Biliardo
Il biliardo, gioco ricco di fascino e sicuramente antico, ha origini incerte e gli storiografi che si sono cimentati nel rintracciarle non sono giunti a conclusioni univoche. In Italia, in un quadro editoriale piuttosto povero legato soprattutto ai giochi nazionali, si segnala l'opera di Vincenzo Testa, che fra il 1975 e il 1983 pubblicò due volumi intitolati Il biliardo e nel 1990 un terzo saggio, Il biliardo, sport e spettacolo, il più completo lavoro in materia, trattando la storia, gli strumenti del gioco, la tecnica delle varie specialità a livello internazionale. In particolare vengono illustrate la modernizzazione dell'antica goriziana, gioco italiano per eccellenza, con l'avvento delle '5 quilles' (specialità denominata sul territorio nazionale '5 birilli') negli anni Sessanta del 20° secolo, e la successiva unificazione degli strumenti di gioco fino all'adozione del biliardo senza buche: modifiche sostanziali codificate nel novembre 1983 in Argentina, presenti tutti i maggiori dirigenti del biliardo internazionale. Nel 1990, Testa curò la traduzione de Le billard et l'histoire di George Troffaes, presidente negli anni Settanta dell'Unione mondiale biliardo (UMB): il libro, arricchito da foto dei biliardi d'epoca, è di fondamentale importanza perché apre di fatto la conoscenza del gioco in tutte le sue espressioni, attraverso un excursus storico che giunge fino alla situazione attuale.
Una prima ipotesi lega l'origine del biliardo ai cavalieri templari (1128-1308), che al ritorno dalle Crociate avrebbero proposto un gioco di palla e mazza, visto praticare in Arabia, dove sarebbe stato introdotto da viaggiatori provenienti dalla Cina. Altre congetture riportano ad altri antichi giochi come la gugola in Italia, la pallacorda in Inghilterra, la pallamaglio in Francia e il volano in Spagna. Si può verosimilmente supporre che il biliardo sia la trasformazione di un passatempo all'aperto (pallamaglio) praticato su un campo erboso. Alcuni ponticelli delimitavano il percorso che seguiva la bilia colpita con un bastone. Trasferito nel periodo invernale in luoghi chiusi, venne delimitato da assi in legno ricoperto dal panno verde, per richiamare l'idea dell'erba, e si perfezionò via via fino ad arrivare al supporto del tavolo e alla trasformazione del bastone, non più ricurvo ma diritto, per colpire le bilie con la punta.
Sul piano storico esistono documenti in Francia (Tomo 2° delle Ordinanze del Louvre) nei quali Carlo V detto il Saggio ordina ‒ in data 24 maggio 1369 ‒ di sostituire i giochi praticati in locali pubblici, tra cui il biliardo a terra e i dadi, con gare di tiro con l'arco o la balestra. Sembra infatti che i suoi sudditi fossero così fortemente distratti dal quel gioco da dimenticare spesso il dovere di essere prima di tutto uomini d'armi. Il monarca stesso, del resto, non era l'esempio migliore, visto che nell'area giostre del Palazzo di Saint-Pol aveva fatto installare un gioco di pallacorda e un biliardo a terra. Non deve quindi sorprendere se l'ordinanza fu ignorata a tutti i livelli. Il successore Carlo VI, nel corso della festa data in occasione del matrimonio di una dama della regina Isabella, il 28 gennaio 1393, sancì ufficialmente l'ingresso del biliardo a corte. Tra un'esibizione musicale e l'altra, venne presentata la 'quadriglia dei giochi' con danzatori che mimavano i gesti di ciascuna disciplina. Oltre che di scacchi, dadi e pallacorda, il giovane ballerino Abel Luis de Mareuil si presentò ornato di una stola in seta verde sulla spalla, ricamata con gli strumenti necessari (palle, archetti e mazze ricurve) e completata dalla scritta "Io sono il biliardo". Da quel momento il biliardo si diffuse in tutta Europa, trovando spazio sia nei grandi saloni della nobiltà sia nelle locande e ovunque vi fosse l'opportunità di creare luoghi di ritrovo. Il gioco divenne così popolare da essere oggetto di sfide memorabili che coinvolgevano tutti, dagli imperatori ai malavitosi.
Sempre in Francia, nel 1469 il re Luigi XI commissionò per il figlio un tavolo da biliardo da collocare nel salone dei divertimenti. A lavoro ultimato Henry de Vigne, falegname di corte, presentò il conto: 317 lire parigine, 7 soldi e 6 denari, cifra che fece indignare il sovrano, molto parco nelle spese voluttuarie. Lo stesso sovrano nel 1475 concesse ad alcune sale, dove si praticava la pallacorda, la licenza per gestire il gioco del biliardo. Il primo a beneficiarne, come riportano i documenti dell'epoca, fu Jacques Tournebride, originario della Normandia, che aveva tra i più assidui frequentatori studenti e chierici.
L'adozione del biliardo sul tavolo rialzato non fu immediata. La Francia iniziò nel 1492, l'Italia con Mantova, Firenze e Napoli lo conobbe nei primi anni del Cinquecento, come riporta Jacopo Gelli nel Manuale del biliardo (1906), mentre in Spagna giunse a distanza di un decennio. In Austria e nei Paesi Bassi era conosciuto fin dal 1470, nello stesso periodo in cui arrivò in Grecia, nell'Impero Ottomano e nel vasto territorio russo. Nel 17° secolo è attestato in Germania; in Inghilterra, dopo una fase iniziale abbastanza difficile, a partire dal Seicento ebbe una vera e propria esplosione, coinvolgendo tutto il territorio britannico. Solo nella seconda metà del Settecento si diffuse nei paesi del Nord Europa (Danimarca, Svezia, Norvegia e Finlandia).
Quanto fosse inserito il gioco nell'alta società lo documentano episodi storicamente provati che coinvolgono re e regine, dignitari di corte e addirittura pontefici. La dinastia dei Valois, che regnò in Francia nel Cinquecento, ebbe in Francesco I un appassionato del biliardo. Non meno abile giocatore si dimostrò il figlio Enrico che a 14 anni insegnava al poeta Clemente Marot i segreti di un gioco che sembrava 'cucito addosso' alla nobiltà europea. Secondo i cronisti fu appunto Marot, costretto all'esilio nel 1540, a far conoscere il biliardo nel Granducato di Ferrara. Egualmente appassionato del gioco si rivelò Carlo IX di Francia, che trascorse la notte di S. Bartolomeo, quella che precedette la strage degli Ugonotti avvenuta all'alba del 24 agosto 1572, giocando a biliardo con il duca d'Angiò e i conti di Birague, Tavennes e Retz. Ancora in Francia, Enrico IV, prima di concludere il regno sotto il pugnale di François Ravaillac, non ebbe mai dubbi sulla scelta di vita: belle dame e gioco, in particolare il biliardo e non solo a corte. Sovente lasciava i saloni del Louvre, in quell'epoca munitissima fortezza, per recarsi nel vetusto locale 'La Sfera', che aveva accolto in passato altri re e cortigiani, ed esibirsi davanti a un pubblico eterogeneo e curioso. La posta in palio era di 200 scudi, ricevuti con discrezione dal paggio del giocatore vincente. Celebre fu l'intermezzo che il re preparò agli ambasciatori spagnoli giunti a Parigi il 18 giugno 1598 per la firma della pace, dopo una guerra connessa alla sua successione vista con ostilità dalla lega cattolica. Dopo il ricevimento nel castello di Vervins della 'bella e chiacchierata' Gabriella d'Estrées, invece di concludere le pratiche ufficiali, Enrico IV invitò gli ospiti ad assistere a una sfida di biliardo tra il principe di Joinville e il maresciallo de Biron.
Agli inizi del Seicento nella capitale francese venne istituita l'Accademia del biliardo. Successivamente il cardinale de Richelieu, fondatore dell'Accademia reale, ai futuri moschettieri del re impose per l'ammissione anche la buona conoscenza del biliardo. Il 3 febbraio 1642 divenne operativa l'importante innovazione che permetteva la vendita di "lampade a forma di candela capaci di illuminare il biliardo", alimentate a olio in modica quantità. I beneficiari risultarono Louis Cellier e Louis Deschamps che ottennero la licenza per fabbricare i nuovi prodotti e commercializzare l'idea.
Anche negli austeri e sontuosamente arredati palazzi del clero francese si parlava di biliardo, come riferiscono molti documenti. La Principessa Palatina trattò l'argomento con garbo e discrezione; Mathieu de Morgues, abate di San Germano, nel 1637 mandò in stampa un libro le cui palesi intenzioni erano quelle di difendere Luigi XIII e la Regina Madre in aperto conflitto con il cardinale de Richelieu, il quale, da grande signore dell'epoca, aveva il palazzo affollato, oltre che di un esercito di domestici, di visitatori di ogni sorta, in particolare medici e chirurghi, farmacisti e postulanti. A giudizio dell'abate scrittore, tutto questo passava in second'ordine alla vista di un biliardo, capace di trasformare il primo cardinale di Francia nel clone di un cavallo, con nitriti e salti attorno al tavolo da gioco; soltanto con l'intervento del medico di fiducia François Citoys l'attacco si esauriva.
