CANTIERE (VIII, p. 782)
L'evoluzione dell'organizzazione dei c. civili nell'ultimo cinquantennio è dovuta soprattutto allo straordinario sviluppo che ha avuto la meccanizzazione dei mezzi d'opera: nei riguardi dei lavori stradali, per es., l'influenza della macchina è stata addirittura sconvolgente, tanto da influire non solo sul modo d'esecuzione dei lavori stessi, ma anche sulla loro progettazione, rendendo, tra l'altro, economicamente meno influenti i movimenti di terra rispetto al costo totale dell'opera. Nei c. edilizi fattori importanti di differenziazione e di specializzazione sono stati inoltre la prefabbricazione, sia d'officina sia di cantiere, e l'introduzione su larga scala dell'acciaio come materiale per strutture portanti e di finimento. Date le notevoli differenze strutturali e organizzative che intercorrono tra i c. edilizi, quelli stradali e quelli per opere d'arte, si tratterà di essi separatamente. Per lo sviluppo del c. di costruzione di gallerie si rinvia alla voce galleria in questa Appendice.
Cantieri edilizi. - L'organizzazione di tipo tradizionale del c. edilizio che, sia pure completamente rinnovata per effetto della meccanizzazione più o meno spinta cui si è accennato, tuttora sussiste nella maggior parte delle odierne costruzioni, tende a subire notevoli trasformazioni in conseguenza dell'impostazione dell'attività edilizia su basi industriali. Con l'industrializzazione dell'edilizia vengono messi a disposizione del costruttore elementi finiti e standardizzati che possono essere montati sul posto con pochi interventi d'assemblaggio e di finitura. Questo porta evidentemente a una notevole riduzione delle attività da compiere nel c. spostando all'officina buona parte delle operazioni necessarie per la costruzione; le attività di c. si riducono sostanzialmente a quelle di montaggio dei vari componenti dell'edificio. Perché tuttavia un sistema siffatto possa rappresentare, rispetto a quello tradizionale, un effettivo miglioramento dal punto di vista economico, tenendo anche conto delle necessità del fattore estetico-ambientale è necessario che sia messa a disposizione del costruttore, in punti facilmente accessibili, una notevole varietà di elementi finiti con ampie possibilità d'interscambio fra gli stessi (edilizia industrializzata a ciclo aperto). La difficoltà di organizzare sul piano regionale o addirittura nazionale un'industria che fornisca tutti gli elementi necessari all'edilizia, ha fatto sì che finora, anche se già da tempo s'impiegano numerosi prodotti prefabbricati prodotti in officina, tuttavia molte operazioni di costruzione rimangano da compiere in c. in modo tradizionale.
Uno dei problemi più pressanti del c. edilizio tradizionale è quello dell'utilizzazione razionale dello spazio: il c. edilizio è infatti quasi sempre ubicato nella città, ove notoriamente lo spazio disponibile per i lavori è limitatissimo. Un altro problema importante per l'economia dei lavori è la riduzione dei tempi morti derivanti dalla necessità di spostamento dei materiali. Una notevole riduzione dello spazio necessario alle operazioni di c. si raggiunge oggi con l'approvvigionamento del calcestruzzo fresco nei punti di produzione, ove sono impiantate grandi centrali di betonaggio, e successivo trasporto in c. con autobetoniere, che servono zone di parecchi km di raggio. Anche il getto del calcestruzzo è oggi reso molto più rapido con l'uso sempre più frequente delle pompe per calcestruzzo: si tratta di speciali pompe montate su automezzo, fornite di tubo flessibile sostenuto da bracci ripiegabili e orientabili, che possono spingere il calcestruzzo, prelevato direttamente dalla betoniera, fino ad altezze e profondità considerevoli (oltre 20 m).
