avallo del pontefice, nei confronti del «falso profeta» Marcial Maciel Degollado (1920-2008), fondatore della congregazione dei Legionari di Cristo, accusato di abusi e di numerose altre attività illecite.
Il pontificato si è segnalato inoltre per il recupero di alcuni aspetti della tradizione e della liturgia: nel raccomandare l’uso del latino, soprattutto in contesti solenni e internazionali e nella formazione del clero, e nel denunciare allo stesso tempo, «nel contesto di un generalizzato affievolimento degli studi umanistici», «il pericolo di una conoscenza sempre più superficiale della lingua latina, riscontrabile anche nell’ambito degli studi filosofici e teologici dei futuri sacerdoti», con il «motu proprio» Latina Lingua del 10 novembre 2012 Benedetto ha istituito la Pontificia Academia Latinitatis per la promozione e la valorizzazione della lingua e della cultura latina; e in più occasioni ha espresso la convinzione che l’uso dei sacerdoti di celebrare la messa rivolti verso i fedeli, introdotto dalla rifoma liturgica successiva al concilio, sia un grave errore, dal momento che «il sacerdote rivolto al popolo dà alla comunità l’aspetto di un tutto chiuso in se stesso. Essa non è più – nella sua forma – aperta in avanti e verso l’alto, ma si chiude su se stessa» (Introduzione allo spirito della liturgia, 2001, p. 76). Più in generale, la condanna di alcune forme liturgiche postconciliari, nelle quali «il mistero sacro ha ceduto il posto ad una creatività selvaggia» (discorso in occasione delle celebrazioni per i dieci anni del «motu proprio» Ecclesia Dei, 24 ottobre 1998), è stata una costante del pensiero e del magistero ratzingeriani; e con il «motu proprio» Summorum Pontificum del 7 luglio 2007 il pontefice, che ha più volte evocato la necessità in questo senso di una nuova educazione liturgica e di una «riforma della riforma», ha consentito a tutti i sacerdoti di celebrare la messa, su richiesta dei fedeli, secondo il messale promulgato da Pio V (e rivisto da Giovanni XXIII), abbandonato dopo la riforma liturgica voluta da Paolo VI nel 1970: un gesto teso anche a favorire il riavvicinamento dei lefebvriani, esplicitamente menzionati nella lettera ai vescovi che accompagnava la pubblicazione del documento, nella quale la loro fedeltà al vecchio rito veniva ricondotta al fatto che «in molti luoghi non si celebrava in modo fedele alle prescrizioni del nuovo Messale, ma esso addirittura veniva inteso come un’autorizzazione o perfino come un obbligo alla creatività, la quale portò spesso a deformazioni della Liturgia al limite del sopportabile»: e tali «deformazioni arbitrarie della Liturgia» avrebbero ferito profondamente «persone che erano totalmente radicate nella fede della Chiesa». Ad un recupero della tradizione sono state ricondotte, talora contro una esplicita indicazione fornita in tal senso dallo stesso pontefice, anche molte scelte relative agli indumenti da lui indossati, che hanno ricevuto notevole e forse eccessiva attenzione anche da parte dei media e dell’opinione pubblica. È certamente vero, comunque, che il dovere della fedeltà al depositum Fidei è, da sempre, uno dei cardini del pensiero ratzingeriano, talora anche in polemica con quei teologi che sembrano «aver dimenticato che il soggetto che fa teologia non è il singolo studioso ma è la comunità cattolica nel suo insieme, e la Chiesa intera. Da questa dimenticanza del lavoro teologico come servizio ecclesiale, deriva un pluralismo teologico che in realta è spesso un soggettivismo, un individualismo che ha poco a che fare con le basi della tradizione comune. Ogni teologo sembra ormai voler essere “creativo”; ma il suo compito autentico è approfondire, aiutare a capire e a annunciare il deposito comune della fede, non “creare”» (Rapporto sulla fede, p. 71).
Dal punto di vista del modo di vivere l’esperienza cristiana, Benedetto ha insistito spesso sulla «gioia» – «la gioia della comunione, la gioia di essere cristiani, la gioia della fede» – come elemento centrale di tale esperienza: «La Chiesa ha la vocazione di portare al mondo la gioia, una gioia autentica e duratura, quella che gli angeli hanno annunciato ai pastori di Betlemme nella notte della nascita di Gesù […]. Nel difficile contesto attuale, tanti giovani intorno a voi hanno un immenso bisogno di sentire che il messaggio cristiano è un messaggio di gioia e di speranza!» (messaggio per la XXVII Giornata mondiale della gioventù, 15 marzo 2012); tale sensibilità è stata da lui stesso ricondotta alle sue origini bavaresi: «Il cattolicesimo della mia Baviera sapeva far posto a tutto ciò che è umano: alla preghiera ma anche alla festa, alla penitenza ma anche all’allegria. Un cristianesimo gioioso, colorato, umano» (Rapporto sulla fede, p. 174).
