Letterato e uomo politico (Firenze 1220 circa - ivi 1294 circa). Notaio e cancelliere del comune (anche suo padre, Bonaccorso, era notaio), tornando nel 1260 da un'ambasceria ad Alfonso X di Castiglia, seppe della rotta di Montaperti. Proscritto da Firenze, rimase in Francia fino al ritorno in città dei guelfi nel 1266. Tornato in patria, ebbe uffici onorevoli (nel 1280 è mallevadore per i guelfi alla pace del cardinal Latino; quattro anni dopo è nel Consiglio del Podestà e in tale veste tratta con Genova e Lucca la Lega Guelfa contro Pisa; nel 1287 è priore) e fu, come dice G. Villani, "cominciatore e maestro in digrossare i Fiorentini e fargli scorti in bene parlare, e in sapere guidare e reggere la nostra Repubblica secondo la Politica". Come suo maestro insigne e affettuoso lo celebrò infatti Dante (Inf. XV) e il canto dantesco ha costituito nei secoli il più solido monumento alla fama del notaio fiorentino. L'opera sua maggiore è il Tresor, scritta durante l'esilio, in francese (qualche capitolo fu aggiunto poi al suo ritorno a Firenze), la prima enciclopedia in volgare, subito tradotta e rifatta in italiano e largamente diffusa. In italiano scrisse invece il Tesoretto, arido poema didattico allegorico, incompiuto, in settenarî accoppiati e il Favolello, epistola morale in settenarî, a Rustico di Filippo; la sua Rettorica è il volgarizzamento di parte del De inventione di Cicerone.