Nei grandi c. per complessi edilizi di notevole sviluppo planimetrico, generalmente conviene l'impianto di un'autonoma centrale di betonaggio; questa è di solito attrezzata come in fig. 1. In una zona di forma all'incirca semicircolare, divisa in settori, sono disposti gl'inerti, suddivisi a seconda della pezzatura; un braccio radiale girevole a guida una benna raschiante che trascina gl'inerti fino alla bilancia b nella quale avviene la dosatura automatica; gl'inerti miscelati sono poi innalzati da uno skip c che li scarica nella betoniera d; il cemento, contenuto nei sili e, viene dosato dalla tramoggia-bilancia f e scaricato anch'esso nella betoniera. Il funzionamento di quest'ultima e il suo scarico avvengono automaticamente, comandati da un dispositivo di controllo elettronico a programma prestabilito.
La movimentazione dei materiali all'interno dei medi e grandi c. avviene oggi quasi esclusivamente per mezzo di gru a torre o semoventi.
Le gru a torre sono di dimensioni notevoli e hanno bisogno di tempi abbastanza lunghi per il montaggio e lo smontaggio; sono formate di solito da vari pezzi componibili; sono scorrevoli su binario a largo scartamento e munite di gruppi motori distinti per la traslazione sul binario, per la rotazione del braccio intorno all'asse del pilone verticale, per il sollevamento del carico e, se esiste il carrello portagancio, per la traslazione di quest'ultimo lungo il braccio orizzontale. In tabella sono riportate le caratteristiche di alcune di tali gru.
Le gru semoventi sono composte per lo più da un robusto mezzo a motore su ruote gommate, sul quale è montata una torretta, spesso girevole su 360°, portante un braccio che si allunga telescopicamente; sono molto più manovrabili delle gru a torre e hanno una maggiore flessibilità d'impiego, ma hanno portata e sbraccio minori: le prestazioni aumentano (dal 15 al 100% circa, a seconda dell'inclinazione del braccio) con l'adozione di stabilizzatori, dispositivi d'appoggio sul terreno su punti esterni a quelli d'appoggio delle ruote.
Lo spostamento dei materiali in mucchio può essere fatto, con una certa convenienza dato il risparmio delle operazioni di carico e scarico, anche con piccoli bulldozers, mentre per gli spostamenti in orizzontale di altri materiali (mattoni, pignatte, ecc.) si adoperano convenientemente dumpers di piccola capacità e carrelli elevatori a forche o a benna, che hanno una notevole manovrabilità e rapidità di spostamento (fig. 2). Per quanto riguarda il macchinario per l'esecuzione di scavi in terra sono da tempo adoperati vantaggiosamente gli escavatori universali a cucchiaio diritto o rovescio, a benna sia mordente sia trascinata (draglines): si tratta delle stesse macchine usate per i lavori stradali alle quali si accenna più oltre.
Diamo ora una breve descrizione di altre macchine e attrezzi oggi frequentemente usati nei c. edilizi.
Macchine e attrezzi per calcestruzzi. - Oltre alle centrali di betonaggio e alle pompe di distribuzione, di cui si è parlato in precedenza, si adoperano ancora nei piccoli e medi c., betoniere discontinue di piccola capacità a bicchiere rovesciabile, ma più convenientemente si usano betoniere di capacità intorno a 750 ÷ 1000 litri con tamburo rotante intorno a un asse orizzontale caricato con uno skip e tramoggia: lo scarico avviene o con canale ribaltabile che s'introduce nel foro opposto a quello di carico, oppure con inversione del senso di rotazione del tamburo (fig. 3).
