biotecnologie
Tecniche di biologia al servizio dell'uomo.
A partire dagli anni Settanta del Novecento, gli studi di biologia molecolare hanno portato alla possibilità di modificare il DNA, aprendo la strada alle moderne biotecnologie. Il settore è in fase di grande espansione, anche perché i campi di applicazione delle biotecnologie sono moltissimi. Modificare il DNA permette di creare batteri che eliminano l'inquinamento, oppure di produrre farmaci in modo più sicuro. Le biotecnologie trovano applicazione nell'agricoltura e nella medicina e sono di aiuto persino alla polizia per le sue indagini e agli storici.
Gli organismi geneticamente modificati e la terapia genica, la produzione di farmaci, la possibilità di usare batteri per eliminare l'inquinamento sono tutte applicazioni, già attuali oppure attese nel prossimo futuro, delle biotecnologie. I giornali si riferiscono con questo termine alle tecniche che usano le procedure della biologia molecolare e cellulare per elaborare processi utili all'uomo e che possono essere sfruttati anche a livello industriale. Il termine, però, ha un significato più ampio. Infatti fin dall'antichità l'uomo ha imparato a utilizzare a suo vantaggio alcuni fenomeni della natura: per esempio, l'impiego del lievito Saccharomyces cerevisiae per produrre il vino o la birra e per far lievitare il pane è una 'biotecnologia' vecchia di migliaia di anni. Qui concentreremo la nostra attenzione sulle biotecnologie moderne.
DNA ricombinante. Lo sviluppo delle biotecnologie moderne è strettamente legato a quello dell'ingegneria genetica, ossia della possibilità di modificare il DNA. Il DNA è una molecola molto lunga a forma di doppia elica che contiene le informazioni genetiche. Queste, assieme agli stimoli provenienti dall'ambiente, determinano le caratteristiche degli esseri viventi. Il DNA è presente in tutte le cellule del nostro organismo (a eccezione dei globuli rossi) e in quelle degli animali, delle piante, nei batteri e in molti virus. La storia della manipolazione del DNA inizia negli ultimi decenni del secolo scorso. Nel 1972, infatti, il biochimico statunitense Paul Berg, dell'università di Stanford, scoprì che sfruttando alcune proteine dei batteri (chiamati enzimi di restrizione) il DNA poteva essere tagliato in punti precisi e poi ricucito. In questo modo si poteva ritagliare un gene (v. gene e genoma) da una molecola di DNA e inserirlo in un'altra, creando una molecola ibrida, denominata 'DNA ricombinante'. Grazie a questa operazione era possibile unire anche segmenti di DNA appartenenti a specie diverse.
Una tecnica da sfruttare. L'anno seguente Stanley Cohen, che lavorava nello stesso istituto di Berg, ed Herbert Boyer, biochimico dell'università della California a San Francisco, scoprirono un metodo per trasportare in una cellula un gene prelevato dal DNA di una specie diversa. La tecnica utilizzava piccoli segmenti di DNA a forma di anello, chiamati plasmidi, in cui, grazie al sistema ideato da Berg, veniva 'cucito' il gene che interessava. In questo modo i due ricercatori inserirono un gene del rospo Xenopus laevis nel batterio Escherichia coli, creando per la prima volta un essere vivente che in natura non esisteva, e che aveva nel suo DNA un gene di una specie diversa e molto lontana dal punto di vista evolutivo.
I biologi capirono subito che la tecnica del DNA ricombinante poteva essere usata per modificare gli organismi viventi, in modo da indurli a esprimere caratteristiche utili all'uomo. Così, negli anni seguenti, le università e le industrie aprirono laboratori e centri di ricerca dedicati solo a questo. Nel 1980, dopo anni di riflessioni e discussioni, l'ufficio dei brevetti statunitense concesse un brevetto su un batterio 'inventato' da Ananda Mohan Chakrabarty nei laboratori di una grande industria statunitense. Grazie a una modifica genetica, il microrganismo era in grado di ripulire aree contaminate da petrolio e altri inquinanti. Per la prima volta era stata brevettata una forma di vita. La possibilità di sfruttare economicamente le biotecnologie diede uno slancio ulteriore allo sviluppo di questo settore.
