Calore
Come calore viene definita l'energia che un corpo macroscopico o, più in generale, un sistema termodinamico cede o riceve a causa di una differenza di temperatura con altri corpi o sistemi tramite i processi di conduzione, convezione e irraggiamento. La fenomenologia del calore è governata dai principi della termodinamica: in particolare, il primo principio governa l'entità degli scambi di calore tra un sistema e l'ambiente esterno in termini energetici, il secondo ne limita le trasformazioni. Nel corpo umano il calore prodotto serve a mantenere il livello termico necessario per i processi vitali.
La definizione di calore attualmente accettata è il risultato di due secoli di discussioni ed esperimenti. Fino alla metà dell'Ottocento, infatti, si sovrapposero i moderni concetti di calore vero e proprio e di energia interna, e le varie teorie sulla natura del calore poterono schematicamente essere suddivise fra cinetiche e sostanzialistiche. Le prime collegavano il concetto di calore al movimento delle particelle che compongono i corpi, le seconde, invece, erano caratterizzate dal ritenere che il calore fosse una sostanza sui generis. Nell'accezione comune, si identifica il calore con la sensazione determinata dalla vicinanza o dal contatto del corpo umano con un oggetto o con un ambiente caldo, cioè a temperatura più elevata. La fisica moderna, invece, considera il calore una particolare forma di energia, quella che passa da un sistema fisico a un altro, o da una parte all'altra internamente a uno stesso sistema, a causa di differenze di temperatura. Tale flusso energetico s'arresta quando le differenze di temperatura scompaiono, ossia quando la temperatura è uniforme in tutta la regione di spazio interessata: si dice, in tal caso, che è stato raggiunto l'equilibrio termico. Il passaggio di calore da un sistema a un altro è un fenomeno irreversibile: come è dettato dalla seconda legge della termodinamica, esso avviene spontaneamente solo in un determinato verso, dalle temperature più alte a quelle più basse e non viceversa. Le considerazioni fino a qui svolte trovano precisazione nelle leggi della termodinamica: la prima si basa sull'esistenza di una funzione di stato U, energia interna del sistema che è l'energia posseduta dal sistema per effetto delle posizioni relative e dei movimenti che competono alle molecole, agli atomi e alle particelle subatomiche costituenti il sistema stesso. La variazione ΔU di questa funzione può dipendere solamente da scambi di energia con l'ambiente. Tali scambi energetici possono avvenire sotto forma di lavoro, L, oppure di energia a livello molecolare o radiativo in transito attraverso il confine del sistema e non riconducibile a forze macroscopicamente osservabili. All'energia microscopica che transita attraverso il confine del sistema si dà il nome di calore o quantità di calore. Macroscopicamente, la quantità di calore Q associata a una trasformazione di un sistema è definita, tramite la prima legge della termodinamica, dalla relazione: Q=ΔU+L. Q non è una funzione di stato, pertanto il calore scambiato è diverso se diversa è la trasformazione che conduce il sistema da un determinato stato iniziale a uno stesso stato finale.