Per il costipamento del calcestruzzo fresco gettato nelle casseforme si è ormai diffuso l'impiego dei vibratori, con i quali si ottiene un buon costipamento senza essere costretti a elevare il contenuto d'acqua dell'impasto; possono essere a vibrazione interna (detti a immersione o ad ago) o a vibrazione esterna; i primi sono costituiti essenzialmente da un involucro tubolare d'acciaio contenente un piccolo motore elettrico che pone in rapida rotazione delle masse eccentriche: si usano immergendoli in vari punti del getto senza toccare la cassaforma; i secondi possono essere costituiti anch'essi da motori elettrici o pneumatici, che pongono in rotazione masse eccentriche, contenuti in un involucro metallico scatolare fissato, o solo appoggiato, alle casserature ripiene di calcestruzzo fresco; oppure, per piccoli getti, sono anche usati vibratori a pistola con masse battenti in moto alterno, che si appoggiano alle casseforme o alle armature. Importante è nei vibratori la frequenza di vibrazione che, nei tipi in commercio, può variare da 500 a 10000 colpi/minuto: per avere un'azione efficace un buon vibratore deve avere frequenza variabile perché alle basse frequenze vengono assestati i grani di dimensioni maggiori, mentre, a mano a mano che aumenta la frequenza, si assestano le particelle più piccole. Per la vibrazione di getti di vasta superficie si adoperano vibratori a piatti o a trave, basati anch'essi sul principio della rapida rotazione di masse eccentriche, che comunicano a piatti o a travi forze alternativamente dirette verso l'alto e verso il basso.
Per quanto riguarda le casserature, si deve notare oggi una notevole affermazione delle casseforme metalliche; la loro diffusione è stata conseguenza soprattutto dell'edilizia prefabbricata con la confezione degli elementi in serie, campo nel quale la cassaforma metallica è senz'altro conveniente per la possibilità di ammortizzare in breve tempo l'elevato costo. Ma l'uso di tale tipo di casseforme va estendendosi anche nei c. di tipo tradizionale, specialmente ove si costruiscono manufatti con parti di cemento a faccia vista, con i vantaggi della rapidità e precisione del disarmo e della regolarità della superficie che non ha bisogno di ulteriore finimento.
Per edifici di notevole sviluppo in altezza con nuclei di calcestruzzo scatolari (per esempio edifici d'acciaio con corpi ascensori-servizi in cemento armato) sono impiegate, a volte, casseforme automontanti, d'uso corrente per la costruzione delle alte pile cave di viadotti: si tratta di casseforme metalliche a doppia parete formante una scatola senza fondo a base rettangolare o, meno spesso, poligonale a più lati, che può essere innalzata, a getto indurito, con l'ausilio di martinetti idraulici disposti sul perimetro in contrasto col getto già eseguito.
Macchine per opere di fondazione e di sostegno delle terre. - Le fondazioni profonde su pali sono oggi tra quelle più diffuse anche per la possibilità di ottenere, con una discreta facilità, pali di dimensioni - e quindi di portanza - notevoli. Per l'esecuzione di questi pali sono usati ormai quasi ovunque dispositivi a rotazione che hanno, rispetto ai dispositivi a percussione, oltre al vantaggio di permettere la realizzazione di grandi diametri, anche quello di evitare forti scuotimenti del terreno, dannosi per lavori effettuati in prossimità di edifici esistenti. Per diametri fino a 60 ÷ 80 cm si adoperano macchine semoventi, in genere provviste di ruote gommate con motore Diesel, che possono essere fissate su appositi sostegni sul luogo di lavoro; il motore stesso di trazione è collegato, a mezzo di un riduttore a ingranaggi, con un'asta verticale alta parecchi metri e portante all'estremità inferiore un cilindro con bordo tagliente dentato; l'asta può essere alzata e abbassata e spinge, rotando, nel terreno il cilindro tagliatore che si riempie di terra; questa, col sollevamento dell'asta, è portata poi in superficie. Per diametri maggiori, fino a 2 m, si adoperano macchine di maggiore mole su cingoli (fig. 4), ma di funzionamento analogo. Per la costruzione di opere di sostegno si va sempre più diffondendo il sistema dell'esecuzione di diaframmi verticali nel terreno, eventualmente rinforzati con tiranti d'acciaio ancorati nel terreno stesso: si tratta di pareti verticali di cemento armato dello spessore da 20 a 80 cm e oltre a seconda dell'altezza e della spinta che debbono sopportare, costruite nel terreno sul perimetro della zona da sbancare, eseguendo dapprima un cavo rettangolare allungato con apposite benne mordenti (fig. 5), calando poi nel cavo stesso una maglia d'armatura di tondini d'acciaio e gettandovi, da ultimo, il calcestruzzo (per terreni di scarsa consistenza, le pareti del cavo vengono consolidate durante l'esecuzione del lavoro con circolazione di fanghi di bentonite). Per evitare i grossi spessori necessari per alti muri di sostegno, si eseguono, dopo ultimato il diaframma e a mano a mano che si sbanca il terreno da un lato del diaframma stesso, ad altezze prefissate, serie di fori attraverso il calcestruzzo e il terreno retrostante con macchine perforatrici molto simili a quelle da miniera; nei fori s'introducono tondini o trefoli d'acciaio che poi si sigillano con iniezione di malta fluida cementizia.