Tra i temi di particolare attualità sui quali Ratzinger è più volte intervenuto sia nelle vesti di prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede sia poi in quelle di pontefice – e che sono stati occasione di vivaci polemiche da parte di coloro che, nella società ma talora anche all’interno della stessa Chiesa cattolica, non ne hanno condiviso le posizioni – occorre citare la condanna della neutralità morale della scienza, con particolare riferimento ai pericoli delle biotecnologie: «quando pensiamo a progetti scientifici che disprezzano l’uomo – come la clonazione umana, la produzione di feti […] o la strumentalizzazione della scienza per fabbricare mezzi sempre più terribili di distruzione dell’uomo e del mondo – allora è palese che c’è anche una scienza patologica: la scienza diviene patologica e pericolosa per la vita, laddove si congeda dal contesto dell’ordine morale proprio dell’essere-uomini e ormai si permette di riconoscere solo le sue proprie possibilità come unico criterio ammissibile» (Fede, Verità, Tolleranza. Il cristianesimo e le religioni del mondo, 2003, pp. 165-166); la difesa della dignità e del diritto alla vita degli embrioni umani «fin dal primo momento della loro esistenza» (Istruzione sul rispetto della vita umana nascente e la dignità della procreazione – Donum vitae, 1987); la condanna della fecondazione artificiale, che nasce da una visione della procreazione non come dono ma come diritto (e quindi, di conseguenza, da una concezione del bambino come oggetto di possesso e soddisfazione di bisogni egoistici e narcisistici); la condanna dell’aborto e dell’eutanasia (da non confondere con la rinuncia all’accanimento terapeutico, che è invece moralmente legittima); il divieto espresso nei confronti dei contraccettivi e la dura critica nei confronti delle tesi che riconducono ad esso il forte incremento demografico – e la conseguente diffusione della miseria – in molte parti del Terzo Mondo, quando invece «la miseria è prodotta dal collasso morale, fenomeno sconosciuto nelle società tribali e nelle comunità cristiane, la cui vita era fortemente improntata ad una morale che sbarrava la strada alla miseria che oggi sperimentiamo» (Dio e il mondo: essere cristiani nel nuovo millennio. In colloquio con Peter Seewald, 2001, p. 393).
E ancora: il divieto di una nuova unione matrimoniale per coloro che si sono separati dal legittimo coniuge e la condanna del divorzio: «La Chiesa non può restare indifferente di fronte alla separazione dei coniugi e al divorzio, di fronte alla rovina delle famiglie e alle conseguenze che il divorzio provoca sui figli. Questi, per essere istruiti ed educati, hanno bisogno di punti di riferimento estremamente precisi e concreti, vale a dire di genitori determinati e certi che, in modo diverso, concorrono alla loro educazione. Ora è questo principio che la pratica del divorzio sta minando e compromettendo con la cosiddetta famiglia allargata e mutevole, che moltiplica i “padri” e le “madri” e fa sì che oggi la maggior parte di coloro che si sentono “orfani” non siano figli senza genitori, ma figli che ne hanno troppi» (discorso ai vescovi della Conferenza episcopale del Brasile, 25 settembre 2009); la conferma della necessità del celibato, che ha significato insieme cristologico e apostolico, per i sacerdoti e dell’esclusione delle donne dal sacerdozio (con la conseguente scomunica, nel 2002, delle sette donne cattoliche alle quali era stata conferita l’ordinazione sacerdotale da Romulo Antonio Braschi, fondatore di una comunità scismatica); la condanna delle legislazioni favorevoli alle unioni omosessuali; la necessità di riconoscere l’esistenza di alcuni valori etici fondamentali, obbligatori anche per le maggioranze, a fondamento del pluralismo politico (la religio civilis: anche i non credenti sono invitati ad agire – rovesciando, sulla scia di Pascal, la formula groziana dell’etsi Deus non daretur – veluti si Deus daretur) e il dovere per i cristiani di «dissentire da una concezione del pluralismo in chiave di relativismo morale, nociva per la stessa vita democratica, la quale ha bisogno di fondamenti veri e solidi, vale a dire, di principi etici che per la loro natura e per il loro ruolo di fondamento della vita sociale non sono “negoziabili”» (Nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica, 2002); la critica nei confronti dell’ideologia laicista – «nuovo pseudo-illuminismo che minaccia la libertà di pensiero e anche la libertà di religione» (Senza radici. Europa, relativismo, cristianesimo, islam, con Marcello Pera, 2004, p. 116) – che si è imposta in molti Stati europei e nelle istituzioni della stessa Unione, tanto da portare all’esclusione del riferimento alle «radici cristiane» dal preambolo di quella che avrebbe dovuto essere la Costituzione europea.
