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BERTRANDO del Poggetto

di Carlo Capasso - Enciclopedia Italiana (1930)
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BERTRANDO del Poggetto

Carlo Capasso

Cardinale, nato nel castello del Pouget (comune d'Agnac) verso il 1280 e morto ad Avignone il 3 febbraio 1352. Oscuro signore e prelato negli anni della gioventù, egli dovette la sua fortuna, che divenne a un tratto rapida e brillante, a papa Giovanni XXII, di cui egli era nipote (alcuni insinuano che fosse piuttosto suo figlio). Fu così fatto cardinale il 17 dicembre 1316.

La scelta non muoveva affatto da criterî religiosi, ma piuttosto da ambizioni famigliari, da considerazioni politiche e - la cosa è molto probabile - dal disegno, ormai concepito in quel torno di tempo dal papa, di valersi dell'abilità e dei talenti militari, politici e mondani del giovine signore per il gran piano di sterminio dei signori ghibellini dell'Alta Italia e per la costituzione di un novello stato pontificio.

L'impresa capitale del cardinale Bertrando del Poggetto fu proprio questa guerra che più o meno durò quanto il pontificato di Giovanni XXII (1316-1334) e che veramente mise a repentaglio specialmente i Visconti. Costoro costituivano infatti, per la potenza acquistata a Milano e in Lombardia, il più grave ostacolo al disegno caldeggiato dal papa. Contro i Visconti e i loro aderenti Giovanni XXII aveva incominciato ad usare, a partire dal 1317, le armi spirituali, culminando poi in una serie di famosi processi nel 1322; ma più ancora cercò di valersi degli eserciti che egli pose sotto la direzione di B., creato legato. La lotta contro i Visconti si inseriva a sua volta nel conflitto contro l'imperatore (Lodovico il Bavaro) non riconosciuto da Giovanni XXII.

B. attaccò Matteo Visconti e lo ridusse alle strette; poi, quando Matteo fu morto, attaccò il figlio Galeazzo, e Galeazzo pure dovette allontanarsi da Milano (dove prevalsero per un momento i Guelfi) e difendersi stentatamente. Lasciata ad altro comandante parte delle truppe pontificie, operanti in Lombardia, B., non appena i Visconti gli parvero sufficientemente prostrati, cercò di annientarli con processi condotti con acrimonia dall'inquisitore Aicardo. Ed effettivamente a poco a poco, tra processi contro i Visconti e i loro aderenti e interdetti scagliati contro le città, B. riuscì a creare ai Visconti una situazione difficilissima. Fu una vera crociata fatta di persecuzioni incessanti e opprimenti; ne approfittarono tutti i malcontenti e numerose furono le diserzioni, sì che il dominio visconteo parve precipitare.

Allora B. volse le sue cure all'altra parte del suo programma; e rapidamente, sebbene a varie riprese, impadronitosi delle maggiori città dell'Emilia (Piacenza, Parma, Reggio e Modena), mise il piede nel 1324 a Bologna e vi fermò la sua stanza. Una sua diversione fortunata gli procurò anche temporaneamente l'acquisto di Genova: e così lo stato regionale ecclesiastico vagheggiato da Giovanni XXII, che doveva dargli la signoria in Italia e renderlo formidabile contro l'impero, già si delineava chiaramente. Perché fosse completo occorreva però mettere piede stabilmente anche in Milano: ma gli sforzi di Raimondo da Cardona, che B. aveva incaricato della bisogna, fallirono. Galeazzo Visconti aveva potuto rimettersi in forze, riavere autorità in Milano e soprattutto sconfiggere pienamente il Cardona nella giornata di Vaprio (1324).

B. dovette da allora limitarsi a una stretta difensiva del territorio occupato. E invece si muoveva l'imperatore Lodovico che scendeva in Italia. Il suo intervento nel 1328-30 fu, è vero, tutt'altro che brillante e si risolse, per ciò che riguarda l'impero e le sue relazioni con il papato, in una povera cosa: ma intanto B. non osò attaccarlo, provocando vivo malcontento nei suoi partigiani e dando in tal modo un nuovo grave colpo al prestigio papale. Si mossero invece i varî signori: primi i Visconti. Azzone Visconti era successo a Galeazzo, si era fatto riconoscere signore a Milano nel 1329, a Bergamo e in altre città, e aveva perfino intavolato trattative col papa per avere da lui il vicariato imperiale. Altrove le vecchie famiglie cercarono di rientrare nelle loro città e B. si vedeva a poco a poco ristretto a Bologna. Fu peggio quando, sceso in Italia Giovanni di Boemia, che approfittò di quell'agitato periodo per costituirsi un'effimera sebbene vasta signoria, il legato pontificio non credette di opporglisi; anzi, egli ebbe non nascosti contatti ed accordi col Boemo. Questo fatto finì per comprometterlo del tutto agli occhi dei signori italiani, che nonostante la temporanea fortuna di Giovanni di Boemia, potevano considerarsi i veri arbitri dell'Alta Italia. Quando a Castelbaldo di Padova (6 agosto 1331) i signori, superando il dualismo guelfo-ghibellino, si unirono in una grande lega (la lega guelfo-ghibellina) che si accinse a cacciare d'Italia il Boemo, essa fu implicitamente rivolta anche contro B. Tentò egli di sottrarsi alla stretta, con trattative e lusinghe, ma trovò tutti ostili, e alla fine fu anche battuto dal marchese di Este. E poiché intanto Giovanni di Boemia aveva abbandonato precipitosamente l'Italia e la sua signoria si era frantumata di colpo, i signori riappaiono tutti sulla scena - primi tra essi al solito i Visconti - e rimettono le mani sui loro antichi possessi. Anche a Bologna, dove il legato pontificio si sosteneva da più di dieci anni, poterono rientrare e riaffermarsi i Pepoli: onde B., espulso nel 1334, dovette ritirarsi in Romagna e nelle Marche. Con la perdita di Bologna, che pur faceva parte del vecchio stato ecclesiastico, cadeva il regno di Giovanni XXII. La lotta acerrima, di cui B. era stato l'esponente più attivo, suggellava alla fine il trionfo delle signorie e in special modo dei Visconti.

B. non poté più riaversi: e anzi, morto di lì a poco Giovanni XXII, la sua missione finì del tutto. Dopo di allora non ebbe più alcuna parte notevole, e gli ultimi anni della sua vita trascorsero abbastanza oscuramente.

Bibl.: L. Ciaccio, La spedizione del cardinale B. del P., Bologna 1902; 2ª ed., Bologna 1906; C. Capasso, La signoria viscontea e la lotta politico-religiosa con il papato nella 1ª metà del sec. XVI, in Boll. stor. pav., 1908; G. Biscaro, Le relazioni dei Visconti di Milano con la Chiesa, in Arch. Stor. Lombardo, 1919 e segg.; cfr. C. Cipolla, Storia delle Signorie italiane dal 1313 al 1530, Milano 1881.

Vedi anche
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