CALACE
Famiglia di liutai e musicisti italiani. Il primo membro della famiglia ricordato per l'attività di liutaio è Nicola, nato nel 1794 a Pignola (Potenza) da Michele, di professione farmacista. Trasferitosi nel 1825 a Procida, ove era stato costretto a rifugiarsi per le sue tendenze politiche (era infatti iscritto alla carboneria), si dedicò prevalentemente alla fabbricazione di chitarre. Morì a Procida nel 1869. Suo allievo e continuatore fu il figlio Antonio, nato a Procida nel 1828, il quale, trasferitosi a Napoli, si affermò ben presto quale ottimo costruttore di chitarre, mandolini e altri strumenti a plettro, sui quali apponeva l'etichetta manoscritta "Antonio Calace/Fabbricante di chitarre/Strada Mezzo-Canone nº 32". I suoi strumenti, apprezzati dagli amatori che ancor oggi ne conservano alcuni esemplari, acquistarono una discreta notorietà anche per le innovazioni apportatevi che gli valsero l'assegnazione della medaglia d'argento all'esposizione di Palermo del 1872. è infatti del suo periodo l'introduzione nel mandolino delle corde d'acciaio e della meccanica al posto delle corde di budello e dei piroli. Morì a Napoli nel 1876.
Nicola, primogenito di Antonio, nacque a Napoli nel 1859 e oltreché come liutaio si distinse come musicista. Apprese dal padre la professione e alla morte di quest'ultimo si unì al fratello minore Raffaele per continuarne l'attività. La ditta si chiamò così "Fratelli Calace" e divenne nota anche all'estero, iniziando ad esportare i suoi strumenti in Svizzera. In questo periodo Nicola e Raffaele crearono la "mandolira" Calace, che fu brevettata ed ebbe notevole diffusione. Nicola, in seguito ad alcune divergenze con il fratello, abbandonò la liuteria e nel 1901 si trasferì negli Stati Uniti, ove morì probabilmente nel 1924.
Raffaele, secondogenito di Antonio, nacque a Napoli il 29 dic. 1863 e dopo aver viaggiato molto all'estero si stabilì definitivamente a Napoli come collaboratore del fratello Nicola. Considerato il flutaio più importante della famiglia, si dedicò soprattutto alla costruzione di strumenti a plettro, creando il mandolino "classico" da concerto, che si distingueva per il grande formato e la tastiera prolungata fino al 290 tasto, innovazione che consentiva di superare tutte le difficoltà tecniche presentate da strumenti di tal genere. Inoltre trasformò il "mandoloncello", strumento adatto essenzialmente per musica d'assieme, in "liuto cantabile" a cinque,coppie di corde, dalle prestazioni essenzialmente solistiche, che egli stesso suonava con abilità virtuosistica e gli procurò fama di ottimo concertista. In seguito creò l'"arciliuto", trasformando Pantico strumento secondo esigenze più moderne tali da consentire all'orchestra di strumenti a plettro di eliminare il contrabbasso. Raffaele, a differenza degli altri membri della famiglia che l'avevano preceduto nella professione di butaio, si dedicò anche alla fabbricazione di violini, assai apprezzati dagli amatori, tanto che riuscì ad esportarli in Giappone. e in America. Inoltre, allo scopo di creare musiche per mandolino che valorizzassero appieno le possibilità dello strumento senza ricorrere ad un repertorio di musiche costituito prevalentemente da trascrizioni di brani composti per altri strumenti, si dedicò allo studio della composizione e dopo aver studiato sotto la guida di Paolo Serrao e Francesco Ancona, si diplomò al conservatorio di Napoli. Perfezionò quindi la sua tecnica esecutiva e scrisse un metodo nel quale espose con criterio analitico tutte le possibilità tecniche ed espressive dello strumento. Il metodo, particolarmente apprezzato per la sua validità e il rigore scientifico, incontrò grande favore e fu tradotto in francese e in tedesco. La sua produzione musicale comprende oltre centosessanta composizioni, tra le quali emergono in particolare duetti per mandolino e pianoforte, per mandolino e liuto, quartetti nello stile classico e romantico, brani per mandolino solo e liuto solo, tre concerti e cinque preludi per mandolino solo.
