BONINCONTRO di Giovanni d'Andrea (Bonincontrus, Bonicotus, Bonicontius, Bonincotus)
Figlio del canonista Giovanni d'Andrea, ottenne il dottorato in ius civile nel 1309 e nello stesso torno di tempo anche quello in diritto canonico.
Un documento utilizzato dal Fantuzzi fa sapere che nel 1321 B. aveva già preso in moglie Margherita Lustignani (v. pure Schulte, II, p. 242 n. 1). Si ha notizia d'una loro figlia, Mea, vissuta almeno fino al 1373.
B. ebbe parte nelle intricate vicende bolognesi di quegli anni: nel 1335 era membro, insieme con Filippo Formaglini (che nel 1326 aveva sposato la sorella di lui più giovane, Novella: Rossi, pp. 1475 s., 1480), d'una commissione cui era demandato l'esame delle questioni relative ai beni dei cittadini banditi. L'avvento dei Pepoli al potere lo trova fra i più irriducibili avversari del nuovo signore: partecipa alla congiura organizzata da Muzzarello da Cuzano nel marzo 1338 e riesce a fuggir da Bologna il giorno in cui il piano viene scoperto (28 marzo).
Il Rodolico ha pubblicato un ampio squarcio del verbale dell'interrogatorio cui fu sottoposto Mengozzo Ghislieri, il solo dei congiurati che si riuscì (o si volle) catturare. Il verbale palesa l'intento di punire esemplarmente il Ghislieri, senza però spingere l'inchiesta fino a scoprire e render di pubblica ragione mandanti e scopi ultimi della congiura: nulla di strano, se la voce raccolta dall'autore della cronaca Varignana poté insinuare che gli altri congiurati "fuoron fatti fugire".
Non si sa dove abbia riparato B., appena uscito dalla città.
Lo si trova a Padova nove anni dopo, sindaco dell'universitas dei giuristi insieme con Ranier; Arsendi nel gennaio 1347, con mandato di deferire al signore la lite sorta fra i rettori degli scolari e il vescovo (Gloria, p. 310, che utilizza un doc. del 29 genn. 1347; cfr. già Colle, su cui si fonda Schulte, II, p. 242 n. 2); testimone il 28 nov. 1347 a un'investitura feudale concessa dal vescovo (Gloria, ibid.);membro di commissioni per le prove di dottorato nel marzo e nell'aprile 1348 (Gloria, ibid., e i docc. nn. 670 s., pp. 100-102). Nello Studio patavino era "decretorum doctor", come risulta anche dai documenti del 1348 (Gloria, p. 67).
Nel marzo 1350 ordisce, insieme con Ranieri Cattani di Castel San Pietro, una nuova congiura contro la signoria Pepoli: prende accordi col conte di Romagna, che a un segnale sarebbe entrato con l'esercito in Bologna, appena B. e Ranieri avessero ucciso Iacopo e Giovanni Pepoli. Anche stavolta il piano fu sventato e i suoi autori vennero giustiziati con l'usata crudeltà di forme solenni il 16 giugno (Varignana, pp. 605 s.; la Rampona e la Bolognetti, pp. 599, 600, si fermano a sottolineare la circostanza che i traditori erano "tuti dui dotori").
Non è facile intendere il senso dei due sfortunati tentativi contro la signoria, cui partecipò Bonincontro. Mera ipotesi sarebbe il connettere la vita turbinosa di B. con l'adozione che Giovanni fece del Calderini (il Forster, f. 55vb, scriveva che questa avvenne "mortuo Boniconto", vale a dire due anni almeno dopo la morte dell'adottante). Il cognato Filippo Formaglini aveva lasciato Bologna dopo la vittoria dei Pepoli nel 1337 (Rossi, p. 1480), come quel Brandiligi Gozzadini, di cui la Varignana fa il nome parlando della congiura del 1338 (Rossi, p. 1480 n. 99): ricostruire puntualmente le mosse di questi e d'altri personaggi appartenenti alla cerchia di Giovanni d'Andrea sarebbe gettar nuova luce sulla vita politica bolognese in questa travagliata fase di passaggio. Già Schulte (II, p. 210) sottolineava la necessità e l'utilità di positive, indagini sulla famiglia del grande canonista: di fatto le ricerche compiute da G. Rossi hanno approdato a conclusioni di rilievo, a rettifiche interessanti di opinioni ricevute. In particolare, son valse a chiarire certi momenti dell'attività politica svolta dal Formaglini, cognato di B., e da B: stesso, ed i legami fra i maggiori esponenti dell'opposizione alla signoria Pepoli.
Per quanto impossibile sia ancora indicare, fuori di congettura, l'ispirazione che mosse B. nel partecipare ai due tentativi contro i Pepoli, o nel promuoverli; o accertare i nessi tra il suo pensiero di giurista (Schulte, II, p. 242 ricorda che il Fichard segnalava un suo scritto de libertate ecclesiae: ma è forse lecito qualche dubbio sull'esistenza autonoma d'una opera di B. con questo titolo) e il suo operare d'uomo di parte, suscita interesse la sua figura, che si stacca nettamente da quella di molti coetanei, meno privilegiati di lui, quanto ad origine familiare ed a possibilità di pacifica carriera.
