BULGARIA (VIII, p. 66; App. I, p. 325; II, 1, p. 467; III, 1, p. 270)
Con il referendum del 16 maggio 1971 il corpo elettorale ha approvato la nuova costituzione, che affida il potere legislativo a un'Assemblea nazionale di 400 membri, eletti nelle liste del Fronte patriottico, organizzazione guidata dal Partito comunista. L'Assemblea, che nomina e revoca il governo, elegge nel suo seno il Consiglio di stato (attualmente di 23 membri), che ne esercita le funzioni nell'intervallo fra le sessioni e il cui presidente è anche Capo dello stato. È sempre in vigore la ripartizione amministrativa adottata nel 1959 (28 distretti, di cui uno urbano per la capitale, a loro volta divisi in circondari e comuni urbani e rurali; v. tab. 1).
Condizioni demografiche e sociali. - L'ultimo censimento della popolazione è stato effettuato nel 1965 e ha rilevato una popolazione residente di 8.227.866 ab., con un incremento dell'8,1% rispetto al censimento precedente del 1956. Nel 1974 gli abitanti erano valutati 8.642.600, con una densità di 78 per km2. Il tasso d'incremento annuo è in lenta diminuzione e si colloca ora sui valori medi europei, per effetto di un assestamento delle condizioni economicosociali. L'indice di natalità è sceso dal 20,1‰ del 1955 al 17,2‰ del 1974, quello di mortalità è invece salito nello stesso periodo dal 9,1 al 9,8‰, cosicché il coefficiente d'incremento naturale è diminuito dall'11,0‰ al 7,4‰.
Negli ultimi 15 anni è proseguito il flusso dalle campagne verso le città, che ormai ospitano oltre la metà della popolazione (54,7% nel 1971). Sofia con il suo agglomerato urbano è divenuta una città milionaria (1.035.480 ab. nel 1972) e altre 4 città superano i 100.000 abitanti. Fra i censimenti del 1956 e del 1965 Sofia è passata da 725.756 a 801.111 ab. (+10,4%), Plovdiv da 162.518 a 222.508 ab. (+36,9%), confermandosi al 2° posto nella rete urbana del paese, Varna da 119.769 a 180.110 ab. (+50,4%), grazie allo sviluppo delle funzioni portuali e industriali, Ruse da 83.472 a 128.888 ab. (+54,4%) e Burgas da 72.795 a 106.115 ab. (+45,8%).
Il tenore di vita si avvicina rapidamente a quello dell'Europa occidentale: l'indice di mortalità infantile è sceso dall'82,4‰ del 1955 al 25,4‰ del 1974, la durata media della vita ha raggiunto nel 1967 i 71 anni.
L'istruzione obbligatoria è stata elevata al 15° anno e l'analfabetismo è praticamente scomparso fra le classi giovanili. Le strutture sanitarie si fondano su 198 ospedali principali con un posto-letto ospedaliero ogni 127 ab. (1971) e un medico ogni 535 ab. (1970). La diffusione dei mezzi di telecomunicazione è ormai vicina a quella dei paesi occidentali (nel 1972: 1 apparecchio radio ogni 3,7 ab., 1 televisore ogni 6,6 ab., un telefono ogni 14,7 ab.). Ancora basso è invece l'indice della motorizzazione (1 automobile ogni 46 ab. nel 1972).
Condizioni economiche. - La pianificazione economica, iniziata nel 1947, ha trasformato la B. da paese eminentemente agricolo in paese prevalentemente industriale. Gli addetti alle attività primarie sono scesi dal 44,3% del 1965 al 42% del 1970, mentre quelli delle attività secondarie sono saliti nello stesso periodo dal 33,3% al 37%. Questa tendenza è evidenziata anche dall'evoluzione della produzione lorda che nel periodo 1950-70 è aumentata di 2,3 volte nel settore agricolo, ma di ben 11 volte nel settore industriale, con una netta prevalenza dei beni strumentali sui beni di consumo. Sul volume totale della produzione di beni l'industria rappresenta ormai il 76% (1970), contro il 24% dell'agricoltura. Lo sviluppo ha avuto nuovo impulso nel 1969 con l'entrata in vigore della riforma economica, che prevede un parziale decentramento dei poteri decisionali e direzionali, la formazione dei prezzi secondo principi di economia aziendale e di concorrenzialità interna e internazionale, l'agganciamento delle retribuzioni agli utili aziendali, la creazione di associazioni verticali con ampia autonomia in campo produttivo, commerciale e finanziario, l'istituzione di un comitato di coordinamento economico con poteri direttivi, consultivi e di controllo.
