BURGUNDI
Popolazione germanico-orientale, la cui provenienza dalla Scandinavia deve essere intesa, al pari di quanto accade nel caso di altre stirpi, come un tópos, giacché il fenomeno non è documentabile con sicurezza né dal punto di vista storico né da quello archeologico. Anche l'ipotesi della genesi etnica continentale, che pure deve essere presa in considerazione, attualmente si presenta, sotto il profilo archeologico, in modo poco chiaro, così come incerta rimane l'ubicazione degli insediamenti delle tribù nelle regioni della Polonia settentrionale e centrale. Solo Tolomeo, nella seconda metà del sec. 2°, riporta vaghe indicazioni relative alla regione posta tra l'Oder e la Vistola. A ciò potrebbe corrispondere una facies culturale e archeologica germanico-orientale, formatasi poco prima della metà del sec. 2° (gruppo Lebus della Lusazia) in alcune zone della Bassa Slesia, della Lusazia, nella regione di Lebus e nel Brandeburgo sudorientale. Essa appare legata molto più profondamente alla cultura di Przeworsk - una civiltà fondamentalmente vandala, anch'essa germanico-orientale e confinante con la prima sul versante est - che non alle culture elbo-germaniche, sviluppatesi verso O (Germani occidentali). Poiché il gruppo Lebus della Lusazia - recentemente denominato dagli studiosi polacchi 'cultura di Luboszyce' - mostra una continuità d'insediamento in quelle regioni almeno fino alla metà del sec. 4°, dal punto di vista archeologico appare sempre meno verosimile che - come sostengono invece gli storici - considerevoli gruppi di popolazione o addirittura l'intera stirpe dei B. si fosse stabilita, subito dopo la caduta del limes retico e germanicosettentrionale (259-260), nella regione tra il Meno e il Reno, come popolo confinante a N degli Alamanni. Indizi archeologici in tal senso si hanno solo a partire dall'avanzato sec. 4°, nella regione del Meno centrale e meridionale, come anche tra Magonza e Worms, nell'area centrale della regione del Reno. Altrettanto controversa appare anche la successiva fase dell'evoluzione storica dei B., quella relativa al loro insediamento come foederati sulle rive del Reno, avvenuto, secondo Prospero di Aquitania (Chronicon; MGH. Auct. ant., IX, 1892, p. 467: "Burgundiones partem Galliae propinquam Rheno optinuerunt"), nel 413-443. La tesi della costituzione del c.d. regno burgundo nella regione del medio Reno, presso Worms, nella Germania I (basata tra l'altro anche sul Nibelungenlied), appare, anche sotto il profilo archeologico, maggiormente credibile che non quella di una sua localizzazione nell'area del basso Reno (Germania II). Un primo punto fermo per una corretta individuazione dell'area d'insediamento della stirpe burgunda è costituito da una notizia contenuta nella Chronica Gallica. Secondo questa fonte, nel 443 ciò che restava della popolazione dei B. - dopo la disastrosa sconfitta del 436 a opera di Ezio, narrata anche nel Nibelungenlied - venne insediato, per ragioni militari, politiche e strategiche e per volere dello stesso generale romano, nella Sapaudia, dove essi dovettero dividere le terre con la popolazione autoctona: "Sapaudia Burgundionum reliquiis datur cum indigenis dividenda" (MGH, Auct. ant., IX, 1892, p. 660). Questa formazione di un secondo regno burgundo, tramandata storicamente, risulta dunque regolata dalle norme di spartizione dei territori valide per i foederati, analoghe a quelle che contraddistinguevano anche gli stati germanico-orientali, come risulta - oltre che dall'espressione cum indigenis dividenda - anche da quanto riferisce la Chronica di Mario d'Avenches a proposito dell'occupazione di Lione nel 456: "Burgundiones [...] cum Gallis senatoribus diviserunt" (MGH. Auct. ant., XI, 1894, p. 232). In particolare, come ha potuto stabilire la ricerca archeologica, la regione della Sapaudia deve essere localizzata nel territorio attorno a Ginevra, su entrambe le sponde del Rodano, fino al Giura di