Macchine e attrezzi per lavori vari. - Si accenna brevemente ad alcune macchine e attrezzi di cui sono dotati i moderni c. edilizi. Per la produzione di energia elettrica in luoghi in cui non è possibile l'attacco alla rete pubblica, s'impiegano gruppi elettrogeni nei quali un generatore elettrico è mosso da un motore a combustione interna. Per l'alimentazione di attrezzi mossi ad aria compressa, quali specialmente i martelli demolitori e le perforatrici, sono usati motocompressori con motore elettrico o a combustione interna. Per l'esaurimento dell'acqua negli scavi si adoperano motopompe o elettropompe, spesso del tipo adatto a liquidi densi o addirittura melmosi. Quasi tutti questi macchinari hanno un peso e un ingombro notevoli, per cui sono montati su apposito telaio provvisto di ruote con pneumatici a uno o due assi, facilmente trainabile con autocarro o altro semovente di cantiere.
Per la finitura di superfici si adoperano macchine mosse da motori elettrici o a combustione interna o pneumatici: le levigatrici-lucidatrici per pavimenti, costituite da un carrello manovrato a mano portante nella parte anteriore un motore elettrico ad asse verticale che pone in rotazione il disco con piastre abrasive appoggiato al pavimento; le molatrici portatili, costituite da un motore elettrico o a combustione interna che fa ruotare una mola, usate sia per asportare sbavature di calcestruzzo, sia per tagliare lastre di pietra o di conglomerato; le intonacatrici pneumatiche, che spruzzano la malta a mezzo di un getto d'aria compressa: un solo compressore può servire, con queste macchine, contemporaneamente a mezzo di tubazioni flessibili, parecchi punti di lavoro; le bocciardatrici, che lavorano le superfici di calcestruzzo rendendole uniformemente scabre.
Per il taglio di calcestruzzi, specialmente se si tratta di strutture di un certo spessore per le quali non è possibile usare le molatrici, si ricorre, a volte, alle carotatrici, macchine tipiche dell'industria estrattiva: esse eseguono fori mediante la rotazione di utensili a forma di cilindri con bordo tagliente; nella fig. 6 è illustrata una di queste macchine che esegue fori molto ravvicinati per l'apertura di un vano circolare in una parete di calcestruzzo.
Per la lavorazione dell'acciaio, specialmente in barre per cemento armato o in profilati, si adoperano macchine cesoiatrici e piegatrici, quasi sempre mosse da motore elettrico.
Cantieri stradali. - Il c. stradale è oggi completamente meccanizzato, sia per quanto riguarda la costruzione del corpo stradale, per la quale occorre quasi sempre movimentare ingenti quantità di terra, sia per quanto riguarda la costruzione della sovrastruttura, per la quale si devono mettere in opera grandi quantità di misti granulometrici e di calcestruzzi bituminosi o cementizi. La necessità e convenienza della meccanizzazione spinta è conseguente, oltre che alla grande quantità di materiali omogenei da lavorare, anche alle grandi distanze alle quali tali materiali devono essere trasportati. Il c. stradale conseguentemente si compone di una parte fissa, comprendente i macchinari che servono per la preparazione dei materiali occorrenti per la sovrastruttura e per alcune opere d'arte (lunghi muri di sostegno e, a volte, anche viadotti e gallerie), e l'altra parte in movimento a seguito dei lavori di costruzione del corpo stradale, che avanzano con continuità.
