CARROZ, Berengario
Terzo di questo nome, figlio unico di Violante Carroz e del suo primo marito, Poncio di Senesterra, capitano dell'armata inviata in Sardegna nel 1378 e quivi deceduto nel 1387, prese il cognome della madre e ne ereditò i titoli e i feudi che, dalle porte di Cagliari, giungevano, attraverso il Sarrabus e l'Ogliastra, fin quasi alle soglie della Gallura, formando un complesso vasto circa un quarto dell'isola. Sconosciuti rimangono il luogo e la data di nascita e niente si sa della sua giovinezza.
La prima notizia è del 1409, allorché accompagnò in Sardegna il luogotenente Pietro Torrelles, comandante dell'armata inviata da Martino il Vecchio, re d'Aragona, al figlio Martino il Giovane, re di Sicilia che a Cagliari ne attendeva l'arrivo, per intraprendere l'offensiva contro il visconte Guglielmo III di Narbona che, eletto giudice d'Arborea, era divenuto l'alfiere della ribellione. Incaricato di condurre la guerra nell'Ogliastra, il C. intervenne alla battaglia campale di Sanluri (1º luglio 1409) nella quale il visconte venne sanguinosamente sconfitto e messo in fuga.
Tuttavia la vittoria rimase senza frutti; fu anzi seguita da una serie fortunosa di eventi che gettarono l'isola e la stessa Aragona nell'impotenza e nell'anarchia. Venticinque giorni dopo, il giovane Martino, unico figlio di Martino il Vecchio, morì lasciando la corona senza erede. L'armata siciliana lasciò la Sardegna. In Arborea, il partito ostile al visconte - rientrato in Francia dopo la sconfitta - elesse un nuovo capo, il sardo Leonardo Cubello, che subito assediato in Oristano dal Torrelles fu costretto a sottoscrivere i patti del 29 marzo 1410, in base ai quali gli fu riconosciuta in feudo una parte del giudicato, col titolo di marchese di Oristano e conte del Goceano. Ma l'accordo non spense la rivolta. Poi, il 31 maggio anche Martino il Vecchio morì; il trono rimase vacante. Cinque pretendenti si contesero la corona per quasi due anni, gettando il paese nella discordia e nell'impotenza. La Sardegna fu abbandonata a se stessa, l'armata si sfaldò, i ribelli ripresero il sopravvento, gli Aragonesi si rinchiusero nei castelli. Nel settembre, il visconte, tornato con nuove forze, s'intese con i Doria e con Sassari e marciò su Oristano. Il Torrelles, temendo una sollevazione generale che non avrebbe potuto affrontare, avviò trattative; ma erano appena iniziate che la morte lo colse ad Alghero ai primi del 1411.
è in questo periodo di carenza del supremo potere e di grave pericolo che emerge la figura del C. come personalità di primo piano. Alla fine del 1410, caduto in combattimento il governatore del "capo" di Cagliari e Gallura, fu eletto dagli Aragonesi di Cagliari rettore e capitano di quel "capo" e, alla morte del Torrelles, capitano generale dell'isola; ma avendo il Torrelles, morendo, affidato questa carica a Giovanni de Corbera si addivenne, dopo un fiero contrasto, all'intesa che questi avrebbe potuto esercitare l'ufficio solo nel "capo" del Logudoro. Primo pensiero del C. fu di trovare denaro per le spese di guerra e, senza lasciarsi irretire da limiti di giurisdizione, strappò prestiti ai feudatari e ai mercanti, dando in pegno terre regie e i gioielli di Martino; prestò egli stesso somme ingenti alla Corona, raccolse armati, rifornì i castelli, dispose truppe a difesa di Oristano e di Sanluri, attrasse a sé Nicolò Doria e tempestò di richieste il Parlamento catalano, salvando l'isola dalle mire dei ribelli.
Elogiato dal nuovo sovrano Ferdinando I (1412-1416) e confermato nella carica, continuò ad essere la personalità più in vista e più autorevole del regno. Conclusa, su istruzione del re, una tregua di sedici mesi con il visconte di Narbona (marzo 1413), passò in Spagna, distinguendosi, a fianco di Ferdinando, nel terribile assedio di Balaguer ed infine nel settembre accompagnò a corte il visconte che, nel dicembre, firmava l'accordo in base al quale rinunciava ad ogni diritto sul giudicato d'Arborea, in cambio di 153.000 fiorini d'oro d'Aragona. Intanto, dopo Balaguer, il C. era stato nominato capitano generale del regno e gratificato di una rendita annua di 1.500 fiorini e di altre ricompense. Nel gennaio del 1414, nel corso delle cerimonie per l'incoronazione, il re gli diede in moglie una sua cugina, Eleonora Manrique, assegnandole in dote una pensione di 1.500 fiorini e vari privilegi di natura feudale; e in segno di particolare onore, accompagnò personalmente la sposa all'alloggio del C. e l'indomani, insieme con la regina, pranzò con gli sposi.
