Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Il trattato De institutione musica di Boezio è l’opera dalla quale in tutto il Medioevo, a partire dall’età carolingia, si traggono i fondamenti della teoria musicale. Quest’opera traduce il sistema greco antico di organizzazione dei suoni in precisi rapporti proporzionali nell’ambito di una scala musicale, poi riadattata alle esigenze del canto liturgico e alla classificazione modale delle melodie gregoriane. Pur essendo centrato sulla matematica musicale applicata a quel settore della musica che Boezio definisce “strumentale”, il trattato musicale di Boezio è noto ai medievali anche per il tema platonico dell’armonia cosmica, che il filosofo romano vede realizzata nell’inudibile musica delle sfere.
Anicio Manlio Torquato Severino Boezio
Musica e udito
De institutione musica, cap. I, 1, 2, 10, 34
(I,1)
È infatti manifesto che non c’è nessun ingresso alle conoscenze scientifiche migliore dell’udito. Poiché dunque per l’udito i ritmi e i modi scendono fino all’animo, non si può dubitare che, in base a come sono, influenzino e conformino la mente.
(I, 2)
Come è possibile che la macchina del cielo, così veloce, si muova con movimento tacito e silenzioso? Sebbene quel suono non giunga al nostro orecchio, cosa che di necessità deve dipendere da molte cause, pure un movimento così veloce di corpi celesti tanto grandi non potrà non generare un suono, tanto più che i corpi degli astri sono congiunti con connessione così stretta che nulla può essere pensato di così ben organizzato e ordinato. Pertanto, alcuni circuiti planetari sono più in alto, altri più in basso, e tutti girano con impulso talmente concorde che nonostante le diverse disuguaglianze ne risulta un ordine stabile di movimenti. Per cui in tale stabilità di rotazione celeste non può mancare uno stabile ordine di modulazione sonora.
(I, 10)
Pitagora si impegnò a lungo nel cercare per quale ragione, con fermezza e stabilità, potesse egli conoscere gli intervalli delle consonanze. Passeggiando così soprappensiero davanti ad una fucina, gli accadde quasi provvidenzialmente di sentire che gli impulsi dei martelli formavano da suoni diversi una certa concordanza. Sbalordito […] ritenne che fosse la forza degli operai a causare la diversità dei suoni uditi; e per capirlo meglio ordinò che si scambiassero i martelli. Ma la proprietà dei suoni non era data dai muscoli degli uomini, bensì dai martelli. Appena lo capì, ne esaminò il peso, ed essendo questi cinque, individuò che erano in rapporto doppio (2:1) i pesi di quelli che risuonavano in consonanza diapason (ottava); il più pesante a sua volta era in proporzione sesquiterza (4:3) con un altro con cui risuonava in consonanza diatessaron (quarta). Un quarto maglio che con il più pesante era in proporzione diapente (quinta) era con quello in rapporto sesquialtero (3:2). I due di peso medio […] risultarono in rapporto sesquiottavo (9:8).
(I, 34)
Quanto è più nobile la scienza musicale nella conoscenza della sua teoria che nell’esecuzione e nella prassi! Tanto quanto il corpo è superato dalla mente […]. Perciò il musico è colui che ha ottenuto la conoscenza del canto con il giudizio razionale, non al servizio della prassi, ma nel dominio della speculazione […]. Tre, dunque, sono le tipologie di uomini che operano nell’arte musicale. Il primo è chi agisce sugli strumenti, il secondo chi compone poesie, il terzo chi giudica l’opera strumentale e la poesia. Ma quello che opera sugli strumenti, in essi ripone tutto il suo lavoro, come sono i citaredi […]. Il secondo genere […] è quello dei poeti, che non tanto in base alla speculazione e alla ragione, quanto per un certo istinto naturale sono portati a poetare, e anche questo genere va escluso dalla musica. Il terzo è quello di chi ha la capacità di giudicare così da poter valutare i ritmi, le melodie e la poesia nel suo insieme. La qual cosa, poiché consiste tutta nella ragione e nella speculazione, in maniera propria spetterà alla musica, e musico è dunque colui che possiede la facoltà di giudicare, secondo la speculazione e la suddetta ragione conveniente alla musica, su ritmi, modi, generi delle melodie, sulle loro combinazioni e su tutte quelle cose che tratteremo, nonché sui carmi dei poeti.