A seconda della lunghezza della strada da eseguire, le installazioni fisse possono essere più d'una: per il loro distanziamento è necessario istituire un calcolo economico che tenga conto del tipo di mezzi di trasporto impiegati e della velocità che essi possono tenere in relazione ai terreni da attraversare; la distanza può arrivare anche a qualche decina di km; comunque, ove è possibile, esse sono impiantate in prossimità dei centri abitati. Per la loro ubicazione si tiene anche conto della possibilità di sfruttare cave di ghiaia, di sabbia o di roccia compatta, situate in prossimità dei luoghi ove si prevede di poter impiantare i macchinari. Infatti, date le notevolissime quantità di inerti lapidei necessarie per i lavori stradali, la necessità d'integrare il ciclo di lavorazione con un impianto di frantumazione e di vagliatura contribuisce notevolmente all'economia dei lavori. Generalmente in prossimità degl'impianti fissi sono costruite anche le abitazioni collettive a carattere provvisorio per gli operai e i locali per la direzione; sono inoltre sistemati i piazzali per il deposito dei macchinari mobili, nonché le officine per la riparazione dei medesimi.
Gl'impianti fissi sono rappresentati dalle centrali per la confezione dei conglomerati bituminosi: da piccole centrali, anche semoventi, per produzione oraria di 10 ÷ 20 t fino a grandi centrali, con produzioni di 400 t/h e oltre. Il loro funzionamento, in linea di massima, è il seguente. Gl'inerti (sabbia, graniglia, pietrischetto), provenienti dall'impianto di frantumazione, sono accumulati in un apposito piazzale dal quale sono immessi nell'alimentatore (a coclea, a nastro vibrante, a tazze) che rifornisce in modo continuo l'essicatore-riscaldatore a cilindro suborizzontale; in questo gl'inerti sono portati alla temperatura di 140 ÷ 150 °C e poi prelevati con un trasportatore chiuso e immessi nell'impianto di vagliatura e dosatura automatiche, ove acquistano la composizione granulometrica voluta; da qui passano al mescolatore nel quale arrivano, anch'essi dosati nelle proporzioni volute, il bitume, scaldato a circa 180 °C, e il filler freddo; per il carico sugli appositi automezzi di trasporto, il conglomerato viene prelevato dal mescolatore e immesso, da un altro elevatore a caldo, in una o più tramogge sopraelevate. Nei grandi impianti moderni, oltre all'automatismo di tutte le operazioni, avviene anche il controllo dei punti più delicati effettuato con telecamere e visori televisivi. Il trasporto fino al luogo di messa in opera è effettuato per lo più con dumpers ribaltabili a cassa metallica (questa viene oleata per facilitare lo scarico); per lunghi percorsi si adoperano automezzi speciali a cassone chiuso e riscaldabile.
Le centrali di betonaggio, che s'impiantano per la confezione dei calcestruzzi necessari per le opere d'arte, non differiscono da quelle delle quali si è già parlato per i c. edilizi.
Molti tipi di macchine sono attualmente adoperati per i movimenti di terra riguardanti i lavori stradali: la scelta di quelli più idonei per il particolare lavoro da compiere è strettamente legata alla natura chimico-fisica e alla quantità delle terre da lavorare, alla distanza di trasporto e alle caratteristiche geometriche degli scavi da effettuare (principalmente profondità e larghezza delle trincee e dei rilevati).
Per lo scavo di trincee molto profonde è necessario ricorrere agli escavatori universali; il trasporto viene poi effettuato generalmente con autocarri a cassone metallico ribaltabile con due o più assi tutti motori (detti dumpers). Gli escavatori universali sono macchine semoventi che si spostano su cingoli per i soli movimenti sul fronte di scavo (per i lunghi spostamenti devono esser caricati su altri mezzi); sono costituiti da un robusto telaio su cingoli portante la piattaforma girevole sulla quale sono montati: il motore, generalmente Diesel, gli argani o le apparecchiature idrauliche, gli organi di trasmissione e di lavoro, la cabina di guida. Possono esser equipaggiati: a) con cucchiaio diritto (o frontale); b) con cucchiaio rovescio; c) con benna trascinata (dragline); d) con benna mordente (a valve).