Tra i testi del pontificato particolare importanza rivestono naturalmente le tre encicliche: Deus caritas est, Spe salvi e Caritas in veritate. Nella prima, pubblicata il 25 dicembre 2005, Benedetto prende le mosse da una citazione tratta dalla prima lettera di Giovanni (4, 16: «Dio è amore; chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui»), che esprime «con singolare chiarezza il centro della fede cristiana», e distingue due diverse forme di amore, quella «ascendente» (eros), che cerca Dio, e quella «discendente» (agape), che trasmette il dono ricevuto, inscindibilmente legate l’una all’altra nella creazione e nella storia della salvezza, per poi soffermarsi sull’azione caritativa della Chiesa come «comunità d’amore». La seconda, pubblicata il 30 novembre 2007, si apre con una citazione paolina (Rm 8, 24: «nella speranza siamo stati salvati») ed è dedicata al tema della speranza cristiana – «parola centrale della fede biblica», al punto che «in diversi passi le parole “fede” e “speranza” sembrano interscambiabili» –, considerata di nuovo prima dal punto di vista della riflessione teorica (dai fondamenti neotestamentari e patristici alle trasformazioni proprie dell’epoca moderna), poi da quello del suo concreto apprendimento ed esercizio. Nell’enciclica sulla dottrina sociale della Chiesa, la Caritas in veritate (29 giugno 2009) – espressione che varia, come si è detto sopra, una formula paolina –, sono affrontati i grandi problemi legati alla globalizzazione, alla crisi economica e alle loro ricadute sulla vita dei popoli e degli individui, con particolare riferimento al tema dello sviluppo della persona e dell’umanità intera, che deve avvenire alla luce di quella «carità nella verità, di cui Gesù Cristo s’è fatto testimone con la sua vita terrena e, soprattutto, con la sua morte e risurrezione» e che costituisce «una grande sfida per la Chiesa in un mondo in progressiva e pervasiva globalizzazione», nel quale il rischio è che «all’interdipendenza di fatto tra gli uomini e i popoli non corrisponda l’interazione etica delle coscienze e delle intelligenze».
Tra i numerosi libri pubblicati dopo l’elevazione al soglio pontificio si ricorda in particolare la trilogia su Gesù (composta dai volumi pubblicati in Italia come Gesù di Nazareth, 2007; Gesù di Nazareth. Dall’ingresso in Gerusalemme fino alla risurrezione, 2011; e L’infanzia di Gesù, 2012), nella quale il Gesù dei Vangeli viene presentato come una figura storicamente sensata e convincente, da non contrapporre quindi, come è stato fatto soprattutto in alcune recenti ricostruzioni – che si richiamano comunque a uno dei filoni esegetici maggiormente praticati negli ultimi due secoli –, a quella di un presunto «Gesù storico», con lo scopo di mostrare la storicità delle vicende narrate, e di conseguenza l’assenza di reali contraddizioni tra fede e ragione: «Gesù non è nato e comparso in pubblico nell’imprecisato “una volta” del mito. Egli appartiene ad un tempo esattamente databile e ad un ambiente geografico esattamente indicato: l’universale e il concreto si toccano a vicenda. In Lui, il Logos, la Ragione creatrice di tutte le cose, è entrato nel mondo. Il Logos eterno si è fatto uomo, e di questo fa parte il contesto di luogo e tempo. La fede è legata a questa realtà concreta, anche se poi, in virtù della Risurrezione, lo spazio temporale e geografico viene superato e il “precedere in Galilea” (Mt 28,7) da parte del Signore introduce nella vastità aperta dell’intera umanità (cfr. Mt 28,16ss)» (L’infanzia di Gesù, p. 77). Importante è anche il libro-intervista Luce del mondo: il Papa, la Chiesa e i segni dei tempi. Una conversazione con Peter Seewald (2010), trascrizione integrale (circostanza, questa, inedita per un pontefice) di un’intervista di sei ore, rilasciata nel corso di sei giorni consecutivi, su molti temi legati soprattutto a questioni di attualità e al rapporto della Chiesa e della fede con le istanze della contemporaneità.
Sono cinque i concistori nei quali Benedetto ha creato nuovi cardinali: quindici, tra i quali dodici elettori, il 24 marzo 2006; ventitré, di cui diciotto elettori, il 24 novembre 2007; ventiquattro, di cui venti elettori, il 20 novembre 2010; ventidue, di cui diciotto elettori, il 18 febbraio 2012; sei, tutti elettori, il 24 novembre 2012, per un totale di novanta nuovi cardinali. Il 15 settembre 2006 ha nominato segretario di Stato il cardinale Tarcisio Bertone (n. 1934), arcivescovo di Genova e già segretario (dal 1995 al 2002) della Congregazione per la Dottrina della Fede, che sarebbe rimasto in carica fino al 15 ottobre 2013. Ha compiuto ventiquattro viaggi apostolici fuori dall’Italia, nei seguenti Paesi: Germania (2005, 2006, 2011), Polonia (2006), Spagna (2006, 2010, 2011), Turchia (2006), Brasile (2007), Austria (2007), Stati Uniti (2008), Australia (2008), Francia (2008), Camerun e Angola (2009), Terra Santa (2009), Repubblica Ceca (2009), Malta (2010), Portogallo (2010), Cipro (2010), Regno Unito (2010), Croazia (2011), Benin (2011), Messico e Cuba (2012), Libano (2012). Ha presieduto quarantacinque canonizzazioni e, tra le numerose beatificazioni celebrate durante il suo pontificato, quelle di John Henry Newman e di Giovanni Paolo II.
