Bielorussia
(v. russia bianca, XXX, p. 336; App. II, ii, p. 768; III, ii, p. 642; V, iv, p. 595; v. urss, XXXIV, p. 816; App. I, p. 1098; II, ii, p. 1065; III, ii, p. 1043; IV, iii, p. 754)
Geografia umana ed economica
Popolazione
Paese interno, circondato da vari altri Stati ex sovietici (Federazione Russa, Ucraina, Lituania e Lettonia), oltre che dalla Polonia, la B. si estende su 207.600 km² e nel 1998, secondo una stima delle Nazioni Unite, contava poco più di 10 milioni di abitanti. La popolazione è composta per quasi quattro quinti da Russi Bianchi (il nome, Belarus', significa appunto Russia Bianca), che parlano una lingua appartenente al ceppo slavo orientale e molto vicina al russo, e per il resto da minoranza di Russi (13% circa), Polacchi, Ucraini ed Ebrei. Sono lingue ufficiali sia il bielorusso sia il russo (reintrodotto a seguito di un referendum tenutosi nel 1995); la religione più largamente diffusa è la cristiana ortodossa, seguita a distanza da quella cattolica e da quella ebraica.
Sia per le vicende del passato (le numerosissime vittime durante la Seconda guerra mondiale, l'espulsione di molti Polacchi dopo tale guerra e l'ampliamento del paese a scapito della Polonia), sia per il comportamento demografico attuale (natalità inferiore all'11‰ e mortalità superiore al 12), la popolazione bielorussa è numericamente stazionaria o in lieve calo, nonché strutturalmente 'invecchiata'.
La capitale, Minsk (Mensk in bielorusso; 1,7 milioni di ab. nel 1997), distrutta dalla guerra e ricostruita nel tipico stile 'socialista', circondata da orti suburbani, domina la rete urbana; sui 350.000÷500.000 ab. ciascuna sono le città di Vitebsk (Vicebsk), Mogilëv (Magilëŭ), Gomel´, allineate da N a S non lontano dal confine russo.
Condizioni economiche
L'economia bielorussa, in passato fra le più avanzate dell'URSS, si evolve molto lentamente. L'interruzione dei rapporti privilegiati con le altre repubbliche sovietiche l'ha fortemente danneggiata: la crisi della transizione, con tutte le sue manifestazioni economiche collaterali, non è ancora risolta, le privatizzazioni sono piuttosto limitate (un prudente programma in questo senso è stato avviato solo nel 1994); la ripresa di un'integrazione con la Russia (fornitrice di energia a buon mercato e tradizionale sbocco delle esportazioni bielorusse) è vista come una soluzione, ma pone un freno a eventuali investimenti occidentali (fortemente auspicati, almeno in un primo tempo) nel settore industriale, discretamente diversificato e relativamente moderno, almeno in confronto con la gran parte delle industrie dei paesi ex sovietici (le principali produzioni sono nei comparti metallurgico e meccanico, alimentare, chimico).
L'agricoltura, a lungo ostacolata dalle paludi, è oggi abbastanza fiorente e dà lavoro a poco più di un quinto della popolazione attiva. La gestione privata è ancora minoritaria e sottoposta a vincoli. Sui terreni migliori si coltivano barbabietole da zucchero, altrove la segale, il grano, la patata, il lino e la canapa. Anche i foraggi occupano notevoli estensioni di terreno, alimentando un ricco allevamento di bovini. Le foreste coprono un terzo del territorio e rappresentano un'importante risorsa economica.