Nel 1415 una nuova ribellione scoppio in Sardegna. Il visconte, non ancora soddisfatto della somma convenuta, rioccupò Sassari e altre terre; le Barbagie si ribellarono e sospetti si addensarono anche sul marchese di Oristano. Il C. fu confermato capitano generale ma, di tregua in tregua, il pericolo della guerra fu allontanato fino alla definitiva conclusione della questione avvenuta nel 1420, sotto Alfonso il Magnanimo (1416-1458). Nel dicembre 1417 il C. era ancora capitano generale; ma non dovette esserlo ancora per molto. Nel novembre aveva avuto un grave incidente con Ludovico de Pontos, governatore del "capo" di Cagliari e Gallura che per poco non era finito in uno scontro armato. Il Consiglio di Cagliari ne aveva informato il sovrano, chiedendo provvedimenti. Di essi non è giunta notizia. Certo è che, mentre il C. non appare più con la suddetta qualifica, qualche mese dopo, Ludovico de Pontos venne fatto viceré, carica apparsa allora per la prima volta, e suo luogotenente fu quel Giovanni de Corbera che aveva avuto un contrasto con il C. per la capitania affidatagli dal Torrelles.
Nel corso della sua vita il C. non trascurò mai i suoi affari economici, rivelando ingordigia, tendenza a violare la legge e ad approfittare. I documenti parlano di usurpazioni di terre, di vessazione dei vassalli costretti a cedergli a prezzo d'imperio i loro prodotti, di vari altri abusi e di contrabbando. Esercitò costantemente la mercatura specialmente nel lucroso settore dell'esportazione di grano che praticava, frodando i diritti regi, da piccoli scali posti nelle terre rivierasche dei suoi feudi. Tenne casa in Cagliari, ma la sua residenza abituale fu nel castello di San Michele, situato a breve distanza dalla città, dove probabilmente morì verso il 1428. Con la moglie, che gli sopravvisse dieci anni, lasciò due figli, Giacomo e Violante la quale sposò Francesco d'Erill e morì nel 1466.
Giacomo, nato verso il 1420, seguì il cammino ormai tradizionale nella famiglia. Nel 1452 venne inviato, quale rappresentante dello Stamento militare, presso Alfonso il Magnanimo il quale, il 29 dicembre di quell'anno lo nominò governatore e suo luogotenente, ossia viceré del regno di Sardegna, carica che tenne sino al 10 sett. 1455, data di nomina del successore. Dopo di che fu nominato cameriere del re e poi consigliere. Nel 1462, durante la ribellione di Barcellona, armò sette galee e andò in aiuto del re Giovanni II (1458-1479) riportando una brillante vittoria che restituì al sovrano il controllo della costa barcellonese. Successivamente nel corso dell'assedio d'Amposta, demolite le sue navi, costruì una passerella attraverso la quale, dopo un difficile combattimento, entrò per primo nella città, favorendo l'ingresso delle truppe del re. Il fatto fu considerato decisivo per la sottomissione della Catalogna. Rientrato in Sardegna, si curò di riordinare il suo patrimonio, tralasciando la vita pubblica anche perché era allora viceré Nicolò Carroz d'Arborea, del ramo collaterale, verso il quale nutriva profonda ostilità. Morì tragicamente il 2 genn. 1469 nel castello di San Michele a seguito di un'esplosione di polvere da sparo e fu sepolto nella chiesa, ora distrutta, di San Francesco fuori Mura. Lasciò un'unica figlia legittima, Violante, che sposò Dalmazio Carroz d'Arborea, figlio del vicerè.
Fonti e Bibl.: Cagliari, Arch. comunale, vol. 36, doc. 7; vol. 395, doc. 5; Pergamene 365, 366, 381, 426; Archivio di Stato di Cagliari, vol. K 3, f. 55; Ibid., Indice materie feudali; Barcellona, Archivo de la Corona de Aragón, Cancilleria, reg. 2373, ff. 39, 112; reg. 2383, f. 29; reg. 2386, f. 107v; reg. 2398, f.88v; reg. 2401, f. 8v; reg. 2413, f. 24; J. Zurita, Anales de la Corona de Aragón, Zaragoza 1668-1671, l. X, capp. 87, 88, 89, 90; l. XI, capp. 27, 40, 77; l. XII, capp. 2, 335 343 39, 64; G. F. Fara, De chorographia Sardiniae libri duo. De rebus Sardois libri quatuor, a cura di L. Cibrario, Aug. Taurinorum 1835, pp. 296, 318, 329-336, 349; P. Bofarull, Colección de docum. inéditos del Arch. Gen. de la Corona de Aragón, Barcelona 1847-1910, II, pp. 80, 96, 109, 496, 499; III, pp. 145, 147, 245; G. Casalis, Diz. geogr., stor., stat., comm. degli Stati di S. M. il Re di Sardegna, XVIII, 3, Torino 1853, pp. 810, 919 ss.; E. Putzulu, Cartulari de Arborea, in Archivio storico sardo, XXV(1957), 1-2, pp. 117 ss.; F. Artizzu, Registri e carte reali di Ferdinando I d'Aragona, ibid., pp.273-315 passim;E. Putzulu, Carte reali aragonesi e spagnolo dell'Archivio comunale di Cagliari, ibid., XXVI(1959), nn. 79, 81, 93, 106, 108, 109; L. Batlle y Prats, Trigo sardo y siciliano en el abastecimiento de Gerona en 1424, in VICongr. de historia de la Corona de Aragón, Madrid 1959, pp. 271 ss.; A. Boscolo, La politica ital. di Martino il Vecchio re d'Aragona, Padova 1962, pp. 125, 158 ss.; A. Boscolo, La politica italiana di Ferdinando I d'Aragona, in Studi sardi, XII(1954), pp. 13, 16, 18, 44, 47, 55, 64, 73, 80, 89, 92, 102, 114, 136; J. Mateu Ibars, Los virreyes de Cerdeña, Padova 1964, I, pp. 96 ss.; M. M. Costa, Violant Carroç, Barcelona 1973, p. 8.