CAMPESANI (Campesanus, de Campexanis, de Campesanis, Campigena), Benvenuto
Nacque a Vicenza presumibilmente tra il 1250 e il 1255 (Weiss, 1955, p. 130). Figlio forse d'un notaio, il C. percorse la carriera notarile, come del resto altri membri della famiglia, tra i quali il fratello Vincenzo e il figlio Enrico, noto anche come autore di distici elegiaci (Angiolgabriello di Santa Maria, pp. CXLIV s.). Non si hanno notizie dei suoi primi anni, ed è mera congettura del Weiss che egli abbia studiato a Padova; ma in un documento del 1279 (ibid., p. CXLIV) è citato già con la qualifica di notaio. Come tale fu impiegato presso la Camera del Comune di Vicenza e presso la Panca del maleficio, cioè il tribunale criminale; cariche da cui chiedeva e otteneva l'esonero nell'anno 1303 (ibid.; non 1293, come in Weiss, 1955, p. 132). Risulta che nel 1295 il C., iscritto alla matricola notarile, svolgeva le mansioni di sindaco dei gastaldioni del Collegio dei notai (Weiss, 1955, p. 132), e che poi ricoprì più cospicue cariche presso l'Inquisizione della Marca Trevigiana.
Ma il 12 giugno 1302 Bonifacio VIII dava mandato a Guido di Neuville, vescovo di Saintes, di svolgere un'inchiesta (Biscaro, pp. 148 s.) a carico dei due inquisitori della Marca, Boninsegna da Trento e Pietrobono dei Brusemini da Padova, dell'Ordine dei minori, accusati di arbitrî e di estorsione. Il C., allora notaio e cancelliere dell'Inquisizione, si trovò implicato nello scandalo insieme col fratello Vincenzo e Porto de' Porti, suoi colleghi, e col giudice Federico dei conti di Montebello.
La condotta del C. in quella circostanza autorizza a nutrire gravi dubbi sulla liceità del suo operato, che doveva esser durato parecchi anni; e induce anzi il sospetto di convivenza con i due inquisitori. È documentato tra l'altro l'avallo illecito, sottoscritto anche dal C., di vendite di beni confiscati agli eretici (Mantese, 1943, pp. 35 ss.). Perciò non sorprende la mancanza di notizie relative al C. dopo il 1303 per circa un quinquennio.
Solo nel 1308 il nome del C. ricompare nei documenti, nel corso di un'altra inchiesta aperta sull'ufficio inquisitoriale della Marca, istruita dall'inviato pontificio Guglielmo di Balait, canonico di St. Astier della diocesi di Périgueux. Il C., questa volta in veste di notaio, sottoscrisse l'esame dei testimoni (Biscaro, p. 174 n.). Della sua appartenenza al Collegio notarile di Vicenza in quegli anni resta un'altra notizia del 1311, quando venne multato per una lieve infrazione connessa al suo ufficio (a quanto pare, per non aver preso parte a un funerale). In quel periodo il C. era tornato ad appartenere ai notai della seconda Camera del Comune, e abitava nel quartiere cittadino di S. Stefano (Weiss, 1955, p. 134).
Il suo nome nell'anno 1323 venne estratto per il compimento di una missione da effettuare al servizio del Comune (Vigna, p. LIV); non si sa se il C. poté compierla, dato che risulta morto a Vicenza nello stesso anno.
La data della morte si ricava da un carme funebre composto dal conterraneo, e discepolo almeno elettivo, Ferreto de' Ferreti, che ne scrisse altri cinque in memoria del C., uno dei quali ad Albertino Mussato, esortato dal Ferreti ad unirsi a lui nel compianto (ignota la risposta). L'ambiguità del testo poetico, "Mille trecentenis decies geminaverat annum Tertius" (Ferreti, Opere, III, p. 107), ha indotto a datazioni aberranti: 1313 (Muratori), o 1330 (Cipolla). Sulla scorta di altre notizie cronologiche contenute nello stesso canne (vv. 5-10), il Cipolla e poi il Weiss supposero che il C. morisse il 21 settembre; il Vigna per parte sua "tra il giovedì e 'l venerdì, terzo e quarto giorno del mese di settembre": giova però avvertire che il 21 settembre nel 1323 cadde di mercoledì, non di venerdì, come rileva Ferreto ("nox Iovis Veneri"), e il 3 settembre di sabato; perciò tali datazioni andranno riesaminate. Nel libro delle spese del 1324 il sindaco della fraglia dei notai rende conto al Collegio della somma di "dieci soldi" erogata in suffragio del collega defunto (Angiolgabriello di Santa Maria, p. CXLIV).
