BONIFACIO VIII
Pontefice dal 1294 al 1303, al secolo Benedetto Caetani, B. nacque ad Anagni da una famiglia di piccola nobiltà. Ignota la data di nascita (si suppone possa collocarsi nel quarto decennio del sec. 13°), ignote anche le vicende dei primi anni, le notizie più antiche sono del 1260, quando, per volere di Alessandro IV, fu nominato canonico della cattedrale di Todi. È probabile che a Todi, e poi a Spoleto e Perugia, seguisse gli studi di diritto, portati a termine in seguito, forse durante il soggiorno a Bologna e ancora negli anni trascorsi presso la curia romana.Negli anni precedenti alla sua elezione a cardinale diacono del titolo di S. Nicola in Carcere (nel 1281, sotto il pontificato di Martino IV) e ancora tra questa data e il 1291, quando gli fu assegnato il titolo di S. Martino ai Monti, Benedetto Caetani svolse un'intensa attività diplomatica, finalizzata da un lato a comporre il dissidio tra Francia e Inghilterra e a definire gli accordi tra Aragonesi e Angioini, dall'altro a risolvere complessi problemi di carattere giurisdizionale (legati ai contrasti, in Francia, tra clero regolare e secolare e, in Portogallo, tra la Corona e la Chiesa). Proprio tale azione politica (che continuò incessantemente anche durante gli anni del pontificato), insieme all'impegno per la crociata e all'attività di governo della Chiesa, venne proposta all'ammirazione dei contemporanei nel Decimale carmen compositum ad laudem domni Bonifatii pape VIII, in occasione della solenne consacrazione, nel 1296, della sua cappella sepolcrale in Vaticano: "Romane prosperitatem Ecclesie, treguas in bellis, federa regum et crucis effectum cupitis mundique quietem" (Roma, BAV, lat. 2854, cc. 22v-23r; Maccarrone, 1983a, pp. 758-759).Negli anni precedenti all'elevazione al pontificato, Benedetto Caetani si adoperò anche per la costituzione di un vasto patrimonio familiare con la rapida acquisizione di beni e giurisdizioni nei territori di Anagni, Alatri, Ferentino - venendosi in tal modo a scontrare con gli interessi dei Colonna che gravitavano in quella zona -, nella contea di Fondi, in Terra di Lavoro e nel patrimonio di S. Pietro in Tuscia, con una politica di acquisti che continuò anche dopo essere divenuto papa.Eletto pontefice il 24 dicembre 1294, B. fu consacrato e incoronato in S. Pietro nel gennaio successivo. In una miniatura (Roma, BAV, lat. 4933, c. 7v; Maddalo, 1983, p. 141ss.) che illustra, in un manoscritto dell'Opus metricum di Iacopo Stefaneschi, il racconto dell'incoronazione, B. è raffigurato sotto il portico di S. Pietro mentre viene rivestito della tiara dal cardinale diacono, Matteo Rosso Orsini, alla fine della cerimonia di consacrazione e prima della cavalcata verso il Laterano per la presa di possesso del patriarchium. Allo stesso evento, ma in particolare alla cerimonia di investitura temporale di B. presso il patriarchio Lateranense, potrebbe far riferimento l'affresco dell'antica loggia delle benedizioni in Laterano (Maddalo, 1983, p. 140ss.; 1984) - abbattuta per volere di Sisto V alla fine del sec. 16° - che una tradizione accreditata, anche se piuttosto tarda, non anteriore infatti ai primi decenni del sec. 19° (Maddalo, 1984, p. 326), vuole rappresenti l'indizione da parte di B. del primo giubileo; questo in realtà fu promulgato dal Vaticano e non dal Laterano e anzi la basilica di S. Giovanni fu, tra l'altro, esclusa dall'indulgenza giubilare fino al 1350 (Maccarrone, 1983a, p. 749). La scena della benedizione - di cui sopravvive oggi solo un frammento, murato nel terzo pilastro della navata di S. Giovanni in Laterano, con