Calliope (Caliopè)
Musa preposta all'epica e più in generale alla poesia d'ispirazione nobile e alta, di vasto impianto formale e d'intonazione pacata e solenne; donde l'interpretazione del nome accolta dai mitologisti medievali: " Calliope... optima vox interpretatur " (Papias, sub v.; per altre fonti, v. MUSE). Secondo il noto carme mnemonico sulle Muse, attribuito talvolta ad Ausonio e diffusissimo nel Medioevo, " carmina Calliope libris heroica mandat " (cfr. Mythogr. Vatic. II, 24); ma in Ep III 4 è detto sermo calliopeus il componimento poetico in genere, senza speciale riguardo all'argomento eroico.
" Maxima " tra le nove sorelle (Ovid. Met. V 662), è invocata particolarmente dai poeti antichi quando la difficoltà o la sublimità di un episodio comportino un elevarsi del tono e richiedano un'assistenza particolare oltre a quella chiesta genericamente a tutte le Muse nella protasi (cfr. per es. Aen. IX 525 ss.). Di questo tipo è anche l'appello a C. di Pg 19 ss., dove l'eccellenza di lei nel canto è celebrata con il ricordo della sfida vittoriosa sostenuta contro le figlie di Pierio (v. PICHE), quale è narrata da Ovidio (Met. V 300 ss.; cfr. Pg 19 Calïopè alquanto surga, e Met. V 338-339 " Surgit... Calliope ").
Peraltro nei versi danteschi il ricorso all'aiuto di C. (procedimento di cui non ci sono noti antecedenti significativi nella poesia romanza) non ha carattere topico ma è assunto con piena aderenza alla situazione poetica. Sul limitare della seconda cantica l'invocazione alla musa della poesia sublime esprime e sintetizza efficacemente l'impegno nelle nuove soluzioni espressive che la ‛ risorta ' poesia del Purgatorio verrà sollecitando.