Campidoglio
La citazione del colle romano, centro della vita civile della città anche nel Medioevo, è per D. semplice frutto di una reminiscenza erudita. Egli infatti cita il C. in Mn II IV 7, in relazione alla predestinazione divina del popolo romano, che vede attuarsi anche attraverso miracoli, uno dei quali appunto fu la mancata presa del C. da parte dei Galli, denunziati dallo starnazzare di un'oca. E questo stesso concetto ribadisce in Cv IV V 4 e 18 ordinato fu per lo divino provedimento... la gloriosa Roma... Non puose Iddio le mani proprie, quando li Franceschi, tutta Roma presa, prendeano di furto Campidoglio di notte, e solamente la voce d'una oca fè ciò sentire? Questa leggenda, riferita da Livio (V XLVII), da D. è appresa attraverso la poesia virgiliana: nello scudo di Enea è infatti rappresentato il salvataggio di Roma dai Galli per opera di un " argenteus anser " (Aen. VIII 652-656); e la diretta derivazione dalla fonte virgiliana è confermata dal fatto che D., sulla scia del suo maestro, parla di anserem ibi non ante visum (Mn II IV 7).
È notevole, e a nostro avviso singolare, il fatto che in D. il C. sia trattato semplicemente in virtù di un riferimento letterario, mentre ben più profondo rilievo avrebbe potuto acquistare nella sua opera quale ultimo baluardo della romanità. Infatti non troviamo alcun accenno a un'eventuale incoronazione capitolina di Enrico VII, il che avrebbe acquistato un significato particolarmente conforme alle idee e alle teorie espresse da D. nella Monarchia, ove è auspicata l'autonomia della corona imperiale dal Papato. Sarebbe stata forse una libertà di pensiero troppo ardita per un uomo del Medioevo per il quale il Papato e l'Impero sono delle istituzioni fondamentali troppo legate l'una all'altra per poter convivere totalmente indipendenti nella realtà.
Bibl. - A. Frugoni, D. e la Roma del suo tempo, in D. e Roma, Firenze 1965, 73-96 (particolarm. 86).