B. tra Matteo Rosso Orsini e un chierico, mentre alla sua sinistra si intravede una figura di profilo identificabile con Celestino V (Maddalo, 1983; 1984) - faceva parte di un vero e proprio ciclo pittorico che comprendeva anche il Battesimo di Costantino e la Fondazione della basilica Lateranense secondo la testimonianza di Panvinio (1570) e che rappresentava, per gli impliciti riferimenti al Constitutum Constantini, quasi il manifesto della politica teocratica di B. e l'"affermazione enfatica della Chiesa di Roma" (Belting, 1983, p. 94). Tale lettura ideologico-politica induce ad anticipare la cronologia dell'affresco - solitamente riferito al 1300, per la connessione con l'evento giubilare - agli anni 1297-1298, nel momento culminante della lotta contro i Colonna, sostenitori dell'illegittimità dell'elezione di B., e di conseguenza a modificare anche la datazione della loggia, costruita sul lato settentrionale dei palazzi papali, verso il campus lateranense. L'ipotesi non sarebbe in contraddizione con quanto osservato a proposito delle analogie tra questa sorta di monumentale ciborio - le cui forme sono state tramandate dal taccuino di disegni di Martin van Heemskerck, del 1535 ca. (Berlino, Staatl. Mus., Pr. Kulturbesitz, Kupferstichkab., 79.D.2, c. 71r) - e l'arnolfiano sacello di Bonifacio IV in Vaticano, realizzato per volere di B. come cappella sepolcrale e organizzato anch'esso "secondo un saldo disegno ad quadratum" e un "sistema a rigide strutture architravate" (Romanini, 1969, pp. 91, 101). La già citata cappella sepolcrale di B. - dove egli sarebbe stato sepolto solennemente nel 1303 -, collocata all'ingresso della basilica vaticana, era anch'essa funzionale all'esaltazione del pontefice e alla legittimazione del suo magistero, oltre che a sottolineare i suoi profondi legami con la basilica di S. Pietro. Interamente progettata e realizzata da Arnolfo di Cambio, come recitava un'iscrizione (Romanini, 1969, p. 85, n. 105), la cappella bonifaciana conteneva infatti - secondo la seicentesca Descrizione di Grimaldi - l'altare dedicato a Bonifacio IV, il monumento funebre con la statua giacente di B. rivestito dei paramenti solenni e del regnum, due angeli reggicortina (Roma, S. Pietro in Vaticano, Grotte); all'esterno della cappella, ma subito adiacente ad essa, si trovava il busto di B. benedicente, insignito ancora una volta degli attributi papali, oggi conservato negli appartamenti pontifici (D'Arrigo, 1980; Romanini, 1983; Gardner, 1983; Rash, 1987); il programma iconografico era completato dal mosaico attribuito a Iacopo Torriti, nel quale ancora una volta era rappresentato B. (Maccarrone, 1983b, p. 757; Tomei, 1990, pp. 127-130). Con lo stesso intento, se pure non commissionate personalmente da B. - che comunque preferì la scultura alla pittura per pubblicizzare la propria immagine (Gardner, 1983, p. 518) -, vennero realizzate le statue marmoree a lui dedicate dal comune di Orvieto (1297 ca.) e poste su due porte della città, quella collocata in un tabernacolo all'esterno del duomo di Anagni, la statua bronzea offerta a B. dai Bolognesi (Bologna, Mus. Civ. Medievale) e innalzata all'esterno del palazzo della Biada, la figura marmorea in trono che, sulla facciata di S. Maria del Fiore a Firenze, ricordava il ruolo sostenuto dal pontefice nella fondazione della chiesa. Queste immagini - la cui matrice iconografica è antica e imperiale non solo nel busto vaticano, che sembra avere il suo immediato precedente nelle statue duecentesche di ambito federiciano (Gardner, 1983, p. 514) e in prototipi classici, ma anche negli