Vedi BLERA dell'anno: 1959 - 1994
BLERA (v. vol. II, p. 115)
Cittadina etrusca di nome ignoto (*Plaisra?), posta sulla Via Clodia a c.a 42 miglia da Roma. Divenuta municipio romano in età sillana e ascritta alla tribù Arnensis assieme al confinante Forum Clodii, fu sede vescovile dal V sec. d.C. e quindi importante centro di confine del Ducato Romano. Alla fine dell'XI sec., ormai decaduta, fu aggregata alla diocesi di Tuscania e più tardi acquisita in feudo dai Di Vico.
L'abitato insisteva su una lingua tufacea fortemente sinuosa, alla confluenza del Ricanale nel Biedano, terminante con una punta troppo angusta e poco rilevata per essere adibita ad «acropoli». Ebbe invece questa funzione, con ogni probabilità, il settore iniziale della lingua, isolato dal retrostante pianoro grazie a una strozzatura completata artificialmente con un fossato oggi interrato. Il settore, nel quale si restrinse nel Medioevo l'intero insediamento, era difeso a N, dal lato della punta, con un secondo fossato, largo c.a 10 m, forse rimaneggiato nel Medioevo. Resti di un muro in opera quadrata sono visibili sul ciglio della rupe, specialmente dal lato del Biedano. La superficie dell'insediamento etrusco raggiungeva i 10-11 ha, dei quali 3-4 spettanti all'«acropoli».
A parte sicure tracce di frequentazione dell'Età del Bronzo Finale, la vita del sito inizia nella seconda metà dell'VIII sec. a.C., per poi svilupparsi nel VII e proseguire senza soluzione di continuità fino al Medioevo. Nel 1914 erano visibili c.a 1000 tombe di epoca etrusca intorno alla città, distribuite ad anello con i maggiori addensamenti al di là del Ricanale (loc. Casetta, Terrone e Pontone Graziolo) e sui due versanti del Biedano (loc. Petrolo, Madonna della Selva, Pariano e Pian del Vescovo). La grande maggioranza delle tombe è di VII, VI e inizî V sec., ma non infrequenti sono quelle, specialmente a fossa e a pozzetto, di IV, III e prima metà del II sec. a.C.
La tipologia delle tombe rispecchia la varietà delle relazioni culturali che hanno interessato il bacino del Biedano, in pieno accordo con la sua naturale funzione di crocevia dell'Etruria meridionale. Tra le tombe più antiche quelle a fossa con loculo laterale fanno guardare, assieme alle ceramiche decorate a excisione, verso l'agro falisco e, secondariamente, Veio e il Lazio. Seguono le assai frequenti tombe a cameretta ipogea a sezione ogivale, spesso con fenditura superiore coperta a lastroni, che si attardano a lungo nel VII sec. e postulano un forte influsso di Tarquinia. Di recente scoperta è una monumentale tomba del tipo in località Terrone, che costituisce un ibrido per l'inserzione di due coppie di pilastri interni, ispirati alle tombe principesche ceriti di età medio-orientalizzante. Di fatto dalla fine del VII sec. l'apporto cerite diventa dominante, come appare dalla copiosa serie di tumuli, a una o due camere assiali, strutturati internamente con columen a rilievo, letti scolpiti, porte e finestre incorniciate, elementi di mobilio, ecc. L'apporto cerite è confermato dalla importazione di ceramiche (buccheri, Red-Ware anche decorata a cilindretto, vasi etrusco-corinzî dipinti a squame), che stimolano una vivace ma ancora mal nota produzione in loco. Alcuni dei tumuli erano dotati esternamente di statue di sfingi e di leoni di ispirazione vulcente, ma di rude fattura locale.
Il tumulo più importante, del diametro di m 28, si trova tuttavia non presso la città ma presso il sito dipendente in località Grotta Porcina, c.a 2 km a NO sulla Via Clodia. Il tumulo, isolato da un'enorme trincea scavalcata da un ponte rupestre, era affiancato in basso da un'area teatriforme rettangolare con altare cilindrico al centro, anch'esso accessibile con un «ponte»: sia esso che l'altare erano scolpiti con un corteo di animali incedenti, unico nel suo genere in Etruria. Evidentemente avevano qui luogo i sacra di un gruppo gentilizio (forse i Cleina che hanno più tardi lasciato il loro nome sulla tagliata viaria dell'opposto versante vallivo), gruppo che esercitava un controllo di fatto sulla via che precedette la Clodia.
