Calabria
Regione dell’Italia meridionale. In epoca romana terminava a S col promontorio Iapigio o Salentino (capo S. Maria di Leuca) e a N con una linea che andava dall’Adriatico allo Ionio a N di Brindisi e Taranto. Sulle sue coste erano due porti assai frequentati, Brindisi e Taranto, e altri centri di notevole importanza; era percorsa da tre strade: una interna, Taranto-Brindisi, e due costiere, Brindisi-Otranto e Otranto-Taranto. Solo a partire dal 7° sec. il nome Calabria comprese anche la Lucania e il Bruttium dei romani, mentre dal 9° sec., con l’avanzata longobarda, designò solo l’od. penisola calabrese. Sede di fiorente civiltà (➔ Magna Grecia), la C. difese la propria indipendenza contro Alessandro d’Epiro (4° sec. a.C.) e contro Agatocle di Siracusa, raggiungendo nel 3° sec. la maggiore potenza; parteggiò per Pirro contro i romani, poi per Annibale per finire dopo la seconda guerra punica sotto il dominio dei romani, che vi dedussero colonie. Caduta in una profonda crisi nell’ultimo periodo dell’impero romano, la regione ebbe qualche sollievo con Teodorico (494-526), prima di passare ai bizantini (guerra gotica: 535-553). L’invasione dei longobardi ne spezzò l’unità, strappandole il Cosentino, annesso al ducato di Benevento e poi al principato di Salerno (847). La riunificazione sotto i bizantini (con l’erezione a tema: inizio 10° sec.) aprì una fase di radicale ellenizzazione, appoggiata dalla diffusione del monachesimo basiliano; ma per l’inerzia e il fiscalismo del governo decadde l’agricoltura, rinacque il latifondo, sparì quasi ogni energia locale. Sotto il dominio normanno (1059-1198) e degli svevi (1214-1266), la C. ebbe un governo più fermo e un più stabile assetto sociale (feudalesimo). La decadenza riprese con gli Angioini e gli Aragonesi, che oppressero il Paese con esoso fiscalismo; l’aristocrazia feudale taglieggiò i suoi soggetti e solo Cosenza ebbe, nel 14° sec., un certo sviluppo di vita municipale. Dopo una vana rivolta contadina (1458-59) guidata da A. Centelles, la C. assistette inerte alle guerre franco-spagnole, al tentativo insurrezionale di T. Campanella (1600), alla rivoluzione di Masaniello (1647-48). Contro l’oppressione baronale, i calabresi riconobbero nel re la loro tutela, il che spiega il loro lealismo contro i francesi. Nel Risorgimento la C. fu aperta a una larga diffusione della Carboneria e, in misura assai minore, del mazzinianesimo. Nel 1848 vi divampò nuovamente l’insurrezione contadina, che non riuscì peraltro a scuotere il dominio borbonico, abbattuto poi nel 1860 da Garibaldi. I primi anni del regno d’Italia furono caratterizzati dal brigantaggio, che fu insieme espressione di rimpianto per l’antica dinastia, diffusa delusione sociale, specie delle plebi rurali, e criminalità comune. In realtà le difficili condizioni, economiche e morali, in cui i Borboni avevano lasciato il Paese non trovarono sollievo nell’Italia unitaria e il divario economico-sociale che divide la C. dal resto del Paese permane tuttora, nonostante la vasta opera di rivalorizzazione (Cassa per il Mezzogiorno, Opera per la valorizzazione della Sila, Leggi speciali ecc.) avviata nel secondo dopoguerra.