La politica agricola, dopo aver raggiunto gli obiettivi di collettivizzazione e di primo ammodernamento, a partire dal 1959 si è rivolta soprattutto alla specializzazione delle aziende, concentrando le produzioni dove le condizioni agrarie potevano assicurare le rese più elevate, all'adozione delle tecniche colturali più razionali e alla diffusione delle colture più redditizie, anche in rapporto alle possibilità offerte dal commercio estero. Si è avviato così un processo di fusione delle aziende per il conseguimento di dimensioni produttive sempre maggiori (fino a 30-40.000 ha) ai fini dell'organizzazione delle industrie di trasformazione dei prodotti e della rete distributiva. Ciò si è verificato soprattutto nei settori delle colture specializzate e degli allevamenti del pollame e dei suini, con l'istituzione di imprese per l'inscatolamento dei prodotti e di impianti per la loro refrigerazione.
Le strutture produttive erano costituite nel 1969 da 795 aziende cooperative (con una media di 4136 ha di arativo e 1212 addetti a tempo pieno), 159 aziende statali (con una media di 4042 ha di arativo e 990 dipendenti), 66 stazioni di macchine e trattori (che servivano in media 115.000 ha), 31 aziende produttrici di sementi, 19 centri statali per le colture collinari e 30 aziende sperimentali gestite dall'Accademia delle Scienze agrarie. La superficie agraria era ripartita per il 21% fra le aziende statali di vario tipo, per il 69% fra le cooperative e per il 10% fra proprietari individuali a tempo pieno o parziale associati alle cooperative. Gl'indirizzi della politica agraria si riflettono nelle variazioni avvenute nell'utilizzazione del suolo: fra il 1961 e il 1972 le colture erbacee sono scese dal 40 al 37,2%, le colture legnose sono salite dal 2 al 3,5%, i prati naturali e i pascoli (comprese le terre incolte e improduttive) dal 25 al 25,4%, le foreste e i boschi dal 33 al 33,9%. Grandi progressi ha fatto l'irrigazione, di cui nel 1969 beneficiavano ben 959.000 ha, contro i 500.000 del 1958. Alla diminuzione delle produzioni cerealicole e foraggere fa riscontro l'incremento delle produzioni industriali (barbabietola da zucchero, semi di girasole, tabacco), ortofrutticole (legumi, patate, pomodori, uva, mele) e zootecniche (carni suine, pollame e latticini).
Considerevoli sono stati i miglioramenti realizzati nelle rese unitarie, grazie soprattutto al crescente uso delle macchine agricole e dei fertilizzanti (nel 1970: 1 trattore per 109 ha e 112 kg di fertilizzanti per ha).
Nel settore forestale è in atto una politica di rimboschimento (1.096.000 ha di nuovi boschi dal 1952 al 1969) e di meccanizzazione delle tecniche di utilizzazione. La produzione di legname ha così superato i 5 milioni di m3 (1970). Notevole è stato anche lo sviluppo delle attività pescherecce (156.000 t di pesce sbarcato nel 1973, contro solo 19.800 t nel 1965).
Il settore industriale è stato quasi totalmente socializzato, salvo alcune piccole industrie private e le aziende artigiane che contribuiscono appena allo 0,4% del prodotto (1970). La pianificazione economica ha finora favorito l'industria pesante rispetto a quella leggera. In termini di valore della produzione industriale, nel periodo 1960-69 le industrie energetiche sono salite dal 2 al 2,8%, le metallurgiche (compresa l'estrazione dei minerali) dal 5,5 al 6,8%, le meccaniche dal 12,4 al 19,2%, le chimiche e della gomma dal 3,7 al 7,2%, mentre le industrie leggere (tessili, del legno, del cuoio, alimentari, ecc.) sono scese dal 61,1 al 38,8%.
