BERNARDINO da Siena, santo
È uno dei più efficaci e più geniali tra i predicatori italiani del Quattrocento. Nacque a Massa Marittima, in territorio di Siena, l'8 settembre 1380 da Albertotto Albizzeschi e da Nera di Bindo degli Avveduti. Rimasto presto orfano di padre e di madre, fu allevato come figlio presso lo zio paterno Cristofano. Attese agli studî di retorica e di filosofia nella scuola di un Giovanni da Spoleto, che per incarico del comune senese leggeva anche pubblicamente in quegli anni la Divina Commedia; ma presto nacque e predominò nel suo animo un'imperiosa vocazione religiosa che lo inclinò sin dall'adolescenza alle opere di pietà, e dopo una grave malattia da lui sofferta nel 1401 lo indusse, persuaso anche da un sogno, ad entrare nell'ordine francescano. Lasciata parte dei suoi beni ad istituti religiosi e distribuito il rimanente ai poveri, entrò in religione nel 1403, e l'anno dopo prese gli ordini sacri. Iniziò assai modestamente, nel 1405, la sua vita di oratore, predicando ai contadini dei villaggi intorno a Siena, e nel 1408 si recò ad Alessandria per udirvi San Vincenzo Ferreri; ed è verosimile che l'eloquenza di lui avesse una certa efficacia sul modo di predicare tenuto poi dall'Albizzeschi. Tuttavia non sembra ch'egli salisse in molta fama prima del 1417, quando, recatosi a predicare in Lombardia, parve risvegliare nel popolo, e segnatamente a Milano, il mistico fervore e la contrizione sincera che avevan dato tanta potenza all'insegnamento francescano nel Duecento. Da allora sino al termine della vita, S. Bernardino andò predicando per quasi tutte le terre d' Italia, dovunque chiamato e desiderato come un benefattore, un padre, un maestro; dovunque risvegliando nelle coscienze la forza delle virtù cristiane, attutendo odî, conciliando fazioni, riformando i conventi del suo ordine, suscitando opere di carità e di abnegazione. Combatté efficacemente in Piemonte le dottrine eterodosse del frate domenicano Manfredi da Vercelli, che annunciava prossima la fine del mondo e la venuta dell'Anticristo; placò odî inveterati e ferocissimi a Crema; ottenne con la sua parola provvedimenti di carattere morale e riforme di abusi dai comuni di Milano, di Siena, di Perugia; persuase molti Piacentini a tornare nella loro città, che avevano abbandonata per sottrarsi alla crudele tirannide di Filippo Arcelli; fu anche consigliere deferentemente ascoltato di papa Eugenio IV e dell'imperatore Sigismondo. Tanta celebrità e tanta potenza, ancorché tutta spirituale, dovevano attirare sull'Albizzeschi anche molta invidia, e, poiché aveva un singolare culto per il nome di Gesù e ne raccomandava la venerazione alle moltitudini, con la sigla IHS (v.), che i suoi fedeli uditori solevano dipingere o scolpire un po' dappertutto, egli ne fu accusato di culto superstizioso ed eretico. Tra gli avversarî dell'Albizzeschi furono Poggio Bracciolini (v.), quel Manfredi da Vercelli da lui combattuto, e l'agostiniano Andrea da Cascia. Sembrava a costoro che quella devozione implicasse una mancanza di rispetto verso la Trinità, e un'eccessiva esaltazione dell'aspetto umano della figura di Gesù. Ad altri pareva anche superstizione, quasi l'Albizzeschi insegnasse che il culto di quel nome avesse in sé una virtù taumaturgica, e due volte gli fu intentato processo di eresia: una prima volta a Roma, nel 1427, e fu assolto, dopo una pubblica disputa, nella quale S. Bernardino ebbe a valido difensore fra' Giovanni da Capistrano; poi di nuovo nel 1431, e allora il processo già iniziato fu interrotto per l'intervento di papa Eugenio IV, che in una bolla dell'8 gennaio del 1432 pubblicò amplissime lodi della vita, della dottrina e dei costumi dell'Albizzeschi.
Uomo, oltre che di fervida carità, di molto senso pratico, San Bernardino sin dagl'inizî della sua vita religiosa s'era preoccupato delle dissensioni francescane, seguendo e propugnando la regola degli Osservanti. Sin dal 1405 egli aveva istituito secondo la nuova regola il convento della Capriola, vicino a Siena; tra il 1417 e il 1438, peregrinando per l'Italia, molti ne riformò o ne fondò di nuovi. Eletto per quattro anni (1438-42) Vicario generale degli Osservanti, operò con tanta prudenza da conquistar loro la maggioranza nell'ordine. Sciolto dalle cure del vicariato, benché vecchio e logoro di forze, riprese le sue predicazioni per la Toscana, l'Umbria, l'Abruzzo, finché, esausto, fu colto dalla morte nella città di Aquila il 20 maggio del 1444. Sei anni dopo, nella Pentecoste del 1450, celebrandosi in Roma il Giubileo, egli fu canonizzato dal papa Niccolò V.