Nell’introduzione al trattato De institutione arithmetica Boezio usa, per la prima volta in Occidente, il termine quadrivium per indicare l’organizzazione delle scienze matematiche in quattro diverse discipline: aritmetica, geometria, musica e astronomia. Questa organizzazione è già presente in Platone nella Repubblica, VII, ed è seguita dai filosofi successivi che si collocano nella tradizione pitagorico-platonica, i quali riconoscono nel numero il principio fondante dell’organizzazione razionale del mondo. La conoscenza scientifica è tale se la mente riesce a cogliere gli aspetti numerici che stanno alla base del manifestarsi delle cose sensibili. Dunque anche il mondo dei suoni, nella sua pluralità e diversità di espressioni, può essere indagato scientificamente attraverso l’indagine delle altezze degli intervalli, ridotte in parametri matematici. Gli intervalli musicali di base, fondamento dell’organizzazione melodica anche nella musica antica, cioè gli intervalli di ottava, quarta, quinta, e di tono (la differenza naturale fra quarta e quinta), risultano essere infatti riducibili a rapporti numerici (rispettivamente di 2:1, 3:2, 4:3 e 9:8), individuati in modo empirico dividendo in sezioni una corda tesa e graduata (il monocordo) fatta risuonare secondo tali divisioni proporzionali.
Lo studio teorico del suono secondo i parametri matematici che determinavano le diverse altezze viene definito scienza armonica, settore della matematica e arte liberale. Il merito di Boezio è quello di riunire i saperi di questa disciplina trasmessi dai musicografi antichi in un’unica trattazione, il De institutione musica, opera giovanile in cinque libri, rimasta purtroppo interrotta, ma la cui enorme fortuna la fa essere il principale fondamento della teoria musicale medievale. In quest’opera Boezio stabilisce, riferendosi alla sua fonte principale, il matematico pitagorico Nicomaco di Gerasa, che la musica è la scienza del numero relazionato al suono, e che la consonanza è l’oggetto indagato nella scienza musicale. Partendo dall’idea di suono musicale come “incidenza della voce adatta al canto”, Boezio ritiene che solo i suoni modulati secondo precisi intervalli di altezza sono utili in musica. La misurazione del rapporto fra due suoni di altezza diversa consente perciò di stabilire cosa sia la consonanza: “una soave concordia di suoni fra loro dissimili riportata all’unità”. Poiché il suono modulato è anzitutto oggetto di sensazione, Boezio aggiunge alla definizione della consonanza anche una valutazione dell’impatto che essa ha a livello uditivo: “la consonanza è mescolanza di un suono acuto e di uno grave che stimola l’udito con dolcezza e uniformità” (I, 8), mentre la dissonanza è la mescolanza “dura e sconveniente” di due suoni. Volendo fondare la scienza musicale sull’oggetto “consonanza”, quanto alla sua natura numerico-proporzionale, Boezio individua quali rapporti la esprimano, cioè i rapporti semplici scoperti, secondo la tradizione, da Pitagora nell’officina del fabbro.
Pitagora, secondo Boezio, trova il fondamento scientifico della consonanza perché riesce a capire qual è la proprietà dell’intervallo musicale che non varia al variare di tutti gli altri aspetti accidentali, e la individua nel peso dei martelli, esprimibile con un valore numerico immutabile. Questo fondamento della matematica musicale, che è un principio basilare della musica occidentale, consente a Boezio di costruire una scala di suoni, dove ogni intervallo musicale è espresso da un preciso rapporto proporzionale, fondato sull’intervallo che più di tutti esprime il senso dell’unità e dell’uguaglianza, cioè l’intervallo di ottava o doppio (2:1), il più semplice che si individua a partire dall’uguaglianza. A sua volta tale rapporto, inscindibile in ulteriori rapporti più semplici, è dato dalla somma proporzionale di altri due rapporti semplici: 3:2 (intervallo di quinta), e 4:3 (intervallo di quarta). Infatti 2:1 = 3:2 x 4:3. A partire da queste, Boezio computa il valore proporzionale di altre due consonanze: ottava più quinta (dodicesima, cioè 3:1) e doppia ottava (4:1). Tali consonanze sono tutte espresse con frazioni che impiegano i primi quattro numeri naturali (1, 2, 3, 4), la cui somma è 10, numero pitagorico perfetto.