Il settore minerario è rimasto piuttosto stazionario, dopo un certo sviluppo nell'estrazione dei combustibili (lignite, petrolio e gas naturale) e dei minerali di ferro. Notevole è stato invece l'incremento della produzione di energia elettrica, passata da 2073 milioni di kWh nel 1955 a 22.271 milioni nel 1972, con una potenza installata per un quinto idrica. Fra le nuove centrali termoelettriche si segnala quella di Bobov Dol. Un grosso impianto idroelettrico sarà realizzato d'accordo con la Romania sul Danubio a Somovit-Izlas. La rete bulgara è stata collegata con quella sovietica, da cui riceve cospicue importazioni. La B., che possiede miniere di uranio a Bulkovada, ha già in funzione un reattore nucleare di tipo sperimentale (di 1,5 MW) presso Sofia, e una centrale nucleotermoelettrica a Kozloduy (di 880 MW), di cui è previsto il raddoppio.
L'industria siderurgica ha portato la produzione di ghisa e ferroleghe da 206.000 t nel 1961 a 1.514.000 t nel 1974, quella di acciaio da 340.000 t a 2.184.000 tonnellate. Grandi progressi hanno fatto anche le industrie meccaniche ed elettromeccaniche. Dal 1964 la B. produce trattori (3.500 nel 1970), mentre gli autoveicoli vengono montati in B. grazie ad accordi con industrie sovietiche, cecoslovacche, francesi, italiane e tedesco-occidentali (12.100 autoveicoli nel 1972). I cantieri bulgari sono molto attivi e nel 1969 hanno varato 86 navi per complessive 132.000 t.s.l., anche per l'esportazione; nel cantiere di Varna sono in allestimento due superbacini per navi da carico secco fino a 40.000 t.s.l. e navi cisterna fino a 70.000 t.s. La produzione di acido solforico è passata da 19.000 t nel 1955 a 760.800 t nel 1974; quella dei fertilizzanti azotati da 31.000 t nel 1955 a 523.000 t nel 1972; quella del cemento da 812.000 t nel 1955 a 4.296.000 t nel 1974.
Commercio e comunicazioni. - Fra il 1950 e il 1970 il commercio estero è aumentato in valore di ben 16 volte e ha interessato ben 112 paesi. A partire dal 1969 la bilancia commerciale presenta un saldo attivo. Gli scambi avvengono in massima parte con i paesi del COMECON (76,6% nel 1972) e in particolare con l'Unione Sovietica (54,3%), da cui provengono forniture di acciaio, petrolio (oleodotto da Shabla, sul Mar Nero, a Pleven, dove c'è una grande raffineria), gas naturale, energia elettrica; seguono per importanza la Rep. Dem. Tedesca (8,7%), la Cecoslovacchia (5,5%), la Polonia (4,2%), l'Ungheria (2,2%) e la Romania (1,9%). Nell'area del MEC si segnalano gli scambi con la Rep. Fed. di Germania (2,9%), l'Italia (2,7%), la Svizzera (1,3%), il Regno Unito (1,2%) e l'Austria (1,1%). Molto attivi sono anche i rapporti con la Iugoslavia (1,3% nel 1971), con Cuba (1,2%) e con i paesi del Terzo Mondo (dal 4,1% del 1965 al 6,1% del 1973).
Nel settore delle esportazioni sono in diminuzione le materie prime, mentre aumentano i beni strumentali e di consumo; nel settore delle importazioni sono invece in aumento i combustibili e le materie prime e in diminuzione i beni strumentali e di consumo (inclusi i prodotti alimentari).