Neuenburg. Ginevra divenne la prima capitale del nuovo regno, come testimonia anche un'iscrizione del re Gundobaldo (480-516) relativa alla ricostruzione e all'ampliamento delle mura cittadine. A partire dal 456 si hanno nuove testimonianze sui re di Burgundia; questi sovrani, in cooperazione con l'aristocrazia senatoria gallo-romana, furono in grado di realizzare una significativa espansione dei territori soggetti alla loro sovranità, soprattutto verso O e N-O nelle valli del Rodano e della Saona; in tale circostanza Lione divenne la capitale e il maggior centro del regno. Tra il 457-471 e il 517 (concilio di Epaone), soprattutto sotto il re Gundobaldo, la dominazione burgunda - fatta eccezione per le regioni colonizzate - si espanse verso N fino all'altopiano di Langres, alla porta burgunda oltre Besançon, verso N-E fino alla media valle dell'Aare (Solothurn), verso S almeno fino al fiume Durance (Avignone); verso E facevano parte del regno Avenches, la regione intorno a Berna e Octoduro (od. Martigny). In tal modo l'intera provincia tardoromana Lugdunensis I e gran parte della Viennensis e della Maxima Sequanorum divennero burgunde, confinando, di conseguenza, con i Franchi, gli Alamanni e gli Ostrogoti. In seguito alla disfatta subìta a opera dei Franchi ad Autun (532), sotto Gondemaro, il regno dei B. perse la propria autonomia e, nel 534, venne suddiviso tra i vincitori. Con la parte del regno corrispondente alla Burgundia "i Franchi diedero l'avvio a una nuova epoca dell'organizzazione statale e politica autonoma dell'Occidente latino, che non può più considerarsi quale proseguimento del sistema imperiale tardoantico" (Boehm, 1971). Per la successiva storia della Burgundia fu allora determinante la divisione in tre parti del regno franco, avvenuta nel 561: a Sigeberto toccò il c.d. regno orientale con le città di Metz e Reims (Austrasia), a Cariberto quello occidentale (Neustria), mentre a Gontrano spettò il nuovo e vasto dominio della Burgundia (che comprendeva l'antica Burgundia, gran parte della Provenza e del regno di Orléans, cioè ampie zone della Gallia centrale e meridionale). Alla fine degli anni settanta del sec. 6°, per volere di Gontrano, la capitale venne stabilita nell'antica città burgunda di Chalon-sur-Saône. In modo ancora più spiccato che nella Neustria, la parte del regno franco corrispondente alla Burgundia si caratterizzava al suo interno per una forte presenza e vicinanza dell'elemento germanico (B. e Franchi) e di quello autoctono romanizzato, che risultava preponderante e che esprimeva l'aristocrazia senatoria.
Il numero dei B. acquartierati nella Sapaudia (reliqui Burgundionum) nel 443 è stimato intorno ai cinquemila guerrieri, corrispondenti a una popolazione totale di ca. ventimila individui. Anche se non è possibile una precisa quantificazione, risulta tuttavia chiaro che i B. germanicoorientali si trovavano in evidente minoranza rispetto alla popolazione autoctona romanizzata già nei ristretti confini regionali della Sapaudia, e quindi più che mai entro le frontiere, sensibilmente più ampie, del regno di Burgundia (443-532). Il panorama delle fonti archeologiche relative al primo insediamento di B. nella Sapaudia (443-456) o all'epoca del regno burgundo (456-532) si presenta tutt'altro che ricco. Alcuni punti di riferimento cronologico si ricavano però da sepolture germaniche, comprese tra la metà del sec. 5° e il primo terzo del 6° e solitamente ben distinguibili da quelle degli autoctoni romanizzati per quanto riguarda la tipologia della tomba, della sepoltura, dell'abbigliamento e dei relativi accessori. Tale panorama di reperti, o meglio l'orizzonte culturale che essi esprimono, appare talora segnato da un'impronta di marca nomade-unna. Lo testimoniano le tracce di deformazione artificiale del cranio, nonché reperti quali lo specchio metallico da Saint-Sulpice (Losanna, Mus. Cantonal d'Archéologie et d'Histoire) o determinati tipi