CACHERANO D'OSASCO, Carlo, conte di Rocca d'Arazzo
Figlio di Ottaviano, gran cancelliere di Savoia, e di Barbara Balbis dei marchesi di Ceva, sua seconda moglie, nacque probabilmente intorno al 1545.
La famiglia, di antica nobiltà e di alto lignaggio, crebbe in fama nel sec. XVI, grazie soprattutto a Ottaviano, al fratello di questo Gian Francesco e al loro padre, Giovanni. L'accortezza nell'amministrare il patrimonio di famiglia, favorita da uno spiccato senso degli affari, che aveva spinto i Cacherano d'Osasco ad aprire varie "casane" (banche) in Piemonte e all'estero, permise loro di accumulare ingenti fortune. Il C. ne entrò in possesso, essendo stato nominato erede universale dal padre, assieme al nipote Emanuele, figlio del primogenito di Ottaviano, Annibale (settembre 1580).Egli incrementò ancora, con abili manovre finanziarie e con negozi matrimoniali lucrosi, questo patrimonio, ed è ricordato come uomo ricchissimo. Dopo la morte della prima moglie, Maria, figlia di Pietro e Lazzarina Gastaudi di Villafranca, dalla quale non aveva avuto figli, il C. riuscì, nel 1577, anche grazie alla mediazione di Giovan Battista Saluzzo, a ottenere la mano di Caterina, figlia di Clemente Della Rovere e di Bianca Spinola. I Della Rovere, famiglia imparentata con la più alta nobiltà genovese e veneta, assegnarono alla sposa una cospicua dote con cui il padre del C., Ottaviano, acquistò dal conte Provana di Frossasco e di Leyni il feudo di San Secondo. Dall'acquisto ebbe origine una serie di complicate controversie legali. Il luogo di San Secondo fu retrovenduto nel 1585 e Carlo ebbe in cambio, nel 1598, i feudi di Mathi, Balangero e Villanova nel Canavese, ma, a questo punto, le relazioni si intricarono a causa dell'intervento del duca di Savoia e il nodo si sciolse solo quando il C. accettò, in luogo dei feudi, 22.300 ducatoni da Carlo Emanuele I. Dal matrimonio con Caterina ebbe due figli, Ottaviano e Geronimo Clemente. Sposò in terze nozze, celebrate nel 1595, una Anna Maria, vedova di un Giovanni o Giovannino Cacherano che era stato scudiero di Carlo Emanuele I, la quale gli diede un terzo maschio, Giarimartino. Nel testamento del 9 nov. 1621 istituì suoi eredi universali i tre figli, ordinando una primogenitura eventuale, da radicarsi in uno dei medesimi, ma da purificarsi solo con la morte di uno di loro. Poiché il primogenito morì innanzi tempo, la primogenitura toccò a Geronimo Clemente che raccolse i titoli ed il casato paterno. Da Ottaviano ebbero origine i Cacherano della Rocca di Coazzolo e i Cacherano Challant; da Gianmartino, i Cacherano della Rocca di Revigliasco, marchesi di Lanzo. La notizia, riportata da A. Manno, secondo la quale il C. ebbe altri due maschi, Francesco e Annibale, non trova ulteriori conferme.
Avviato dal padre agli studi giuridici, il C. si addottorò nella scienza del diritto e fece parte del collegio dei dottori di Asti. "Quantunque giovane", come troviamo scritto in una patente di Emanuele Filiberto, il 30 marzo 1570, venne scelto come successore del defunto, Cristoforo Alfeo a ricoprire l'ufficio di avvocato fiscale generale: "residente presso il senato nostro di qua da' monti". Nella patente non si fa mistero della speranza che i meriti del padre possano favorire "l'ottima riuscita del figlio". Tale motivo ritorna in una patente successiva del 15 dic. 1576, nella quale si esprime il voto che il C., nell'"imitazione di suo padre", possa fare anche "maggior progresso". Come avvocato fiscale generale egli facevaparte del Senato di Piemonte e attendeva alla "diffesa et indirizzo" delle cause fiscali, con dignità pari a quella di senatore. Conservò tale carica fino, al 1576, anno in cui, il 15 dicembre, veniva nominato consigliere, senatore e giudice delle ultime appellazioni del contado di Asti e marchesato di Ceva, con la specifica mansione di trattare le cause vertenti davanti al Senato, tra i sudditi di detti luoghi o contro di essi. Diveniva così il diretto collaboratore dello zio Gian Francesco che, fino al 1577, anno della sua morte, fu presidente del contado di Asti e del marchesato di Ceva. Alcuni anni dopo, il C. conseguiva anch'egli la presidenza del contado di Asti, terzo dopo lo zio e Antonino Tesauro a ricoprire questo ufficio. Con una buona approssimazione si può fissare la data del conseguimento al 1586, anno in cui la carica si era resa vacante per la morte del Tesauro. Nel 1593 (14 aprile) la manteneva ancora.
Solerte esecutore degli ordini ducali, funzionario assiduo e prudente, quale ci appare dalle lettere rimasteci, il C. è però figura di minor rilievo rispetto al padre e allo zio. La sua fedeltà ai Savoia non è più un coraggioso schierarsi a fianco del più debole, come era stato per i suoi ascendenti, ché anzi il rapporto si è capovolto e il C. è il beneficiario della riconoscenza sabauda accumulatasi in tanti anni difficili. Nelle patenti che lo riguardano, Emanuele Filiberto si dice "ricordevole dell'antica et a Noi gratissima servitù fattane per addietro, et che continua ogni di farci l'illustre nostro Gran Cancelliere" riferendosi a Ottaviano, padre del Cacherano.
Morì nel 1621.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Torino, sezione I, Lettere Particolari, mazzo 12 Ors-Oza, 1572 in 1588, 12 giugno e 1º maggio 1572; 1588 (senza indicazione del giorno e del mese); Ibid., Sezione Camerale, Patenti Piemonte, reg. 13, ff. 75 s.; reg. 24, f. 21; Controllo finanze, reg. 25, f. 27; F. A. Della Chiesa, Corona reale di Savoia, Torino 1777, p. 153; [G. Galli della Loggia], Cariche del Piemonte, I, Torino 1798, pp. 53, 458 s., 514-16; V. Angius, Sulle famiglie nobili della monarchia di Savoia, I, Torino 1841, pp. 696 s.; L. Tettoni-F. Saladini, Teatro araldico, VIII, Lodi 1847, sub voce Cacherani; C. Dionisotti, Storia della magistratura piemontese, II, Torino 1881, p. 273; L. C. Bollea, Cartario di Bricherasio (1159-1859), Torino 1928, p. 227; Torino, Bibl. Reale: A. Manno, Ilpatriziato subalpino, III(dattil.), p. 50.