BITONTO
(lat. Butunti, Butuntum)
Centro della Puglia a km. 18 da Bari e a m. 118 di altitudine, situato in un territorio da sempre coltivato a olivi sul primo gradino della bassa Murgia, su una collina delimitata da un ampio e profondo solco erosivo di origine torrentizia (il Tiflis).
B. fu municipio romano dotato di un vasto territorio (Botontinus ager), organizzato in diversi abitati rurali e percorso dalla via Traiana e dalla Mulis vectabilis. Di questi casali, sopravvissuti fino all'Alto Medioevo e abbandonati a seguito delle scorrerie saracene, non restano oggi che le chiese, piccoli edifici di fattura rustica costruiti a cupola sul modello delle architetture di matrice bizantina. Non sembra possibile definire con certezza i caratteri e i limiti dell'abitato antico; l'unico dato è il saggio di scavo nella chiesa di S. Caterina che sembra evidenziare una persistenza di insediamento (dal sec. 4° a.C. al 4° d.C.). Il solo toponimo antico sembra essere de castro, appellativo riferito a edifici siti nella parte più elevata e, secondo gli studiosi locali, più antica della città, corrispondente anche al perimetro urbano della fase altomedievale, che fu caratterizzata da una contrazione. Nel sec. 11°, con il vescovo Arnolfo (1087-1095), B. rinacque come sede episcopale e la popolazione sparsa nel territorio ritornò nel centro che si sviluppò sui resti del precedente abitato, procedendo da S-O a N-E; ciò favorì le attività commerciali connesse alla produzione dell'olio d'oliva e inoltre richiamò comunità di ravellesi e amalfitani. Sotto il dominio dei Normanni, e in particolare del conte Roberto, si procedette alla costruzione di una cinta muraria, tuttora riconoscibile in alcuni tratti caratterizzati da torri a base quadrata. Risale a quest'epoca la formazione di un impianto urbano organizzato su un sistema di vie e spazi semiprivati detti corti, ancora conservato nel quartiere Cicciovizzo. Altro elemento di aggregazione urbanistica furono alcuni piccoli edifici che nelle sacre visite dei secc. 16° e 17° risultano ancora inclusi in uno spazio recintato (cortilium), comprendente anche la casa del sacerdote.Evento fondamentale per la crescita della città fu, nella prima metà del sec. 12°, la costruzione della cattedrale, probabilmente al centro dell'antico abitato, divenuto in epoca medievale la platea rerum venalium. Sulla base delle prime risultanze di recentissime indagini archeologiche condotte dalle Soprintendenze di Bari e Taranto, l'edificio sembra essere sorto su un preesistente luogo di culto altomedievale o paleocristiano.Sotto gli Svevi la fedeltà all'imperatore Federico II venne manifestata con celebrazioni e monumenti all'interno della stessa cattedrale. La città in questo periodo fu proprietà demaniale e tale restò anche con gli Angioini, con un intervallo di ventisei anni durante i quali fu infeudata alla regina Sancia (1345-1371). Nel Basso Medioevo acquistò maggior forza il potere delle famiglie dedite alla mercatura (tra le quali si distinsero i Rogadeo e i Bove) e si diffuse la fama della fiera annuale, che si svolgeva nel vasto campo di San Leone, un territorio fuori le mura, nelle pertinenze dell'abbazia omonima. Nello stesso periodo si insediarono in città gli Ordini dei Predicatori, dei Minori Conventuali e dei Mendicanti; si completò così all'interno delle mura la fase medievale di urbanizzazione, mentre extra moenia si ponevano le premesse per i futuri sviluppi della città. Nel sec. 14° B. fu coinvolta nelle contese per la successione al trono di Napoli, subendo vari assedi. Alla fine del secolo, dopo il completamento della cinta muraria con il tratto verso N, si realizzò la grande torre cilindrica a difesa della porta Baresana.A. Ambrosi