Mentre è possibile misurare la quantità di calore assorbita o ceduta da un corpo, e di tali misurazioni si occupa la calorimetria (v. oltre), non ha senso parlare di calore 'posseduto' da un corpo, ma solo di calore scambiato. È altresì possibile misurare la temperatura di un corpo, ma la temperatura non va confusa con il calore, né si deve pensare che fornire calore a un corpo significhi necessariamente provocare un aumento della sua temperatura: l'assorbimento di una certa quantità di calore da parte di un sistema può infatti tradursi non solo nell'aumento della sua temperatura, ma anche in una produzione di lavoro, in un cambiamento dello stato di aggregazione, in un cambiamento delle sue proprietà o delle sue dimensioni. Le modalità di trasmissione del calore sono tre. La conduzione termica è la trasmissione di calore che ha luogo mediante diffusione di energia a livello molecolare entro un corpo; è perciò da considerarsi una proprietà della materia in tutti i suoi stati di aggregazione. La convezione è il processo di trasmissione del calore in una sostanza fluida, accompagnato da movimenti di materia: esso avviene per la contemporanea presenza in un fluido di differenze di temperatura e di azioni meccaniche. Lo scambio termico per convezione è, di fatto, una combinazione di conduzione e trasporto di materia. La trasmissione del calore fra due sistemi per conduzione e per convezione avviene per contatto o per mezzo di un terzo corpo. Il passaggio di calore tra due corpi che non siano in contatto avviene per irraggiamento, un processo che ha luogo anche se tra essi non è interposta alcuna sostanza (trasmissione nel vuoto). La trasmissione del calore per irraggiamento è affidata alla radiazione elettromagnetica che ogni corpo emette con intensità e caratteristiche variabili in ragione della sua temperatura. Quando la temperatura del corpo radiante è inferiore a 500 °C, per es., la radiazione è costituita prevalentemente dai raggi infrarossi, che non sono visibili dall'occhio umano. Superata tale temperatura, una porzione rilevante di radiazione si estende allo spettro del visibile, e il corpo radiante appare incandescente. La propagazione del calore per irraggiamento segue le modalità tipiche di tutte le altre radiazioni elettromagnetiche: quindi, avviene nel vuoto con la velocità della luce, come nel caso dell'irraggiamento solare.
Una delle più usate unità di misura della quantità di calore è la caloria (simbolo cal), che corrisponde alla quantità di calore necessaria per innalzare da 14,5 °C a 15,5 °C la temperatura di un grammo di acqua distillata, alla pressione di 760 mmHg e cioè alla pressione atmosferica normale (v. caloria). L'unità pratica più comunemente impiegata nello studio quantitativo dei fenomeni termodinamici che interessano gli esseri viventi è la kilocaloria (simbolo kcal), multiplo della caloria, equivalente a 103 calorie, e detta anche 'grande caloria'. Peraltro essendo il calore una forma di energia, è corretto esprimere la quantità di calore in joule (simbolo J), unità di misura dell'energia nel Sistema internazionale delle unità di misura (SI), tenendo presente che 1 caloria equivale a circa 4,186 joule.
Per calorimetria si intende la misura della quantità di calore prodotta o scambiata dai corpi durante fenomeni fisici o chimici; le apparecchiature realizzate per effettuare tali misure sono dette calorimetri. Le misurazioni calorimetriche possono essere effettuate con metodo diretto o con metodo indiretto. La calorimetria diretta si fonda sul principio fondamentale della cessione di calore da un corpo a temperatura più elevata a un altro a temperatura più bassa. I calorimetri diretti sono costituiti essenzialmente da un recipiente, termicamente ben isolato dall'esterno, nel quale viene posto il corpo in esame. La quantità di calore da questo prodotta viene determinata mediante le misura delle variazioni di temperatura indotte su un altro corpo, anch'esso posto all'interno del calorimetro, detto corpo calorimetrico. Il corpo calorimetrico è costituito da una sostanza (generalmente un liquido) di cui sono noti la massa e il calore specifico. Con quest'ultimo termine si intende la quantità di calore che si deve fornire alla massa di 1 g di una sostanza per produrre in essa la variazione di temperatura di 1 °C.
Il metodo calorimetrico indiretto è quello maggiormente usato per gli studi concernenti il calore prodotto dagli organismi viventi, nei quali, in ultima analisi, tutto il calore prodotto proviene dai processi ossidativi (v. oltre). La calorimetria indiretta consiste nella misura degli scambi respiratori, cioè nella determinazione del consumo di ossigeno e della produzione di anidride carbonica dell'organismo. A partire da tali determinazioni, la quantità di calore prodotto viene calcolata basandosi: a) sul principio fondamentale che la produzione di calore dovuta ai processi ossidativi che si attuano nell'organismo sia uguale a quella che si otterrebbe se i medesimi processi ossidativi avvenissero al di fuori dell'organismo; b) sulla conoscenza del preciso rapporto quantitativo tra l'ossigeno consumato per l'ossidazione delle sostanze energetiche, e il calore prodotto da tale reazione (equivalente calorico dell'ossigeno). Invero, la quantità di energia termica che si libera dalle reazioni ossidative per ogni litro di ossigeno consumato varia a seconda del tipo di nutriente che viene ossidato (glicidi, lipidi o protidi); tuttavia, in via approssimativa, è sufficientemente accurato per le più comuni esigenze assumere che la quantità di calore liberata corrisponda a 4,82 kcal (20,168 kJ).