Citando altri episodi, in un contesto fuori della Francia, la sfortunata Maria Stuarda, che fu rivale al trono di Elisabetta I d'Inghilterra, ottenne di avere con sé il biliardo personale anche nei momenti più drammatici della contesa dinastica. Il biliardo fu l'ultimo compagno e l'ultimo letto della mancata sovrana. In attesa dell'esecuzione, avvenuta il 7 febbraio 1587 al castello di Fotheringay, giocò con le compagne di cella e, successivamente, il suo corpo venne adagiato sul tavolo da gioco prima della sepoltura. Neppure l'altera Elisabetta restò immune dal fascino di questo gioco, che le fu insegnato da uno dei suoi amanti, Robert Dudley conte di Leicester.
Nel 1538, i sudditi spagnoli Hernando de Soto e Ponce de Léon, partendo sulla rotta di Cristoforo Colombo per il Nuovo Mondo, ottennero di imbarcare sulle loro navi alcuni tavoli da biliardo, diventati assai di moda, per giocare durante il viaggio. Uno svago giustificato dalla lunghezza della traversata che toccò le coste della Florida, risalì il corso del fiume Alabama e quello allora meno conosciuto del Mississippi. Fu l'ultimo viaggio per de Soto, che morì in quella spedizione. Qualche mese dopo anche Ponce de Léon sparì nella foresta peruviana, cercando nuove terre da esplorare e razziare. I due navigatori ispani furono i primi a portare in America il biliardo che ebbe una fortissima espansione a partire dal 1623 con la grande emigrazione dai Paesi Bassi dei valloni, in quella città che allora si chiamava Nuovo Belgio, quindi Nuova Amsterdam e poi Nuova Olanda, ovvero l'attuale New York. Il biliardo entrò sia nell'alta società sia nei locali di intrattenimento, tanto da inquadrarsi tra i giochi ufficiali, obbligando gli esercenti a pagare una forte quota per ottenere la licenza. A loro volta inglesi, spagnoli e francesi, tra una guerra e l'altra d'occupazione, contribuirono allo sviluppo e alla diffusione del gioco.
In Asia questo esercizio ludico era approdato fin dal 1498 con Vasco de Gama che, doppiato il Capo di Buona Speranza, raggiunse le Indie, si impadronì di Malacca e arrivò in Giappone, dove venne accolto con amicizia. Altrettanto favorevole risultò da parte dei locali la conoscenza del biliardo, subito praticato. Successivamente un altro portoghese, Fernão Mendes Pinto, si avventurò fino in Cina, dove pur tra mille difficoltà riuscì a far incuriosire al gioco gli alti dignitari della corte, a quel tempo dominata dalla dinastia dei Ming. Più avanti, nella prima metà del Seicento, gli olandesi installarono numerosi biliardi nelle isole di Giava e Sumatra, dove ancora oggi si possono trovare antichi tavoli europei.
Attraverso queste varie vicende il biliardo divenne conosciuto in tutto il mondo, seppure distinto in specialità con caratteristiche tecniche e di gioco assai diverse.
Il primo Campionato italiano 5 birilli si svolse ufficialmente nel 1935 al Kursal S. Lucia di Bari e fu vinto da Urbino. Tuttavia, per trovare tracce di associazione o federazione del biliardo occorre arrivare al 1951. In quell'anno nacque l'Associazione biliardistica a opera del direttore dell'ENAL (Ente nazionale assistenza lavoratori) di Vercelli, il signor Pizzi. Sempre in seno all'ENAL, questa volta a Torino nel 1958, venne fondata la FIAB (Federazione italiana amatori biliardo), il cui presidente Filippo Spinosa inaugurò il primo campionato italiano sotto l'egida federale, conquistato da Carlo Montrucchio. Nel 1961 la FIAB spostò la sede da Torino a Roma. La reggenza passò a Gino Dagnino e furono indetti il primo campionato di boccette e la quarta edizione dei 5 birilli. I vincitori per specialità furono Celestino Celestini e Paolo Coppo (classe 1930), che in seguito si rivelò uno dei più forti specialisti, oltre che giocatore di eccezionale longevità essendo presente alle gare fino al 2000. Il movimento biliardistico si ampliò notevolmente e questo successo, invece di rafforzare una base unica, creò aggregazioni diversificate. Nacque così la FIBA alla guida della carambola e delle boccette, riconosciuta dalla CEB (Confederazione europea biliardo). A sua volta la FIAB allargò sempre più l'influenza presso i circoli dopolavoristici, che nel 1964 assommavano a 184 con una forza di oltre 5000 iscritti. Sotto la presidenza di Luigi Angoli, restato in carica fino al 1967 con Giulio Giovannini alla segreteria, venne riconosciuto lo Statuto federale per un democratico sviluppo dell'ente.
Nel 1969, presidente Amedeo Avallone, FIBA e FIAB trovarono un accordo e formarono la FIBS forte ormai di 12.000 tesserati. L'attività federale toccò punte di alta qualità, le varie specialità trovarono spazi per l'allestimento di tornei e l'opportunità di confronti internazionali. Nel Salone delle Feste del Casinò di St. Vincent si organizzò un torneo delle varie specialità (goriziana, boccette e carambola libera) riconosciuto dalla CEB, alla presenza del francese Marcel Bocognano, responsabile europeo. Su proposta del consigliere Vincenzo Testa, nacquero le sezioni di specialità, con posizione autonoma. Il decentramento fece chiarezza nell'attività e qualificò la FIBS che portò il presidente nazionale Avallone nel Consiglio direttivo europeo. L'Italia organizzò nel 1975 la rassegna mondiale 5 quilles. La manifestazione si svolse a Campione d'Italia e per la prima volta salì sul podio più alto un giocatore italiano, Domenico Acanfora.
Se l'attività agonistica era in continuo progresso, la divergenze sulle scelte politiche e organizzative si acuirono al punto di dare adito a una nuova scissione. L'imprenditore milanese Rinaldo Rossetti, che si era dimesso da consigliere nel 1971, guidò una nuova federazione (FISAB) la quale ebbe forte seguito e nel 1975 fece uscire il mensile Biliardo match, che divenne presto la testata storica della specialità.
La divisione si ricompose presso il Circolo cittadino di Jesi il 1° luglio 1979, una data importante. Presidente della FIABS (Federazione italiana amatori biliardo sport) ‒ questa la nuova sigla ‒ fu Rossetti, il quale divenne l'animatore, infaticabile e innovatore, del biliardo moderno adottando la politica del buon senso e dei piccoli passi. Al momento dell'unificazione il biliardo italiano annoverava 1500 società e 30.000 giocatori tesserati. Per festeggiare l'evento la FIABS ottenne l'organizzazione della 5a edizione del Campionato del Mondo 5 quilles a Pesaro e ancora una volta vinse il titolo iridato un italiano, il milanese Attilio Sessa, che si impose sull'argentino Néstor Gómez, giovane di talento vincitore delle due edizioni successive a Necochea (Argentina) nel 1980 e a Loano (Italia) nel 1982. Giocatore fisso della nazionale, Sessa fu anche curatore di Biliardo match.
Negli anni Ottanta il biliardo italiano toccò il massimo della popolarità, la schiera dei campioni si allargò e nomi nuovi si affacciarono alla grande ribalta. La scuola argentina e quella italiana si confrontarono sempre più spesso, assicurando un gioco spettacolare di notevole contenuto tecnico. Gli altissimi indici di gradimento televisivi furono il riscontro ideale a conferma di quest'ascesa. Non solo, il crescente successo portò al riconoscimento da parte del CONI della FIABS che entrò come associata sotto la responsabilità dell'UBI (Unione bocciofila italiana), aprendo anche la prospettiva dell'ammissione ai Giochi Olimpici.
Successivamente una serie di spiacevoli vicende, non sempre di matrice sportiva, annullò sia questa speranza sia la grande crescita. Uscito di scena Rossetti dopo 23 anni decisivi per la storia del biliardo italiano moderno, nel novembre 1994 la presidenza passò a Massimino Del Prete. Nel 1988 lo sostituì Giuseppe Alveti con una conduzione travagliata fin dall'inizio. Una forte opposizione rese tutto difficile, il biliardo italiano si sfaldò fino ad arrivare nel 2001 al commissariamento, che non ha placato le polemiche, ma semmai le ha acuite. E il costo traumatico delle situazioni conflittuali è aumentato. Il CONI ha revocato il riconoscimento al biliardo della posizione di disciplina associata. La crisi federale, sfociata in divisioni e vuoti di potere, ha cancellato in tal modo il precedente lavoro di avvicinamento al riconoscimento olimpico. Pur annoverando milioni di praticanti e un'attività ormai notevole su tutto il territorio nazionale, il biliardo è escluso dal mondo sportivo ufficiale. Nel 2002 è stato eletto presidente della FIBiS (Federazione italiana biliardo sportivo) Emanuele Principi. Anche se non tutto è stato chiarito e le stesse elezioni lasciano qualche ombra da parte dei non allineati, il biliardo sembra essere in 'pausa di riflessione' e in fiduciosa attesa di una prossima riammissione. Come primo segno positivo, nel 2003 è stata allestita in Italia la 18a edizione dei Campionati mondiali 5 quilles a Legnano (Milano) non già in una struttura sportiva, ma negli studi di una emittente televisiva, Antenna 3, che ha trasmesso l'evento in diretta sul territorio nazionale. Nell'occasione si è imposto Crocifisso Maggio, giocatore brindisino già detentore del titolo europeo, che ha letteralmente azzerato la concorrenza, vincendo tutte le partite senza perdere un solo set e battendo campioni come Gustavo Torregiani, Davide Martinelli e Gustavo Zito, che era titolare uscente. Un trionfo tutto italiano, con Gerardo Mascolo argento, Francesco Auletta e Riccardo Masini bronzo.