Oltre che la sua devozione al nome di Gesù, va segnalata quella per la vergine, e per S. Giuseppe, del cui culto fu promotore zelante. Fu, cosa notevole a quel tempo, sostenitore dell'infallibilità del pontefice (cfr. Opp., III, p. 208). Diede della massima extra Ecclesiam nulla salus un'interpretazione restrittiva, per cui riprese anche Dante in quanto aveva collocato degl'infedeli nel Limbo. Senza essere stato un teologo di grandissimo valore, ha grande importanza nella storia della pietà cristiana per avere promosso devozioni destinate a grande diffusione e ripercussioni nel campo della stessa dogmatica.
Gli oratori di allora non si curavano di conservare le loro prediche volgari, ma ne scrivevano lo schema, le partizioni, le citazioni sacre, insomma la materia dottrinale. Così San Bernardino ci ha lasciato in latino quattro quaresimali: De Christiana religione, De Evangelio aeterno, Seraphim, De pugna spirituali, un Adventuale composto di tredici sermoni, altri quattordici De Christo Domino, tredici Pro Festivitatibus Sanctorum et Immaculatae Virginis Mariae, venticinque Sermones extraordinarii e ventuno di vario argomento. Per fortuna un cimatore di panni senese, Benedetto di Maestro Bartolomeo, raccolse stenograficamente le 45 prediche dette dal Santo nella piazza del Campo di Siena durante l'agosto e il settembre del 1427, ed esse, che sono tra i documenti più singolari della prosa italiana nel sec. XV, ci fanno intendere, almeno in parte, quali fossero le virtù dell'eloquenza bernardiniana. Altre sue prediche in volgare, ma raccolte in compendio, sono tuttora inedite a Firenze (Riccardiana), a Siena (Biblioteca comunale) e a Pavia (Biblioteca universitaria).
Le opere latine furono edite a cura del p. Giovanni de la Haye, S. Bern. Senensis Opera Omnia, Lione 1635 e 1650. Una scelta di passi tratti dalle opere latine fu edita a cura del Card. Vives: S. Bernardinus Sen., De Dominica passione, resurrectione et SS. nomine Jesu contemplationes, Roma 1903. Le 45 prediche senesi del t427 furono edite da L. Banchi, Prediche volgari di S. B. da Siena, Siena 1880-88, voll. 3.
Bibl.: Le più antiche vite del Santo sono: quella narrata da Vespasiano da Bisticci, in Vite di uomini illustri del sec. XV, ed. L. Frati, Bologna 1892-93, voll. 3, cfr. vol. I, p. 185, e la Vie inédite de S. Bernardin de Sienne in Analect Bollandiana, XV, p. 34. Tra gli scritti moderni: P. Thureau-Dangin, Un prédicateur populaire dans l'Italie de la Renaissance: S. Bern. de Sienne, Parigi 1896, trad. it., Siena 1897; F. Alessio, Storia di S. B. da Siena e del suo tempo, Mondovì 1899; D. Ronzoni, L'eloquenza di S. B. da Siena e della sua scuola, Siena 1899; O. Bacci, Le Prediche volgari di S. B. da Siena nel 1427, Siena 1895; A. Bellono, L'eloquenza di S. B. d. S. e la Scolastica, Firenze 1906; A. G. Ferrers Howell, S. B. of Siena, Londra 1914; C. Faggiano, L'eloquenza volgare di S. B. d. Siena, Saggio critico, Firenze 1915; M. Sticco, Il pensiero di S. B. da Siena, Milano 1924; G. Paglioli, S. B. da S. e la sua attività in Firenze negli anni 1424-'25, Firenze 1928; A. Galletti, L'eloquenza, Milano [1929], I, cap. VI; Vernet, in Dict. de théol. cath., 3ª ed., II, i, Parigi 1923, coll. 787 segg.
Iconografia. - Il Santo è rappresentato, senza eccezione, come un'esile figura, vestita del saio francescano; reca per attributi una tavola col Nome di Gesù e sovente posa su una rappresentazione schematica della terra, ch'è commentata dell'iscrizione manifestavi nomen tuum hominibus. L'aspetto del suo volto innocente fu per certo fissato da una maschera funebre, che ne conservò fedelmente i tratti. Contribuirono all'iconografia soprattutto gli artisti senesi, Sano di Pietro (tavole a Siena, a Tivoli, a Viterbo, a Montalcino, a Capistrano, a Acquapendente), il Sassetta, e altri.
Oltre che a Siena la sua iconografia ebbe diffusione nelle Marche e nell'Umbria (rilievi della facciata di San Bernardino di Perugia, di Agostino di Duccio; tavolette con storie della sua vita nella Galleria di Perugia). Da ricordare gli affreschi del Pinturicchio in Santa Maria in Aracoeli di Roma e la lunetta del Mantegna nella basilica del Santo a Padova.
Bibl.: K. Künstle, Ikonogr. der Heiligen, Friburgo in B. 1926.