di orecchini con inserti di almandini; va a questo proposito ricordato che i B. erano stati alleati degli Unni e soggetti al loro dominio prima del 443.Un'altra particolarità di queste sepolture è costituita dal fatto che le tombe maschili sono prive di alcune armi e presentano solo arco, frecce e ascia, secondo una tipologia distintiva della 'cultura di Luboszyce' del 2°-4° secolo. È significativo infine notare che tutte queste caratteristiche si ritrovano in un'area di diffusione che, intorno al 450 e poi nella seconda metà del secolo, viene a coincidere esattamente con i confini della Sapaudia. Di particolare interesse - in quanto circoscritta alla regione intorno al lago di Ginevra - appare la diffusione della deformazione artificiale dei crani. Altrettanto indicativo è il moltiplicarsi delle sepolture germaniche in questo stesso periodo o anche agli inizi del 6° secolo. Soprattutto in Sapaudia, ma poi anche entro i più ampi confini del regno di Burgundia (456-532), esse costituiscono un elemento senza precedenti, se si fa eccezione per alcune tombe dell'inizio del sec. 5°, che anche per il tipo di corredo di armi non possono ritenersi burgunde (si tratta di soldati germanici al servizio dell'esercito imperiale romano: le località di sepoltura di Bretenières, Neuilly e Rouvres presso Digione sono ubicate in stretta prossimità e non mostrano alcuna continuità d'uso). Di norma tuttavia - e ciò appare degno di nota rispetto ad altri fenomeni di migrazione testimoniati archeologicamente - sulla base dei corredi tombali, a partire dalla metà del sec. 5° non è possibile (almeno allo stato attuale delle conoscenze) istituire un collegamento a ritroso con le regioni occupate in precedenza, nella prima metà del sec. 5° e nella tarda epoca imperiale romana, dalla stirpe burgunda. Per il periodo che va dal 413 al 443 e per il tardo sec. 4° (nella regione del Reno e del Meno) ciò è probabilmente spiegabile con la precarietà delle evidenze archeologiche. Questo non vale tuttavia per le tipologie dell'abbigliamento femminile, che appaiono fortemente improntate ai modelli germanico-occidentali (primo gruppo occidentale delle sepolture in fila, Franchi, Alamanni), sebbene i B. appartengano storicamente e dal punto di vista archeologico (periodo della genesi etnica, epoca imperiale) ai Germani orientali. Questo dato archeologico è spiegabile solo attraverso la precoce presa di contatto dei B. con l'Occidente, a partire dal tardo sec. 4°, nella regione del Reno e del Meno. Appartengono infatti a una tipologia germanico-occidentale le fibule cloisonnées 'a ponte', con nucleo in ferro, provenienti da Saint-Sulpice (tombe 97 e 133) e da Saint-Prex, nonché la coppia di piccole fibule 'a ponte' decorate da motivi geometrici a Kerbschnitt, ugualmente provenienti dalla tomba 97 di Saint-Sulpice (Losanna, Mus. Cantonal d'Archéologie et d'Histoire). Inoltre, le coppie di fibule da piccola cavalcatura appartenenti a una tomba femminile mettono in luce ancora una volta il legame con il primo gruppo occidentale delle sepolture in fila. Mentre la fibbia cloisonnée della cintura con guarnizioni 'a rene' rinvenuta a Saint-Prex (tomba 93) permette di istituire nuovi riferimenti geografici, anche con la regione danubiana, altre fibule 'a ponte' appartengono al c.d. tipo germanico-orientale-ostrogoto e potrebbero in parte provenire dal regno ostrogoto d'Italia ovvero essere state realizzate su modelli di quell'area (si vedano per es. i materiali da Brochon e Sainte-Sabine; Digione, Mus. Archéologique). Esse possono essere giunte nel regno burgundo anche come elementi del corredo di proprietà di donne ostrogote (Brochon), giacché dal 494 al 507 esistono stretti rapporti tra il re ostrogoto Teoderico e quello burgundo Gundobaldo. Una parte delle tombe burgunde del tardo sec. 5° e del principio del successivo si trova anche al di fuori dei confini della Sapaudia, sul territorio di quello che fino al 