esemplari di Anagni e di Orvieto -, insieme alla statuetta d'argento che B. volle fosse posta, con una della Madonna, sull'altare della cattedrale di Amiens nel 1301, valsero al pontefice l'accusa di idolatria formulata da Guglielmo di Nogaret nel processo intentato in Francia contro di lui da Filippo il Bello (Schmidt, 1986; Rash, 1987; Boniface VIII, in corso di stampa). Veniva in tal modo a crearsi, ancora in vita B., un'iconografia papale i cui caratteri, fatto senza precedenti nella storia del ritratto papale medievale, erano stati dettati dallo stesso papa. Tale iconografia, che prende le mosse dal busto arnolfiano del Vaticano o - qualora si sposti più avanti la datazione del busto, mettendolo in rapporto con le statue di S. Maria del Fiore (D'Arrigo, 1980, pp. 376-377; Romanini, 1983, p. 43), e si accetti di anticipare la cronologia dell'affresco lateranense (Maddalo, 1983) - dall'immagine dipinta sulla loggia delle benedizioni in Laterano, influenza le successive raffigurazioni del pontefice, da quella affrescata in S. Maria Incoronata a Napoli (sec. 14°) a quella inserita nelle Storie di s. Ludovico nella cappella Bandini Piccolomini in S. Francesco a Siena (prima metà del sec. 14°).Sono invece realizzate con scarsa caratterizzazione fisionomica, e rientrano quindi in una tradizione iconografica autonoma, le immagini miniate nei codici che tramandano il Liber sextus Decretalium dello stesso B. (per lo più nel commento di Giovanni d'Andrea), nella pagina d'incipit con l'offerta del libro al pontefice: per es. in apertura del manoscritto di Cambridge (St John's College, A.4), che è uno dei più antichi, in un codice di Barcellona (Arch. de la Corona de Aragón, Bibl. Auxiliaria, 19, c. 1r) e in due codici di Vienna (Öst. Nat. Bibl., 2041 e 2042) databili alla seconda metà del sec. 14° e attribuiti alla bottega di Giacomo da Bologna. Ancora più generica appare, in un codice conservato a Parigi (BN, fr. 5716), contenente il racconto della vita di s. Luigi, la raffigurazione di B. in trono cui un monaco offre un esemplare dell'opera (c. 2r).Nel campo architettonico a B. e alla sua famiglia sono da collegare il castello costruito presso il sepolcro di Cecilia Metella a Capo di Bove, sulla via Appia, nonché l'annessa cappella di S. Nicola (Righetti Tosti-Croce, 1983, p. 502; 1991, pp. 121-126). Il palazzo, a due piani e cinque ambienti, utilizza, a scopi difensivi, il monumento classico, privandolo delle sue funzioni originarie, e appare tipologicamente molto vicino al palazzo dei Caetani a Ninfa. La cappella di S. Nicola, a navata unica con abside di accentuata sporgenza, semplice portale, allungate monofore archiacute alternate, sui fianchi, a contrafforti, si presenta tributaria di esempi mendicanti e insieme fortemente suggestionata, se pure in chiave tutta romana (Righetti Tosti-Croce, 1983; 1991), dalla cultura architettonica francese e in particolare da quella angioina di Napoli, veicolata in questo caso dallo stesso B., che a lungo soggiornò in Francia, e da Arnolfo di Cambio, di cui sono noti i legami personali con Carlo d'Angiò, così come dall'ambito cistercense si possono far derivare, nella chiesa, elementi architettonici scolpiti, quali per es. i peducci dei costoloni. A una diversa tradizione architettonica fa riferimento, invece, il palazzo papale di Anagni (Marchetti Longhi, 1920; Zander, 1951), che presenta una struttura quadrilatera articolata in corpi diversi e che si può mettere in relazione piuttosto con il palazzo dei Papi di Viterbo (metà sec. 13°).
Bibl.:
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