Calabria
Geografia umana ed economica
di Luigi Stanzione
La C., nel suo attuale quadro complessivo regionale, ricopre l'ultimo posto nella graduatoria delle regioni italiane per quanto riguarda i principali indicatori di sviluppo; lo stesso quadro, inoltre, non lascia intravedere tendenze che portino a pensare a una riduzione in tempi brevi del divario rispetto alla media nazionale e allo stesso Mezzogiorno. Il valore del PIL pro capite, stimato al 2004 intorno ai 14.000 euro, rappresenta infatti appena il 64,5% della media nazionale. Qualche segnale positivo viene, tuttavia, dall'andamento del prodotto interno lordo che, come nel resto del Mezzogiorno, a partire dalla seconda metà degli anni Novanta, ha fatto segnare tassi di crescita mediamente superiori a quelli delle regioni del Centro-Nord, anche se nel 2002 e nel 2003 si è fatta sentire pesantemente la fase di stagnazione dell'economia nazionale e internazionale e solo nel 2004 si è registrata una leggera inversione di tendenza. Negli ultimi anni, dunque, si è verificato un sia pur debole riavvicinamento del livello della ricchezza alla media nazionale, anche se permangono fattori strutturali negativi quali il basso tasso degli investimenti, l'elevata dipendenza dell'economia regionale dalle importazioni e la scarsa propensione all'esportazione.
Anche l'analisi delle tendenze demografiche desta qualche problema. Al 2004 la popolazione della C. risultava pari a circa 2.010.000 unità. L'esame dell'andamento intercensuario mostra come, dopo la sostanziale tenuta negli anni Ottanta, il decennio 1991-2001 abbia fatto segnare un calo demografico del 2,8%. Inoltre, va osservato che la popolazione presente risulta, all'ultimo censimento, inferiore di più di 59.000 unità rispetto a quella residente. I tassi di natalità nel triennio 2002-2004 si sono mantenuti pressoché invariati (9,2‰), su valori inferiori a quelli medi del Mezzogiorno, mentre il tasso di mortalità registrato nello stesso periodo si attesta su livelli del tutto simili a quelli meridionali. Il saldo naturale, dunque, è appena positivo (compreso nei tre anni di osservazione fra lo 0,3 e lo 0,7‰) e, negli ultimi anni, non riesce a compensare il saldo migratorio. In effetti, se è vero che il tema dell'emigrazione rappresenta una costante che contraddistingue anche la storia demografica recente della C., si percepisce un'evoluzione connotata da un allineamento della natimortalità alle tendenze nazionali e da un'attenuazione dell'intensità dei fenomeni migratori che, tuttavia, continuano ad allontanare dalla regione una fascia significativa di popolazione giovane e spesso istruita.
Alla base di tali processi vi è soprattutto la mancanza di opportunità di lavoro. Il tasso di disoccupazione, infatti, raggiunge in C. quote ragguardevoli (24,5% al 2001, con punte oltre il 28% nella provincia di Crotone e del 26% in quella di Reggio Calabria). Preoccupante appare la disoccupazione giovanile, che supera il 61%, a cui si affianca un tasso di attività basso (42,7% contro una media nazionale del 48,6%, di per sé tra le più contenute d'Europa), una forte penalizzazione della componente femminile (il cui tasso di disoccupazione è pari circa al doppio di quello maschile), nonché un'incidenza rilevante del lavoro irregolare.
È alla luce di tali cifre che occorre leggere l'articolazione del sistema produttivo, che si caratterizza sostanzialmente per il peso tuttora rilevante del settore primario (che assorbe circa il 12% degli occupati), per la debolezza del settore industriale, per l'ipertrofia del settore terziario (in particolare, il commercio e i servizi pubblici) e, infine, per la forte dipendenza dell'economia regionale dai trasferimenti.
Il settore agricolo si connota per la presenza di aziende a conduzione familiare di piccola o piccolissima dimensione e per un'elevata frammentazione delle superfici utilizzate. In una regione prevalentemente collinare e montuosa, le aziende di maggiori dimensioni si concentrano soprattutto nelle tre aree pianeggianti principali (Gioia Tauro, Sibari e Sant'Eufemia), dove le colture cerealicole tradizionali hanno lasciato il posto nel corso degli anni a quelle ortofrutticole (le produzioni più rilevanti provengono dall'olivicoltura e dall'agrumicoltura), dando luogo a un'evidente trasformazione del paesaggio agrario. La regione si distingue, inoltre, per la grande consistenza del settore forestale, particolarmente sviluppato anche per effetto della politica di rimboschimento condotta negli ultimi decenni. Il patrimonio boschivo, oltre che rappresentare una significativa risorsa economica (peraltro non pienamente utilizzata a causa dell'assenza di adeguate relazioni con il comparto della trasformazione del legno), svolge un'importante funzione di tutela del suolo e costituisce un peculiare elemento del paesaggio calabrese che, per la sua bellezza suggestiva e selvaggia, meriterebbe una maggiore e più attenta valorizzazione sotto il profilo ambientale e turistico. Alla presenza di tre parchi nazionali (della Sila, del Pollino e dell'Aspromonte) e di numerose aree protette di rilevanza regionale, rimangono ancora irrisolti i nodi legati all'inadeguatezza del quadro normativo, all'inefficienza gestionale e la piaga degli incendi.