532 fu il regno burgundo, sebbene in questa zona non sia attestato, allo stato attuale delle conoscenze, un fitto insediamento di B. in pianura. Per lo più nella Sapaudia, ma anche nei centri abitati della valle del Rodano e della Saona, si trovano diffusamente iscrizioni tombali in latino del periodo intorno al 500, che riportano nomi di persona di origine germanico-orientale e burgunda. Le testimonianze archeologiche, antropologiche e onomastiche non lasciano quindi dubbi circa la regione d'insediamento dei B., soprattutto nella Sapaudia, tra il 443 e il 532.La situazione archeologica fin qui descritta muta progressivamente nel corso del sec. 6°, fino al momento dell'abbandono dell'uso del corredo funerario; nel tardo sec. 7°, malgrado il patrimonio di tombe altomedievali con corredo vada continuamente e considerevolmente aumentando, risulta impossibile distinguere con certezza le sepolture dei B. a causa, in primo luogo, della loro 'romanizzazione', accresciutasi nella prima metà del sec. 6° e rapidamente giunta a compimento. Essi arrivano in tal modo a non potersi più distinguere dalla popolazione autoctona sotto il profilo archeologico (uso della tomba e del corredo, abbigliamento, tipo di accessori dell'abbigliamento). Inoltre, alcuni siti di sepoltura furono utilizzati contemporaneamente da entrambe le comunità, talvolta già anche durante il primo insediamento burgundo in Sapaudia (necropoli di Monnet-la-Ville, Sézegnin, Saint-Sulpice, Saint-Prex). La forte ripresa dell'uso del corredo funerario (fibule a disco, abiti con cinture, gioielli, ma anche recipienti) tra le popolazioni romano-cristianizzate della regione mediterranea e circummediterranea - le quali, come nella Burgundia nel corso dei secc. 4° e 5°, nella maggioranza dei casi usavano sepolture senza corredo e soprattutto senza armi - si può far risalire molto probabilmente a un influsso germanico, franco piuttosto che alamanno. Nel panorama archeologico proprio della Burgundia romana quale entità autonoma - o anche negli aspetti romanizzati della cultura e del costume della Burgundia (settentrionale) - e in particolare nel Nord del regno franco di Burgundia (a partire dal 532) emergono tuttavia anche sepolture germaniche con corredo di armi, che comprovano un denso insediamento di stirpe franca, testimoniato per es. dai reperti ceramici. In parte tali sepolture sono già attestate prima del 500 e nel primo sec. 6°, probabilmente già tra i B. (Brochon, Charnay).Il complesso degli aspetti archeologici della Burgundia romana - in cui la popolazione romana era in netta maggioranza rispetto a quella burgunda e in cui, come già ricordato, Romani e B. non sono più distinguibili dal punto di vista etnico e archeologico - si lascia ben circoscrivere soprattutto riguardo all'abbigliamento femminile, secondo il concetto di romanische Trachtprovinz espresso da Werner (1979), il cui elemento principale è rappresentato dalla cintura. Per quanto riguarda il sec. 6°, sono particolarmente caratteristiche le fibbie di cintura in bronzo del c.d. tipo D - sempre decorate da motivi figurativi con borchie rettangolari che presentano temi cristiani, quali Daniele nella fossa dei leoni, figure di oranti, Giona, profeti con grifi alati, iscrizioni in latino con nomi di persona germanici sui bordi - ivi compresi gli esemplari in osso e le fibbie-reliquiario, realizzate tanto in bronzo quanto in osso (Yverdon: Payerne, Mus.; Daillens: Berna, Bernisches Historisches Mus.). Queste ultime, consistenti in una borchia realizzata in forma di reliquiario (WahlernElisried, tomba 33: Berna, Bernisches Historisches Mus.), venivano indossate nella maggioranza o nella totalità dei casi da membri del clero e si differenziano dai generici reperti di abbigliamento quali le cinture femminili. Le piastrine decorative rettangolari delle fibbie da cintura, di grandi dimensioni e indossate in modo chiaramente evidente, sono di origine