Le vie di comunicazione e i mezzi di trasporto sono in continuo miglioramento. La rete stradale è passata da 26.796 km nel 1961 a 30.784 km nel 1972 e il parco automobilistico dai 41.300 autoveicoli del 1961 (di cui 9.300 autovetture) ai 235.620 del 1973 (di cui 195.000 autovetture). È in corso di costruzione una rete autostradale di circa 1000 km fondata su 3 itinerari: Sofia-Pleven-Varna (Autostrada Hemus), Sofia-Plovdiv-Burgas (A. Trakija) e Burgas-Varna (A. Černo More). Anche la rete ferroviaria è stata notevolmente potenziata e ammodernata, passando dai 5760 km del 1961 ai 6127 del 1972, di cui 1016 a trazione elettrica.
La marina mercantile, praticamente inesistente fino al 1950, poteva contare nel 1974 su 166 navi per 864.939 t. s. l., appartenenti per il 25% a navi cisterna. Nei porti marittimi di Varna e Burgas il movimento commerciale ha raggiunto nel 1972 i 17 milioni di t (2,3 allo sbarco e 14,7 all'imbarco). Molto attivi sono anche i traffici sul Danubio su cui opera una flotta fluviale di 227.000 t.s.l. (1971). I traffici aerei fanno capo agli aeroporti di Sofia, Varna, Burgas, Ruse e Plovdiv (e altri minori). La compagnia di bandiera Balkan gestisce le linee interne e alcuni servizi internazionali che collegano la B. ai principali centri dell'Europa orientale e occidentale, del Medio Oriente e dell'Africa settentrionale.
Nel periodo considerato ha avuto un grande incremento anche il movimento turistico internazionale che permette alla B. d'introitare divise estere. Il numero degli arrivi è salito da 1.752.214 nel 1967 a 3.006.991 nel 1972 con alla testa i Turchi (31,2% del totale, per lo più emigranti in transito per l'Europa occidentale), seguiti da Iugoslavi (13,8%), Cecoslovacchi (12,5%), Sovietici (6,9%), Germanici orientali (5,7%) e occidentali (5,4%), Polacchi (4,9%), Romeni (3,6%) e di altre nazionalità.
Bibl.: M. J. Minkov, La place de la Bulgarie dans le développement des pays balkaniques, Sofia 1962, p. 110; I. Penkov, T. Hristov, Géographie économique de Bulgarie, ivi 19642, p. 520; C. J. Veyrenc, Bulgarie, Ginevra 1966, p. 496; N. Todorov, La Bulgarie. Aperçu historique et géographique, Sofia 1965, p. 291; S. Roussinov, Economic development of Bulgaria after the Second World War, ivi 1969, p. 251.
Storia. - In seguito alla polemica condotta da Iugoslavia e Albania, la B. rimase l'unico paese dei Balcani fedele all'Unione Sovietica, assumendo un'importanza di rilievo eccezionale quale portavoce del campo socialista in quel settore. La linea politica adottata dai dirigenti bulgari mirava a migliorare i rapporti tra i paesi dell'Europa orientale e la Iugoslavia, a seguire attentamente la politica della Grecia e a operare, secondo le direttive concertate con Mosca, per sbloccare la situazione albanese.
Il coordinamento politico, economico e militare con l'URSS caratterizzava la politica bulgara sin dal 1947. L'VIII congresso del Partito Comunista Bulgaro (PCB) del novembre 1962 condannò il culto della personalità e lo stalinismo, aderì alle concezioni di Chruščëv sulla coesistenza pacifica, sul disarmo e sul problema tedesco; il dogmatismo e il settarismo furono indicati come i principali pericoli e le più insidiose deviazioni nel cammino dei paesi socialisti. Tuttavia mentre la Cecoslovacchia, l'Ungheria e la Romania seguirono l'URSS nel ritirare i propri rappresentanti diplomatici da Tirana, la B. continuò a intrattenere relazioni diplomatiche formalmente corrette, mostrandosi decisa a svolgere concretamente e con una certa autonomia una politica di buon vicinato e di coesistenza nei Balcani e nelle altre regioni (accordi commerciali e culturali con il Sudan, l'Irak, la Siria, la Tunisia e il Marocco). La politica economica, comunque coordinata con l'URSS, si basava sulla scelta di caratterizzare il paese nel senso d'incrementare l'industria di precisione e meccanica, e la specializzazione delle colture agricole nel quadro della suddivisione internazionale dei compiti economici che il Comecon andava elaborando.