Il De institutione musica entra anche nel merito della composizione proporzionale degli intervalli musicali, e quindi studia gli intervalli di tono e semitono. Il problema principale, oggetto di più dimostrazioni sia aritmetiche che geometriche, riguarda l’impossibilità di dividere il tono, espresso dal rapporto 9:8, in due semitoni del medesimo valore proporzionale. La ricerca dei valori adeguati per i semitoni maggiore e minore e per la loro differenza (comma) desterà notevole interesse in età medievale, in quanto è preliminare alla determinazione della notazione musicale.
Boezio è l’unico musicografo della tarda antichità a porsi in modo sistematico il problema della notazione della musica, determinando la successione delle altezze dei suoni sia con il calcolo matematico, sia con simboli alfabetici. Questa trattazione influisce enormemente sullo sviluppo della musica medievale, nel momento in cui diviene necessario trasmettere il repertorio gregoriano. La definizione di un “sistema” di suoni utilizzabili per il canto è infatti la premessa indispensabile per concepire il flusso melodico come una successione di altezze incluse nella gamma stessa, e quindi riducibili in notazione.
Lo studio della gamma dei suoni è condotto da Boezio partendo dal sistema greco, che abbina un simbolo alfabetico alla “corda” della cetra intonata secondo una successione predisposta. Boezio organizza uno schema di altezze comprese fra due ottave, ricalcando il “sistema perfetto greco” nel modo lidio. L’antica notazione greca non fa riferimento a un’altezza considerata come base della gamma, cioè a una “tonica”, ma a una disposizione intervallare di suoni fissi e mobili nell’ambito del tetracordo, quattro suoni i cui estremi sono intonati a intervallo di quarta giusta. L’insieme di due tetracordi consente di creare una gamma più ampia di suoni, l’ottacordo, che, ampliato ulteriormente con l’aggiunta di altri due tetracordi, permette infine di definire una gamma di altezze corrispondente all’estensione media della voce umana, in pratica due ottave. Si tratta di una struttura scalare concepita per fini teorici, ma la sua adozione è di grande rilievo, perché imposta la scala dei suoni a partire dall’intervallo di ottava (diapason), all’interno del quale vengono definiti con valori appropriati gli intervalli di quinta, quarta, tono, semitono, doppia ottava e tutti gli altri. Boezio unisce a questa definizione della gamma dei suoni anche la nomenclatura greca delle corde, esprimendola con l’alfabeto latino.
A partire dalla gamma di suoni, Boezio costruisce anche sette diverse specie di ottava, o scale di trasposizione, che chiama modi, o tropi o anche toni, e che i teorici medievali mettono in relazione col sistema dei modi liturgici gregoriani. I modi gregoriani e quelli definiti da Boezio sono profondamente diversi, ma entrambi sono caratterizzati da due principi comuni: l’intervallo di ottava inteso come ambito all’interno del quale si struttura la “scala” e l’assenza di intervalli più piccoli del semitono.
Secondo Boezio, che si appella alla filosofia platonica, il fenomeno fisico del suono e della musica è solo un aspetto di ciò che la musica è realmente. Musica è infatti la totalità dei fenomeni naturali nei quali sono presenti ordine e armonia, a cominciare dall’espressione più alta di tale ordine, cioè il moto regolare dei cieli.