Gli ultimi mesi di pontificato sono stati turbati dallo scandalo noto come ‘Vatileaks’, risalente all’inizio del 2012 e consistente in una fuga di documenti riservati che rivelavano divisioni e contrasti sul governo vaticano e sulla gestione dell’Istituto per le Opere di Religione (IOR), coinvolgendo in particolare il segretario di Stato: dopo l’istituzione di una Commissione cardinalizia d’inchiesta e due processi, durati entrambi pochi giorni, sono stati condannati – ma successivamente perdonati dal pontefice – Paolo Gabriele, aiutante di camera di Benedetto, per aver sottratto e diffuso tali documenti, e un tecnico informatico che lavorava per la Segreteria di Stato, per favoreggiamento.
L’11 febbraio 2013, durante il concistoro per la canonizzazione dei martiri di Otranto e di altre due beate, Benedetto ha pronunciato in latino la declaratio con la quale ha annunciato la propria rinuncia al munus Petrinum: una scelta inattesa, inedita in età moderna e priva di precedenti storici realmente comparabili, se si tiene conto del fatto che Celestino V, autore nel 1294 di un gesto nel quale molti osservatori, per diverse ragioni, hanno visto un modello per quello di Benedetto, aveva rinunciato ad appena poco più di tre mesi dalla consacrazione, e non dopo diversi anni di pontificato (gli altri casi di rinuncia storicamente documentabili con sicurezza avvennero per ragioni e in circostanze troppo differenti per poter essere posti a confronto con la decisione ratzingeriana). Nella stessa declaratio l’inizio del periodo di sede vacante è stato fissato alle ore 20.00 del successivo 28 febbraio:
Carissimi Fratelli, vi ho convocati a questo Concistoro non solo per le tre canonizzazioni, ma anche per comunicarvi una decisione di grande importanza per la vita della Chiesa. Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino. Sono ben consapevole che questo ministero, per la sua essenza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e pregando. Tuttavia, nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato. Per questo, ben consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà, dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro, a me affidato per mano dei Cardinali il 19 aprile 2005, in modo che, dal 28 febbraio 2013, alle ore 20.00, la sede di Roma, la sede di San Pietro, sarà vacante e dovrà essere convocato, da coloro a cui compete, il Conclave per l’elezione del nuovo Sommo Pontefice. Carissimi Fratelli, vi ringrazio di vero cuore per tutto l’amore e il lavoro con cui avete portato con me il peso del mio ministero, e chiedo perdono per tutti i miei difetti. Ora, affidiamo la Santa Chiesa alla cura del suo Sommo Pastore, Nostro Signore Gesù Cristo, e imploriamo la sua santa Madre Maria, affinché assista con la sua bontà materna i Padri Cardinali nell’eleggere il nuovo Sommo Pontefice. Per quanto mi riguarda, anche in futuro, vorrò servire di tutto cuore, con una vita dedicata alla preghiera, la Santa Chiesa di Dio.
L’11 giugno 2007 il pontefice aveva emanato il «motu proprio» De aliquibus mutationibus in normis de electione Romani Pontificis, con il quale era stabilito il quorum dei due terzi per tutte le votazioni del conclave e il passaggio automatico al ballottaggio (sempre con quorum di due terzi) dopo quattro cicli di scrutini; il 22 febbraio 2013 le norme che avrebbero regolato il successivo conclave sono state ulteriormente ritoccate con il «motu proprio» Normas nonnullas, che ha introdotto in particolare la possibilità di anticipare l’inizio del conclave nel momento in cui siano presenti tutti i cardinali elettori. In tal modo Benedetto si è discostato dall’uso, prevalente in epoca moderna, di modificare le norme relative al conclave emanando una intera costituzione, e non promulgando singole modifiche.
Il 28 febbraio 2013, intorno alle 17.00, il pontefice ha dunque lasciato in elicottero la Città del Vaticano, giungendo a Castel Gandolfo, dove si sarebbe trattenuto per alcuni mesi in attesa della sistemazione definitiva nel monastero Mater Ecclesiae, nei Giardini Vaticani; alle ore 20.00 è iniziato il periodo di sede vacante: da questo momento Joseph Ratzinger ha assunto il titolo – storicamente inedito – di ‘papa emerito’, conservando l’appellativo di ‘Sua Santità’ e continuando a indossare la veste talare bianca semplice (ma non, ovviamente, l’anello piscatorio). Il 23 marzo ha ricevuto la visita di papa Francesco in quello che è stato il primo incontro nella storia tra due pontefici, e il 2 maggio è tornato, come era previsto, in Vaticano.