La proposta di denuclearizzazione del Mediterraneo, avanzata dall'URSS nel maggio 1963, fornì ai dirigenti bulgari l'occasione per precisare la loro politica, impegnata a realizzare la connessione tra Mediterraneo e regione balcanica e a sviluppare i rapporti di collaborazione fra tutti i popoli balcanici. Dal 1964, nell'ambito di questa linea politica, la B. rialacciò rapporti di collaborazione politica ed economica con Belgrado, senza nulla cedere sul piano ideologico alle tesi di Tito; proseguì la cooperazione con Bucarest, pur avversandone l'autonomismo nei confronti di Mosca; regolò con Atene controversie ritenute insanabili; propugnò il progetto di federazione balcanica che si rifaceva all'idea agitata da Dimitrov nell'immediato dopoguerra. La rottura del predominio di Mosca, la ventata di autonomia nazionalista, l'importanza politico-economica che la B. si era conquistata trasformandosi da paese agricolo arretrato in paese industriale, produssero nella primavera del 1965 una forte dissidenza interna da parte di alcuni esponenti di rilievo del PCB che intendevano accentuare il distacco da Mosca con posizioni di tipo titoista e nazionalista (Ivan Todorov Gorunia, membro del Comitato centrale; Cvetko Anev, comandante del distretto militare di Sofia; Colo Krustev e Slavčo Trnski, vice-ministro della Difesa). Ma la linea del governo in politica estera, l'obiettivo elevamento delle masse rurali, le prime riforme di carattere liberaleggiante verso gl'intellettuali permisero un rapido riassorbimento della crisi: il IX Congresso del partito (14-19 novembre 1966) convalidò la tradizionale ortodossia filosovietica dei dirigenti bulgari.
A tali svolgimenti interni fece riscontro, in quegli anni, una condotta internazionale più dinamica con il miglioramento dei rapporti interbalcanici e l'intensificarsi dei rapporti economico-culturali con l'Occidente senza peraltro uscire dall'ambito della politica dell'URSS con la quale nel 1967 venne firmato un nuovo trattato ventennale di amicizia e di mutua assistenza in sostituzione di quello del 1948. Per l'area balcanica il problema di maggior rilievo fu quello dei Macedoni (fra i quali si contavano 187.000 Bulgari, secondo il censimento del 1956), motivo fondamentale del perdurante attrito con la Iugoslavia. Nell'ambito del movimento comunista intennazionale la B., dopo un primo atteggiamento di simpatia verso il nuovo corso sviluppatosi in Cecoslovacchia, si schierò con i censori secondo la vecchia e consolidata prassi di fedeltà alle direttive sovietiche. Parallelamente all'intervento in Cecoslovacchia, nel quadro del Patto di Varsavia, fu dato il via ad alcune riforme di carattere costituzionale: Consiglio di stato invece del Presidium, rivalutazione del parlamento, istituzione del comitato di coordinamento economico, fusione del ministero dell'Agricoltura con quello del Commercio con l'estero. Dopo i moti operai in Polonia del 1971 i dirigenti bulgari operarono un'ampia revisione del piano quinquennale, dando maggiore spazio ai bisogni primari e ai consumi. Contemporaneamente prese il via un processo di consolidamento ideologico contro le contaminazioni borghesi, mentre i sindacati subirono una notevole rivalutazione della loro funzione classica in difesa degl'interessi dei lavoratori. I colloqui greco-bulgari del gennaio 1975, l'invito, per un incontro a Sofia, rivolto alla Grecia e alla Turchia per risolvere la controversia sull'Egeo (settembre 1976), l'inizio dei negoziati ufficiali con la Iugoslavia (settembre 1976) per la soluzione della questione macedone, l'offensiva contro la potente burocrazia, il rinnovamento dei quadri del partito e dell'apparato statale per sviluppare il decollo industriale testimoniano lo sforzo, ancora in atto, di dare al comunismo bulgaro un'immagine propria pur nell'indiscussa fedeltà al campo socialista.
