BOTTO
Famiglia di scultori in legno e intagliatori, originaria di Savigliano, operosa in Piemonte nel sec. XVII. Oltre al più noto Pietro e ai suoi figli Bartolomeo e Carlo Francesco, sono da ricordare: Giorgio, fratello di Pietro, che, tra il 1607 e il 1609, risiedendo a Torino, operò con questo, entrambi certo molto giovani, per la Confraternita della Misericordia di Savigliano (Turletti). Quattro anni dopo, nel 1611, è pagato, lui solo, per "resto di diversi lavori fatti alla Galleria del Castello di Torino", la famosa galleria di Carlo Emanuele I, compiuta sotto la direzione di Federico Zuccari, e per il bucintoro ducale (Schede Vesme, p. 190). Nel 1629 risulta impiegato con il fratello Pietro in molti lavori per San Pietro di Savigliano. Sarebbe morto con ogni probabilità durante la pestilenza del 1630, perché - secondo il Vesme - "di lui più non si incontra memoria".
Per il Turletti i palazzi reali e nobili di Torino, Savigliano, Chieri e Cherasco sono ricchi di lavori dei Botto, massime di Pietro e Giorgio, ma non risulta che Giorgio abbia lavorato nel palazzo reale di Torino e, dai pochi documenti pervenutici, si direbbe artistiticamente subordinato al fratello Pietro.
I suoi figli Giovanni Battista e Secondo Antonio furono attivi nella seconda metà del secolo. Insieme lavorarono nel palazzo reale di Torino.
Giovanni Battista nel 1660-61 esegue il fregio, insieme con Ottavio Magister, così come gli ornati dello zoccolo e degli sguanci delle finestre nella sala del trono della regina, su disegni di Carlo Morello. Tra il 1660 e il 1662 lavora alle sculture del soffitto della sala dei paggi, su disegno di Michelangelo Morello. Il 24 febbr. 1665 ottiene l'elezione a intagliatore ordinario della casa ducale. Non ci sono pervenute altre notizie su di lui.
Secondo Antonio deve avere eseguito lavori di scultura essenzialmente per porte o pareti della reggia torinese. Infatti sua è la porta per la sala del trono del re, detta porta di sicurezza (1662). Secondo il Rovere, "più altri simili lavori stavano in questo appartamento che le varie rimodernazioni disfecero"; solo un'altra porta di siffatto stile si vede ancora tra la sala del trono della regina e quella dell'alcova (1663 c.; cfr. Viale). Lavori in legno, questi, con stupende intagliature a fiori ed eleganti motivi a fogliami, girali, ecc., disposti a formare la cornice ora dei medaglioni con figure, ora dei trofei d'armi. Il Turletti attribuisce a Secondo Antonio pure i fregi dell'ancona maggiore in S. Domenico di Torino, dipinta da Antonio Milocco.
In Schede Vesme è riportato (pp. 190 e 259) il documento dal quale risulta un Matteo Botto scultore che nel 1619 pagava annualmente 4 ducatoni per l'imposta del cotizzo; ma non sappiamo se fosse parente dei Botto, famiglia alla quale non è nemmeno chiaro se appartenesse il padre camaldolese Carlo Amedeo.
Fonti eBibl.: Schede Vesme, I, Torino 1963, pp. 190-192; C. Rovere, Descrizione del Reale palazzo..., Torino 1858, pp. 17, 115, 120-123, 161, 222 (per Giovanni Battista e per Secondo Antonio); C. Turletti, Storia di Savigliano, II, Savigliano 1887, pp. 804-806; A. Midana, L'arte del legno in Piemonte, Torino 1924, pp. 54 ss. (Per Giovanni Battista); A. Pedrini, Il mobilio... nei secc. XVII e XVIII in Piemonte, Torino 1953, pp. 3 s., 262 (per Giov. Battista); M. Bernardi, Il Palazzo reale..., Torino 1959, pp. 58 (per Giorgio), 45, 58 (per Giov. Battista e Secondo Antonio); L. Mallé, in Mostra del Barocco Piemontese (catalogo), Torino 1963, II, pp. 5, 8 s., 29 s.; V. Viale, ibid., III, tavv. 315, 318 (per Secondo Antonio); A. Griseri, La metamorfosi del Barocco, Torino 1967, p. 169 n. (per Giorgio e Giov. Battista); U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, IV, p. 423 (per Giov. Battista e Secondo Antonio).