Nei mesi successivi ha partecipato al primo concistoro di papa Francesco per la creazione di nuovi cardinali (22 febbraio 2014) e ha concelebrato con gli altri porporati il rito di canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II (27 aprile 2014). Il 29 giugno 2013 è stata pubblicata l’enciclica Lumen Fidei, la prima firmata da papa Francesco, che riprende però in massima parte un testo preparato dal suo predecessore, al quale è convinzione diffusa che il nuovo pontefice abbia apportato soltanto alcune aggiunte e ritocchi marginali. L’enciclica, che affronta il tema della fede, completa di fatto il ‘trittico’ delle encicliche dedicate alle virtù teologali, dopo quella sulla carità (Deus caritas est) e quella sulla speranza (Spe salvi): tutti e tre questi testi sono chiusi peraltro da una preghiera a Maria. Nella Lumen Fidei, pubblicata nel corso dell’Anno della Fede, questa virtù è presentata – a partire da una citazione del Vangelo di Giovanni (12,46: «Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre») e da un’altra di s. Paolo (2 Cor 4,6: «E Dio, che disse: “Rifulga la luce dalle tenebre”, rifulge nei nostri cuori») – come «una luce da riscoprire», una luce «capace di illuminare tutta l’esistenza dell’uomo», ed è illustrata nel contesto della storia della salvezza, nei suoi rapporti con la verità, la conoscenza e la ragione, nel suo esprimersi nella Chiesa, nella preghiera e nei sacramenti, e infine dal punto di vista sociale.
Joseph Ratzinger ha continuato inoltre la sua attività di studioso e divulgatore, intervenendo anche sulla stampa quotidiana per rispondere alle obiezioni e alle critiche che gli erano state rivolte in un pamphlet da un noto pubblicista italiano, inserendosi così in quella tendenza a un dialogo aperto con gli esponenti anche più distanti del mondo laico che era stata da lui stesso inaugurata nelle vesti di prefetto e che ha trovato espressione in alcuni interventi sui giornali dello stesso papa Francesco.
Sebbene i tempi non siano ancora maturi per una valutazione complessiva della figura, del pensiero e dell’opera di Benedetto, è possibile affermare con certezza che gli eventi che sono seguiti alla declaratio dell’11 febbraio 2013 hanno impresso un’accelerazione inattesa alla storia della Chiesa cattolica e, indirettamente, a quella del mondo intero. Un papa che era giudicato dalla maggioranza degli osservatori tradizionalista e conservatore, e il cui pontificato era visto, al momento dell’elezione, come un papato di transizione e quasi di ‘decantazione’ dopo quello, epocale, di Giovanni Paolo II, ha compiuto un gesto dalla portata oggettivamente rivoluzionaria, le cui conseguenze dirette hanno aperto uno scenario per molti aspetti inedito: nel decimo settimo centenario della promulgazione dell’Editto di Milano, che nel 313 d.C. costituì – o che ha comunque rappresentato poi sul piano simbolico, se si accolgono le analisi degli storici moderni che tendono a ridurre l’effettiva importanza del documento – il gesto fondativo dell’alleanza organica tra l’istituzione ecclesiastica e il potere politico, inaugurando quell’«era costantiniana» la cui fine è stata preannunciata – e auspicata – negli anni Sessanta del Novecento, si è assistito per la prima volta nella storia alla libera rinuncia al munus Petrinum da parte di un pontefice che era stato in carica per diversi anni; all’elezione di un papa proveniente dalle Americhe, che è – di fatto – il primo pontefice di origine extraeuropea, laddove per ‘Europa’ si intenda quel centro di irradiazione culturale che, se oggi si identifica con la propaggine occidentale del continente eurasiatico, nei primi secoli del cristianesimo gravitava piuttosto intorno al bacino del Mediterraneo; all’elezione di un pontefice proveniente dai ranghi della Compagnia di Gesù; alla scelta, da parte del nuovo papa, di chiamarsi ‘Francesco’, subito considerata segno di una forte discontinuità e annunciatrice di altre importanti novità (delle quali aveva peraltro avuto forse sentore, significativamente, lo stesso cardinale Ratzinger quando, cinque anni prima di essere eletto pontefice, aveva avuto occasione di osservare come la «riscoperta, nel segno della Madre, del Cristo vivente, dall’America Latina può propagarsi a un Cristianesimo stanco e troppo imbevuto di razionalismo e a un’umanità resa esausta dal gelo di un mondo ipertecnologicizzato»: Dio e il mondo, p. 420); alla presenza, particolarmente visibile e notevole nel caso di celebrazioni liturgiche solenni come quella del 27 aprile 2014, di due papi viventi. Con il suo gesto – coerente d’altra parte con l’inclinazione a operare ‘dietro le quinte’ rivelata già negli anni di insegnamento e poi in quelli alla guida della Congregazione per la Dottrina della Fede, sebbene in alcun modo ad essa riducibile – uno dei massimi teologi del nostro tempo, divenuto papa quasi certamente senza averlo voluto e con lo spirito di «un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore», si è reso protagonista di una Wende della storia la cui portata forse ancora ci sfugge.