Bibl.: Bălgarija, Dvadeset godini socialističesko stroitelstvo, Sofia 1965; T. Zivkov, Prospettive della Repubblica bulgara, Roma 1965; B. Spassov, La Bulgarie, Parigi 1973; L'Europe de l'Est en 1973, in Notes et études documentaires, nn. 4076-4079 (apr. 1974); L'Europe de l'Est en 1974, ibid., nn. 4179-4183, (apr. 1975); T. Zivkov, La costruzione del socialismo in Bulgaria, Roma 1975.
Archeologia. - Dopo la seconda guerra mondiale, l'attività archeologica si è notevolmente intensificata in B., portando a un certo approfondimento e in taluni casi a modifiche d'impostazione.
Per es., per quanto riguarda il Paleolitico, si sono scavati almeno 20 nuovi siti (prima se ne conoscevano solo 7). Lo scavo di Muselievo, diretto da N. Džambazov, ha dato abbondante materiale, soprattutto punte di lancia di tecnica levalloisiana-mousteriana: appartiene al Paleolitico superiore, e propone un collegamento con il materiale della stessa fase preistorica rinvenuto per es. in Ungheria (Szeleta), in Crimea (Starosele), Cecoslovacchia (Ivanova di Zamorovoce). La scoperta di stazioni del Mesolitico sul Mar Nero ha permesso di eliminare almeno parzialmente una lacuna: prima della guerra c'era un "vuoto" d'informazione fra Paleolitico e Neolitico.
Per la fase successiva, il fatto di gran lunga più importante è il grande scavo di Karanovo nel distretto di Sliven (a cui hanno collaborato molti archeologi bulgari, fra cui V. Mikov, G. R. e V. I. Georgiev): si sono messe in luce sette fasi di occupazione (per ognuna delle quali si hanno vari livelli di abitazioni, che spesso insistono su precedenti abitazioni bruciate), dalla fine del 6° alla fine del 3° millennio a. Cristo. È da notare che l'insediamento di Azmak presso Stara Zagora, scavato nel 1960-63, presenta le stesse fasi tranne la IIa. La fase Karanovo I (fine 6°-5° millennio a.C.) è la più antica civiltà neolitica nota finora in B.: è caratterizzata da una ceramica dipinta di foggia elaborata, da idoli (i più antichi finora scoperti); le fasi Karanovo II-IV (4° millennio a.C.), ancora appartenenti al Neolitico, presentano ceramica, idoli, oggetti in corno. Le fasi Karanovo V-VI (fine 4°-inizio 3° millennio a.C.) appartengono all'Eneolitico e sono collegabili rispettivamente con la civiltà di Maritsa, della B. meridionale, e di Kodja Demen, della B. settentrionale: sono caratterizzate da idoli scolpiti in osso, terracotta, marmo di un migliore livello qualitativo, ceramica decorata con grafite e materiale bianco incrostato. In Karanovo V si è trovato un sigillo di terracotta, in cui si sono visti segni di scrittura: se questa interpretazione fosse giusta e la datazione proposta (fine 4° millennio) esatta, si tratterebbe della più antica scrittura d'Europa.
Sempre alla fine del 4° millennio si può datare la necropoli di Varna, scavata molto di recente sotto la guida di M. I. Simeonov Ivanov. I corredi, paragonabili a veri e propri tesori, dimostrano che si tratta di tombe principesche: l'artigianato - collegabile a quello coevo di Asia Minore -, di notevole qualità, testimonia di un certo livello culturale e tecnico.