Questa idea è formalizzata nel De institutione musica dividendo la musica stessa in tre grandi generi, cioè musica del cosmo, dell’uomo e degli strumenti; tre diverse realtà, tutte e tre connesse dal “potere dell’armonia”. Questa celebre tripartizione della musica in mondana, humana e instrumentalis, costituisce la nozione più nota, a partire dal Medioevo, della concezione boeziana della musica.
La musica strumentale è il vero oggetto della trattazione di Boezio, essendo riferita al suono concreto di cui il filosofo romano indaga i parametri matematici, come è stato sopra sintetizzato. La musica umana è l’armonia dell’anima e del corpo, a sua volta riflesso dell’armonia cosmica, secondo la dottrina esposta da Platone nel Timeo e nella Repubblica, dialoghi entrambi noti, sebbene solo parzialmente, agli intellettuali latini della tarda antichità. Di questi due generi di musica Boezio annuncia una trattazione più ampia, che non ci è pervenuta, ma le poche affermazioni fatte al riguardo della musica cosmica susciteranno in età medievale un grande interesse, che ruota appunto attorno al topos della musica delle sfere.
Per Boezio, in conformità con il pensiero di Nicomaco, la musica dei corpi celesti è sonora, e presenta un “rapporto ordinato” di modulazione corrispondente all’ordine razionale che determina il moto dei pianeti. L’effettiva armonia musicale scaturita dal vorticoso girare dei corpi celesti è però discussa in breve (I, 27), riferendo due opposte soluzioni: quella di Nicomaco e quella di Cicerone. Tenendo conto, come fa Nicomaco, dei percorsi compiuti dai pianeti nelle loro rotazioni, assimilabili a lunghezze di corde musicali, risulta che Saturno è il pianeta la cui orbita descrive un giro maggiore, dunque dal suono grave. Viceversa, secondo Cicerone non è la lunghezza del percorso ma la velocità di rotazione del pianeta che deve essere rapportata all’altezza del suono; quindi Saturno, il pianeta più celere, produce il suono più acuto. Oltre alle due diverse ipotesi riferite da Boezio, anche altre soluzioni relative alla musica delle sfere vengono spesso citate nel Medioevo. Si tratta dell’idea proposta da Plinio il Vecchio nella sua Storia naturale (II, 20) e quella del filosofo pagano Marziano Capella, autore di un’influente opera prosimetrica sulle discipline liberali, le Nozze di Mercurio e Filologia.
Possibili abbinamenti fra corde e pianeti in Boezio, De institutione musica (I, 27)
secondo Nicomaco:
Luna = nete synemmenon
Mercurio = parante synemmenon
Venere = trite synemmenon
Sole = mese
Marte = lichanos meson
Giove = parhypate meson
Saturno = hypate meson
secondo Cicerone:
Luna = proslambanomenos
Mercurio = hypate hypaton
Venere = paryphate hypaton
Sole = lichanos hypaton
Marte = hypate meson
Giove = parhypate meson
Saturno = meson
Firmamento = mese
Insieme alla realtà celeste, per Boezio anche la realtà terrena presenta armonia fra le sue componenti: infatti i quattro elementi empedoclei che formano ogni sostanza materiale (terra, aria, acqua e fuoco) sono in equilibrio e proporzione. E anche il corso ciclico del tempo scandito dalle rotazioni celesti presenta armonia e concordia, manifestata sulla terra dall’alternarsi delle stagioni.
La musica umana, secondo il genere in cui Boezio divide la totalità della musica, è riflesso di questa cosmica armonia. Anch’essa inudibile, si percepisce attraverso un’analisi interiore dalla quale emerge che l’anima, il corpo e la loro combinazione nel composto umano sono componenti strutturati in mirabile proporzione. Boezio dimostra anche in questo di seguire l’idea platonica di armonia macro e microcosmica esposta nel Timeo, ma non tralascia di citare apertamente Aristotele e il De anima, III, 9, nel momento in cui sottolinea che le due componenti, razionale e irrazionale, dell’anima devono essere in perfetto equilibrio per la giusta armonizzazione psichica: l’armonia, ribadisce Boezio, è sempre la congiunzione di cose contrarie, ed è compresenza di elementi opposti.