BROLETTO
Con il termine b. si indica l'edificio dove, nei secc. 12° e 13°, aveva sede la magistratura dei comuni lombardi e nel quale si svolgevano l'attività amministrativa e l'esercizio della giustizia. La nascita del b., tuttavia, non coincise con l'avvento dell'autonomia politica dei maggiori centri padani nella metà del 12° secolo. Prima della pace di Costanza (1183) non è infatti documentato alcun intervento di committenza pubblica finalizzato alla realizzazione di un palazzo che accogliesse le autorità cittadine, fino ad allora ospitate in locali messi a disposizione dal vescovo o anche in strutture edilizie sorte con diverse destinazioni. La distinzione tra queste prime sedi e i nuovi edifici di rappresentanza emerge soltanto nei documenti successivi al 1183 nel ricorrente termine di palatium novum assegnato alle fabbriche del potere comunale. Tra gli esempi più antichi si può citare il b. di Pavia, costruito negli anni 1197-1199.La tipologia del b. riprende forme già note all'architettura residenziale dell'Europa occidentale del sec. 12°; in particolare, un possibile modello di riferimento è stato individuato nei palazzi vescovili francesi (Gardelles, 1976; Romanini, 1989).Il b. lombardo presenta un impianto planimetrico regolarizzato, costituito da un pianoterra porticato - non sempre aperto su tutti i lati - e da una sala assembleare soprastante, illuminata da un'ampia finestratura e con ingresso indipendente. Nel suo sviluppo appare determinante, a livello sia architettonico sia plastico, la matrice cistercense mediata, con ogni probabilità, dall'azione degli Umiliati (Romanini, 1989).La specificità delle funzioni del b. e la sua diffusione in un territorio limitato e in un arco di tempo circoscritto fanno sì che le varianti strutturali si mostrino assai modeste tra i b. protoduecenteschi; il cantiere, invece, si adattava alle differenti tradizioni costruttive locali soprattutto nell'uso dei materiali scelti tra il laterizio o la pietra da taglio. Tutti gli ambienti erano comunque sprovvisti di volte in muratura, mentre era frequente l'innalzamento della torre campanaria sopra una campata d'angolo (Brescia, Como, Monza), la realizzazione di pitture di carattere politico-propagandistico (Cremona, Milano, Brescia) e, sul prospetto esterno, la presenza di fregi ad affresco di soggetto profano, come nel caso di Novara (Gavazzoli Tomea, 1979).Nel corso della prima metà del Duecento lo spazio a disposizione nel b. risultò comunque insufficiente allo sviluppo delle istituzioni cittadine. Le nuove esigenze furono soddisfatte, in molti casi, con un programma di ampliamento dello stesso, attraverso l'aggiunta di nuove ali intorno a una corte interna (Brescia, Cremona, Pavia), né mancarono ricostruzioni più tarde sul modello del milanese palazzo della Ragione, come nei casi di Monza e Piacenza.
Bibl.: J. Paul, Die mittelalterlichen Kommunalpaläste in Italien, Köln 1963; A.M. Romanini, L'architettura gotica in Lombardia, Milano 1964, I, pp. 38-45, 181-188; G. Panazza, Appunti per la storia dei Palazzi Comunali di Brescia e Pavia, Archivio Storico Lombardo, s. IX, 4-5, 1964-1965, pp. 181-203; C.R. Brühl, Il ''Palazzo'' nelle città italiane, in La coscienza cittadina nei comuni italiani del Duecento, "Atti dell'XI Convegno del Centro di Studi sulla Spiritualità Medievale, Todi 1970", Todi 1972, pp. 263-282; J. Gardelles, Les palais dans l'Europe occidentale chrétienne du Xe au XIIe siècle, CahCM 19, 1976, pp. 115-134; M.L. Gavazzoli Tomea, Villard de Honnecourt e Novara. I "topoi" iconografici delle pitture profane del Broletto, Arte Lombarda 52, 1979, pp. 31-52; E. Guidoni, Appunti per una storia dell'urbanistica nella Lombardia tardo-medievale, in Lombardia. Il territorio, l'ambiente, il paesaggio, I, Milano 1980, pp. 109-162; A. Grimoldi, I luoghi dell'autorità cittadina nel centro di Milano. Il Palazzo della Ragione, Milano 1983; Il Broletto di Brescia. Memoria ed attualità, cat., Brescia 1986; A.M. Romanini, Arte comunale, "Atti del 11° Congresso Internazionale di Studi sull'Alto Medio Evo, Milano 1987", Spoleto 1989, I, pp. 21-52.P.F. Pistilli