Le testimonianze più notevoli per l'antico bronzo si hanno a Karanovo VII (3° millennio): la ceramica non è più decorata con grafite, le forme sono sferiche, le anse talora assai lunghe, il collo corto; a Dipsika presso Stara Zagora, con precisa stratigrafia e materiale avvicinabile a quello coevo della Macedonia. Il bronzo recente (1600-1200) è il periodo in cui Troia domina l'Ellesponto, e dell'assetto della penisola balcanica si ha idea attraverso i poemi omerici. Le tribù tracie che in quell'epoca vivevano sul suolo dell'attuale B. non hanno lasciato testimonianze dissimili da quelle di altre civiltà della valle del Danubio (spade a doppio taglio e punta affilata); tuttavia alcuni particolari (pugnali) sono avvicinabili ad armi analoghe della Micene omerica, e comunque utensili in oro come quelli del tesoro di Valtchiran (un grande vaso, un vaso a tre corni, quattro tazze e sette coperchi) rivelano una notevole perizia artigiana.
Durante la prima età del Ferro (fine 13°-12° secolo) il suolo della Tracia è interessato da un imponente movimento migratorio Europa-Asia: poche le testimonianze superstiti (molte delle quali peraltro trovate negli ultimi decenni) oltre alle numerosissime tombe: tumuli, dolmen, tombe rupestri, talvolta gravemente danneggiate. Fra i materiali interessanti, figurine di animali in bronzo, insegne reali (scettri, ascie, appliques); la ceramica è di tipo semplice, con decorazione geometrica; della toreutica, anch'essa di forme semplici, fra le poche testimonianze va ricordato il tesoro rinvenuto di recente a Kazitchané, quartiere di Sofia (1000-700 a.C.).
Si è scoperto, inoltre, negli ultimi anni materiale dell'inizio dell'epoca di Hallstatt nel bacino del fiume Kamčija, paragonabile a quello già noto della cultura tracia detta di "Pšeničevo".
Nella seconda età del Ferro, la Tracia esce dall'isolamento, anche per la presenza di floride città greche sulla costa europea del Mar Nero. Si formano e fioriscono grandi regni tracici. Molte testimonianze, soprattutto dei grandi tumuli delle dinastie dominanti, erano già state rinvenute prima della seconda guerra mondiale. Negli ultimi decenni si sono studiate le necropoli di Yankovo (distretto di Kolarovgrad) del 4° a.C., di Koprinka (Kazanlak), del 4° a.C., con tombe in mattoni; si sono condotti scavi a Seuthopolis, capitale di Seuthes III (dinastia degli Odrisi, contemporaneo di Alessandro Magno e Lisimaco) nella Valle delle Rose lungo il fiume Tundza. Fra i ritrovamenti più appariscenti nei tumuli, alcuni tesori come quelli di Vratza, di Seuthopolis stessa, e soprattutto di Panagjurište. Quest'ultimo si distingue, oltre che per la preziosità e il numero dei pezzi, per l'originalità della decorazione (che in genere negli altri è animalistica, e comunque di derivazione orientale): sono soggetti di derivazione ellenistica, come giudizio di Paride, Baccanti, teste di negro usate in funzione decorativa, stilisticamente raffinati.
Negli ultimi decenni sono proseguiti gli scavi anche nelle colonie greche lungo il Mar Nero. Presso Apollonia (oggi Sozopol), in località Kalfa, si è scavata una grande necropoli, in cui si sono distinte tre fasi; significativo il momento (340-320) in cui si coglie il rarefarsi del materiale d'importazione attica, in concomitanza con l'ascesa della Macedonia e col rallentamento dei rapporti con Atene. A Mesambria (Nesebar), saggi effettuati a più riprese hanno posto in luce tratti delle mura preellenistiche, case greco-ellenistiche, frammenti architettonici avvicinabili a quelli di Olbia. A Odessos si sono rinvenute numerose tracce di culti sincretistici; nella necropoli, prevalenza di oggetti d'importazione attica; popolare nel 6° secolo la ceramica di Kertch.