L'assenza di un settore industriale sviluppato rappresenta uno dei principali punti deboli della C., la cui struttura produttiva resta dominata da imprese di piccolissima dimensione, poco specializzate e rivolte quasi esclusivamente al mercato locale. A differenza di quanto avvenuto altrove nel Mezzogiorno, nella regione non si sono sviluppate forme distrettuali in grado di creare sistemi produttivi locali integrati. Gli unici significativi addensamenti di imprese si rilevano nelle tre piane, dove si riscontra una relativamente marcata specializzazione nel comparto agroindustriale. Inadeguato a sostenere la crescita dell'industria manifatturiera appare, inoltre, il sistema di servizi alle imprese (a cominciare dal credito) e quello dei servizi della pubblica amministrazione. L'attrattività in termini di investimenti esogeni è, infine, fortemente penalizzata dalla presenza di fenomeni di criminalità organizzata. In tal senso va detto che ancora oggi i tratti di una delle più belle regioni d'Italia sono segnati dal perdurare della diffusione di tali fenomeni, che recentemente paiono incentrarsi in modo particolare sul controllo del traffico di sostanze stupefacenti e dell'immigrazione clandestina.
In tale quadro, un elemento positivo assume deciso rilievo: il buon andamento del settore turistico, che ha sperimentato negli anni recenti una significativa crescita dei flussi provenienti sia dal resto d'Italia sia dall'estero (soprattutto dalla Germania), con un numero di presenze che ha sfiorato i 7,7 milioni nel 2004, ma anche una parallela evoluzione della dotazione dell'offerta, sia in termini di aumento del numero di esercizi e posti letto sia in termini di miglioramento della qualità dei servizi. Tuttavia, il contributo del settore all'economia regionale potrebbe essere ben più consistente se si superasse il carattere stagionale del turismo balneare, il cui sviluppo ha peraltro avuto un considerevole impatto ambientale su molti tratti costieri, tanto ionici che tirrenici, a causa del proliferare selvaggio delle cosiddette seconde case. Si avverte, invece, la necessità di una maggiore integrazione con altre forme di turismo, mirate alla valorizzazione delle notevoli risorse naturalistiche e culturali (in particolare archeologiche).
L'episodio maggiormente significativo, dal punto di vista economico ma anche del complessivo riassetto territoriale della regione, è rappresentato dalla realizzazione del porto industriale e commerciale di Gioia Tauro, inizialmente previsto come supporto logistico a un insediamento siderurgico mai realizzato, e che oggi costituisce il principale terminal per il transhipment nel Mediterraneo. Dopo un avvio stentato nel 1995, negli ultimi anni si è assistito a un rapido incremento del traffico (oltre 2,6 milioni di TEUs movimentati nel 2003 e più di 3000 le navi che vi hanno fatto scalo nello stesso anno), cui però non fa riscontro un significativo adeguamento della rete infrastrutturale nell'entroterra, che è anche causa del mancato innesco di attività dell'indotto. Più in generale, il problema infrastrutturale resta uno dei nodi da sciogliere per l'intera regione, ancora penalizzata dalla lentezza dei lavori di potenziamento dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria e dalla carente rete ferroviaria. Non sembra rappresentare un contributo decisivo alla soluzione di tali problemi l'ipotizzato ponte sullo Stretto di Messina, sul quale pesano difficoltà di reperimento delle imponenti risorse finanziarie, dubbi sull'effettiva utilità, nonché giustificati timori per il forte impatto ambientale.
Dal punto di vista insediativo, la regione sconta una debole integrazione delle polarità urbane, rappresentate oltre che dai tre capoluoghi storici di Reggio Calabria (183.041 ab. al 2004), Catanzaro (95.099 ab.) e Cosenza (70.680 ab.), anche da Crotone (60.517 ab.) e Vibo Valentia (33.740 ab.), che guidano le due nuove province istituite nel 1992. L'altro elemento di rilievo è quello della grande dispersione territoriale e amministrativa (la regione è suddivisa in oltre 400 comuni), che si accompagna a un'estensione delle aree edificate che nel corso degli ultimi quarant'anni è quintuplicata a fronte di una popolazione sostanzialmente stabile. Di recente si osserva, tuttavia, l'emergere di alcuni embrionali sistemi urbani, oltre quelli contigui ai centri principali, che punteggiano soprattutto le aree pianeggianti e le fasce costiere.
Bibliografia
Le aree interne della Calabria, a cura di E. Mollica, Soveria Mannelli 1996.
