FABA (Fava), Bonapace (Bombasius)
Fu uomo politico e capo militare bresciano: la sua attività è documentata dal 1180 al 1221.
Ignoriamo l'esatta posizione sociale della famiglia Faba: il suo patronimico suggerisce che si tratti di homines novi di epoca comunale (il titolo comitale attribuitole da H. Becher deriva certamente da un malinteso). Diversi parenti del F. svolgevano un ruolo attivo nella vita politica intorno al 1200: se di suo padre, che sembra si chiamasse Giovanni Ode, nulla si sa, in compenso di suo figlio Aliprando sappiamo che esercitò diversi podestariati, mentre un altro suo parente, anch'egli chiamato Giovanni, fu console e rector della Lega lombarda (1173-1194); un altro Faba, Inverardo, fu console nel 1217, mentre un Alessandro sarà podestà di Ascoli nel 1278.
Il F. compare per la prima volta nel 1180, quando partecipò alla creazione, da parte del Comune di Brescia, del borgo franco di Casaloldo. Il 14 genn. 1192 era fra i Bresciani che discutevano i termini del privilegio che Enrico VI si proponeva di accordare alla città, a garanzia della riconciliazione operatasi dopo la vittoria bresciana su Bergamo e Cremona. Lo stesso anno, o l'anno dopo - in realtà forse in un periodo a cavallo tra il 1192 e il 1193 - il F. fu podestà di Milano, mentre suo figlio esercitò la stessa carica ad Alessandria. Il F. fu uno dei primissimi forestieri ad esercitare questa funzione nella metropoli lombarda. La scelta di un bresciano si spiega facilmente con l'antica alleanza tra le due città; il F. successe del resto al suo concittadino Rodolfo da Concesa, podestà nel 1191.
Il F. venne chiamato in una situazione di estrema urgenza: col sostegno di Enrico VI, tutti i nemici di Milano - Cremona, Bergamo, Pavia, Lodi, Como - si erano alleati, invadendo il contado da ogni lato. Il F. trionfò successivamente su tutti i fronti, in una straordinaria serie di manovre in cui operavano ora l'esercito milanese al completo, ora soltanto certe "porte". Una prima campagna, diretta contro i Bergamaschi, devastò la parte meridionale del loro territorio (Romano, Cortenuova). Ma intanto gli altri nemici avevano cominciato a scavare, tra il Lambro e l'Adda, un fossato navigabile che avrebbe permesso a Lodi di controllare il commercio milanese. L'esercito milanese si precipitò sul campo: il 31 maggio 1193 gli alleati furono battuti - molti di essi furono catturati, altri morirono annegati - e il fossato riempito; i Milanesi riportarono in trionfo il carroccio di Cremona. Nei mesi successivi altre campagne militari devastarono l'Isola Brembana bergamasca, mentre i Comaschi furono battuti a Brebbio e i Pavesi e i Lodigiani subirono nuove sconfitte. Questa impressionante serie di vittorie riportate durante il podestariato del F. permise ai Milanesi di concludere trattati vantaggiosi coi loro nemici a partire. dall'inizio del 1193. Il F., tornato a casa - coperto di gloria, come è facile immaginare -, venne delegato da Brescia a giurare la tregua tra le città lombarde resa possibile dalle sue vittorie (Lodi, 17-18 maggio 1194).
Nel 1198 (piuttosto che nel 1197, come vorrebbero certi autori) il F. compare di nuovo, questa volta in qualità di podestà di Vicenza, in circostanze estremamente importanti, in cui dette prova di grandi capacità di capo politico e militare. Come già a Milano, fu uno dei primi podestà chiamati dalla città, turbata dalla rivalità tra due fazioni, quella dei conti e quella dei sostenitori del vescovo. A possibile che il F. sia stato chiamato come arbitro, ma più probabilmente fu scelto dalla pars comitis. Il suo podestariato fu contraddistinto da una campagna militare, che ebbe conseguenze di grande portata: l'esercito vicentino attaccò Ezzelino da Romano - che era allora all'inizio della sua carriera, anche se Vicenza nutriva già nei suoi confronti sufficienti motivi di risentimento - e i suoi alleati padovani. Mentre Ezzelino radunava le sue forze per contrattaccare, Padova propose una composizione pacifica del conflitto, rifiutata tuttavia dai Vicentini.