Il calore derivante da processi metabolici negli organismi animali è detto calore animale e la produzione di tale calore è denominata termogenesi. Il calore prodotto dagli organismi viventi proviene dal catabolismo delle molecole organiche, le quali costituiscono la fonte di energia per lo svolgimento delle varie forme di lavoro cellulare. Con il termine catabolismo si intende la demolizione chimica di sostanze che prendono parte alla costituzione dell'organismo o di sostanze provenienti dagli alimenti. L'energia accumulata in tali sostanze è energia chimica, cioè una forma di energia vincolata all'interno della struttura delle molecole. Essa può essere liberata nel corso di una reazione chimica che scinda alcuni dei legami interatomici presenti in seno alla molecola. Le molecole prevalentemente catabolizzate per fini energetici (sostanze energetiche) appartengono alle classi dei lipidi e dei glicidi, mentre le proteine partecipano al metabolismo energetico in misura molto minore. In obbedienza al secondo principio della termodinamica, nell'utilizzazione dell'energia liberata dal catabolismo gran parte di essa si perde sotto forma di calore, e solo una frazione può essere impiegata per eseguire lavoro biologico. Nondimeno, il lavoro biologico interno, cioè quello che non produce movimento di oggetti esterni al corpo per l'azione dei muscoli, viene in definitiva completamente trasformato in calore, tranne che nei periodi di accrescimento, durante i quali le reazioni di sintesi di nuove molecole (reazioni anaboliche) superano le reazioni cataboliche. Nelle reazioni anaboliche, una parte dell'energia chimica che si libera all'interno di una cellula viene trasferita direttamente da una molecola all'altra, e pertanto non compare sotto forma di calore. I processi anabolici sono di importanza vitale, in quanto la composizione molecolare di ogni cellula è sottoposta a continua trasformazione: alcune molecole vengono demolite, mentre altre, dello stesso tipo, vengono ricostruite. Le reazioni chimiche pressoché interamente responsabili del calore prodotto dall'organismo sono le ossidazioni, cioè quelle reazioni chimiche che prevedono la partecipazione dell'ossigeno molecolare nel processo di demolizione dei legami tra atomi di carbonio e di ossigeno presenti nelle sostanze energetiche (metabolismo aerobico). I prodotti terminali di questo tipo di reazioni sono l'anidride carbonica e l'acqua, che vengono eliminati dall'organismo. La quantità complessiva di calore prodotto da un organismo dipende dall'intensità del metabolismo, che è minima in condizioni di assoluto riposo e aumenta considerevolmente soprattutto durante l'attività muscolare. Tra i vari organi, infatti, il ruolo più rilevante nel processo di termogenesi è sostenuto dai muscoli scheletrici, sia perché questi costituiscono circa il 40% dell'intera massa corporea, sia perché durante un intenso esercizio il metabolismo può raggiungere valori fino a 10 volte superiori a quelli di riposo. Dell'energia che si libera nell'esercizio muscolare, solo il 20-25% viene trasformato in lavoro esterno, mentre la parte restante, in percentuale variabile dal 75 all'80%, viene emessa sotto forma di calore.Come detto precedentemente, la produzione di calore di un organismo vivente può essere determinata direttamente o indirettamente. Con il metodo diretto, la produzione di calore viene misurata in base alle variazioni di temperatura che si producono all'interno di un calorimetro sufficientemente grande da accogliere un animale da esperimento oppure l'uomo. Dall'epoca della sua introduzione nel 1780 a opera di A.-L. Lavoisier, la calorimetria diretta non è stata largamente usata a motivo della sua impegnativa metodologia. Ancora oggi, le apparecchiature per la determinazione diretta della produzione di calore nell'uomo sono abbastanza costose, e vengono utilizzate solo per la soluzione di particolari problemi sperimentali. Usando il più agevole ed economico procedimento indiretto, la produzione di calore, calcolata a partire dalla misura del consumo di ossigeno, viene abitualmente riferita all'unità di tempo (minuto, ora, giorno).