Nel cuore del centro storico sorge la cattedrale, dedicata alla Vergine e a s. Valentino. La fondazione, di epoca incerta, viene posta per lo più in relazione con il vescovo Arnolfo e con il normanno "Robertus comes [...] dominator civitatis Betonti" (Codice diplomatico barese, 1902). Cospicui resti di una precedente chiesa a pilastri sono emersi in seguito a scavi sotto la navata centrale (1991). Formalmente l'edificio si presenta come una perfetta riduzione in scala di S. Nicola di Bari, di cui riprende lo schema basilicale diviso in tre navate da colonnati interrotti da un pilastro, il transetto indiviso, la cripta a oratorio triabsidata e soprattutto la singolare tipologia esterna, con le absidi incluse in una parete rettilinea che ingloba due torri campanarie e le fiancate serrate da arconi ciechi che pareggiano l'aggetto del transetto. L'assenza delle torri di facciata e di tutti gli elementi derivanti nel santuario barese da preesistenze e riattamenti fanno pensare che i costruttori della chiesa bitontina abbiano avuto come modello il progetto originale di S. Nicola, scelto forse anche per motivi di carattere politico e ideologico. La coerenza delle strutture e la relativa omogeneità dei capitelli della cripta e della navata consentono di ipotizzare una campagna intensa e unitaria di lavori, situabile nei decenni centrali del 12° secolo. Una conferma può venire dalla raffigurazione su uno dei capitelli della navata del Volo e della Caduta di Alessandro Magno, probabile allusione alla ribellione delle città pugliesi, sedata da Guglielmo I (1156). Alla fine del secolo possono essere datate invece parte delle sculture dei tre portali di facciata e di quello laterale nord, realizzate, come tutti gli ornati plastici della cattedrale, nel compatto calcare locale. Particolarmente interessante il portale centrale, che reca sull'architrave le raffigurazioni dell'Annunciazione, Visitazione, Adorazione dei Magi, Presentazione al Tempio e, nella lunetta, la Discesa al limbo, secondo l'iconografia di tradizione greca dell'Anástasis. A una successiva campagna unitaria, databile nei primi decenni del sec. 13°, si deve invece il completamento della decorazione plastica esterna (baldacchino del portale centrale, finestrone absidale e arcata 'moresca' sovrastante, porta minore sud, esaforato meridionale con ricchi capitelli a stampella), a opera di una maestranza capeggiata forse inizialmente dallo stesso Nicolaus che nel 1229 esegue e firma l'ambone marmoreo (smontato nel sec. 17° e rimontato parzialmente nel 1720). La lastra triangolare usata come parapetto della scala (della gemella, andata perduta, si conserva solo un frammento con aquila in coll. privata a B.) accoglie, in un contesto di controversa interpretazione, Federico II e alcuni membri della famiglia imperiale. Contestualmente all'ambone furono abbattuti l'altare centrale sovrastato dal ciborio (1240), per lo più riferito a Gualtiero da Foggia, e la recinzione presbiteriale. Con parti residue di questi arredi è stato realizzato il pergamo, ricchissimo, come l'ambone, di ornati aniconici con applicazioni in mastici colorati, vetro e oro, che reca su una cornice il nome Bonifacius.L'edificio ha subìto altri profondi mutamenti a partire dal sec. 14° (chiusura e utilizzazione come cappelle degli arconi laterali) sino alla trasformazione barocca, con perdita, tra l'altro, delle originarie capriate dipinte e rifacimento delle torri postiche. Dalla fine dell'Ottocento a oggi la cattedrale è stata oggetto di varie campagne di restauro e ripristino; agli anni Cinquanta risale la ricostruzione della torre campanaria nordorientale e della fiancata nord.Di rilevante importanza storica è il monastero benedettino di S. Leone, posto fuori le mura nei pressi della porta Baresana in una posizione strategica che ne giustifica l'originario impianto fortificato. Di probabile fondazione normanna, venne ricostruito nel 13° secolo. La chiesa, duecentesca, ha navata unica conclusa da un'arcata a sesto acuto che d'a accesso