BIBLIOGRAFIA: i testi del pontificato, pubblicati dalla Libreria Editrice Vaticana nei nove volumi annuali degli Insegnamenti di Benedetto XVI, sono consultabili sul sito della Santa Sede (www.vatican.va), mentre gli Acta Apostolicae Sedis offrono gli atti di governo e di magistero di rango maggiore. Una raccolta in sedici volumi delle opere principali è in corso di pubblicazione presso l’editore Herder, per la cura di Gerhard Ludwig Müller (gia vescovo di Ratisbona e dal 2012 prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede), con il titolo Joseph Ratzinger Gesammelte Schriften e il seguente piano dell’opera (l’asterisco segnala i volumi non ancora pubblicati):
Volk und Haus Gottes in Augustins Lehre von der Kirche. Die Dissertation und weitere Studien zu Augustinus und zur Theologie der Kirchenväter;
Offenbarungsverständnis und Geschichtstheologie Bonaventuras. Habilitationsschrift und Bonaventura-Studien; 3*. Der Gott des Glaubens und der Gott der Philosophen. Die wechselseitige Verwiesenheit von fides und ratio; 4. Einführung in das Christentum. Bekenntnis – Taufe – Nachfolge; 5*. Herkunft und Bestimmung. Schöpfung – Anthropologie – Mariologie; 6. Jesus von Nazareth. Spirituelle Christologie; 7. Zur Theologie des Konzils. Texte zum II. Vatikanum; 8. Kirche – Zeichen unter den Völkern. Schriften zur Ekklesiologie und Ökumene; 9*. Offenbarung – Schrift – Tradition. Hermeneutik und Theologische Prinzipienlehre; 10. Auferstehung und Ewiges Leben. Beiträge zur Eschatologie und zur Theologie der Hoffnung; 11. Theologie der Liturgie. Die sakramentale Begründung christlicher Existenz; 12. Künder des Wortes und Diener eurer Freude. Zur Theologie und Spiritualität des Weihesakraments; 13*. Im Gespräch mit der Zeit. Interviews – Stellungnahmen – Einsprüche; 14*. Predigten zum Kirchenjahr. Meditationen – Gebete – Betrachtungen; 15*. Aus meinem Leben. Autobiographische Texte; 16*. Bibliographie und Gesamt-Register (dell’edizione italiana, per i tipi della Libreria Editrice Vaticana, sono stati pubblicati al momento i volumi 11. Teologia della liturgia. La fondazione sacramentale dell’esistenza cristiana, e 12. Annunciatori della parola e servitori della vostra gioia. Teologia e spiritualità del Sacramento dell’Ordine, e il primo tomo del volume 6, Gesù di Nazaret. La figura e il messaggio). Tra le opere più importanti per la conoscenza della vita e del pensiero in edizione italiana: Introduzione al cristianesimo. Lezioni sul simbolo apostolico, Brescia 1969; Rapporto sulla fede. Vittorio Messori a colloquio con il cardinale Joseph Ratzinger, Cinisello Balsamo 1985; Elementi di teologia fondamentale. Saggi sulla fede e sul ministero, a cura di G. Canobbio, Brescia 1986; La mia vita. Autobiografia, Cinisello Balsamo 1997 (copre gli anni dal 1927 al 1977); Il sale della terra: cristianesimo e Chiesa cattolica nella svolta del millennio. Un colloquio con Peter Seewald, Cinisello Balsamo 1997; Dio e il mondo: essere cristiani nel nuovo millennio. In colloquio con Peter Seewald, Cinisello Balsamo 2001; Introduzione allo spirito della liturgia, Cinisello Balsamo 2001; Fede, Verità, Tolleranza. Il cristianesimo e le religioni del mondo, Siena 2003 (da non confondere con il volume dallo stesso titolo, ma privo di sottotitolo, edito lo stesso anno a Napoli); Senza radici. Europa, relativismo, cristianesimo, islam, con M. Pera, Milano 2004; Ragione e fede in dialogo, con J. Habermas, a cura di G. Bosetti, Venezia 2005; Luce del mondo: il Papa, la Chiesa e i segni dei tempi. Una conversazione con Peter Seewald, Città del Vaticano 2010; i tre volumi su Gesù, pubblicati in italiano, con censurabile scelta dei titoli, rispettivamente come Gesù di Nazaret, a cura di I. Stampa-E. Guerriero, Milano 2007; Gesù di Nazaret. Dal Battesimo alla Trasfigurazione, a cura di I. Stampa-E. Guerriero, Milano 2011; L’infanzia di Gesù, a cura di I. Stampa, Milano-Città del Vaticano 2012 (in tedesco, più coerentemente: Jesus von Nazareth. Von der Taufe im Jordan bis zur Verklärung; Jesus von Nazareth. Vom Einzug in Jerusalem bis zur Auferstehung; e Jesus von Nazareth. Die Kindheitsgeschichten, 2007-2012). Di argomento più specifico: Concilio in cammino. Sguardo retrospettivo sulla seconda sessione, Roma 1965; Episcopato e primato, con K. Rahner, Brescia 1966; Problemi e risultati del Concilio Vaticano II, Brescia 1967; Il nuovo popolo di Dio. Questioni ecclesiologiche, Brescia 1971; Fede e futuro, Brescia 