Le principali specialità del biliardo sono lo snooker, gioco che ha surclassato il precedente biliardo inglese, il pool, la carambola e le 5 quilles, tutte basate sul supporto della stecca. Da queste discipline sono derivate molte varietà di gioco a carattere nazionale, regionale e provinciale. Le boccette rappresentano invece la specialità dove le bilie vengono lanciate con la mano.
È in gran voga nel Regno Unito, in Canada, Stati Uniti, Sudafrica, Australia, Nuova Zelanda e India, dove è nato nel 1875 per opera di ufficiali inglesi di stanza a Jubbalpore, costretti nella stagione delle piogge a giocare infinite partite a biliardo inglese (gioco di serie sull'alternanza delle carambole e delle buche). Decisero così di inventare un nuovo gioco che chiamarono 'black-pool', poi ridefinito 'snooker', che era il soprannome dato in senso dispregiativo ai cadetti della Wollwich Military Academy. Di tutte le specialità del biliardo è quella che ha saputo adeguarsi ai cambiamenti dei gusti del pubblico e oggi gode di eccezionale popolarità anche in Europa, in particolare nel Regno Unito.
Molto difficili furono gli anni Cinquanta, quando il cinema e l'avvento dell'automobile offrirono l'opportunità di altre forme di divertimento e il biliardo passò da spettacolo a gioco per soli appassionati. I grandi campioni abituati a esibirsi nei teatri metropolitani esauriti, improvvisamente persero gli spettatori attratti da altre forme di svago. Si aprì così un lungo periodo grigio, che durò quasi vent'anni. Si deve all'intuizione di Philiph Lewis, che lavorava come produttore per l'ente radiofonico e televisivo inglese BBC, il primo segno di riscossa. Era il momento del passaggio televisivo dal bianco e nero al colore. E lo snooker, gioco con bilie coloratissime, pareva prestarsi bene alle nuove esigenze. In un angusto studio di Birmingham, Lewis realizzò otto programmi con altrettante sfide dei migliori giocatori britannici. Nasceva nell'occasione il 'pot black' equivalente a 'imbuca la bilia nera' che divenne famosissimo negli anni successivi. Inizialmente non ebbe il successo previsto, tanto che per riempire la sala si dovette ricorrere al personale di servizio. Ma la tenacia di Lewis e successivamente di Reg Perrin, che proseguì la produzione, videro premiata la fiducia. Da anni qualsiasi torneo di snooker registrato negli studi della BBC ha il problema di scegliere i nomi di migliaia di potenziali spettatori in lista d'attesa. Nel 1977 sempre la BBC, che ha l'esclusiva di questo gioco come evento televisivo, decise di riprendere in diretta i maggiori tornei inglesi e in particolare i Campionati del Mondo riservati ai professionisti. Fin dagli anni Ottanta gli appuntamenti di vertice assicurano un gradimento pari a quello di cui godono calcio, tennis, ippica e golf, gli sport più popolari inglesi.
Nel 1989 la BBC trasmise quasi 90 ore del Mondiale, distribuite in 15 giorni, superando il tetto dei 100 milioni di spettatori. Il vincitore, il ventitreenne Steve Davis, ricevette come premio un assegno da 20.000 sterline, l'equivalente di oltre 30.000 euro attuali. Ai Mondiali del 2003, il gallese Mark Williams, che si è aggiudicato il titolo, ha avuto in sterline il controvalore di 600.000 euro, da aggiungere a introiti nell'arco dell'anno tre volte superiori, tra sponsor e premi, al riconoscimento iridato. Storicamente il primo Campionato Mondiale dilettanti venne disputato nel 1912, mentre quello professionistico fu inaugurato nel 1927 e conquistato dall'inglese Joe Davis, considerato il più grande giocatore di tutti i tempi della specialità. Negli ultimi anni si sono succeduti vari nomi, dall'irlandese Ken Docherty allo scozzese John Higgings, dagli inglesi Stephen Hendry, Ronnie O'Sullivan e Peter Ebdon fino al gallese Mark Williams, a conferma sia del grande equilibrio di vertice sia della concorrenza spietata, giustificata dai ricchi premi in palio. Oltre al Campionato del Mondo, vengono giocati altri tornei riservati ai Master e altri itineranti, tutti lautamente remunerati da aziende che investono nello snooker, sicure di ottimi ritorni.
In Italia la specialità non ha un grande seguito, anche se il mondo dei giovani sta interessandosi sempre più a questo gioco. In particolare alcune sale hanno adottato tavoli più piccoli con regole molto semplici che facilitano i primi contatti. Contribuisce inoltre alla diffusione l'opportunità di seguire grazie alla televisione via satellite gli eventi che si svolgono in Europa, in Inghilterra soprattutto, ma anche negli Stati Uniti e in Oriente.
Regolamento e modalità di gioco. - Il tavolo da biliardo ha sei buche. Nelle partite 'Gran match' le misure del tavolo standard da competizione sono di 3,50 x 1,75 m; le dimensioni esterne sono di 3,76 x 2,00 m. Il peso del biliardo è di circa 1700 kg, l'altezza del piano di gioco dal pavimento è compresa tra 85 e 87,5 cm. Il piano del gioco, di cui non è previsto il riscaldamento, è in ardesia, spesso 5 cm e del peso di 1000 kg. Nelle gare normali il tavolo da competizione è di 2,84 x 1,42 m. Oltre alla bianca battente, si impiegano 21 bilie colorate: le 15 rosse, non numerate, vengono poste in un telaio di legno, a forma di piramide o triangolo, chiamato 'pacco' e hanno il valore di 1 punto; la bianca battente non vale punti, la gialla ne vale 2, la verde 3, la marrone 4, la blu 5, la rosa 6 e la nera 7.
Lo snooker è un gioco di serie, e per tale ragione chi è alla battuta resta sul tavolo fino a quando non commette errore. Lo scopo è mettere le bilie in buca seguendo questa successione: prima una rossa, poi una colorata, ripetendo il meccanismo fino all'esaurimento delle 15 rosse (le altre bilie una volta imbucate vengono rimesse al loro posto e possono venire colpite successivamente, sempre stando alla regola), quindi le restanti nel seguente ordine: gialla, verde, marrone, blu, rosa e nera. Il punteggio massimo è di 147 punti. Esiste non solo la tattica d'attacco, ma pure quella di difesa che rende difficile il cammino ai colpitori più forti, anche se lo spettacolo è quello delle bilie che entrano in buca.
Nel Regno Unito prima dello snooker imperava il biliardo inglese. Nato alla fine del Settecento, ha resistito per un secolo e mezzo ponendosi come passatempo molto popolare, anche se decisamente complesso nell'esecuzione contemplando la possibilità di realizzare carambole, buche con la propria bilia e con quella avversaria. Consente quindi un'infinita possibilità di giocate. Solo pochi decenni addietro è uscito il regolamento definitivo e accettato che permette un massimo di 75 carambole, 15 losing hazards (buche con la propria bilia) e 2 winning hazards (buche con la bilia avversaria). Sebbene superato dallo snooker, questo gioco non è certo in via di estinzione, mantenendo una sua fascia di cultori e rinnovando anno dopo anno i suoi campioni nazionali.
Storicamente il primo campione fu Jack Carr che batté il 17 febbraio 1825 un certo 'Cork marker' noto come biscazziere, vincendo 75 ghinee. La supremazia di Carr, che fu grande studioso del gioco, non durò a lungo: già l'anno dopo fu soppiantato da Edwin 'Jonathan' Kentfield, nativo di Brighton, che dominò la scena fino al 1849, quando rifiutò di battersi contro l'astro nascente John Roberts senior, di Manchester. Giocatore abile e guascone, con capelli rossi che spuntavano dal cappello che non toglieva mai, pizzetto e baffi a ornamento del viso, pronto a qualsiasi sfida, Roberts senior accettò confronti con i migliori francesi e americani dando al biliardo inglese una dimensione internazionale.