Come risorse minerarie, a parte modeste sacche petrolifere e limitati giacimenti di sali potassici, le une e gli altri nel Sud del paese, la B. può contare sulla diffusione della torba, tipica delle aree che erano o rimangono paludose; a questo combustibile si guarda con attenzione, nella speranza che possa un giorno condurre all'autosufficienza energetica. In B. non sono state costruite centrali nucleari, neppure all'epoca della loro diffusione generalizzata in Europa: il che non ha impedito alle regioni meridionali del paese di risentire pesantemente, dal 1986 (in termini di salute oltre che di produzione agricola), del disastro della centrale di C̆ernobyl´ (C̆ornobyl´), in Ucraina ma molto prossima al confine bielorusso. Per il momento, petrolio e gas vengono importati dalla Russia mediante l'oleodotto 'dell'amicizia' e altre condutture che attraversano il paese da E a O, lungo le quali sono localizzate in misura notevole industrie chimiche (concimi, fibre sintetiche) e meccaniche (macchine agricole, mezzi di trasporto, macchine utensili); altre condutture, in particolare un moderno gasdotto, sono in progetto. Anche l'asse ferroviario Mosca-Varsavia-Berlino attraversa il paese da E a O, rafforzandone la funzione di area di transito fra la Russia e l'Europa centrale. *
bibliografia
B. Drweski, La Biélorussie, Paris 1993; V. Richard, Géographie et géopolitique en Biélorussie du XVIe siècle à nos jours, in Annales de géographie, 1996, 558; World Bank, Belorus: prices, markets and enterprise reform, Washington (D.C.) 1997.
Storia
di Luisa Azzolini
Le questioni politiche di maggior rilievo in B., indipendente dal 1991 con il nome di Respublika Belarus´, continuarono a essere l'assetto istituzionale e i rapporti con la Russia e con la Comunità degli Stati indipendenti (CSI, v. in questa Appendice) di cui la B. faceva parte dal dicembre 1991.
Analogamente a molti Stati emersi dalla disgregazione dell'URSS, la B. aveva adottato, nonostante l'opposizione del nazionalista Fronte popolare bielorusso e del capo dello Stato S. S̆uškevič, un regime presidenziale, considerato da ampi settori della società come garante della stabilità interna in una fase di transizione politica ed economica. La nuova Costituzione, entrata in vigore nel marzo 1994 in sostituzione di quella sovietica del 1978, riduceva il numero dei deputati da 485 a 260 e limitava le prerogative del Parlamento concedendo ampio potere di veto all'esecutivo. Nel giugno-luglio dello stesso anno si tennero le elezioni presidenziali a suffragio diretto, vinte dall'indipendente A. Lukašenko che nominò alla guida del governo M. Chigir, un economista di orientamento liberista.
La tendenza a rafforzare ulteriormente il potere presidenziale e a estendere il controllo centrale sulle amministrazioni locali provocò un contrasto fra Lukašenko e il Parlamento che si inasprì nei mesi successivi, quando il presidente annunciò che in maggio avrebbero avuto luogo quattro referendum contemporaneamente alle elezioni legislative. Dei referendum, ampiamente pubblicizzati dai mezzi di comunicazione a discapito delle elezioni, tre avevano l'obiettivo di rinsaldare i legami con la Russia promuovendo una maggiore integrazione economica e di richiamare, in funzione antinazionalista, un'identità bielorussa strettamente legata alla storia sovietica. Il quarto, invece, attribuiva al presidente della Repubblica il potere di sciogliere il Parlamento. L'esito referendario si tradusse in un'adesione plebiscitaria alla politica di Lukašenko, che tendeva ad accreditare la presidenza come unica solida istituzione nel paese; di contro le concomitanti elezioni legislative presentarono un quadro politico assai frammentato. In virtù della legge elettorale ci vollero tre turni per riuscire ad attribuire il numero di seggi sufficiente in base al quorum richiesto (due terzi); nel frattempo Lukašenko governò tramite decreti, avendo dichiarato decaduto dalle sue funzioni il Parlamento eletto nel 1990 (ex Soviet supremo). I risultati finali portarono all'attribuzione di 95 seggi a candidati indipendenti, 42 al Partito comunista, 33 al Partito agrario (vicino al Partito comunista) e 28 a formazioni minori, mentre 62 seggi rimasero vacanti.