tardoantico-mediterranea e sono estranee all'abbigliamento femminile delle stirpi germaniche, fatta eccezione per Visigoti e Ostrogoti. Nel tardo sec. 6°, nell'abbigliamento femminile romano-burgundo, alle fibbie del tipo D si sostituiscono esemplari in ferro, quasi sempre ageminati, del c.d. tipo B, anch'essi con le tipiche piastrine di guarnizione rettangolari decorate con motivi a intreccio o di II stile animalistico (Echallens: Losanna, Mus. Cantonal d'Archéologie et d'Histoire). Le fibbie del tipo B sono attestate in un'area più ampia rispetto a quelle del tipo D, in conformità con la loro cronologia, cioè con il crescente uso del corredo tombale, che raggiunse il suo apice negli anni intorno al 600. È interessante notare che i limiti di diffusione di tale tipologia coincidono a N e a E (Franchi e Alamanni) con i confini sia del regno sia della Burgundia intesa come parte del regno franco. Le cinture più recenti, proprie dell'abbigliamento femminile della romanische Trachtprovinz di Burgundia, sono quelle del c.d. tipo A, composte di due parti, che compaiono nella seconda metà del 7° secolo. In questo caso si tratta di lunghe e pesanti fibbie da cintura con controguarnizione, ageminate e poi placcate, riprese da modelli franco-occidentali (II stile animalistico, quindi spesso con motivi geometrici e filiformi, con decorazioni a intreccio e fitomorfe, rinvenute per es. a Fetigny: Friburgo, Mus. d'art et d'histoire).Nella Burgundia del sec. 6° e degli inizi del 7° facevano parte dell'abbigliamento femminile anche fibule a disco che, per tipologia e impiego (fibula singola come chiusura del mantello), riprendevano quelle proprie dell'abbigliamento femminile mediterraneo (esemplari decorati con almandini e, in particolare, fibule a disco in lamina pressata: per es. Attalens e Gurmels, tombe 166 e 309: Friburgo, Mus. d'art et d'histoire; Wahlern-Elisried, tomba 81: Berna, Bernisches Historisches Mus.). Nel corso del sec. 6° compaiono, al posto della fibula singola, esemplari a coppia realizzati in lamina con decorazione impressa, spesso legati con catenelle, e i c.d. Kettenschmuckträger (agrafes à double crochet o fermagli a doppio gancio).L'abbigliamento maschile segue grosso modo lo sviluppo verificato nell'ambito delle tombe in fila dell'Occidente merovingio. A partire dall'ultimo terzo del sec. 6° alle fibbie senza guarnizione subentrano parures in ferro, ageminate e composte da due o tre elementi, tra cui guarnizioni del c.d. tipo C, che tuttavia, alla metà del sec. 7°, cominciano a essere placcate e divengono di maggiori dimensioni.Per quanto emerge dal panorama archeologico è possibile stabilire che la cultura germanico-orientale è soggetta, in alcuni aspetti fondamentali, a due processi di acculturazione: in primo luogo il probabile adeguamento, quanto meno nell'abbigliamento e nella sua tipologia, alle popolazioni germanico-occidentali (Alamanni, Franchi) prima del 443; in secondo luogo il veloce processo di romanizzazione nel corso del 6° secolo. Va notato come già il primo di tali processi di acculturazione non permetta più di identificare i B. - al contrario di quanto avviene per tutte le altre migrazioni germaniche - come appartenenti alle popolazioni germanicoorientali già a partire dal loro insediamento nella Sapaudia.Anche a causa della frammentarietà delle evidenze archeologiche non è possibile alcuna ipotesi certa sull'aristocrazia burgunda. Tutti quegli oggetti che nelle altre stirpi germaniche possono essere connessi con le tombe di esponenti di ceti elevati (per es. bacini in bronzo, secchi in legno e anche angoni) fanno la loro comparsa - soprattutto nel Nord della Burgundia - in tombe che sono già franche, dopo il 532. La mancanza delle c.d. tombe ricche potrebbe tuttavia giustificarsi anche attraverso il processo di romanizzazione, che - come pure nel costituirsi di altri stati germanici mediterranei (Goti, Vandali) - investì in primo luogo la classe