Per trovare un suo successore bisognò attendere fino al 1870, quando esordì William Cook, un ventunenne detto 'il gentleman del biliardo' che annientò l'ormai stanco e vecchio campione. Una sconfitta cocente, vendicata poi dal figlio John Roberts junior, considerato dagli esperti il più grande campione dell'Ottocento: in effetti superò il padre, aprì nuovi orizzonti al gioco e per trent'anni nessuno riuscì a mettere in discussione la sua supremazia. Chiamato 'mister billiards', inventò il top of the table game, la tecnica che consiste nel portare la bilia bianca avversaria vicino alla mouche (il punto che deve occupare la bilia, segnato da crocetta o cerchietto) della rossa per realizzare sequenze alternate di carambole e buche con la rossa. Abilissimo nei tiri di recupero da posizioni impossibili, suscitava l'entusiasmo degli spettatori che affollavano le sale a ogni sua sfida. Invitato in tutto il mondo, guadagnò cifre favolose che perse con una serie di investimenti spesso cervellotici.
In seguito il gioco subì evoluzioni e si mise in luce Jack Peall, chiamato dagli amici 'potente atomo', capace nel 1885 di portare 634 winning hazards consecutivi di tre punti ciascuno. Roberts junior reagì, ma non riuscì a fermare le manovre dello statunitense Frank Ives detto 'il Napoleone della carambola'. L'americano dimostrò di essere il migliore anche sui tavoli inglesi. Successivamente si impose l'australiano George Gray, specialista dei losing hazards. Quando entrò in vigore il gioco con le nuove regole, il biliardo inglese dovette scrivere una nuova storia, proseguendo tuttavia senza incertezze nel suo cammino.
Regolamento. - Il tavolo da gioco è di 3,60 x 1,80 m con sei buche. Nella parte bassa del biliardo si trova una zona denominata baulk-line sottoposta a restrizioni particolari. Si gioca con tre bilie del diametro di 53 mm, due bianche e una rossa, come la carambola. Il top of the table game è la tecnica ideale del gioco e consiste in sequenze alternate di buche e carambole.
La specialità è stata resa famosa dal film americano The hustler (1961; Lo spaccone) di Robert Rossen, nel quale Paul Newman sfida il grande campione americano Rudolph Wanderone junior, detto 'Minnesota Fats', interpretato da Jackie Gleason; la pellicola riscosse grande successo, rivitalizzando un gioco che negli anni Cinquanta rischiava il collasso. Successivamente ha contribuito alla sua popolarità anche il film The color of the money (1986; Il colore dei soldi) di Martin Scorsese, sempre con Newman. Il pool, in virtù di un percorso lungo quasi due secoli, ha subito nel tempo numerose trasformazioni tecniche, dovute da ultimo alla necessità di adeguarsi a una sempre maggiore visibilità televisiva e facilità di esecuzione.
Nell'Ottocento questo gioco era chiamato '4 ball game', versione più elaborata del '3 ball game' praticato in Inghilterra. Fu il campione francese Claudius Berger, in piena Guerra di secessione (1861-65), a importare negli Stati Uniti la carambola e il massé, che in Europa venivano giocati su tavoli senza buche e più piccoli di quelli inglesi. Sulla scia di questo pioniere, altri titolati giocatori quali Francois Ubassy, chiamato 'il furetto', Pierre Carme, A.P. Rudolphe e Albert Garnier, la maggior parte abili carambolisti (Garnier sarà il primo campione del mondo nel 1873), sbarcarono in America e promossero il gioco. Era certo un gioco coinvolgente ma anche molto elaborato, che necessitava di ritocchi. La trasformazione non fu immediata. Solo attorno al 1870 le regole inglesi vennero soppiantate dal '4 ball game' con l'adozione di tavoli da 10 x 5 piedi, i classici da carambola, privi di buche, contro quelli di 12 x 6, provenienti dalle isole britanniche. Gli americani si appassionarono e investirono molto. La specialità visse un lungo periodo di prosperità, con campionati del mondo e sfide tra i migliori.
A fronte di un interesse crescente, le regole tuttavia restavano molto vaghe. Ne fa fede il primo Campionato del Mondo di rotation disputato a New York nel 1878, cui parteciparono specialisti puri ma anche famosi carambolisti. Proprio uno di questi, il giovane canadese Cyrille Dion si aggiudicò il titolo superando gli specialisti Knight e Gottlieb Wahlstrom, detto 'lo svedese'. Cyrille assieme al fratello Joseph creò la serie americana. Il titolo veniva continuamente messo in palio senza una scadenza fissa, e perciò alcuni campioni durarono solo pochi mesi. La situazione ritrovò stabilità con l'ingresso in scena nel 1882 di Albert Frey che si affermò decisamente con la sua classe superiore: per un quinquennio tutti si arresero ai suoi blocchi micidiali; l'unico che riuscì a contrastarlo fu J.L. Malone. Esordiva intanto, nel 1886, un giovane diplomatico cubano, Alfredo De Oro, giocatore mancino, che avrebbe lasciato la sua firma per venticinque anni, guadagnando la fama di 're del pool'; ma si distinse anche nella specialità della carambola a tre sponde conquistando titoli mondiali: un'accoppiata riuscita solo a due campioni, Thomas Hueston e appunto De Oro.
Nei primi anni del Novecento la specialità subì modifiche fondamentali dovute alla continua ricerca di nuove difficoltà tecniche per incrementare lo spettacolo. Si deve ricordare l'apporto dato da giocatori conosciuti dagli appassionati e che hanno fatto la storia di questa specialità. In particolare Frank Taberski, giocatore molto tecnico, freddo e dalla difesa impenetrabile, abilissimo nei tiri a combinazione multipla. Quindi Ralph Greenleaf, il suo grande rivale. Le loro sfide negli anni Venti fanno parte dei momenti migliori del pool; la diversità nell'approccio al gioco costituiva l'aspetto esaltante di questi confronti: Taberski rappresentava l'ortodossia mentre Greenleaf si affidava all'estro e al suo straordinario talento nel braccio. Nel 1941 entrò in scena il filadelfiano Willie Mosconi, di origine italiana, che per 15 anni dominò il mondo dei professionisti. Dotato di nervi d'acciaio, preciso e freddo anche nei momenti più delicati, oltre a numerosissime vittorie, conquistò record su record. Tra il 1941 e il 1956 risultò il migliore per la media punti e le vittorie consecutive (14). Come altri grandi campioni, dimostrò di poter competere e vincere anche nello snooker. Fece clamore il trionfo riportato sull'inglese Rex Williams, grande specialista, in sei città europee nell'arco di 17 giorni, in una sfida combinata pool-snooker con 15.000 dollari al vincitore: una cifra esorbitante negli anni Quaranta.
Negli anni Cinquanta il successo popolare del pool sembrò drammaticamente tramontare. La recessione fu fortissima, molte sale persero giocatori e furono costrette a chiudere. La salvezza arrivò, come si è detto, grazie al film Lo spaccone con Newman coadiuvato da Mosconi come consulente tecnico, che eseguì i tiri più impegnativi. Il gioco venne rilanciato e pur senza tornare ai fasti del 1920, quando negli Stati Uniti funzionavano 45.000 sale da biliardo, poté contare su oltre 15.000 ritrovi, molti dei quali attrezzati con 50 e più biliardi. Negli ultimi decenni del 20° secolo, il numero delle sale negli Stati Uniti si è ridotto ulteriormente, ma il gioco è diffuso in tutta la Confederazione e si calcola che lo pratichino non meno di 40 milioni di persone.
Il pool ha varcato tutti i continenti creando campioni sia in Oriente sia in Australia. Il giapponese Kazouo Fujima, il filippino José Parica, l'australiano Charlton e numerosi giocatori del Nord Europa si sono esibiti sui biliardi di tutto il mondo, invitati dalla televisioni americane più importanti. Non meno abili si sono dimostrate le donne, la cui capofila, Jean Balukas, dominatrice assoluta negli anni Ottanta, tenne testa a molti giocatori maschi.
Per gli appassionati, le sale considerate veri santuari della specialità sono tre: la Graney di S. Francisco, Le Billard Palace a Parigi e la Thurnston di Londra.
Regolamento, specialità e modalità di gioco. - I tavoli si distinguono in promozionale della misura di 2,20 x 1,10 m; per gare di 2,54 x 1,27 m; internazionale di 2,84 x 1,42 m. Sono tutti dotati di sei buche ubicate ai quattro angoli e a metà delle sponde lunghe. Le stecche sono quelle da carambola a due pezzi, della lunghezza di 1,45 m e del peso variante fra i 450 e i 600 g.
Le specialità più conosciute del pool sono: '8 ball-8° pool', 'pool americano continuo 14.1', 'palla 9', 'one pocket' e 'rotation'.
L'8 ball-8° pool è molto diffuso a livello dilettantistico, per la sua semplicità. Occorre mandare in buca una serie di bilie da 1 a 7, oppure da 9 a 15 e la bilia nera sempre per mezzo della battente. Il giocatore ha diritto a proseguire i tiri fino a quando produce buche. Vince chi riesce a mandare in buca la propria serie e per ultima la bilia nera che fa aggiudicare la partita.
