MIRAGLIA, Biagio
– Nacque a Strongoli, l’antica Petelia, oggi in provincia di Crotone, il 15 genn. 1823, da Francesco Saverio, studioso di archeologia, e da Anna Loria.
I genitori, di condizione agiata, non erano sposati ma conviventi e dunque, come si apprende dall’atto di nascita (Strongoli, Archivio comunale, Stato civile, 1823, n. 5), il M. nacque come figlio naturale. Solo il 22 apr. 1831 fu legittimato in virtù di un decreto reale di Ferdinando II di Borbone. Era cugino del suo omonimo, figlio di un fratello di suo padre, frenologo, autore di tragedie e saggi e direttore per molti anni del manicomio di Aversa.
Il M., che dimostrò fin da giovanissimo una spiccata attitudine per gli studi letterari e filosofici, frequentò prima il seminario di Cariati e poi il collegio italo-greco di San Demetrio Corone, vero e proprio centro di raccolta di giovani che avrebbero preso parte attiva alle vicende del Risorgimento. Tanto il padre quanto il vescovo di Cariati, monsignor N. Golia, che gli riservò sempre una particolare benevolenza, avrebbero voluto che seguisse la carriera ecclesiastica. Appena diciassettenne, dunque, per perseguire tale intento fu mandato a Napoli a studiare teologia ma, appena giunto nella capitale, preferì coltivare altri interessi e divenne allievo del filosofo P. Galluppi, entrando nei principali circoli culturali partenopei. Prese parte alle polemiche tra classicismo e romanticismo e alle discussioni sul bello e sul sublime, e iniziò anche a scrivere di critica letteraria per giornali come Il Calabrese e Omnibus letterario.
Sfruttando le risorse economiche che gli sarebbero dovute servire per proseguire i suoi studi di teologia, il M. partì per un viaggio in Grecia e al ritorno, dopo una sosta a Napoli, prese a girare la Calabria per esibirsi in componimenti poetici estemporanei principalmente lirici, il cui obiettivo occulto era rafforzare i sentimenti patriottici della popolazione. Riflettendo tale genesi, la sua poesia conservò sempre le caratteristiche del lavoro abbozzato e non sottoposto a un accurato lavoro di revisione.
In quello stesso periodo si affiliò alla Giovine Italia ed entrò nella setta di B. Musolino, che era tra le più indipendenti dal pensiero di G. Mazzini e propugnava un’Italia unita formata da 24 grandi province a ognuna delle quali sarebbe stata garantita un’ampia autonomia sul modello federalista. Prese quindi parte con un ruolo di primo piano ai moti insurrezionali del 15 marzo 1844 che portarono alla fucilazione dei fratelli Attilio ed Emilio Bandiera; fu per questo condannato a 6 anni di reclusione poi amnistiati: lasciò testimonianza della vicenda ne I martiri di Cosenza (Napoli 1848; Aversa 1864; Napoli 1915). Sorvegliato costantemente dalla polizia borbonica, spesso riusciva a far perdere le sue tracce indossando l’abito talare che portava in seminario e aveva prudentemente conservato. Ciò malgrado, il 2 sett. 1847 fu coinvolto nella preparazione dei moti di Reggio Calabria, falliti anche perché non scoppiarono, come invece avrebbero dovuto, analoghe agitazioni in altre parti della Calabria. Il M. fu arrestato e detenuto a Cosenza fino al gennaio del 1848, quando fu liberato per l’amnistia concessa in occasione della promulgazione della Costituzione.
Durante i moti del 1848, dopo aver partecipato agli scontri del 15 maggio, il M. tornò a Cosenza e divenne segretario del locale comitato di salute pubblica, ufficiale di stato maggiore dell’esercito costituto dai ribelli, commissario con pieni poteri, militari e civili, del circondario di Castrovillari e direttore del giornale ufficiale del governo rivoluzionario, L’Italiano delle Calabrie. Dopo la restaurazione borbonica fu condannato a 25 anni di carcere e al pagamento di 726 ducati, ma riuscì a fuggire e a raggiungere Roma, dove assunse la direzione de Il Monitore ufficiale, organo della Repubblica Romana, e si batté con coraggio in difesa della città insieme con molti altri suoi compatrioti. Dopo lo scontro di Palestrina con le truppe borboniche, il 18 maggio 1849 fu al fianco di G. Garibaldi a Velletri.
Caduta la Repubblica, riparò a Genova e qui, nel dicembre del 1849, diede alle stampe la Storia della rivoluzione romana per Biagio Miraglia esule calabrese, che nel 1851 era già giunta alla terza edizione. Sognando di combattere per l’unità d’Italia e per la liberazione di Roma, soffriva, come molti altri, la condizione di esule, anche se nel Regno di Sardegna poteva dopo lunghi anni vivere tranquillamente nella famiglia che aveva messo su sposando Anna Merolli, una pittrice romana che gli diede due figlie: Bice, poi nota come autrice di novelle, e Adele. Tuttavia le sue condizioni economiche erano piuttosto precarie, tanto che gli fu concesso dal Comitato di emigrazione un sussidio di 30 lire come soccorso straordinario.
