TANUCCI, Bernardo
Uomo di stato, nato a Stia nel Casentino nel 1698, morto in una sua villa presso Napoli il 29 aprile 1783. Era avvocato e insegnante di giurisprudenza all'università di Pisa, quando due sue memorie d'indole giuridico-politica lo rivelarono a Carlo Borbone, duca di Parma ed erede presuntivo del granducato di Toscana: in una di queste memorie sosteneva l'indipendenza dell'Italia, e particolarmente della Toscana, verso l'impero; in un'altra impugnava il diritto di asilo per conto della stessa Toscana. Poi a Napoli, fu consigliere ascoltatissimo di Carlo Borbone, che s'era impadronito di quel regno durante la guerra di successione polacca; e a Napoli, da consigliere del Collaterale, divenne ministro di Giustizia nel 1752, degli Affari esteri e Casa reale nel 1754. Ma solo nel 1759, quando Carlo Borbone passò a regnare in Spagna, il T. assunse una funzione predominante nel governo napoletano, dapprima come membro del consiglio di reggenza, poi come ministro di Ferdinando IV. Questo ufficio egli tenne finché il regno di Napoli stette sotto la tutela di Carlo III, a cui il T., già suo mentore politico, era sinceramente devoto. La crescente autorità dell'invadente e ambiziosa regina Maria Carolina, pose termine all'influenza spagnola per sostituirvi quella austriaca; e il T. venne congedato nel 1776.
Vissuto nel secolo per eccellenza riformatore ed egli stesso vagheggiante rinnovazioni politico-sociali, il T. non ebbe molta fiducia negli effetti taumaturgici delle riforme, poiché riteneva che i popoli avessero "più bisogno di costumi che di leggi": donde le accuse che gli furono mosse d'inerzia, d'incertezza e di timidezza a contatto dei problemi più vitali d'un paese arretrato e bisognoso d'una profonda azione risanatrice e rinnovatrice. Comunque, con la restaurata indipendenza, un'epoca nuova s'iniziava nella vita di esso; e non poche riforme, volte a rafforzare la monarchia sui vecchi ordini privilegiati, a restaurare l'amministrazione della giustizia, a rimuovere abusi inveterati, furono effettuate fra ostacoli non lievi, che provenivano dal basso come dall'alto, ch'è quanto dire dagli elementi conservatori che stavano al governo. A codesta fase iniziale del movimento riformatore nel Mezzogiorno, il T. legò il suo nome: egli animò le forze progressiste indigene, la cui efficacia si fece particolarmente sentire quand'ebbe lasciato il potere.
In un paese, come quello del Giannone, dove viva era la tradizione anticurialista, il regalismo che ispirò, in politica ecclesiastica, il T., assume un particolare vigore e colore. Lo stesso Carlo di Borbone dovette spesso moderarne i bollori antiromani. Tale atteggiamento non derivava da intima irreligiosità o dal contemporaneo razionalismo, per il quale egli nutriva una qualche diffidenza, sibbene da convinzioni politiche non scevre di dottrinarismo e di pregiudizî talvolta settarî. E ne restarono colpiti non solo il clero, troppo numeroso e troppo privilegiato, del regno, ma anche le relazioni tra Chiesa e Stato: la non lontana abolizione della "chinea", simbolo del vassallaggio del regno verso la Santa Sede, trova i suoi immediati antecedenti nel giurisdizionalismo tanucciano.
Il primato e l'assolutismo pontificio furono il bersaglio precipuo, contro cui si appuntò codesto giurisdizionalismo: nella solidarietà dei varî stati borbonici nella rispettiva politica ecclesiastica il T. vide la chiave del successo dei suoi disegni. Tale solidarietà si dimostrò efficacissima nella lotta sferrata contro i gesuiti, intransigenti assertori dell'ortodossia cattolica e dell'autorità pontificia. Cacciati successivamente dai varî stati borbonici, essi non tardarono a vedere le loro fila disciolte e disperse con la famosa bolla di Clemente XIV nel 1773. Fu il maggiore trionfo del regalismo del sec. XVIII e al T. spetta il merito di essere stato tra i primi e più ardenti artefici di esso.
Bibl.: P. Calà-Ulloa, Di B. T. e dei suoi tempi, Napoli 1875; B. Croce, Sentenze e giudizi di B. T., nel volume Uomini e cose della vecchia Italia, s. II, p. 15 segg., Bari 1927; F. Nicolini, Lettere (di B. T.) a Ferdinando Galiani, voll. 2, ivi 1914; P. Onnis, B. T. nel moto anticurialista del Settecento, in Nuova rivista storica, X (1926); Lo Sordo, T. e la Reggenza, Bari 1912; M. Vinciguerra, La reggenza borbonica durante la minorità di Ferdinando IV, Napoli 1915.