Nel corso della controffensiva di Ezzelino e dei suoi alleati l'esercito vicentino fu battuto (Carmignano, agosto 1198) e perse 2.000 prigionieri e il carroccio. Il F. ottenne allora l'aiuto di Verona, cosa che gli permise di rovesciare la situazione a suo vantaggio: Veronesi e Vicentini respinsero il nemico fin sotto le mura di Padova. Ne conseguì un balletto di alleanze: i Veronesi stipularono una pace separata con Ezzelino, mentre i Padovani, ritenendosi traditi, gli si rivoltarono contro. 1 Vicentini, intanto, tornarono a casa soddisfatti, dopo aver liberato i concittadini che erano caduti prigionieri. Si chiuse così il difficile podestariato del F., glorioso per lui ma carico, a lungo termine, di pesanti conseguenze per l'Italia nordorientale. Questa guerra fu infatti l'inizio della lunga' serie di violenze che per tutta la vita di Ezzelino insanguineranno la regione.
Il F. sembra non aver più esercitato podestariati nel periodo successivo. Nel 1202 rappresentò Brescia ai negoziati per una tregua tra Milano e Cremona. Nel 1206-1207 le fonti ce lo mostrano coinvolto - ma con un ruolo secondario - nella guerra civile che dilaniava Brescia. Apparteneva allora - se interpretiamo correttamente testi confusi - alla fazione della societas militum che si era impadronita del potere cittadino (vi apparteneva anche un suo parente, Giovanni). È ricordato l'ultima volta il 19 nov. 1221, come testimone di un'investitura feudale da parte della badessa di S. Giulia di Brescia.
Il F. è raffigurato in un affresco del broletto di Brescia che rappresenta un corteo di prigionieri a cavallo con l'indicazione dei loro nomi e si riferisce a un episodio non ancora bene identificato delle lotte di fazioni di quel periodo. Vi è, rappresentato come un uomo anziano, vestito d'un grande mantello scuro, che con aria afflitta sostiene la testa con una mano, guidando con negligenza il suo cavallo.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Milano, Fondo di religione, Perg. per feudi, cart. 85, 19 nov. 1221; G. Fiamma, Manipulus Florum, in L. A. Muratori, Rer. Ital. Script., XI, Mediolanì 1727, col. 658; Rolandini Patavinì Cronica in factis et circa facta marchie Trivixane, in Rer. Ital. Script., 2 ed., VIII, 1, a cura di A. Bonardì, p. 21; Cronaca di Antonio Godi vicentino, ibid., VIII, 2, a cura di G. Soranzo, pp. 5 s.; G. Maurisii Cronica dominorum Ecelini et Alberici fratrum de Romano ibid., VIII, 4, a cura di G. Soranzo, p. 8; Annales Mediolanenses breves, a cura di Ph. Jaffé, in Mon. Germ. Hist., Script., XVIII, Hannoverae 1862, p. 390; Annales Mediolanenses minores, ibid., p. 396; G. Fiamma, Chronicon extravagans et Chronicon maius, a cura di A. Ceruti, in Miscell. di storia ital., VII (1869), p. 736; Liber Potheris Comunis Civitatis Brixie, in Monum. hist. Patriae, XIX, Augusta Taurinorum. 1899, n. 8 col. 20, n. 36 col. 104; Gli atti del Comune di Milano fino all'anno MCCXVI, a cura di C. Manaresi, Milano 1919, nn. 54 p. 80, 160 p. 234, 162 p. 237, 184 p. 261, 185 p. 262, 251 p. 351; p. 550; O. Rossi, Elogi historici di bresciani illustri, Brescia 1570, pp. 41 s.; F. Odorici, Storie bresciane, Brescia 1856, V, pp. 209, 212, 218; VI, pp. 43, 91; VII, nn. 239 p. 37, 241 p. 42; G. Giulini, Mem. spettanti alla storia... di Milano, IV, Milano 1865, pp. 61 s.; F. Odorici, Bresciani reggitori d'altre italiche città, in Monum. hist. patriae, XVI, 2, Augusta Taurinorum 1876, col. 1584 (73-74); G. Panazza, Affreschi medioevali nel broletto di Brescia, in Commentari dell'Ateneo di Brescia, a.a. 1946-1947, pp. 86, 88; G. Franceschini, La vita sociale e politica nel Duecento, in Storia di Milano, IV, Milano 1954, pp. 129 ss.; A. Bosisio, IlComune, in Storia di Brescia, I, Brescia 1963, pp. 628, 639 n. 3, 642 n. 3, 647, 669 n. 2; A. Caretta, Exercitus fossati de Laude, in Arch. stor. lodigiano, XV (1967), pp. 65-99; H. Becher, Das königliche Frauenkloster S. Salvatore/S. Giulia in Brescia im Spiegel seiner Memorialüberlieferung, in Frühmittelalterliche Studien, XVII (1983), p. 376; G. Piovanelli, I podestà bresciani nell'Italia medioevale, Montichiari 1983, p. 22; F. Menant, La transformation des institutions et de la vie politique milanaises au dernier dge consulaire, in Atti dell'XI congr. int. di studi sull'alto Medioevo, Spoleto 1989, p. 140.