Si distinse anche come pubblicista e nel 1905 fondò il periodico quindicinale Musica moderna, al quale collaborarono musicisti come C. De Nardis e G. Napoli, oltre a poeti e pittori napoletani dell'epoca. La rivista chiuse le pubblicazioni nel 1910, quando il C. intensificò l'attività concertistica come mandolinista, liutista e animatore di complessi da camera. Svolse numerose tournées in Germania, Svizzera, Francia, Austria, Inghilterra e nel 1924 si recò in Giappone, dove tenne un concerto a corte alla presenza del reggente Hirohito, eseguendo, a capo di un complesso di ottanta elementi, musiche proprie. Hirohito, avendo ammirato sia la musica, sia il liuto che lo stesso concertista aveva costruito, volle conferirgli la commenda del Sacro tesoro giapponese. Tornato in Italia, fu nominato direttore dell'accademia mandolinistica napoletana costituita da quaranta elementi, con la quale tenne numerosi concerti. Fu attivo anche come didatta e fece spesso parte della giuria di concorsi musicali: a Milano nel 1920, a Roma nel 1922, a Genova nel 1926. Tenne concerti anche con la figlia Maria - ottima musicista formatasi sotto la sua guida - e incise numerosi dischi in Germania, Italia e Giappone. Frattanto continuava a dedicarsi con successo all'attività di liutaio e i suoi strumenti, presentati a numerose mostre, gli valsero due commende, una medaglia d'oro, quattro croci d'onore, sei medaglie d'argento e tre brevetti. Su ogni strumento da lui fabbricato troviamo l'etichetta manoscritta, sulla quale oltre alla firma è indicata la data di fabbricazione e il nome della città ed è stampata una piccola foto dell'autore. Morì a Napoli il 14 nov. 1934.
Ebbe quattro figli, tutti ugualmente iniziati allo studio della musica, ma soltanto il secondogenito, Giuseppe, nato a Napoli il 21 febbr. 1899, fu degno continuatore dell'attività paterna nel campo della liuteria. Allievo del padre, nel 1919 costruì il primo violino sotto la sua guida, quindi continuò da solo costruendo strumenti che, pur ispirandosi a quelli di Stradivari e di Gagliano, presentavano particolarità personalissime, tanto che il tipo di violino che Giuseppe era solito costruire divenne noto come "modello Calace". La ditta che, dopo la scissione avvenuta nel 1901 fra Nicola e Raffaele, aveva mutato la denominazione di "Fratelli Calace" in "Prof. R. Calace", nel 1922 fu intestata a "Comm. prof. Raffaele Calace & figlio". Alla morte del padre, Giuseppe continuò da solo la professione e si dedicò a sua volta all'attività concertistica. Tenne numerosi concerti in trio con le sorelle Maria, mandolinista, e Vittoria, pianista; tuttavia, la seconda guerra mondiale segnò un periodo di stasi nella sua attività artistica che riprese nel dopoguerra. Tra l'altro nel periodo bellico incontrò numerose difficoltà nell'esercizio della professione di liutaio per la scarsità di materiale e spesso ricavò il legno per i suoi strumenti da vecchi mobili acquistati da rigattieri. Ciononostante riuscì a costruire strumenti di ottima qualità e il nome della sua ditta ebbe un notevole rilancio in campo internazionale. Il suo laboratorio dovette essere ampliato per far fronte alle numerosissime richieste e molti allievi iniziarono a frequentarlo meritando a Giuseppe il riconoscimento di "maestro di bottega scuola". Costruì oltre ai violini, mandolini, mandole, liuti, chitarre. I suoi strumenti si distinguevano per la vernice all'olio ambra dorata, rosso cupo o rubino e riportarono numerosi premi, fra i quali 5 medaglie d'oro, 9 d'argento e numerose benemerenze. Morì a Napoli il 5 genn. 1968. La sua attività viene attualmente continuata dal figlio Raffaele jr.
Non meno noto fu il fratello Enzo (Vincenzo), che nato a Napoli il 12febbr. 1890 studiò nel locale conservatorio e fu allievo di F. Rossomandi (pianoforte), C. De Nardis e G. Napoli (composizione). Perfezionatosi poi a Berlino con F. Busoni, intraprese la carriera concertistica in Germania, ove visse alcuni anni. Tornato in Italia partecipò alla prima guerra mondiale e poi dal 1924 al 1960fu professore e quindi anche vicedirettore del conservatorio di Milano. Fu per molti anni direttore della società di concerti Amici della Musica e dell'ufficio designazione concertisti del sindacato musicisti di Milano. Nel 1930costituì il trio Calace (pianoforte), Ruminelli (violino), Caruana (violoncello), con il quale iniziò una tournée in Italia, poi dal 1934il trio Calace, A. Crepax (violino) e G. Crepax (violoncello), con cui svolse un'intensa attività concertistica.
Nel secondo dopoguerra fondò a Milano la società di concerti ARC e si rivelò organizzatore particolarmente attivo e sagace. Autore di un poema sinfonico, liriche e musica strumentale, compose vari pezzi per il suo strumento, fra cui una Suite e una Sonatina per violino e pianoforte. Fu apprezzato in Italia e all'estero sia come solista sia come membro del Quartetto e del Quintetto della Scala.
Morì l'8 ott. 1961a Milano.
Fonti e Bibl.: Oltre a notizie fornite gentilmente dalla famiglia cfr. R. Vannes, Dict. des luthiers, Bruxelles 1951, p. 49; C. Schmidl, Diz. univ. dei musicisti, Suppl., p.144; Diz. Ricordi della musica e dei musicisti, Milano 1959, p. 230; Encicl. della Musica Ricordi, I, Milano 1963, p. 366; La Musica, Diz., I, Torino 1968, p. 324; Encicl. della Musica Rizzoli-Ricordi, I, Milano 1972, p. 442.