al coro piatto.Nel cuore del centro storico è inserita, invece, la chiesa conventuale di S. Francesco d'Assisi, fondata nel 1283 per volontà di Carlo d'Angiò e affidata ai Minori Conventuali sino al 1866. Della veste originale rimangono la facciata, aperta da una monumentale bifora gotica, e l'impianto dell'aula unica, con l'arcata a sesto acuto di accesso al coro. Recenti restauri hanno riportato alla luce lacerti di affreschi trecenteschi di scuola napoletana.L'assenza a B. di altri monumenti rilevanti è compensata dalla sopravvivenza di numerose chiese di piccole dimensioni, entro e fuori le mura, a volte manomesse o riutilizzate per usi profani e recentemente recuperate. Seguono la tipologia basilicale a tre navate divise da pilastri: S. Giovanni ad Muros, S. Leucio Vecchio, S. Silvestro, fondata nel 1114 (il portale è decorato da una lastra a sottosquadro con l'arcangelo Gabriele), e S. Caterina d'Alessandria, eretta nel sec. 11° e ricostruita nel 1269. Nel corso di recenti lavori di restauro di quest'ultimo edificio è stato rinvenuto il pavimento originario, a grandi tessere di pietra calcarea disposte secondo disegni geometrici; su un pilastro è leggibile un'iscrizione con il nome del notaio Elefante (sec. 12°).Presentavano, invece, una soluzione di copertura con cupole in asse le chiese di S. Egidio Vecchio, forse in origine a tre cupole con semibotti laterali e oggi adibita a usi profani, e S. Lucia, posta al limite della cinta muraria e già annessa a un monastero di monache benedettine, che segue la tipologia a due campate sormontate da cupole emisferiche dissimulate all'esterno da piramidi a 'chiancarelle', rappresentata anche dalla chiesa di S. Valentino fuori porta Ruvestina. Fondata dal giudice Maggiore, è citata nel 1168 tra i possedimenti della badia di Cava, cui appartenne sino al sec. 13°, per passare in seguito ai Templari.Seguono tipologie 'a croce contratta' o a cupole in asse anche alcune cappelle, legate in origine a casali scomparsi, disseminate nella campagna circostante: S. Aneta, oggi ridotta a rudere; Santa Croce, esternamente in forma di parallelepipedo in pietra non lavorata, che dissimula una struttura a pianta rettangolare voltata a botte interrotta da una cupola su pennacchi; Torre Santa Croce, 'a croce contratta', con torre addossata alla parete occidentale; S. Basilio, analoga come impianto alla precedente; Torre Sant'Eustachio, aggregata a una masseria, che segue invece lo schema a due cupole in asse dissimulate da coperture 'a trullo'.Musei
Nel lapidario annesso al Mus. Diocesano sono conservati frammenti lapidei provenienti dall'antica suppellettile della cattedrale, parti delle originali capriate dipinte e sculture erratiche rinvenute nel corso dei restauri. Spiccano i resti del ciborio e dell'altare basilicale, tra i quali un architrave con una lunga iscrizione con la data (1240), il nome del vescovo Domenico e quello di Gualterius, donatore o, secondo l'opinione più accreditata, autore dell'opera. Alla sua mano viene per lo più attribuito anche un capitello decorato con figure di draghi intrecciati (trafugato), analogo a quelli dei pulpiti delle cattedrali di Spalato e di Traù.A un maestro Pollice è invece riferita una lastra realizzata a sottosquadro con impiego di mastici colorati, decorata con motivi tratti da tessuti arabo-siculi, probabilmente ricollegabile alla recinzione presbiteriale, i cui frammenti sono ugualmente conservati nel lapidario.Nel Mus. e Bibl. com. E. Rogadeo si conserva il prezioso Evangeliario A 45, miniato nel 12° secolo.
Bibl.:
Fonti inedite. - Platea del Capitolo della Cattedrale, ms. del 1572, Bitonto, Bibl. Vescovile, Archivio.
Fonti edite. - Codice diplomatico barese, a cura di F. Di Vito, V, Bari 1902, pp. 46-47; Libro Rosso ovvero Platea della Magnifica Università di Bitonto, a cura di D.A. De Capua, 2 voll., Palo del Colle 1987.