Una politica economica per la Calabria. Valori, strutture, attori, a cura di D. Cersosimo, Soveria Mannelli 1996.
Storia della Calabria moderna e contemporanea, a cura di A. Placanica, Roma 1997.
Rapporto sull'economia calabrese nel 2004, a cura di R. Nisticò, Cosenza 2005.
Situazione politico-amministrativa
di Francesca Socrate
Dal 1970 la storia elettorale della regione fu contrassegnata da un costante predominio della Democrazia cristiana e contemporaneamente da una crescita sostenuta del Partito socialista italiano. Quest'ultimo raccoglieva infatti in C. il maggior numero di consensi rispetto a tutte le altre regioni e, passato dal 14,1% dei voti ottenuti nel 1970 al 22,3% nel 1990, diventava la seconda forza politica locale superando il Partito comunista italiano. Le elezioni del 1995, condotte sulla base di una nuova legge elettorale che prevedeva l'attribuzione del 20% dei seggi secondo un criterio maggioritario, furono vinte dalla lista di centrodestra guidata da G.D. Nisticò e costituita da Forza Italia-Polo popolare (19,7% dei voti), Alleanza nazionale (16,3%) e Centro cristiano democratico (9%), lista che si aggiudicò 25 dei 42 seggi in palio. La lista di centrosinistra, costituita da Popolari (10%), Progressisti (22,2%), Lega Italia federale (0,4%) e Patto democratici (5,1%), si aggiudicò 13 seggi. Il Partito della rifondazione comunista e il Partito repubblicano si presentarono separatamente, ottenendo il 9,6% dei consensi e 3 seggi il primo e il 3,2% e 1 seggio il secondo.
Nel gennaio 1999, dopo tre mesi di crisi, cadde la giunta di centrodestra guidata da G. Caligiuri (il primo presidente, Nisticò, era stato precedentemente costretto alle dimissioni dalla stessa maggioranza) e venne eletta una nuova giunta di centrosinistra guidata dal popolare L. Meduri con i voti dello schieramento dell'Ulivo, del Partito dei comunisti italiani e dei consiglieri dell'Unione democratica per la Repubblica (UDR, diventata UDEur nell'aprile 1999) passati dallo schieramento del centrodestra a quello del centrosinistra. Le elezioni che si svolsero nell'aprile del 2000, in cui per la prima volta era stata introdotta dalla l. 22 nov. 1999 nr. 1, l'elezione diretta del presidente della giunta, fecero registrare il successo della lista di centrodestra Per la Calabria, guidata da G. Chiaravalloti e costituita da Forza Italia (18,3% dei voti), Alleanza nazionale (10,4%), Centro cristiano democratico (6,7%), Cristiani democratici uniti (6,5%), I liberal Sgarbi (1,5%), Socialista-Socialdemocratico (2,7%), PRI-Centro popolare (1,2%), Patto Segni (1,4%), Movimento sociale-Fiamma tricolore (1,4%), lista che si aggiudicò 26 dei 43 seggi in palio. La lista di centrosinistra Calabria democratica (Democratici di sinistra 14,3%, I democratici 4,2%, Partito popolare italiano 7,8%, Unione democratica per l'Europa 6,2%, Rinnovamento italiano-Dini 1,4%, Federazione dei verdi 1,6%, Socialisti democratici italiani 6%, Partito dei comunisti italiani 3%, Partito della rifondazione comunista 3%, PSE Mancini 1,5%) si aggiudicò i rimanenti 17 seggi. Nelle elezioni tenutesi nell'aprile 2005 A. Loiero, candidato alla presidenza della regione per la lista di centrosinistra l'Unione per Loiero, riuscì a conquistare la guida della regione al primo turno, mentre la coalizione si aggiudicava 30 seggi. I partiti dell'Unione per Loiero ottenevano, rispettivamente, il 15,5% dei voti i Democratici di sinistra, il 14,5% Democrazia è libertà-La Margherita con Loiero, l'8,7% Popolari-UDEur, il 6,8% Unità Socialista, il 5,1% Partito della rifondazione comunista, il 4,2% Progetto Calabrie con Partito dei comunisti italiani e Italia dei valori, il 3,4% Uniti per la Calabria, e infine il 2,5% Alleanza popolare-Repubblicani europei per la Calabria. Il candidato della lista di centrodestra Per la Calabria, S. Abramo, otteneva questa volta 20 seggi con il 39,7%, e i partiti della sua coalizione, rispettivamente, il 10,4% l'UDC, il 10% Forza Italia, il 9,9% Alleanza nazionale, il 5,4% Nuovo PSI, il 2,5% Con Abramo per la Calabria (PLI-PRI-Movimento disoccupati), e, infine, lo 0,4% il Movimento sociale con Rauti. Separatamente si erano presentati gli Ecologisti democratici democrazia cristiana (0,2% dei voti) e Alternativa sociale con Alessandra Mussolini (1,1%).