Secondo una tradizione tipica dell'età sua, il C. coltivò, oltre l'attività notarile, le lettere latine, segnatamente la poesia esametrica d'argomento storico; ma la memoria del C. poeta e affidata quasi esclusivamente alle testimonianze di stima di Ferreto e degli amici padovani, dato che le sue opere, tranne qualche breve frammento, sono perdute. Nella città natale il C., d'altra parte, poté conoscere di persona l'iniziatore del "cenacolo" letterario padovano, Lovato Lovati, che era stato podestà di Vicenza dall'11 nov. 1291 fino alla fine del '92; l'ipotesi di un'intesa diretta con Lovato renderebbe anche ragione dei successivi rapporti che il C. ebbe con i letterati di Padova. In occasione della celebre disputa in esametri tra il Lovato (m. 1309) e il Mussato, se meglio convenga alla felicità dell'uomo l'aver figli o l'esserne privo, il C. fu chiamato in causa dal giudice designato Giambono d'Andrea (dei Bovatini da Padova, secondo il Novati; identificato dal Padrin col Favafoschi), contestato dal Mussato, che era stato dichiarato perdente. Le parti si appellarono al C. per un verdetto decisivo, del quale tuttavia non resta testimonianza. È noto invece il carme di Giambono al C. (ed. Padrin, n. XII, pp. 8-11; lo stesso Padrin avanza poi dubitosamente l'ipotesi che il carme n. XIII sia un'epistola del Mussato al Campesani).
Ferreto nella sua Historia (in Opere, II, pp. 269 s.) è il solo ad attestare che il C. in un suo "metrico sermone" trattava della guerra tra Raimondo Della Torre, patriarca d'Aquileia, e i Veneziani per il dominio dell'Istria, iniziatasi nel 1273 e durata vari anni; ma la testimonianza di Ferreto, che si dice "familiaris doctrine causa" del C., è nel complesso piuttosto oscura. Un altro poemetto esametrico di cui il Pagliarini (pp. 153, 182)ci ha conservato, se non il titolo, il primo verso ("Cesareas aquilas augustaque signa sequutum") e pochi altri, celebrava la causa di Enrico VII e l'impresa di Cangrande Della Scala, che tolse Vicenza ai Padovani nell'aprile del 1311, data che è dunque il terminus a quo di composizione; secondo il Pagliarini, che scrisse nella seconda metà del sec. XV, il poemetto si componeva di "molti versi" (p. 209).Particolarmente incresciosa la perdita di questo carme, perché ancora nel sec. XVII poté essere donato dal giureconsulto vicentino Marcantonio Romiti all'erudito padovano Lorenzo Pignoria, che ne cita due altri versi nel suo commento all'Historia Augusta del Mussato (Venetiis 1636).L'"opus metricum" del C. in lode di Cangrande, che fu certo modello a Ferreto de' Ferreti per la composizione del De Scaligerorum origine, pure in esametri, provocò una crisi di rapporti con la cultura padovana e i suoi rappresentanti; tant'è che contro di esso il Mussato indirizzò un'epistola metrica responsiva "ad Paulum iudicem de Titulo" (di Teolo), fieramente censoria del C. e dello Scaligero (carme n. XVII, ed. Osio, Venezia 1635).Tributò lodi al C. poeta, oltre Ferreto e Giambono, anche Guglielmo da Pastrengo, che lo disse "poeta et scriba mirabilis".
Al C. compete un posto ragguardevole nella storia dell'Umanesimo e delle scoperte dei classici, come autore dei tre distici De resurrectione Catulli, che egli probabilmente trascrisse sul suo esemplare di Catullo (il Weiss ha supposto che il C. abbia copiato egli stesso l'opera catulliana). I distici sono conservati in codici fondamentali della tradizione dei Carmina (nel Paris. lat. 14137[G], copiato nel 1375, e nell'Ottob. lat. 1829[R], pure del sec. XIV) e vennero in seguito riprodotti in molti altri mss. e stampe. In quell'epigramma, in cui l'influsso catulliano è evidente, il "libellus", parlando in prima persona, annuncia il suo ritorno a Verona da un luogo remoto ("longis a finibus": non provata l'ipotesi che si tratti della Francia, come afferma il Weiss, 1955, p. 139)ad opera di un "compatriota" del poeta. L'identità di questo veronese benemerito è celata nel terzo verso: l'interpretazione più accreditata lo dice notaio o scrivano delle porte (o del porto); non però "vissuto in Francia" (Weiss, 1955, p. 140), bensì "di nome Francesco" (Sabbadini, pp. 1, 237), come rivela l'esametro "scilicet a calamis dedit cui Francia nomen": cioè Francesco "a Calamis", latinizzazione di un cognome volgare corrispondente. L'epigramma, già in antiche edizioni e talora anche in studi autorevoli, si trova a torto attribuito a Guarino Veronese.