Nel settembre del 1853 chiese e ottenne di trasferirsi a Torino, dove nel 1857 pubblicò un lavoro su Il Piemonte e la rivoluzione italiana, in cui espresse più compiutamente il suo avvicinamento alla monarchia sabauda, anticipato nella Storia della rivoluzione romana e confermato all’arrivo a Torino con la pubblicazione di Un fiore di poesia su la tomba di Carlo Alberto (Torino 1853). Sempre a Torino fu un assiduo frequentatore della casa del calabrese A. Plutino, vero e proprio ritrovo di liberali. Fece ritorno a Napoli solo nel luglio del 1860, inviatovi da C. Benso conte di Cavour per sorvegliare la situazione partenopea dopo la concessione della costituzione da parte di Francesco II di Borbone.
L’11 sett. 1860 il M. fu nominato direttore del giornale ufficiale e poi capo dipartimento del ministero degli Interni. Successivamente Vittorio Emanuele II gli conferì il titolo di cavaliere dell’Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro; nel 1862 il M. entrò a far parte della Commissione per il miglioramento del teatro nazionale. Quindi, dal 1871 al 1877, fu il primo direttore dell’Archivio di Stato di Roma e sovrintendente degli Archivi romani.
Ormai inserito a pieno nella realtà della nuova capitale, nel 1875 pubblicò un Calendario di Roma in cui, oltre a diverse informazioni pratiche contenute nelle molte appendici, riassunse la cronaca degli avvenimenti cittadini dal 20 sett. 1870 al 31 dic. 1873, giorno in cui Vittorio Emanuele II ricevette al Quirinale le delegazioni straniere. Gli incarichi ricoperti e le varie relazioni politiche e culturali allacciate nel corso della vita gli avevano consentito di essere in corrispondenza con molti protagonisti della vita dell’Italia del tempo, tra cui Cavour, Q. Sella, T. Mamiani, L.C. Farini, G. Nicotera, S. Spaventa, L. Miceli.
Il M. chiuse la sua carriera di funzionario degli Interni come titolare, dal 23 giugno 1877 al 7 ag. 1881, della prefettura di Pisa e, dal 7 ag. 1881 al 25 nov. 1883, di quella di Bari: collocato a disposizione alla fine del 1883, nel 1884 fu messo a riposo.
Il M. morì a Firenze il 10 apr. 1885, lasciando appena abbozzati i primi capitoli delle sue memorie e una raccolta di versi edita postuma (Dalla montagna: sonetti e canti, Roma 1886). I suoi resti sono conservati in un’urna d’oro nel cimitero fiorentino di Monte alle Croci.
Altri scritti del M.: Marzio Coriolano: tragedia, Napoli 1834; Messalina: tragedia, Aversa 1844; Il brigante, novella calabrese, Napoli 1844 (poi Lungro 1996); Napoleone ed i Napoleonidi, ossia L’Impero, Genova 1853; Cinque novelle calabresi, precedute da un discorso intorno alle condizioni attuali della letteratura italiana, Firenze 1856 (edito anche in traduzione francese, Bruxelles 1860); Canti dell’esilio e scene intime, con un saggio di poesie filosofiche e altre rime, Torino 1860; De’ Tirreni Pelasgi e di un imperio italiano antichissimo, Napoli 1862; Studio su l’indole della rivoluzione italiana, Torino 1863; Introduzione alla scienza della storia con altri scritti editi e inediti, ibid. 1866; Canti romani, Bologna 1879; Versi editi e inediti, ibid. 1879.
Fonti e Bibl.: L’attività del M. come direttore dell’Archivio di Stato di Roma è documentata dal fondo Atti della Direzione, conservato nello stesso Istituto, per gli anni 1871-77; Due Sicilie. Gran corte criminale e speciale di Calabria Citeriore, Atto di accusa e decisione per gli avvenimenti politici della Calabria Citeriore, Napoli 1852, p. 75; G. Ricciardi, Storia dei fratelli Bandiera e consorti, Firenze 1863, p. 120; N. Bianchi, Il conte Camillo di Cavour: documenti editi e inediti, Torino 1863, p. 104; G. Spada, Storia della rivoluzione di Roma e della restaurazione del governo pontificio dal 1° giugno 1846 al 15 luglio 1849, I, Firenze 1868, p. 326; B. Musolino, La rivoluzione del 1848 nelle Calabrie, Napoli 1903, p. 24; Storia d’Italia. Le regioni dall’Unità a oggi. La Calabria, a cura di P. Bevilacqua - A. Placanica, Torino 1985, p. 606; I. Crupi, Il brigantaggio in letteratura: Domenico Mauro, B. M., Vincenzo Padula, Nicola Misasi, Cosenza 1993, ad nomen; P. Crupi, La letteratura calabrese, III, Cosenza 1995, pp. 11, 47, 59-65, 71, 87, 121, 124, 149, 235, 241 s.; A. Piromalli, Storia della letteratura calabrese, I, Cosenza 1996, pp. 230, 285 s., 298 s., 325, 339, 357, 390, 428; Dizionario del Risorgimento nazionale, III, s.v. (G.M. De Stefano); L. Aliquò Lenzi - F. Aliquò Taverriti, Gli scrittori calabresi. Dizionario bio-bibliografico, II, Reggio Calabria 1955, pp. 223-225.
P. Posteraro