Camerun
Di una vera e propria produzione nazionale si può parlare solo a partire dalla metà degli anni Settanta, anche se negli anni Sessanta alcuni cineasti originari del C. hanno lavorato in Francia. Un ritardo dovuto al fatto che, pur non essendo tra i più poveri dell'Africa, il Paese vive in condizioni di pesante arretratezza economica e culturale, nonché di endemica crisi politica. Tale situazione è a sua volta l'eredità di un dominio coloniale durato oltre settant'anni, e delle gravi divisioni interne. Il C. fu infatti protettorato tedesco dal 1884 e, dopo la sconfitta della Germania nella Prima guerra mondiale, venne spartito tra Francia e Gran Bretagna. Il territorio sotto mandato francese divenne indipendente nel 1960, e l'anno dopo si unì a esso una parte del mandato britannico. Ne è conseguito un bilinguismo, con riflessi anche sulla produzione cinematografica, che ha accentuato le già notevoli differenze etniche e religiose tra i vari gruppi della popolazione. Questi fattori hanno favorito l'instaurazione di un regime autoritario a partito unico, peraltro periodicamente scosso da episodi di guerriglia, rivolte urbane e tentativi di colpi di Stato.
I pionieri del cinema del C. sono stati alcuni registi che avevano studiato in Francia e vi avevano girato negli anni Sessanta i loro primi cortometraggi sia documentari sia di finzione: Jean-Paul N'Gassa (Aventure en France, 1962, sulla vita degli studenti camerunesi emigrati), Thérèse Sita Bella (Tam-tam à Paris, 1963, su un'esecuzione di danze tradizionali a Parigi), Thomas Makoulet-Manga (Mon stage à Paris, 1968) e Urbain Dia-Mokouri (Point de vue 1, 1965; La fleur dans le sang, 1968) che ha poi proseguito l'attività fino agli anni Ottanta (La brûlure, 1982; Le veinard, 1983). Il Fond de développement de l'industrie cinématographique (FODIC), istituito nel 1967, non ha però funzionato adeguatamente. è stato quindi con notevole difficoltà che il drammaturgo e sceneggiatore Jean-Pierre Dikongue-Pipa ha potuto girare nel 1975 il lungometraggio di finzione Muna Moto (Il figlio dell'altro), il primo e più importante film del C. a essere conosciuto all'estero; vi si rievoca, in un espressivo bianco e nero, la storia di un amore ostacolato dalle tradizioni più rigide della società. Nello stesso anno Daniel Kamwa ha realizzato la commedia Pousse-Pousse, nel tentativo di porre le basi di un cinema po-polare; ulteriori conferme di questo suo percorso sono venute da altri film a sfondo sociale come Notre fille (1980), Totor (1993) e Le circle des pouvoirs (1997). Anche J.-P. Dikongue-Pipa si è inserito in questo filone, con il film comico Histoires drôles et drôles de gens (1983) e il melodramma musicale Badyaga (1987). Negli anni Settanta e Ottanta il regista, attore e produttore Alphonse Beni ha impresso una svolta alla produzione più commerciale, con originali film di genere che spaziano dall'erotico (Les mecs, les flics et les p..., 1974) al poliziesco (Cameroun connection, 1985). Arthur Si Bita deve la sua notorietà a Les coopérants (1983), in cui si racconta la storia di un rapporto di solidarietà tra studenti e contadini. Nello stesso periodo hanno girato film a Parigi Jules Takam, con il poliziesco L'appât du gain (1981), e Jean-Claude Tchuilen, con Suicides (1983).
L'espressione più significativa di un cinema socialmente impegnato è rappresentata dalla filmografia di Jean-Marie Téno, che ha iniziato a realizzare cortometraggi nei primi anni Ottanta, proseguendo con una continuità estranea alla maggior parte degli altri registi. Ricorrendo talvolta all'umorismo e alla contaminazione tra realtà e finzione, ha firmato un numero consistente di lavori di corto, medio e lungo metraggio, fra i quali Bikutsi water blues (1988), Afrique, je te plumerai (1991), La tête dans les nuages (1994), realizzando poi opere come Clando (1995) e Chef! (1999).
Negli anni Novanta ha esordito François L. Woukoache, affrontando argomenti storici come la schiavitù (Asientos, 1995), drammi esistenziali (La fumée dans les yeux, 1998), o storie di convivenza urbana (Fragments de vie, 1998). Molto più convenzionali sono risultati i film a sfondo sociale di Bassek Ba Kobhio (Sango Malo, 1991; Le grand blanc de Lambaréné, 1995); mentre Jean-Pierre Bekolo è apparso fin troppo attratto dagli effetti di una cinefilia superficiale in Le complot d'Aristote (1996).
G. Fofi, M. Morandini, G. Volpi, Storia del cinema, 3° vol., Dalle nouvelles vagues ai giorni nostri, t. 2, Milano 1988, pp. 432-33.
Cameroun, in L'association des trois mondes, Dictionnaire du cinéma africain, t. 1, Paris 1991, ad vocem.
G. Gariazzo, Breve storia del cinema africano, Torino 2001, pp. 112-15.
A. Elena, Cinema dell'Africa subsahariana, e S. Toffetti, Hic sunt leones. Il cinema dell'Africa nera, in Storia del cinema mondiale, a cura di G.P. Brunetta, 4° vol., Americhe, Africa, Asia, Oceania.
Le cinematografie nazionali, Torino 2001, pp. 397, 472-73, 485.