Il padre, quando a B. "fo taià la testa" (Villola, p. 601), era morto da quasi due anni; la figlia Mea gli sopravviveva per non meno di quattro lustri. Il patrimonio familiare lasciato dal padre era forse rimasto indiviso anche dopo la morte di B. e dopo quella di suo fratello Federico (Fantuzzi, p. 252 n. 28, scriveva che B. e Federico erano stati istituiti eredi universali: cfr. anche Schulte, II, p. 211).
Il Fichard (p. 410) aveva notizia soltanto del Tractatus de appellationibus, quello che era stato stampato a Venezia nel 1496 in un volume di Repetitiones super libro Decretorum (Hain, n. *2337; si trova anche fra i Tractatus Universi Iuris, Venetiis 1584, V, ff. 45vb-55rb); il Panciroli ampliava il catalogo delle opere di B., ricordando anche il Tractatus de accusationibus et inquisitionibus, stampato pur esso fra le Repetitiones citate (e poi in un Volumen praeclarissimum... ac utilissimum Omnium Tractatuum Criminalium a Venezia nel 1556, ff. 8rb-14ra, nonché fra i Tractatus Universi Iuris, XI, 1, ff. 5va-8rb) ed uno de privilegiis et immunitate clericorum (dei quale Schulte, II, p. 242, non dava altre indicazioni). Un trattato de interdicto si conserva nel manoscritto Lat. 9636 della Bibl. Nat. di Parigi (Schulte, II, p. 242 n. 7). Il de libertate ecclesiae, che Schulte (II, p. 242 n. 6) diceva segnalato dal solo Fichard, potrebb'esser tutt'uno col trattato de privilegiis noto anche al Panciroli (e schedato dallo Ziletti, ff. 33r, 48r). La Summa de quatuor modis procedendi super criminibus, che Schulte (II, p. 243 n. 1) conosceva da un manoscritto di Wolfenbüttel (Seckel ha segnalato un altro codice), ha il medesimo incipit che il trattato de accusationibus et inquisitionibus, ed anche la stessa struttura: non è escluso possa trattarsi della medesima opera.
Fonti e Bibl.: Chartularium Studii Bononiensis. Doc. per la storia dell'Univ. di Bologna, I, Monastero di S. Giacomo di Bologna, a cura di L. Nardi, Bologna 1909, docc. 205 s., pp. 228 s.; III, Monastero di S. Stefano di Bologna, a cura di G. Belvederi, ibid. 1916, doc. 254, p. 255; VI, Atti del notaio A. Angelelli, a cura di L. Frati, ibid. 1921, docc. 31, p. 32; 41, p. 44-42, pp. 45 s.; A. Gloria, Mon. della Univ. di Padova (1222-1318), Venezia 1884, App., nn. 670, pp. 100 s.; 671, pp. 101 s. (vedi anche p. 153); Corpus chronicorum Bononiensium, II, in L. A. Muratori, Rerum Italicarum Scriptores, 2 ed., XVIII, 1, vol. II, a cura di A. Sorbelli, pp. 481-484, 599-601, 605 (Villola,Rampona,Varignana,Bolognetti); Matthaei de Griffonibus Memoriale historicum, a cura di L. Frati e A. Sorbelli, ibid., XVIII, 2, p. 43; Historia miscella, in L. A. Muratori, Rerum Ital. Script., XVIII, Mediolani 1731, coll. 377, 417; Pesaro, Bibl. Oliveriana, ms. 203: T. Diplovatacci Opus de praestantia doctorum, f. 62v; I. Fichardi Vitae recentiorum iureconsultorum, in G. Panziroli, De claris legum…, Lipsiae 1721, pp. 409 s.; I. B. Zileti Index librorum iuris pontificii et ciuilis, Venetiis 1566, ff. 31r, 31v, 33r, 48r; V. Forsteri De Historia Iuris Quilis Romani, nei Tractatus Universi Iuris, I, Venetiis 1584, ff. 55v; G. Panziroli De claris legum interpretibus, Lipsiae 1721, pp. 338 s.; C. Gesner, Bibliotheca Universalis I, Tiguri 1545, f. 149r; G. Ghilini, Teatro d'huomini letterati, II, Venetia 1647, p. 118; A. Fontana, Amphitheatrum legale, Parmae 1688, I, col. 125; P. A. Orlandi, Notizie degli scrittori bolognesi, Bologna 1714, pp. 75 s.; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, I, 2, Brescia 1753, p. 692; G. Fantuzzi, Scrittori bolognesi, I, Bologna 1781, pp. 244 s.; F. C. Savigny, Geschichte des römischen Rechts im Mittelalter, VI, Heidelberg 1850, pp. 108 s., 483; J. F. Schulte, Die Geschichte der Quellen und Literatur des canonischen Rechts, II, Stuttgart 1877, pp. 211, 242 s.; A. Gloria, Monum. della Univ. di Padova (1318-1405), I, Padova 1888, pp. 67, 310; N. Rodolico, Dal Comune alla Signoria. Saggio sul governo di Taddeo Pepoli in Bologna, Bologna 1898, pp. 103 s. n. 5, 197; E. Seckel, Beiträge zur Geschichte beider Rechte im Mittelalter, I, Tübingen 1898, p. 257; E. Besta, Fonti, in Storia del diritto italiano, a cura di P. Del Giudice, I, Milano 1925, pp. 897 s., 901; G. Ermini, in Encicl. Ital., VII, Roma 1930, p. 424; G. Rossi, Contributi alla biografia del canonista Giovanni d'Andrea…, in Riv. trimestrale di diritto e procedura civile, XI (1957), pp. 1480 e n. 98, 1496.