Letteratura critica. - E.T. De Simone, Pochi giorni a Bitonto, 2 voll., Napoli 1876; S. Simone, La Cattedrale di Bitonto e il suo restauro, Bari 1888; M.V. Cerrotti, Breve cenno sull'origine e progresso delle parrocchie bitontine, Bitonto 1891; E. Bernich, L'arte in Puglia: Bitonto, NN 10, 1901, pp. 56-61; G. Valente, La Cattedrale di Bitonto, Bitonto 1901; L. Sylos, Restauro del Duomo di Bitonto. Relazione sulle opere d'arte, Bitonto 1933; V. Acquafredda, Bitonto attraverso i secoli, Bitonto 1937-1938; G. Antonucci, La Badia di S. Leone a Bitonto, Japigia 10, 1939, pp. 347-351; G. Guastamacchia, Il convento di S. Francesco di Bitonto dei frati minori conventuali in Puglia, Roma 1955; G. Pasculli, La storia di Bitonto, Bitonto 1962; G. Mongiello, Bitonto nella storia e nell'arte, Bari 1970; P. Belli D'Elia, La lastra di Pollice scultore ed altri fatti bitontini e non, Studi Bitontini, 1971, 6, pp. 7-28; A. Castellano, Frammenti e sculture della Cattedrale di Bitonto, Bitonto 1971; G. Mongiello, Le influenze bizantine nelle chiese rurali romaniche di Bitonto e Giovinazzo, Studi Bitontini, 1972, 8, pp. 3-22; P. Belli D'Elia, Le sculture romaniche della chiesa di S. Silvestro, ivi, 1973, 9, pp. 3-10; Castelli torri ed opere fortificate di Puglia, a cura di R. De Vita, Bari 1974 (Milano 19822), pp. 96-98; E. Cardamone, Architettura medioevale nell'agro bitontino. Chiese a cupola, NN, n.s., 13, 1974, pp. 111-115; 15, 1976, pp. 106-120; P. Belli D'Elia, M. D'Elia, Bitonto, in Alle sorgenti del Romanico. Puglia XI secolo, a cura di P. Belli D'Elia, cat., Bari 1975, pp. 230-236; L'art dans l'Italie méridionale. Aggiornamento dell'opera di Emile Bertaux, 4 voll., Roma 1978; E. Cardamone, La chiesa di S. Egidio Vecchio di Bitonto in sei secoli di trasformazioni urbane, Studi Bitontini, 1978, 24-26, pp. 5-20; A. Ambrosi, S. Egidio Vecchio, una chiesa a tre cupole in asse nel centro urbano di Bitonto, ivi, pp. 21-43; id., Variazioni nel disegno urbano nel '600 a Bitonto, in Cultura e società a Bitonto nel sec. XVII, "Atti del Seminario di Studi, Bitonto 1978-1979", Studi Bitontini, 1980, 30-31, pp. 280-342; G. De Tommasi, Il restauro della chiesa di S. Caterina d'Alessandria a Bitonto, ivi, pp. 317-383; M.S. Calò Mariani, La scultura in Puglia durante l'età sveva e protoangioina, in La Puglia fra Bisanzio e l'Occidente (Civiltà e Culture in Puglia, 2), Milano 1980, pp. 254-316; N. Lavermicocca, La pittura medioevale bitontina tra Bisanzio e l'Occidente, Studi Bitontini, 1984-1985, 42-43, pp. 16-29; S. Milillo, Di una inedita pianta topografica di Bitonto, ivi, pp. 49-52; A. Lorusso, La badia di S. Leone. Bitonto, in Insediamenti benedettini in Puglia, a cura di M.S. Calò Mariani, cat. (Bari 1980-1981), II, 1, Galatina 1985, pp. 321-331; P. Belli D'Elia, La Puglia (Italia romanica, 8), Milano 1986, pp. 224-268, 441-442; G. Orofino, Gli Evangelari in beneventana di Bisceglie e di Bitonto e la produzione miniaturistica in Puglia nel XII secolo, in I codici liturgici in Puglia, Bari 1986, pp. 197-232; A. Castellano, B. Spera, Alle nuove sorgenti del Romanico, Studi Bitontini, 1987-1988, 45-46, pp. 23-49; L. Mongiello, Chiese di Puglia. Il fenomeno delle chiese a cupola, Bari 1988, pp. 159-164, 177-191, 337-344; N. Pice, Il dictamen di Nicolaus, uno scritto encomiastico dell'età federiciana, in Cultura e società in Puglia in età sveva e angioina, "Atti del Convegno, Bitonto 1987", Studi Bitontini, 1989, 47-48, pp. 283-310.P. Belli D'Elia