Come si è detto, la produzione di energia termica dipende dall'intensità dei processi metabolici, che varia a seconda delle attività del soggetto; nella condizione di metabolismo basale, cioè in una condizione in cui il soggetto si trova in stato di completo riposo mentale e fisico, a temperatura ambiente confortevole, e a digiuno da almeno 12 ore, la produzione di calore di un maschio adulto sano è di 72 kcal/ora.
La produzione di calore da parte degli organismi animali deve essere considerata non solo la forma finale di eliminazione dall'organismo della maggior parte dell'energia risultante dai processi di ossidazione, ma anche il fenomeno che conferisce al corpo un'adeguata temperatura, cioè quella condizione necessaria per mantenere a un'intensità adeguata i processi biologici. Gli effetti della temperatura sono particolarmente notevoli sulla velocità di svolgimento delle reazioni chimiche, e in particolare sull'attività degli enzimi. A 0 °C, i processi vitali subiscono un considerevole rallentamento o addirittura si arrestano. Con l'aumentare della temperatura la velocità di tali processi si accresce, fino a raggiungere un massimo in corrispondenza di una temperatura ottimale. Temperature più elevate di quella ottimale provocano la comparsa di disturbi di varia gravità, e finanche la morte. Nei Mammiferi, per es., il sistema nervoso centrale cessa di funzionare a temperature di 44-45 °C. Gli Uccelli e i Mammiferi sono capaci di mantenere la loro temperatura corporea in un ambito di variazione assai ristretto, e vengono pertanto detti omeotermi (o a sangue caldo); gli animali che non hanno questa capacità vengono detti poichilotermi (o a sangue freddo). Sono poichilotermi gli Invertebrati, i Pesci, gli Anfibi e i Rettili; la loro temperatura corporea varia con quella dell'ambiente, superandola in genere di pochi gradi. Gli omeotermi, per contro, sono capaci di mantenere la loro temperatura relativamente costante, malgrado condizioni climatiche ampiamente differenti o la variabile produzione di calore del corpo stesso. Affinché la temperatura corporea rimanga costante, la produzione complessiva di calore (termogenesi) deve bilanciare la sua perdita (termolisi). Negli animali omeotermi, i due processi vengono accuratamente controllati e coordinati da un complesso sistema biologico di regolazione (v. termoregolazione), che a ogni piccola variazione della temperatura corporea provvede a modificare la termogenesi e la termolisi, in modo da riportare alla norma la temperatura. I principali meccanismi fisiologici in grado di regolare la produzione di calore sono, in ordine di importanza, l'attività muscolare fasica (esercizio muscolare, brivido) e tonica, e le variazioni del metabolismo indotte dall'azione di alcuni ormoni (adrenalina, tiroxina). La perdita di calore dal corpo avviene attraverso la superficie corporea, che cede calore all'ambiente circostante direttamente mediante i fenomeni fisici di radiazione, conduzione, convezione oppure attraverso l'evaporazione dell'acqua, presente nel sudore, che bagna le superfici delle mucose, o che trasuda attraverso la cute. Tutti questi processi possono essere esaltati o attenuati dall'intervento di meccanismi regolatori, che agiscono prevalentemente sulla circolazione cutanea e sulla secrezione delle ghiandole sudoripare. Inoltre, tra i meccanismi di termoregolazione, oltre a quelli fisiologici devono essere inclusi anche quelli comportamentali, come per es. il farsi vento, indossare abiti più o meno pesanti ecc.
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