1971; Due saggi: Perché sono ancora cristiano. Perché sono ancora nella Chiesa, con H.U. von Balthasar, Brescia 1971 (il saggio di Ratzinger è il secondo dei due); Democrazia nella Chiesa. Possibilità, limiti, pericoli, con H. Meier, Roma 1971; L’unità delle nazioni. Una visione dei padri della Chiesa, Brescia 1973; Popolo e casa di Dio in sant’Agostino, Milano 1978 (la tesi di dottorato discussa nel 1953); Vivere con la Chiesa, con K. Lehmann, Brescia 1978; Escatologia. Morte e vita eterna, a cura di C. Molari, Assisi 1979; La festa della fede. Saggi di teologia liturgica, Milano 1984; Chiesa, ecumenismo e politica. Nuovi saggi di ecclesiologia, Cinisello Balsamo 1987; San Bonaventura. La teologia della storia, a cura di L. Mauro, Firenze 1991 (la tesi di abilitazione alla libera docenza presentata nel 1955); La Chiesa. Una comunità sempre in cammino, Cinisello Balsamo 1991; Natura e compito della teologia. Il teologo nella disputa contemporanea: storia e dogma, Milano 1993; Cantate al Signore un canto nuovo. Saggi di cristologia e liturgia, Milano 1996; La via della fede. Saggi sull’etica cristiana nell’epoca presente, Milano 1996; Cielo e terra. Riflessioni su politica e fede, Casale Monferrato 1997; La Chiesa, Israele e le religioni del mondo, Cinisello Balsamo 2000; In cammino verso Gesù Cristo, Cinisello Balsamo 2004; Europa. I suoi fondamenti oggi e domani, Cinisello Balsamo 2004; La rivoluzione di Dio, Cinisello Balsamo 2005; Nuove irruzioni dello spirito. I movimenti nella Chiesa, Cinisello Balsamo 2006; Chi ci aiuta a vivere? Su Dio e l’uomo, a cura di H. Zaborowski-A. Letskus, Brescia 2006; Il Dio della fede e il Dio dei filosofi. Un contributo al problema della‘theologia naturalis’, a cura di H. Sonnemans, Venezia 2007 (la lezione inaugurale a Bonn, tenuta nel 1959); Gli Apostoli e i primi discepoli di Cristo. Alle origini della Chiesa, Città del Vaticano 2007; Santi. Gli autentici apologeti della Chiesa, Torino 2007; Paolo. L’apostolo delle genti, Città del Vaticano-Cinisello Balsamo 2008; I padri della Chiesa. Da Clemente Romano a sant’Agostino, Città del Vaticano 2008; L’elogio della coscienza. La verità interroga il cuore, Siena 2009; Davanti al protagonista. Alle radici della liturgia, Siena 2009; I maestri. Padri e scrittori del primo millennio, Città del Vaticano 2009; I maestri. Padri e scrittori del medioevo, Città del Vaticano 2010; I maestri. Francescani e domenicani, Città del Vaticano 2010; Sante e beate. Figure femminili del Medioevo, Città del Vaticano 2011; Dottori della Chiesa, Città del Vaticano 2011; L’uomo in preghiera, Città del Vaticano 2011; La preghiera dei Salmi, Città del Vaticano 2012; La preghiera di Gesù, Città del Vaticano 2012; La preghiera nel Nuovo Testamento, Città del Vaticano 2012; La preghiera dei santi e della liturgia, Città del Vaticano 2012; Nell’anno della fede, Città del Vaticano 2013; Al cuore della fede. Il mio cristianesimo, Milano 2013. Per un primo orientamento sul pensiero: A. Nichols, Joseph Ratzinger, ed. it. a cura di J. Servais, Cinisello Balsamo 1996; D. Tessore, Introduzione a Ratzinger. Le posizioni etiche, politiche, religiose di Benedetto XVI, Roma 2005; Benedetto XVI. Una guida alla lettura, a cura di G. Vigini, Città del Vaticano 2011; G.L. Müller, Ampliare l’orizzonte della ragione. Per una lettura di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI, Città del Vaticano 2012. Sulla formazione: A. Läpple, Benedetto XVI e le sue radici. Ciò che ha plasmato la sua vita e la sua fede, Venezia 2009; G. Valente, Ratzinger professore. Gli anni dello studio e dell’insegnamento nel ricordo dei colleghi e degli allievi (1946-1977), Cinisello Balsamo 2008. Sulla partecipazione al concilio Vaticano II: G. Valente, Ratzinger al Vaticano II, Cinisello Balsamo 2013. Sulla personalità: A. Monda, Benedetta umiltà. Le virtù semplici di Joseph Ratzinger, Torino 2011; G. Ratzinger, Mio fratello il papa, con M. Hesemann, Milano 2012. Su Ratzinger teologo: A. Bellandi, Fede cristiana come «stare e comprendere». La giustificazione dei fondamenti della fede in Joseph Ratzinger, Roma 1996; J.E.M. Terra, Itinerario teologico di Benedetto XVI, Roma 2007; K. Koch, Il mistero del granello di senape. Fondamenti del pensiero teologico di Benedetto XVI, Torino 2012; R. Tremblay-S. Zamboni, Ritrovarsi donandosi. Alcune idee chiave della teologia di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI, Città del Vaticano 2012. Su Ratzinger prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede: G. Miccoli, In difesa della fede. La Chiesa di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, Milano 2007. Tra i numerosi profili usciti nei mesi e negli anni immediatamente successivi all’elezione, ad opera sia di studiosi sia di giornalisti: M. Bardazzi, Nella vigna del Signore. Vita di Joseph Ratzinger, papa Benedetto XVI, Milano 2005; A. Tornielli, Benedetto XVI. Il custode della fede, Casale Monferrato 2005; M. Tosatti, Il dizionario di papa Ratzinger. Guida al pontificato, Milano 2005; G. Zizola, Benedetto XVI, Milano 2005; G. Weigel, Benedetto XVI. La scelta di Dio, a cura di F. Felice, Soveria Mannelli 2006; E. Bianco, Benedetto XVI lavoratore nella vigna. Piccola biografia, Leumann, Torino, 2007; B. Lecomte, Benedetto XVI. L’ultimo papa europeo, Cinisello Balsamo 2007; G. De Carli, Benedictus. Servus servorum Dei, Gorle-Roma 2008; S. von Kempis, Benedetto. La biografia, Genova-Milano 2008; Id., Benedetto. Breve introduzione al pensiero del papa, Genova-Milano 2008. Sugli inizi del pontificato: A. Melloni, L’inizio di papa Ratzinger. Lezioni sul conclave del 2005 e sull’incipit del pontificato di Benedetto XVI, Torino 2006; F.A. Grana, Compromettiti con Dio. La rivoluzione di Benedetto XVI, Napoli 2007. Su alcuni aspetti specifici: C. Di Cicco, Ratzinger. Benedetto XVI e le conseguenze dell’amore, Roma 2006; N. Bux, La riforma di Benedetto XVI. La liturgia tra innovazione e tradizione, Casale Monferrato 2008; «Sacramentum caritatis». Studi e commenti sull’Esortazione apostolica postsinodale di Benedetto XVI, a cura di R. Nardin-G. Tangorra, Città del Vaticano 2008; Futuro presente. Contributi sull’enciclica «Spe salvi» di Benedetto XVI, a cura di L.M. Epicoco, Todi 2009; M.G. Masciarelli, Il grido di Benedetto XVI. Dall’emergenza educativa alla pedagogia del cuore, Todi 2009; A. Staglianò, Madre di Dio. La mariologia personalistica di Joseph Ratzinger, Cinisello Balsamo 2010; i tre volumi di G. Oliosi, Alla scuola di Benedetto XVI: [1.] Scrittura e tradizione nella tradizione del popolo di Dio, Verona 2007; 2. La sapienza della tradizione, Verona 2009;
Nel solco della tradizione, Verona 2011; F. D’Agostino, Un magistero per i giuristi. Riflessioni sugli insegnamenti di Benedetto XVI, Cinisello Balsamo 2011; M. Introvigne, Tu sei Pietro. Benedetto XVI contro la dittatura del relativismo, Milano 2011; G. Grieco, Cronaca di giorni di luce. Benedetto XVI e Giovanni Paolo II, Città del Vaticano 2011 (sui giorni compresi tra il 2 e il 19 aprile 2005); Benedetto XVI e san Francesco. Storia, teologia, catechesi, spiritualità, a cura di G. Grieco, Città del Vaticano-Roma 2011; A. Centurelli, L’eucaristia nel pensiero di Joseph Ratzinger Benedetto XVI, Torino 2011; B. Honings, Semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore. Guida alle encicliche di Benedetto XVI in occasione del 60° della sua ordinazione sacerdotale, Città del Vaticano 2011; G. Segalla-M. Gronchi-P. Boschini-P. Stefani-M. Tagliaferri, Il «Gesù di Nazaret» di Joseph Ratzinger. Un confronto, Assisi 2011; G. Coccolini, Alla ricerca di un ethos politico. La relazione tra teologia e politica in Joseph Ratzinger, Trapani 2011; F. Lombardi, In cammino con Benedetto XVI. Fede cristiana e vita del mondo, Roma 2011; Benedetto XVI legislatore, a cura di M. Ferraresi-C.E. Varalda, Siena 2011; A. Benedetti, Il linguaggio di papa Benedetto XVI, al secolo Joseph Ratzinger, Genova 2012; La nuova creazione nella storia. Le grandi omelie pasquali di Benedetto XVI, a cura di L. Leuzzi, Città del Vaticano 2012; W. Brandmuller-A. Marchetto-N. Bux, Le “chiavi” di Benedetto XVI per interpretare il Vaticano II, Siena 2012. Sul pontificato in generale: A. Tornielli, Benedetto XVI, papa della gioia. La biografia, il pontificato, s.l. 2010; I. de Gaulmyn, Benedetto XVI. Il papa incompreso, Padova 2011; A.M. Valli, Benedetto XVI. Il pontificato interrotto, Milano 2013; C. Di Cicco, Ratzinger. Dalla paura al tempo dell’amore, Roma 2013. Sulle critiche e gli attacchi ricevuti: P. Rodari-A. Tornielli, Attacco a Ratzinger. Accuse e scandali, profezie e complotti contro Benedetto XVI, Milano 2010; A.M. Valli, La verità del papa. Perché lo attaccano, perché va ascoltato, Torino 2010. Sulla rinuncia: R. Rusconi, Il gran rifiuto. Perché un papa si dimette, Brescia 2013; S. Venturini, Il libro segreto di papa Ratzinger, l’uomo che ha rinunciato al papato, Roma 2013.