L'americano continuo 14.1, conosciuto in Italia anche come '125', è stato per molti anni la specialità principe, quella dei mondiali ufficiali dal 1878 fino al 1990. Le bilie sono 16, di cui una bianca battente, 7 colorate con fasce, 7 di colore diverso e 1 nera numerata 8. Esclusa quella battente, le altre 15 vanno collocate nel triangolo secondo un preciso prospetto. la nera al centro, mentre ai lati periferici in alternanza le colorate e quelle con la fascia. In questo gioco si deve dichiarare sempre la bilia da colpire e la buca dove si invia. Dopo la seconda ripresa (rack) viene a mancare dal triangolo l'ultima bilia rimasta in gioco, imbucata dalla battente che, proseguendo la sua corsa, apre il nuovo triangolo e permette la continuazione della serie. Varia anche la disposizione delle bilie nel triangolo.
Il gioco palla 9 prevede 10 bilie, nove numerate e una battente. È attualmente il più praticato nel mondo e in Italia. Dal 1988 è la specialità che assegna il titolo mondiale, anche perché ritenuto molto adatto ai tempi televisivi. La bilia decisiva è la 9, ragione per cui, qualora si imbucassero le otto bilie contro nessuna del rivale, si può ancora perdere. L'obiettivo del gioco è quindi quello di mettere legalmente in buca la 9.
La specialità one pocket, solitamente riservata ai professionisti, è un gioco strettamente difensivo che ricorda quello degli scacchi. Il tavolo ha una sola buca nella quale devono finire le otto bilie disposte a caso sul biliardo. Determinanti sono i tiri indiretti, chiamati 'di calcio'. La successione delle bilie viene scelta dal giocatore a inizio partita.
Il rotation è tra i giochi più antichi, ancora molto diffuso. Le bilie sul tavolo sono 15 e tutte numerate; i punti equivalgono al loro numero. Si deve imbucare in ordine crescente, partendo dalla numero 1. Vince chi raggiunge per primo 61 punti.
La carambola, praticata su tavolo senza buche, rappresenta l'aspetto artistico del gioco del biliardo. Come scrive Vincenzo Testa in Il biliardo, sport e spettacolo (1990): "La carambola è la disciplina biliardistica, di 'sequenza', all'avanguardia per tutto ciò che riguarda gli strumenti di gioco, la tecnica, la codificazione delle regole e gli studi elaborati su di essa. Consiste nel colpire con la bilia battente le altre due con un tiro diretto o indiretto. Che dà diritto al tiro successivo e così via. Quando sbaglia, subentra l'avversario". La base del gioco è la carambola, ovvero la figura o il tracciato, codificati a livello internazionale, che il giocatore deve eseguire. Le prove concesse sono tre; le figure sono numerose: solo la carambola artistica ne prevede 68 e ogni figura ha un coefficiente di difficoltà che determina il punteggio.
Nella seconda metà dell'Ottocento, in America, dove i professionisti della carambola venivano considerati grandi artisti di questo gioco, per rendere sempre più impegnativa la specialità vennero studiate nuove regole, in particolare la serie americana approntata dai fratelli canadesi Cyrille e Joseph Dion, chiamata 'quadro 45/2', che ebbe il battesimo alla Concert Hall del Madison Square Garden di New York dal 30 marzo al 4 aprile del 1896, con il primo torneo ufficiale vinto dal francese Frank C. Yves, con una media di 24,2 e la miglior serie di 200.
In Italia questa specialità non ha molti cultori, per la difficoltà di applicazione. Nel passato i giocatori più rappresentativi sono stati Angelo Casales e il triestino Giuseppe Tomsich; successivamente il palermitano Antonio Oddo e Irwin Zanetti, che conquistò nel 1960 il primo titolo italiano di carambola libera, furono a lungo i dominatori del settore. Recentemente si è imposto il figlio di Zanetti, Marco, salito ai massimi vertici fino alla conquista del titolo mondiale nella carambola tre sponde: dopo aver esordito giovanissimo, ha svolto quasi tutta l'attività fuori dall'Italia, principalmente in Germania. A livello assoluto ha cominciato a mettersi in mostra nel 1997 inserendosi tra i migliori, sia in Coppa del Mondo sia nei Grand Prix BWA, gare itineranti europee, fino alla conquista dell'ambitissimo scettro iridato. Fra i più forti in assoluto alle tre sponde vanno ricordati lo svedese Torbjorn Blomdahl, il belga Raimond Ceulemans e il giapponese Nobuaky Kobayashi che si aggiudicarono per molti anni la finale mondiale, tanto da indurre l'UMB (Unione mondiale biliardo) a modificare le regole, passando dalle 60 carambole con partite che arrivavano a tre ore, a gare di 15 carambole al meglio delle tre vittorie, e con i migliori 32 giocatori ammessi al campionato.
Sia Oddo sia Zanetti si sono messi in luce anche nel 'biathlon', che contempera due specialità: carambola e 5 quilles. Nella prima edizione mondiale allestita a Epinal (Francia) nel 1987, Oddo ottenne il secondo posto dietro lo svedese Torbjon Blomdhal, giocatore poliedrico capace di conquistare titoli mondiali in diverse specialità, cimentatosi anche nelle 5 quilles in occasione dei campionati iridati, senza troppa fortuna. Zanetti ottenne ancora più successo imponendosi nel 1988 a Montecatini su tutta la concorrenza e conquistando il suo primo mondiale. Nello stesso anno fu disputato anche il primo Campionato italiano della specialità, vinto da Nicolò Cammarata, altro ottimo esponente dei 5 birilli, proprio su Zanetti, che però pochi mesi dopo si prese la rivincita guadagnandosi il titolo mondiale.
Regolamento, specialità e modalità di gioco. - La carambola viene giocata su un tavolo senza buche, lungo 2,84 m e largo 1,42 m, con due palle bianche e una rossa. Una delle due bianche deve essere marcata con due punti o cerchietti opposti. Il gioco consiste nel colpire con la propria palla bianca battente la palla rossa e quella avversaria con un tiro diretto o indiretto; si fa carambola quando la bilia del giocatore entra in contatto con le altre due, secondo le regole stabilite per le varie specialità. Ogni carambola vale un punto ed è acquisita solo quando le tre bilie si sono fermate senza che sia stato commesso fallo; se si fa carambola si ha il diritto di fare un altro tiro, in caso di errore il tiro passa all'avversario.
Sono ben otto le specialità della carambola riconosciute in Europa: libera, quadro 47/1, quadro 47/2, quadro 81/1, quadro 81/2 ‒ che presentano alcune varianti circa il numero e le modalità delle carambole nelle zone d'interdizione angolare ‒, a una sponda, a tre sponde, artistica (fantasia classica) o biliardo artistico. Nella specialità a una sponda la bilia del giocatore, prima di fare carambola, deve toccare almeno una sponda; in quella a tre sponde, la palla battente deve toccare tre o più sponde prima di colpire la palla bersaglio; nella specialità artistica, che richiede bilie d'avorio più adatte di quelle sintetiche, il giocatore esegue carambole di diversa difficoltà secondo un programma di figure suddiviso in gruppi, stabilito dalla CEB.
Dopo l'avvento della televisione, così come era avvenuto per il pool e lo snooker, che avevano dovuto adattarsi a sostanziali cambiamenti per adeguarsi alla diversa richiesta del mercato, anche per i giochi più praticati in Italia, dai 5 birilli alla goriziana e successivamente alle boccette, emerse la necessità di studiare fondamentali variazioni tecniche: un mutamento indispensabile, codificato nel 1983 in Argentina grazie al decisivo intervento della delegazione italiana, formata dall'allora presidente federale Rinaldo Rossetti, dallo storico Vincenzo Testa e dal consigliere Leonardo Pogliaghi. Le innovazioni principali riguardarono l'uniformità degli strumenti di gioco (biliardi, bilie, birilli e panno) e l'adozione del biliardo senza buche. L'effetto di questa trasformazione ha reso possibile una maggiore godibilità del gioco, con partite più brevi che privilegiano l'attacco alla difesa, rendendo ogni sfida nel contempo spettacolare, veloce e imprevedibile. Non tutti i più forti specialisti dell'italiana e della goriziana sono stati capaci di adeguarsi al cambiamento, molti tuttavia sono riusciti a mantenere le posizioni.
Oggi in Italia la specialità Internazionale 5 quilles è la più praticata e popolare, con partite che nelle gare ufficiali internazionali si fermano ai 50 punti al meglio delle cinque o sette sfide, contro i 500 della goriziana (castello doppio di nove birilli).
Anche se il primo Campionato 5 birilli venne disputato nel 1935, fino al 1958 la prassi comune per l'identificazione dei migliori era quella di 'giocar bene'. Secondo gli esperti i giocatori più validi erano Urbino, Amitrani, Cirillo, Gerosa, Gianmarco, Presutti e Garuffa, giocatore e grande studioso del biliardo dal quale prese il nome un tiro indiretto di due sponde. Furono questi i pionieri, ai quali seguirono altri, a cominciare dal milanese Laurdes Cavallari, reputato il caposcuola del biliardo moderno. Nel ventennio dagli anni Sessanta agli Ottanta, una ideale classifica di merito vedrebbe questa situazione: Emilio Biagini, Giovanni Cappelli, Paolo Coppo, Onofrio Mazzarella, Laurdes Cavallari, Marcello Lotti, Attilio Sessa, divenuto nel 1979 campione del mondo, Leonardo Pogliaghi, Giuseppe Rosa e Winkler Crotti.