A partire dal 570 c.a si afferma a B. il tipo della tomba a dado, costantemente realizzato nella tecnica rupestre (a volte con integrazioni murarie), alla quale si deve la creazione di complessi scenari a più ordini sulle fronti vallive rivolte a S e a O. Laddove mancava un ciglio adeguato, come in località Pian del Vescovo, le tombe a dado erano scaglionate su terrazze parallele, echeggiando spunti di urbanistica regolare come quelli offerti dalle coeve necropoli di Caere e di Orvieto. I dadi possono essere larghi anche più di 10 m e accogliere una coppia di tombe o, come nel caso del più grande, in località Petrolo (c.a m 19 di larghezza), accogliere una tomba a cinque camere. Carattere di unicità ha il grande dado posto al centro della zona pianificata di Pian del Vescovo, a forma di casa a tetto displuviato addossata al pendio, ispirata a esperienze elaborate a Tuscania. Alla fine del VI e nei primi decenni del V sec. le facciate mostrano, come a S. Giuliano, portali eccedenti in altezza la luce della porta, nei quali si riconosce un momento del processo formativo delle finte porte della fase recenziore, peraltro piuttosto rare a Blera. Alle tombe a dado tardo-arcaiche si associano numerose tombe a nicchia, spesso incorniciata dal motivo della porta, attestanti la ripresa del rito della cremazione per defunti a quanto pare dei ceti inferiori. Alla stessa epoca si data un tempietto costruito presso il complesso teatriforme di Grotta Porcina, di cui resta un'antefissa a testa femminile di stile ionizzante.
L'eccezionale congiuntura vissuta da B. nel VI sec. a.C. - tanto più notevole per la stretta vicinanza di un centro altrettanto e forse ancor più fiorente come S. Giuliano - non si ripresentò più nel corso della sua pur lunga storia. Dopo la crisi del V sec. il centro si risollevò faticosamente, sotto la guida politica e culturale di Tarquinia, presente sul posto con un ramo della gens Spurinna (attestato epigraficamente da un sarcofago). La tomba più notevole, forse degli inizî del IV sec., è la Grotta Pinta, a pianta oblunga con colonna tuscanica al centro e pareti dipinte su spesso intonaco con un kỳma nero su zoccolo rosso. Dalla stessa località Casetta viene una statua di leone di IV sec., mentre il tempietto in località Grotta Porcina fu ridecorato con antefisse a testa di sileno e di menade di tipo orvietano-tarquiniese, forse prodotte da un'officina della quale sono apparse tracce presso la villa rustica in località Selvasecca (scavi Andrén-Berggren, v. S 1970, p. 707). Contatti con l'agro falisco sono attestati dalla sporadica adozione di camere con loculi parietali. La testimonianza più notevole di età ellenistica è comunque l'altorilievo fittile con guerriero ferito, di cui ignoriamo l'esatta provenienza, entrato con la Collezione Fol nel museo di Ginevra.
Di età tardo-repubblicana sono i due ben conservati ponti della Via Clodia, i due monumenti funerari a forma di altare rupestre scolpiti presso la via a B. e Grotta Porcina, infine le numerose ville rustiche sparse nel fertile agro. Alla prima età imperiale risalgono il mausoleo in opera cementizia noto come il Torrione, sul piano in località Casetta, e frammenti di un rilievo gladiatorio murati sulla via principale del paese.
Insediamenti minori di età arcaica, con tombe a facciata, si trovavano, oltre che a Grotta Porcina, nelle località Cerracchio e Roana, sulle vie che irraggiavano dalla Clodia in direzione di Castel d'Asso e di Ferento. Tombe a facciata di età ellenistica sono visibili in località Prato dell'Anguillara, tra B. e Grotta Porcina.
Bibl.: Insostituito resta il saggio di H. Koch, E. von Mercklin, C. Weickert, Blera, in RM, XXX, 1915, pp. 161-303. - Per la carta archeologica del territorio: S. Quilici Gigli, Blera, Magonza 1976.
Trattazioni d'insieme: S. Quilici Gigli, La Via Clodia nel territorio di Blera, Roma 1978; E. Colonna Di Paolo, Necropoli rupestri del Viterbese, Novara 1978, pp. 30-33 e passim; S. Steingräber, Etrurien, Monaco 1981, pp. 331-338; S. Quilici Gigli, in BTCGI, IV, 1985, pp. 84-89, s.v.; R. Romanelli, Necropoli dell'Etruria rupestre: architettura, Viterbo 1986, pp. 79 ss., 83 e passim.
Contributi specifici: CIE, 5876-5879, 10441-10443; G. Colonna, in S. Forsberg, B. E. Thomasson (ed.), 5. Giovenale, materiali e problemi. Atti del simposio dell'Istituto Svedese di Studi Classici a Roma, Roma 1983, Stoccolma 1984, p. 104 ss. (ceramiche locali); E. Colonna Di Paolo, Su una classe di monumenti funerari romani dell'Etruria meridionale, in Studi in onore di G. Maetzke, III, Roma 1984, pp. 513-523 (monumenti funerari ad altare); E. P. Markussen, Out of Tarquinia: the Grotta Penta at Blera, in AnalRom, XIV, 1985, pp. 17-36; G. Colonna, Membra disiecta di altorilievi frontonali di IV-III secolo, in Atti del XVI Convegno di Studi etruschi e italici, Orbetello 1988, Firenze 1992, pp. 101-126 (altorilievo a Ginevra).
Sugli scavi più recenti nella necropoli: L. Ricciardi, in StEtr, LI, 1983, pp. 389-391; LII, 1984, p. 289 ss.; LIV, 1986, pp. 347-351. Cfr. anche i contri- liuti della stessa e di L. Santella in La Torretta, rivista della biblioteca comuna- le di Blera, II-V, 1985-1988.
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