Assunto il controllo pressoché totale dei media e facendo ampio uso delle forze di polizia per reprimere ogni manifestazione di dissenso, Lukašenko si avviò a varare nuovi referendum, che ebbero effettivamente luogo nel novembre 1996, nonostante l'opposizione del Parlamento guidato da S. Saretski del Partito agrario. La campagna referendaria si svolse in un clima di intimidazione e violenza, i giornali d'opposizione furono sequestrati, mentre le stazioni radio non governative furono chiuse. I risultati, secondo le fonti ufficiali, consentirono a Lukašenko di progredire nella costruzione di un regime fortemente accentrato e autoritario, attribuendogli facoltà di legiferare tramite decreti e di controllare il potere giudiziario attraverso la nomina dei presidenti e dei giudici della Corte suprema e costituzionale. Inoltre, il Parlamento diveniva bicamerale, con un'Assemblea nazionale di 110 deputati eletti a suffragio universale diretto per quattro anni e un Consiglio della Repubblica di 60 membri, di cui 52 eletti a suffragio indiretto e 8 di nomina presidenziale. Nel dicembre 1996 si tennero nuove elezioni per la Camera alta, mentre della Camera bassa furono confermati solamente quei deputati i quali avevano accettato gli emendamenti costituzionali, che erano stati giudicati non validi da diversi deputati riuniti in un Comitato per la protezione della democrazia allo scopo di tornare alla carta del 1994.
Lukašenko si schierò inizialmente a favore del rapido smantellamento dell'economia statalista di impronta sovietica e dell'introduzione di un'economia di mercato (sotto gli auspici del Fondo monetario internazionale). Dalla metà degli anni Novanta rallentò però le privatizzazioni a causa della recessione economica in atto già dal 1993 in seguito all'aumento dell'inflazione, alla diminuzione dei salari e soprattutto alla contrazione degli scambi commerciali con la Russia, principale mercato d'esportazione per la Bielorussia.
La Russia restò l'interlocutore più importante per la B., in ambito sia economico che politico, nonostante l'opposizione di parte dell'opinione pubblica e dei nazionalisti in particolare. Di fatto, a prescindere dalle relazioni istituite con l'Unione Europea, la scarsità di risorse energetiche, la dipendenza dell'industria bielorussa da quella militare sovietica e i danni subiti dall'agricoltura in seguito all'incidente nucleare di C̆ernobyl´ incoraggiavano il mantenimento di saldi legami con Mosca e, nell'aprile 1996, Lukašenko ed El´cin firmarono un trattato di unione di cui facevano parte numerosi accordi di cooperazione politica, economica e militare. Il trattato prevedeva anche l'istituzione di organismi legislativi ed esecutivi che rafforzassero tale unione, pur senza pregiudicare la sovranità degli Stati membri. Nel corso del mese precedente, inoltre, la B. aveva siglato con Russia, Kazakistan e Kirghizistan un trattato quadripartito sulla creazione di un mercato comune e di un'unione doganale che, indubbiamente, segnava un passo avanti in direzione dell'integrazione bielorussa in uno spazio regionale comprendente parte dell'ex URSS.
Mentre il processo di integrazione con la Russia veniva ulteriormente rafforzato dalla firma (aprile 1997) di un nuovo trattato di unione, i rapporti con gli altri paesi europei registrarono un significativo peggioramento, in seguito alla condanna da parte di organismi internazionali, come il Consiglio d'Europa e l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE), delle misure autoritarie adottate dal presidente Lukašenko. Nel corso del 1997 il clima politico nel paese registrò un ulteriore deterioramento e si susseguirono gli arresti di giornalisti indipendenti e di corrispondenti esteri, oltre che di oppositori politici. La crisi nei rapporti fra la B. e i paesi europei sfociò nell'abbandono, dal giugno 1998 al gennaio 1999, del paese da parte di diverse rappresentanze diplomatiche (fra cui quelle britannica, francese, italiana, tedesca) nel giugno 1998.
bibliografia
B. Drweski, La Biélorussie, Paris 1993.
J. Zaprudnik, Belarus. At a crossroads in history, Boulder (Colo.) 1993.
E. Schneider, Russland auf Demokratiekurs? Neue Parteien, Bewegungen und Gewerkschaften in Russland, Ukraine und Weissrussland, Köln 1994.
Belarus and Moldova. Country studies, ed. H. Fedor, Washington 1995.
Democratic changes and authoritarian reaction in Russia, Ukraine, Belarus and Moldova, ed. K. Dawisha, B. Parrot, Cambridge (Mass.)-New York 1997.