Successivamente si sono affermati gli esclusivi specialisti delle 5 quilles, alcuni passati senza problemi dalla goriziana al nuovo modo di interpretare le partite e quindi a un diverso approccio tecnico e mentale, altri nati sui nuovi biliardi senza buche, sponde basse e gare brevi a forte impatto emotivo. Questo gruppo si è ampliato e nonostante le travagliate vicende vissute recentemente dal movimento a causa di scontri federali (con riflessi negativi sul rendimento e nell'attività agonistica, e i professionisti divisi e in aperto conflitto), la base di altissima qualità, precedentemente costruita, sembra ancora in grado di mantenere il livello che negli anni Novanta ha entusiasmato non solo il pubblico italiano, ma anche quello fuori dai confini nazionali, dall'Oriente all'America, dove i nostri campioni si sono esibiti con grande successo. L'argentino di origine italiana Gustavo Zito, Carlo Cifalà, Gianpiero Rosanna, Davide Martinelli, Fabio Cavazzana, Crocifisso Maggio, Salvatore Mannone, Paolo Diomajuta, Vitale Nocerino, Nicolò Cammarata, Riccardo Belluta, Giorgio Colombo e Arturo Albrito, per citare solo alcuni dei migliori, hanno portato la specialità a un valore tecnico-spettacolare molto alto.
Un merito che va parimenti riconosciuto agli argentini, grande e qualificata alternativa agli italiani: dai pionieri degli anni Sessanta quali Manuel Gómez e Anselmo Berrondo, grandi esecutori anche se diversi nella concezione del gioco, fino ad Anibal Fantasia e Miguel Borelli. Successivamente Néstor Gómez e Gustavo Torregiani, come la famiglia Fillia, da molte stagioni residenti in Italia.
Le 5 quilles sono una specialità di grande richiamo e altissimo tasso spettacolare, come dimostra il fatto che, nonostante le tormentate vicende federali che hanno creato disagi al movimento, le normative tecniche del gioco non sono mai state messe in discussione.
Nel 2001 è stata aperta a Padova la prima mostra-museo del biliardo, grazie principalmente al lavoro di Maurizio Cavalli, presidente del club Quirinetta 2000, grande appassionato e studioso, già ottimo giocatore, autore di testi sul biliardo e valido telecronista, e di altri esperti. Il museo è frutto di oltre trent'anni di ricerche ed espone preziose stecche intarsiate, antiche biglie d'avorio, manifesti e libri rarissimi, trofei e figurine, francobolli che raccontano la storia del biliardo, sia italiano sia mondiale. Vi sono inoltre aziende, fabbricanti di biliardi o restauratori, che possiedono esemplari di rara eleganza e di altissimo valore storico. Fra questi la Schiavon di Padova, che vanta alcuni De Agostini, la Hartes di Senago (Milano), la Mari di Siena, la Orsi di Cento, la Artusi di Forlì, che possiede alcuni biliardi costruiti su ordinazione da Antonio Luraschi nella seconda metà dell'Ottocento, la Bozzoli di Milano e la Longoni, sempre di Milano, che ha restaurato antichi biliardi di inestimabile valore, veri pezzi unici.
Regolamento e modalità di gioco. - Il biliardo sul quale viene giocata la specialità 5 quilles, chiamato 'International match', è privo di buche, lungo 2,48 m, largo 1,42 m; le sponde in profilato di gomma sono alte dai 37 ai 38 mm. La sponda di legno in cui viene fissato il profilato in gomma è larga 12,5 cm. L'altezza del piano di gioco deve essere compresa tra i 75 e gli 80 cm. Il panno è in tinta unita, verde, non lucido, del tipo approvato dall'UMB. Lungo la superficie orizzontale vanno apposti i 'diamanti', segni indelebili a intervalli corrispondenti a 1/8 della lunghezza del campo di gioco, che devono essere lasciati rigorosamente liberi. Va assicurato il riscaldamento del biliardo secondo la situazione ambientale. Il biliardo deve risultare illuminato in modo adeguato da quattro luci a un'altezza fra i 90 e i 95 cm dal piano del gioco.
Si usano tre bilie di colore diverso (bianca, gialla e rossa) del diametro di 61,5 mm e del peso compreso fra 205 e 215 g. La bilia rossa funge da pallino. Le quilles, cioè i birilli, sono cinque: uno rosso, gli altri bianchi o gialli, alti 25 mm. Vanno messi al centro del tavolo, posti a croce, la cui sede è indicata da dischetti, distanziati da 9,9 mm ciascuno. L'insieme dei birilli ubicati al centro si chiama 'castello'. Esiste anche una linea di mezzeria. Va inoltre rispettata una zona di gioco, nell'esecuzione dei tiri 'bilia in mano' in cui almeno un piede del giocatore deve restare all'interno della linea laterale.
L'incontro inizia con il giocatore che ha vinto l''acchito' facendo fermare la bilia più vicina alla sponda corta inferiore. Il primo tiro al pallino non contempla la realizzazione di punti.
Nelle gare nazionali il punteggio va dai 120 ai 130 punti a partita, ai 150 per gare a coppie, mentre in quelle internazionali al meglio delle cinque partite si arriva ai 50 punti. La partita termina appena un giocatore raggiunge o supera il punteggio stabilito. Il tiro va effettuato con la punta della stecca: solo la parte terminale di cuoio deve entrare in contatto con la bilia. Non è consentita la rinuncia al tiro, nel qual caso si incorre in penalità. I punti sono validi quando: la bilia battente tocca quella avversaria e questa abbatte i birilli; la bilia battente tocca l'avversaria che incontra il pallino e abbatte i birilli. I punti si perdono quando: si colpiscono con la propria bilia i birilli; si commette infrazione pur realizzando punti validi.
Una versione del 5 birilli è la 'goriziana 9 birilli', chiamata 'furlana' nel Veneto, che presenta le stesse regole, ma cambiano i punteggi dei birilli e del pallino; i punti realizzati con tiri indiretti (di sponda) valgono doppio. Coesistono, pur mantenendo la stessa radice di gioco, altre diversificazioni a vocazione regionale, come la 'bazzica' (lombarda e meridionale), la 'carolina', la 'bandiera', la 'poule' e il 'palito malo' ("birillo cattivo"), gioco importato dagli italiani in Argentina. Spesso i biliardi dove si giocano queste specialità hanno ancora le buche.
Nonostante la giovane età, il gioco delle boccette, nel quale non viene impiegata la stecca, ma le bocce vengono lanciate con le mani contro il pallino, ha in poco tempo raggiunto nel nostro paese grande popolarità, con punte in alcune regioni come l'Emilia-Romagna, la Liguria e la Toscana, oltre che Piemonte, Triveneto, Umbria, Marche, Lazio e Lombardia, trovando successivamente praticanti fra le nazioni del Mediterraneo. In alcune regioni quali l'Emilia-Romagna, la Liguria e il Veneto è la disciplina più praticata in assoluto.
Quando il gioco nacque, negli anni Venti, i gestori lo relegavano nei tavoli di dimensioni minori, oltre che più malandati. Le regole hanno subito radicali cambiamenti negli ultimi anni, suggerite dalla necessità di adeguarsi a uno spettacolo in sintonia con le nuove esigenze, in particolare quelle televisive, che richiedono gare rapide e intense. Per questo gli aspetti tecnici non si discostano da quelli delle 5 quilles: tavolo senza buche, disposizione del castello, punteggi ridotti e ritmi sostenuti. Nel 1997 si è tenuto a Milano il primo Campionato Mondiale, presenti 16 nazioni, vinto dal riminese Juri Minoccheri. Altri giochi similari sono il 'boccettone alla veneta', il 'boccettone alla siciliana' e 'la parigina' praticata in Umbria, con le regole della goriziana, ma senza l'uso della stecca.
Regolamento e modalità di gioco. - Il tavolo da biliardo sul quale viene giocata la specialità boccette ha le dimensioni interne di 2,84 x 1,42 m nel tipo internazionale senza buche e di 2,70 x 1,35 m con sei buche nel tipo italiano. La specialità viene giocata con otto bilie, quattro rosse e quattro bianche, del diametro da 57 a 59 mm, un pallino blu di 54 mm, e cinque birilli, dei quali uno di colore rosso, ubicati al centro del biliardo e di altezza non superiore ai 20 mm. Una linea di mezzeria divide i due quadranti della superficie di gioco; pallino e boccette sono definiti 'bocciabili' soltanto quando la loro intera circonferenza supera la linea di mezzeria all'interno del quadrato superiore. All'inizio di ogni partita il diritto di scegliere il colore delle boccette e di acchitare il pallino spetta al giocatore che, tirando una boccetta contro la sponda alta, fornisce senza fallo il miglior accosto alla sponda bassa. I giocatori devono realizzare punti validi abbattendo birilli con il pallino o con le boccette avversarie o accostando al pallino le proprie boccette, applicando le norme del regolamento di gioco, fino al raggiungimento del punteggio stabilito. Il valore dei cinque birilli è di 2 punti per i bianchi e di 4 per il centrale rosso; se il birillo rosso viene abbattuto da solo con il castello completo vale 5 punti. Ogni boccetta che cade in una buca produce 2 punti.