dirigente, particolarmente nelle città. A prescindere da rare e modeste eccezioni del tardo sec. 6° e degli inizi del 7° (tombe di personaggi appartenenti alla classe dirigente in chiese, talvolta private: per es. Saint-Jean d'Ardon), le notizie relative alla struttura sociale e alle modalità di sepoltura dei membri della casa reale si ricavano esclusivamente dalle fonti scritte. Dai due fattori citati - il processo di romanizzazione e la mancanza di tombe ricche - dipende anche la carenza di testimonianze circa l'esistenza di un artigianato che possa considerarsi specificamente burgundo. I pochi manufatti di oreficeria risalenti al primo periodo (443-532) risentono fortemente di influssi merovingio-germanico-orientali, laddove si tratti di tombe burgunde, oppure sono da riferirsi a tombe franche. La produzione artistica del tardo sec. 6° e del 7° - limitata dal punto di vista archeologico agli accessori dell'abbigliamento (in particolare le cinture dei tipi B e D, ma anche le fibule a disco; romanische Trachtprovinz) - risente profondamente nelle forme (cinture dei tipi B e D con piastrina rettangolare di guarnizione), ma soprattutto nei modelli, dell'influsso latino (ornamentazione fitomorfa, resa naturalistica della figura umana e animale, motivi a intreccio, simbologia cristiana); lo stesso può dirsi per le fibule a disco. L'aspetto germanico si manifesta a partire dal tardo sec. 6° solo nell'impiego di elementi del II stile animalistico.Allo stesso modo anche i preziosi reliquiari conservati nel regio monastero di Saint-Maurice d'Agaune (dedicato nuovamente dal re Sigismondo nel 515) non possono considerarsi burgundi, ma prodotti dell'arte di corte merovingia (coppa in sardonica, reliquiario di Teuderigo: prima metà del sec. 7°) o dell'arte imperiale carolingia (reliquiario a brocca degli inizi del sec. 9°).
Bibl.: L. Boehm, Geschichte Burgunds, Stuttgart 1971; G. Domanski, Das Problem der sog. burgundischen Kultur, Przeglad Archeologizne 21, 1973, pp. 123-163; id., Kultura luboszycka [Cultura di Luboszyce], Wroclaw 1979; J. Werner, Die romanische Trachtprovinz Nordburgund im 6. und 7. Jahrhundert, in Von der Spätantike zum frühen Mittelalter. Aktuelle Probleme in historischer und archäologischer Sicht, a cura di J. Werner, E. Ewig (Vorträge und Forschungen, 25), Sigmaringen 1979, pp. 447-465; H. Gaillard de Semainville, Les cimetières mérovingiens de la Côte chalonnaise et de la Côte mâconnaise (Revue archéologique de l'Est et du Centre-Est, suppl. 3), Dijon 1980; s.v. Burgunden, in Reallexikon der Germanischen Altertumskunde, IV, Berlin-New York 19812, pp. 224-274 (con bibl.); M. Schulze, Spätkaiserzeitliche Gürteltaschen mit Knebelverschluss, Archäologisches Korrespondenzblatt 12, 1982, pp. 501-509; M. Schulze-Dörlamm, Archäologische Funde der ersten Hälfte des 5. Jahrhunderts n. Chr. aus Worms-Abenheim, Der Wormsgau 14, 1982-1986, pp. 91-96; M. Weidemann, Kulturgeschichte der Merowingerzeit nach den Werken Gregor von Tours, 2 voll., Mainz 1982; M. Colardelle, Sépulture et traditions funéraires du Ve au XIIIe siècle ap. J. -C. dans les campagnes des Alpes françaises du nord, Grenoble 1983; M. Martin, Das Gebiet des Kantons Solothurn im frühen Mittelalter, Jahrbuch der Schweizerischen Gesellschaft für Ur- und Frühgeschichte 66, 1983, pp. 215-239; B. Privati, La nécropole de Sézegnin (Avusy-Genève), IVe-VIIIe siècle, Genève-Paris 1983; H. Schwab, Goldblechscheibenfibeln mit Begleitfunden aus dem Kanton Freiburg, Archéologie fribourgeoise. Chronique archéologique, 1985, pp. 200-232; M. Martin, Romani e Germani nelle Alpi occidentali e nelle Prealpi tra il lago di Ginevra e il lago di Costanza. Il contributo delle necropoli, in Romani e Germani nell'arco alpino (secoli VI-VIII), "Atti della Settimana di studio, Trento 1982", a cura di V. Bierbrauer, C.G. Mor (Annali dell'Istituto storico italo-germanico. Quaderni, 19), Bologna 1986, pp. 147-200; M. Martin, Bemerkungen