Non sono mancate nuove scoperte relative all'epoca romana (rese talora difficili dal fatto che sugl'insediamenti romani di Mesia e Tracia si sono sviluppati abitati in epoche successive): ad Oescus, frammenti architettonici di un grande tempio della Fortuna; a Iatrus, dove scava una missione bulgaro-tedesca, tratti della cinta muraria con porte e torri; tratti di cinta muraria anche a Novae, dove scava una missione bulgaro-polacca; anfiteatro a Marcianopolis (oggi Reka Devnya); il "complesso di S. Giorgio", di difficile interpretazione, a Serdica (Sofia); mura, stadio, terme, necropoli a Philippopolis (Plovdiv); porta sud della città ad Augusta Traiana (Stara Zagora); nei dintorni, terme con acqua calda naturale a Starazagorski Minerami Bani. Un grande edificio termale, il meglio conservato della B., è stato scavato a Odessos romano. La foto aerea ha reso possibile identificare il centro di Nicopolis. Nella scultura si sono approfonditi gli studi su temi caratteristici come sul "Cavaliere Trace".
Vedi Tav. f. t.
Bibl.: Illustrated London News, 246, 1965, n. 6545, p. 26 seg.; V. Beseliev-J. Irmscher, Antike u. Mittelalter in Bulgarien (Berliner Byzant. Arbeiten, 21); R. F. Hoddinot, Bulgaria in Antiquity, An Archaeological Introduction, Londra-Tonbridge 1975, e ivi ampia bibliografia; Thracians Treasures from Bulgaria. A Special Exhibition held at the British Museum, January-March 1976, Londra 1976.
Arte. - L'arte figurativa moderna in B. non ha dietro di sé una tradizione di rilievo, e ciò contribuisce al predominio di un realismo figurativo di facile e comune comprensione, ravvivato da elementi folkloristici e da motivi decorativi; in sostanza legato a una visione naturalistica e orientato verso effetti psicologici. Figura rappresentativa di una pittura dallo spirito narrativo-popolare è il più celebre pittore bulgaro, C. Lavrenov, mentre la stilizzazione decorativa compare nel modo più originale nei dipinti di A. Petrov. L'influenza della tradizione della pittura di icone impronta lo stile della D. Vasiljanska, rappresentante dell'espressionismo è D. Uzonov, mentre la visione costruttivista caratterizza le pitture di M. Garudis.
Rappresentante molto promettente della nuovissima generazione è J. Dimov. Nella pittura contemporanea riveste un ruolo importante la scuola di Plovdiv, tenuta assieme non tanto dall'unità stilistica quanto dalla parentela spirituale. Plovdiv è la culla della "vazrazhdane", ossia della rinascita nazionale bulgara, e questa città, di ricca tradizione e di bellezza pittoresca, è luogo d'incontro di culture. Lo spirito della città e la caratteristica architettura popolare ispirano i pittori che vi lavorano (A. Baldev, Z. Bojadzsiev, G. Bozhilov, D. Kirov, J. Leviev, E. Pironkov, I. Popvoski, H. Stefanov, K. Vitovski). Nella grafica predominano gl'indirizzi folkloristico ed espressivo, mentre in scultura, accanto alla scultura monumentale di rappresentanza (M. Emanuljova: monumento ai sovietici di Sofia, 1953; M. Gheorghijeva, G. Ghergov: monumento della lotta contro il fascismo, 1963) e quella di genere realista (v. Minekov), è molto diffuso il ritratto.
Intorno al Sessanta nascono diversi monumenti dalle concezioni più moderne, modellati vigorosamente (L. Dalcsev, D. Bojkov, L. Necev) o con notevole espressività (V. Starcsev).
Negli anni Cinquanta, lo stile storicizzante di rappresentanza imprime il suo carattere all'architettura bulgara contemporanea e ciò caratterizza la maggioranza degli edifici pubblici di Sofia. Negli anni Sessanta viene a predominare, specialmente nell'edilizia alberghiera (Grand Hôtel, Sofia), la moderna concezione funzionale. Ne sono gli esempi meglio riusciti i moderni alberghi costruiti lungo le rive marine bulgare, improntati a spirito mediterraneo, adorni di molti balconi (Zlatni pjasaci, Slancev brjag, Albena).
Bibl.: Izkusztvo (Boll. dell'assoc. degli artisti bulgari), dal 1950; Grafica contemporanea bulgara. Unione dei pittori bulgari (Catalogo) Sofia 1975; Internationale Kunstausstellung 30 siegreiche Jahre (Catalogo), Mosca 1975.