Fra i maggiori protagonisti dello snooker si possono considerare i fratelli Joe e Fred Davis, John Pulman, Ray Reardon, Alex Higgins, Steve Davis, Stephen Hendry e Mark Williams.
Joe Davis (1901-1978) è il più grande mito della specialità: dopo aver detenuto il titolo mondiale del biliardo inglese negli anni Venti, ideò e realizzò la serie moderna studiandola nei minimi dettagli; supremo rifinitore del gioco, dotato di una tecnica sopraffina, innalzò lo snooker a vera arte. Fu campione del mondo dal 1927 al 1946, anno in cui si ritirò ufficialmente dall'attività. Suo fratello Fred (1913-1978) restò per molti anni alla sua ombra, ma poi riuscì a emergere rilevandone la non facile eredità, pur senza raggiungerne la perfezione e la continuità dei risultati. Come Joe, ottenne il riconoscimento di 'baronetto' dalla regina d'Inghilterra per meriti sportivi.
John Pulman (n. 1926) fu protagonista assoluto dal 1957 al 1968, rivelando una grande personalità che espresse sia sul biliardo sia fuori. Carattere esuberante e ottimo comunicatore, è stato uno dei personaggi più popolari tra i grandi campioni della disciplina. Tra le numerose sfide, resta indimenticabile la vittoria ottenuta ai danni di Fred Davis (con punteggio 37-36) dopo aver subito a lungo la superiorità dell'inglese. Attualmente è uno dei commentatori più apprezzati nelle gare trasmesse dalla televisione.
L'ex poliziotto gallese Ray Reardon (n. 1932) fu capace di vincere ben sei titoli mondiali fra il 1970 e il 1978. Grazie all'avvento della televisione che esaltò le sue prodezze, negli anni Settanta divenne popolarissimo, ottenendo successi e cospicui guadagni.
Alex Higgins (n. 1949) dell'Irlanda del Nord fu soprannominato 'uragano' per il carattere impetuoso che si rifletteva nel suo gioco esplosivo, particolarmente apprezzato dal pubblico. Il numero degli spettatori che affollavano le sale a ogni sua sfida toccò punte altissime negli anni Ottanta. Giocatore dotato di eccezionale talento, seppe vincere due Mondiali a distanza di dieci anni (1972 e 1982) a conferma di una continuità ai vertici che ha pochi riscontri.
Steve Davis (n. 1957) è stato il grande dominatore della specialità negli anni Ottanta, vincendo sei titoli iridati e ponendosi come naturale successore di Ray Reardon. Conseguì il primo dei trionfi iridati quando aveva solo vent'anni. Venne denominato 'mister miliardo' per i premi ottenuti.
Stephen Hendry (n. 1969) viene considerato da molti esperti il più grande talento di tutti i tempi. In un periodo di grandissima competizione e con una concorrenza agguerritissima, questo scozzese dall'aria tranquilla, freddo e compassato, ha vinto tutto quello che era possibile conquistare. Si è aggiudicato il primo Mondiale nel 1990 a 21 anni; ne sono seguiti altri sei, l'ultimo nel 1999. Dotato di eccezionale sensibilità e intuito, riesce a sfruttare al meglio la minima apertura di gioco, per piazzare la serie vincente. Nel corso della carriera, tuttora ai vertici, ha superato i 13 milioni di euro di premi.
Mark Williams (n. 1975), orgoglio del Galles, è stato il primo giocatore mancino a conquistare il titolo iridato, nel 2000. Ha saputo ripetersi nel 2003, anno particolarmente favorevole che gli ha consentito di vincere anche il Master e il Campionato del Regno Unito, centrando in tal modo il Grande Slam, impresa riuscita nella storia della specialità solo ad altri due giocatori, gli inglesi Steve Davis e Stephen Hendry.
Fra i campioni di pool sono invece da menzionare Cyrille Dion, Alfredo De Oro, Albert Frey, Frank Taberski, Ralph Greenleaf, Irving Crane, Willie Mosconi, Mike Sigel, Steve Mizerak, Earl Strickland.
Il canadese Cyrille Dion (1843-1878) conquistò nel 1873 l'ultimo Campionato americano 4 ball, cimentandosi poi nella specialità 15 ball che aveva sostituito il vecchio gioco. Toccò il vertice nel 1878, l'ultimo anno della sua breve vita, vincendo il primo Campionato del Mondo di rotation. Con il fratello Joseph creò la serie americana.
Il cubano Alfredo De Oro (1843-1948), diplomatico di stanza negli USA, ha dominato la scena mondiale del pool per 25 anni vincendo il primo titolo nel 1887 e l'ultimo nel 1912. Giocatore mancino e molto versatile, si aggiudicò titoli mondiali anche nella specialità della carambola a tre sponde e conquistò il Lambert Trophy, vero e proprio campionato mondiale, per una decina di volte dal 1908 al 1919. Proprio alle tre sponde, nel 1934, ormai settantaduenne ma ancora in forma, dopo anni di silenzio agonistico, vinse il Mondiale superando il campione uscente Welker Cochran e Johnny Layton che lo divenne in seguito. Il governo cubano nel 1918 gli assegnò una congrua pensione per meriti sportivi.
Albert Frey (1863-1889) fu la prima grande star del pool. L'eccezionale abilità unita a una grande tecnica gli consentivano di eseguire giocate emozionanti e di straordinaria qualità che mandavano il pubblico in visibilio. Dominò la scena dal 1880 al 1889, anno in cui scomparve a soli 26 anni per un'improvvisa polmonite, mancando l'attesissima sfida con il cubano Alfredo De Oro per la supremazia mondiale.
Frank Taberski (1889-1941), dopo aver vinto il Mondiale di pool 14.1 continuo nel 1916, lo difese con successo in dieci sfide consecutive. In una di queste batté Ralph Greenleaf, a quel tempo diciassettenne, ma già campione affermato. Questo primato gli consentì di conquistare definitivamente l'emblema della Brunswick, riconoscimento molto ambito. Aveva iniziato a giocare giovanissimo, le prime partite a 12 anni, dimostrando qualità eccezionali. Fu uno dei pochi grandi campioni a portare gli occhiali. Non amava i tornei prediligendo i confronti diretti. Per questo dal 1919 al 1924 non prese parte ai campionati che comprendevano diversi tornei. Quando nel 1925 cambiarono le regole e si tornò al testa a testa, vinse subito il titolo che detenne fino al 1929. Soprannominato 'volpe argentata' per i capelli grigi, Taberski era un giocatore molto riflessivo, tanto che dovettero cambiare le regole per sveltire il gioco, altrimenti troppo lento.
Ralph Greenleaf (1899-1950), talento precoce, uomo di spettacolo e grande showman, oltre che playboy, dovette subire inizialmente la superiorità di Taberski, contro il quale si prese in seguito clamorose rivincite. Negli anni Venti allestì un suo show personale girando per tutta l'America. I tiri di esibizione che mostrava al pubblico erano di straordinaria abilità e ottenne quindi un grandissimo successo. Tra il 1919 e il 1937 conquistò ben 21 titoli mondiali. È stato considerato il miglior giocatore da torneo.
Irving Crane (1913-2001), allievo prediletto di Jerome Keogh, l'inventore del pool 14.1 continuo, iniziò a giocare a 11 anni, facendo utile esperienza in Inghilterra e in America. Vinse il primo importante torneo a 15 anni. È stato uno dei giocatori più longevi ad alto livello, partecipando alle prove mondiali dal 1937 al 1974. La sua attività principale era quella di venditore di auto. Molto fotogenico, prese parte a diversi cortometraggi e scrisse due libri sul biliardo molto venduti in America. Colpitore terribile, conquistò il titolo mondiale sette volte, la prima nel 1942, l'ultima nel 1972. Si cimentò anche nella carambola a tre sponde, ottenendo un sesto posto ai Mondiali del 1952.
Willie Mosconi (1913-1993), statunitense di origine italiana, raggiunse la vetta della popolarità e il picco più alto nei confronti testa a testa su lunga distanza. Erede di Ralph Greenleaf, dominò la specialità del pool 14.1 continuo dal 1941 al 1956, collezionando 19 titoli iridati. Giocatore rapido, preciso, molto brillante, si aggiudicava gli incontri con un esplosivo gioco di serie, fino a conquistare nel 1954 il record con 526 buche consecutive. Dagli anni Sessanta divenne consulente tecnico in tutti i film dove il biliardo rientrava nel copione, in particolare in Lo spaccone, Baltimora bullet e Il colore dei soldi. Fu tra i promotori più attenti e attivi nel lancio televisivo del pool negli Stati Uniti. Storiche le sue sfide con Rudolph Wanderone junior, conosciuto come 'Minnesota Fats', altro grande campione americano, forse il personaggio televisivo più popolare in USA, oltre che ispiratore del romanzo The hustler di Walter Trevis, dal quale venne appunto tratto il film Lo spaccone.