Fra i risultati più importanti ottenuti dalle biotecnologie ci sono quelli relativi alla produzione di farmaci. Il primo successo concreto è del 1979, anno in cui la rivista scientifica Nature riportò che, per la prima volta, una proteina umana (l'ormone della crescita) era stata ottenuta da batteri coltivati in laboratorio. Nel loro DNA, infatti, era stato inserito il gene dell'uomo responsabile della sua produzione. Prima di allora questo ormone, impiegato per curare alcune forme di nanismo nei bambini, veniva estratto dal cervello di cadaveri con una tecnica difficile, costosa e non del tutto sicura.
In modo analogo, all'inizio degli anni Ottanta, fu ottenuta insulina umana a partire da batteri modificati geneticamente. Questo ormone, prodotto dal pancreas, regola la concentrazione di zuccheri nel sangue e viene somministrato ai diabetici, che non sono in grado di produrlo da soli. Prima dell'avvento delle biotecnologie veniva estratto da animali (di solito maiali), ma era disponibile solo in quantità limitate. Le biotecnologie permettono di produrre anche il vaccino contro l'epatite B e molti altri farmaci e sostanze utili.
La possibilità di manipolare il DNA degli esseri viventi però non si ferma ai batteri. Alcune industrie, per esempio, hanno puntato sulle piante (botanica). Con le biotecnologie, infatti, il DNA dei vegetali può essere manipolato in modo da inserire geni che ne modifichino le caratteristiche. È proprio alle piante che ci si riferisce comunemente quando si parla di OGM (organismi geneticamente modificati), sebbene il termine indichi tutti gli esseri viventi il cui patrimonio genetico sia stato modificato in laboratorio. Il primo OGM vegetale è stato creato nel 1994, nei laboratori della Calgene Inc., un'industria statunitense. Si trattava di un pomodoro modificato con un gene che rallentava la maturazione dei frutti e non li faceva marcire. Il prodotto però fu ritirato dal mercato dopo breve tempo.
Oggi le modifiche genetiche puntano a rendere le piante invulnerabili all'attacco dei parassiti, oppure a farle diventare insensibili agli erbicidi. Tuttavia, l'applicazione delle biotecnologie al settore agricolo presenta qualche problema, perché si teme che queste tecniche possano danneggiare l'ambiente e le specie selvatiche e che gli OGM possano essere pericolosi per la salute.
I risultati più attesi sono invece quelli che riguardano le biotecnologie applicate alla cura delle malattie. Per la produzione di farmaci i successi, come si è visto, sono già sotto gli occhi di tutti. Ma sulla possibilità di modificare il DNA si basa anche la terapia genica, che vorrebbe curare le malattie genetiche sostituendo i geni malati con quelli sani. L'impiego di cellule staminali per riparare organi e tessuti danneggiati è invece un tipo di biotecnologia che non sfrutta direttamente la manipolazione del DNA, ma che si basa comunque sulle conoscenze della biologia più moderna.
Alcune tecniche della biologia molecolare vengono applicate a settori specifici. Per esempio, la possibilità di analizzare il DNA è usata dalla polizia scientifica per identificare i criminali, quando sulla scena del delitto viene ritrovato un loro capello, oppure tracce di pelle o di saliva: per risolvere un caso può essere sufficiente estrarre il DNA dal campione e confrontarlo con quello di una persona sospettata del delitto.
Con lo stesso sistema sono stati risolti anche alcuni grandi gialli della storia. Uno di questi ha riguardato la sorte di Luigi XVII, il giovane erede al trono di Francia, scomparso durante la Rivoluzione francese. Le sue tracce si perdono nel 1793, quando, dopo la decapitazione di Maria Antonietta e di Luigi XVI, il bambino, che aveva appena otto anni, fu rinchiuso nella prigione del Tempio, a Parigi. Per più di due secoli non si è saputo che cosa accadde in seguito. Alcuni storici sostenevano che l'erede al trono fosse morto in cella di tubercolosi, due anni dopo la cattura.
Secondo altri racconti, Luigi XVII fu salvato da un gruppo di monarchici, che misero al suo posto un trovatello che morì in prigione, al posto del re, nel 1795. Il medico che eseguì l'autopsia di quel bambino decise di conservare il cuore, che nel 2000 è stato analizzato da due genetisti. Confrontando il DNA estratto dall'organo con quello ottenuto da ciocche di capelli di Maria Antonietta i ricercatori hanno stabilito che il fanciullo morto in cella era proprio il figlio della regina, l'erede al trono di Francia.