Si conservano vari documenti vergati dalla mano del C. (Weiss, 1955, p. 142 n.), uno dei quali riprodotto fotograficamente (ibid., p. 143).
Fonti e Bibl.:L. Padrin, Lupati de Lupatis...carmina quaedam, Padova 1887, pp. XIII, 10 s., 43, 59 s., 67 (cfr. la recensione di F. Novati in Giornale stor. d. lett. ital., XI [1888], pp. 198 ss.); Le opere di Ferreto de' Ferreti vicentino, a cura di C. Cipolla, I, Roma 1908, p. 3; II, ibid. 1914, p. 269 s.; III, ibid. 1920, pp. 103-06; Guglielmo da Pastrengo, De originibus rerum libellus, Venetiis 1547, f. 16; G. J. Vossius, Dehistoricis latinis, Lugduni Batavorum 1651, p. 795; G. B. Pagliarini, Croniche di Vicenza…, a cura di G. G. Alcaini, Vicenza 1663, pp. 3, 86, 153, 182, 209; P. Leyser, Historia poetarum et poematum Medii Aevi, Halae Magdeb. 1721, p. 2006; L. A. Muratori, in Ferreti Vicentini HistoriamPraefatio, in Rerum Italic. Script., IX, Mediolani 1726, col. 939; F. F. Vigna, Preliminare...intorno alla storia della città di Vicenza, Vicenza 1747, pp. L-LIV; F. S. Quadrio, Della storia edella ragione d'ogni poesia, IV, Milano 1749, p. 665; Bibl. Apost. Vat., Vat. lat. 9263: G. M. Mazzuchelli, Notizie intorno alle vite... degli Scrittori d'Italia, c. 457rv; Angiolgabriello di Santa Maria, Biblioteca e storia di quei scrittori... diVicenza, I, Vicenza 1772, pp. CXLIII-CXLIX; G. Tiraboschi, Storia della lett. ital., V, 2, Modena 1789, p. 608; I. A. Fabricius, Bibliothecalatina mediae et infimae aetatis, I, Florentiae 1858, p. 194; M. Minoia, Della vita e delle opere diAlbertino Mussato, Roma 1884, p. 180; A. Zardo, Albertino Mussato, Padova 1884, pp. 291 ss.; A. Gloria, Monumenti della univ. di Padova (1222-1318), Venezia 1884, p. 297; R. Sabbadini, SeGuarino veronese abbia fatto una recensione di Catullo, in Rivista di filol. e d'istruz. classica, XIII (1885), pp. 266-69; G. B. Giuliari, La Capitolarebiblioteca di Verona, Verona 1888, pp. 95 s.; L. Padrin, Introduzione, in A. Mussato, Ecerinide, Bologna 1900, pp. IX s.; R. Sabbadini, Le scoperte dei codici latini e greci..., I, Firenze 1905 (ora in rist. anast. con nuove agg., Firenze 1967). pp. 1, 237; F. Novati, Nuovi aneddoti sul cenacololett. padovano..., in Scritti stor. in mem. di G.Monticolo, Venezia 1914, pp. 174-177; F. M. Delorme, Un homonyme de Saint Antoine…, in Archivum franciscanum historicum, VIII (1915), p. 313; C. Cipolla, La data della morte di Dante…, in Gli studi danteschi, Verona 1921, pp. 373 s.; G. Biscaro, Eretici ed inquisitori nella Marca Trevisana (1280-1308), in Archivio veneto, s. 5, XI (1932), pp. 152, 148-56, 174; G. Mantese, Vicenza sacra alla fine del XIII sec. ..., estr. da Odeo Olimpico III. Memorie dell'Accademia Olimpica di Vicenza, Vicenza 1943, pp. 35 ss.; R. Weiss, Ilprimo secolo dell'Umanesimo, Roma 1949, p. 36; Id., Lovato Lovati (1241-1309), in ItalianStudies, VI (1951), pp. 9 s., 18, 25; G. Mantese, Mem. stor. della Chiesa vicentina, II, Vicenza 1954, pp. 335-38; R. Weiss, B. C. (1250/55?-1323), in Boll.del Museo civico di Padova, XLIV (1955), pp. 129-44 (l'unica monografia moderna sul C., con citazione di fonti inedite); Guido Billanovich, Veterum vestigia vatum..., in Italia medievale e umanistica, I (1958), p. 169 n.; G. Billanovich, Dal Livio di Raterio..., ibid., II (1959), p. 165; G. Pasquali, Storia della tradizione e critica del testo, Firenze 1962, pp. 5, 57; P. O. Kristeller, Iter Italicum, I, ad Indicem.