Mike Sigel (n. 1943) a 20 anni era già professionista e a 22 vinse gli open USA, titolo che conseguì fino al 1977 e poi ancora nel 1982. Iridato nella specialità palla 8 nel 1976 e campione di one pocket nel 1978, conquistò tre volte il Mondiale di pool 14.1 continuo (1979, 1981 e 1985). Era tale la potenza dei colpi che in più occasioni ruppe la stecca, specie nel break di palla 9, e per questo fu soprannominato 'Capitan Uncino'. Nel 1987 Sigel fu il primo giocatore professionista di biliardo a superare i 100.000 dollari di premi.
Steve Mizerak (n. 1944) apprese i rudimenti del biliardo dal padre, campione del New Jersey negli anni Cinquanta. A 11 anni, aveva già realizzato una serie di 50 e a 13 era giunto a 100. Ebbe come maestro il grande Willie Mosconi, vinse gli open USA di pool 14.1 continuo dal 1970 al 1973 e arrivò ai Mondiali del 1982 e 1983. Divenne assai famoso anche per gli spot pubblicitari di una birra americana.
Earl Strickland (n. 1961) è ritenuto il miglior interprete del pool negli ultimi 15 anni, da quando nel 1990 il pool 14.1 continuo fu sostituito nei campionati mondiali dalla palla 9, quale specialità più giocata e considerata la vera espressione sui tavoli con le buche. È un giocatore imprevedibile e spettacolare, capace di qualsiasi impresa, come dimostra la conquista del titolo mondiale nel 2002, dopo essere stato anche il vincitore della prima edizione del nuovo corso nel 1988. In questo arco di tempo ha esibito la sua stecca nei Mondiali del 1990, 1991 e 1994, toccando quota cinque titoli iridati, un record non facilmente superabile. Tutto questo a conferma di un talento immenso, che il pubblico di tutto il mondo continua ad apprezzare.
Per quanto riguarda infine la specialità 5 quilles i campioni da ricordare sono Marcello Lotti, Attilio Sessa, Néstor Gómez, Gianpiero Rosanna, Carlo Cifalà, Salvatore Mannone, Vitale Nocerino, Gustavo Torregiani, Davide Martinelli, Gustavo Zito.
Marcello Lotti (Firenze, 25 aprile 1929) vanta un curriculum di eccezionale lunghezza, considerato che fino alle soglie del 2000 ha sempre giocato con ottimi esiti. Nove volte campione italiano Master e vincitore di rassegne internazionali, ha ottenuto i migliori successi nel 1986 in due qualificati tornei a Forte dei Marmi e Voghera. Giocatore completo, capace di tenere testa a chiunque, riscosse grande popolarità partecipando ai film Io, Chiara e lo Scuro (1982) diretto da Maurizio Ponzi e Casablanca, Casablanca (1985) per la regia di Francesco Nuti. Ha fatto parte della nazionale italiana come capitano non giocatore.
Attilio Sessa (Milano, 1933), più volte campione italiano a partire dal 1966, nel 1969 si assicurò la Coppa Campioni che ottenne anche nel 1976. Nel Campionato del Mondo 5 quilles del 1979 conquistò il titolo iridato imponendosi su Néstor Gómez. Nel 1990 si è aggiudicato il titolo europeo confermando una carriera tra le più lunghe e brillanti.
Néstor Gómez (Necochea, Argentina, 4 ottobre 1941) è un vero artista del biliardo, capace di esecuzioni quasi impossibili. Dotato di grande precisione, di una prodigiosa visione del gioco e di naturale eleganza del gesto atletico, ha vinto due titoli mondiali, nel 1980 a Necochea davanti al pubblico di casa e a Loano in Italia nel 1982. Sicuramente è il giocatore più popolare in Argentina, nonostante la concorrenza interna sia molto agguerrita in quella nazione per quella specialità. È stato 18 volte campione argentino, ha conquistato quattro Coppe intercontinentali e vanta oltre un centinaio di vittorie nei tornei.
Gianpiero Rosanna (Busto Arsizio, Varese, 29 ottobre 1944), esecutore preciso e di grande intuizione tattica, si è mostrato capace di recuperi incredibili. Ha vinto due volte il Mondiale, la prima nel 1985 a Spoleto, la seconda nel 1992 ad Arezzo. Questa longevità ad alto livello lo qualifica come uno dei più forti nella specialità. Alle esecuzioni spettacolari ha sempre preferito giocate ragionate e concrete. Ha vinto in Italia e all'estero; nel 1995 si è aggiudicato la prima prova Master a St. Vincent. È stato più volte invitato in Giappone, Russia e America per esibizioni e promozione della disciplina.
Carlo Cifalà (Messina, 14 febbraio 1948) è stato un campione completo mostrando grande varietà di gioco, ottimi fondamentali uniti alla fantasia del fuoriclasse. Il culmine di una carriera iniziata giovanissimo va considerato il 1987 con la vittoria al Mondiale disputato a Milano, battendo in finale un altro asso delle 5 quilles, l'argentino Gómez. In altre due occasioni, 1986 e 1988, fu secondo mentre nel 1982 era giunto terzo. Vanta oltre 200 vittorie in carriera, è stato campione europeo nel 1986 e 1988 e otto volte campione italiano; ha riportato due successi consecutivi all'open di Losanna e ai meeting internazionali di Sarnano e Brescia nel 1989. Nonostante il corposo bilancio, non ha raccolto quanto il suo enorme talento lasciava presagire. La nuova impostazione del gioco, suggerita dalle leggi dello spettacolo che privilegia l'attacco alla difesa, ha sicuramente nuociuto al talento di Cifalà, portato a tessere schemi di gioco di più lungo respiro rispetto a quelli attuali.
Salvatore Mannone (Salemi, Trapani, 1959) è un giocatore dotato di grande talento, non sempre espresso al meglio. Ha compiuto il suo capolavoro nel 1993 a Cannes, aggiudicandosi la prima Coppa del Mondo. Contro il favorito Zito giocò la sua più bella partita riuscendo a capovolgere il pronostico. Abile anche nel biathlon (carambola e 5 quilles), pur non vincendo altre grandi manifestazioni, si è sempre mantenuto a ottimi livelli.
Vitale Nocerino (S. Giorgio a Cremano, Napoli, 2 gennaio 1962-2002) si è rivelato il mancino italiano di maggior classe, capace di esecuzioni entusiasmanti. Ha vinto centinaia di gare nazionali e si è sempre piazzato a livello internazionale, conquistando innumerevoli posti d'onore, dagli Europei alla Coppa del Mondo. Gli è mancato però il grande successo mondiale che avrebbe meritato. È scomparso troppo presto, per una improvvisa crisi cardiaca.
Gustavo Torregiani (Leones, Argentina, 7 aprile 1962), di origini paterne italiane (Macerata), ha fatto la sua prima comparsa in Italia ai Mondiali di Spoleto nel 1985, dove fu l'unico a battere nelle eliminatorie Rosanna, che vinse nell'occasione il Campionato del Mondo. Quattro anni dopo si presentò a Chiasso e tra la sorpresa generale conquistò il titolo, replicando il successo l'anno dopo a Brescia. Rimasto stabilmente in Italia, ha continuato a mietere successi pur senza centrare più l'obiettivo iridato. Ha conseguito anche vittorie in Argentina aggiudicandosi varie volte il titolo di campione. Appare un giocatore preciso, lineare e implacabile sui colpi verticali, che predilige la concentrazione mentale cercando di estraniarsi da quanto gli è attorno durante la partite.
Davide Martinelli (Pontedera, Pisa, 27 aprile 1971) è un giocatore di alto livello, sicuramente il migliore delle nuove leve di scuola italiana. Mancino con grande sensibilità, freddo e preciso, ha già raggiunto prestigiosi traguardi, dalla Coppa del Mondo professionisti nel 1996 al titolo mondiale nel 1998 a Ferrara. Si mise in luce poco più che ventenne nella Coppa del Mondo itinerante nel 1993, facendo utile esperienza. Fortissimo nei tornei nazionali, tiratore spietato, piace molto alla platea e al pubblico femminile.
Gustavo Zito (Rosario, Argentina, 17 agosto 1971), nato da padre italiano e madre argentina, ha mostrato un talento precocissimo che ha confermato in Italia nel 1991, quando vinse il titolo di prima categoria, e l'anno dopo, quando si impose al Gran Prix St. Vincent, il torneo di goriziana con oltre mille iscritti. Dopo aver appreso il gioco in patria, facendo sensazione per la maturità mostrata in età scolare, si trasferì in Italia dove è avvenuta la prevista esplosione. Grande professionista, molto meticoloso nelle attività di addestramento ‒ per anni si è avvalso dell'aiuto di un preparatore atletico e dei consigli di un dietologo ‒, pur senza essere un fantasista, presenta una perfezione dei colpi che nei momenti migliori lo rende imbattibile. Ha vinto due volte il titolo mondiale, nel 1995 a Fiuggi e nel 1999 a Necochea (Argentina) con prestazioni eccellenti. Altrettanto ha fatto in Coppa del Mondo (1993 e 1997), risultando anche il più vittorioso nelle tappe del torneo. La sua perfezione tecnica interessò Frank Sinatra che nel 1994 lo invitò a esibirsi a Las Vegas. Considerata l'età, è destinato a mantenere il vertice ancora a lungo.
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