zur frühmittelalterlichen Knochenschnalle eines Klerikergrabes der St. Verenakirche von Zurzach (Kt. Aargau), Jahrbuch der Schweizerischen Gesellschaft für Ur- und Frühgeschichte 71, 1988, pp. 161-177; R. Marti, Das frühmittelalterliche Gräberfeld von Saint-Sulpice, (Cahiers d'archéologie romande, 51), Genève 1990; I. Wood, Ethnicity and the Ethnogenesis of the Burgundians, in Typen der Ethnogenese unter besonderer Berücksichtigung der Bayern, a cura di H. Wolfram, W. Pohl (Österreichische Akademie der Wissenschaften. Philosophisch-historische Klasse, Denkschriften, 201), Wien 1990, I, pp. 53-69.V. Bierbrauer
Come tutte le popolazioni barbariche, i B. non ebbero inizialmente una propria monetazione, ma utilizzarono quella imperiale romana, a loro già nota. Solo in un secondo momento diedero avvio a proprie emissioni, imitando i tipi imperiali e aggiungendo il monogramma del loro re. I monogrammi stessi inducono a ritenere che questo non sia avvenuto prima della metà del sec. 5°, probabilmente all'epoca in cui il regno fu unificato sotto il re Gundobaldo, figlio di Gundioco o Gundovico, dopo la morte del fratello Godigiselo. I ritrovamenti di monete burgunde di questo primo periodo sono avvenuti in contesti diversi, in associazione con monete ostrogote, visigote o franche; fa eccezione il tesoro di Gourdon (Cluny), composto di oggetti preziosi e monete d'oro, d'argento e di bronzo. Le monete d'oro presentano sul dritto il busto dell'imperatore, in posizione frontale o volto a destra; la leggenda reca il nome dell'imperatore (ANASTASIVS o IVSTINVS) preceduto dall'abbreviazione DN (Dominus noster) e seguito da P (Perpetuus) AVG (Augustus) o PF (Pius felix). Sul rovescio compare una Vittoria, stante o volta a sinistra (raramente a destra), che tiene in mano una corona, una palma o una lunga croce; la leggenda è VICTORIA AVGGG. Nel campo compare il monogramma del re burgundo, che presenta alcune varianti che fanno pensare a diversi luoghi di emissione. I più comuni sono (RVB), o o anche (RB), letto come Gundebaudus rex Burgundiorum, oppure SIG o IG, monogramma di Sigismondo suo successore, o, ancora, quello di Gondemaro fratello di Sigismondo, che si ribellò ai Franchi.Le monete d'argento sono simili, sul dritto, a quelle d'oro, mentre sul rovescio compaiono le parole PAX e ABVNDANTIA e nell'esergo il monogramma di Gundobaldo e le lettere L/DOLV, che alludono alla zecca di Lugdunum. Esemplari di questo tipo sono stati spesso ritrovati all'interno di tombe, probabilmente come obolo a Caronte; alcuni di essi presentano un foro, eseguito forse allo scopo di trasformarle in ciondoli.Le monete di bronzo, ritrovate in minore quantità, presentano i medesimi elementi di quelle d'oro e d'argento. Va ricordato infine che un'esplicita norma della Lex Burgundionum vietava la circolazione dei valentiniani e dei genovensi.
Bibl.: P. Le Gentilhomme, Aperçu sur quelques aspects du monnayage des peuples barbares, Revue numismatique, s. V, 4, 1940, pp. 21-37; id., Les monnaies pseudo-imperiales de 476 à 578, ivi, 7, 1943, pp. 73-108: 92ss.; J. Lafaurie, Le trésor de Gourdon (Saône-et-Loire), BSNAF, 1958; id., Les routes commerciales indiquées par les trésors et trouvailles monétaires mérovingiens, in Moneta e scambi nell'Alto Medioevo, "VIII Settimana di studio del CISAM, Spoleto 1960", Spoleto 1961, pp. 231-278; id., Les monnaies des Burgondes au VIe siècle, Bulletin de la Société française de numismatique 19, 1964, pp. 368-370; J.M. Merrick, D.M. Metcalf, Milliprobe, Analyses of Some Problematic Burgundian and Other Gold Coins of Early Middle Ages, Archaeometry 2, 1969, pp. 61-65; P. Grierson, Monnaies du Moyen Age, Bruxelles 1976, pp. 22-25; J. Lafaurie, Monnaies décriées dans la seconde appendice de la Lex Burgundionum, BSNAF 31, 1976, pp. 73-75; P. Grierson, M. Blackburn, Medieval European Coinage, I, The Early Middle Ages (5-10 Centuries), Cambridge (MA) 1986, pp. 74-77.P. Calabria