Il moto di lavoro dell'escavatore a cucchiaio diritto è illustrato nello schema di fig. 7 A: esso può scavare al disopra del piano d'appoggio dei cingoli; a seconda della potenza la capacità del cucchiaio va da 200 fino a 5000 litri e oltre (esistono escavatori di portata eccezionale fino a 30 ÷ 40 m3); sono i tipi più usati per lo scavo di alte e larghe trincee stradali. Il moto di lavoro dell'escavatore attrezzato con cucchiaio rovescio è illustrato nella fig. 7 B: esso può scavare solo al disotto del piano d'appoggio dei cingoli; la capacità del cucchiaio è minore di quella dell'escavatore precedente (varia da 150 fino a 1500 litri) e anche il rendimento è minore; si presta allo scavo di cunette, fossi di guardia e in genere agli scavi di ristrette dimensioni trasversali e molto lunghi al disotto del piano d'appoggio, in terreni di discreta compattezza. Nella fig. 7 C è illustrato il moto di lavoro di un escavatore a benna trascinata (dragline): lo scavo avviene, come per la macchina precedente, al disotto del piano d'appoggio dei cingoli, ma la macchina può scavare solo in terreni di scarsa compattezza; lo sbraccio tuttavia è maggiore (può arrivare agevolmente a 20 m); è impiegata per lo scavo in terreni fangosi o sott'acqua, per canali o arginature. L'escavatore a benna mordente (fig. 7 D) è poco impiegato per lavori stradali, esso è infatti usato principalmente per lo scavo di pozzi in profondità con poco spazio disponibile per il movimento.
Per lo scavo di trincee non molto profonde e la contemporanea formazione di rilevati si adoperano convenientemente le macchine escavatrici-trasportatrici; esse sono: l'apripista (bulldozer), la ruspa (scraper), la livellatrice (grader). L'uso dell'apripista è conveniente per piccole distanze di trasporto (〈 100 m), la sua lama frontale taglia il terreno, anche di discreta compattezza, per uno spessore di qualche dm e lo sospinge in avanti fino al luogo dove dev'essere depositato. L'apripista è usato spesso per il solo scavo: in tal caso si usa quello con lama angolabile (angledozer): la terra, scavata dalla lama inclinata rispetto alla direzione di marcia, scivola lateralmente su essa e viene lasciata in un cordone continuo su un lato dell'apripista; essa è poi ripresa da pale caricatrici e portata direttamente al luogo di discarica nel caso di piccole distanze di trasporto (100 ÷ 200 m), oppure caricata su autocarri per distanze maggiori. Per la sagomatura della piattaforma stradale a spiovente, o per altri lavori di taglio inclinato, si usa correntemente l'apripista con lama inclinabile intorno all'asse orizzontale (tiltdozer). L'apripista è dotato spesso di scarificatore, disposto dalla parte opposta a quella della lama, formato da una barra abbassabile portante due o più robusti denti i quali, infissi nel terreno, ne provocano, col movimento del mezzo, il sommovimento in superficie. È usato per terreni compatti, prima di effettuare il livellamento o il carico con mezzi leggeri quali pale caricatrici o livellatrici.
L'altra macchina escavatrice-trasportatrice molto usata per distanze di trasporto comprese tra 150 e 3000 m è la ruspa (scraper), costituita da un cassone montato su ruote gommate e trainato da un trattore (che può essere anche un bulldozer), oppure avente un motore proprio di trazione (motoruspa); il cassone è provvisto di un'apertura inferiore munita di lama e può essere abbassato o alzato di qualche dm; quando è abbassato la lama entra nel terreno e lo taglia; col movimento stesso di avanzamento il cassone si riempie di terra; per il trasporto il cassone viene alzato in modo che la terra rimanga all'interno; lo scarico avviene con un nuovo abbassamento del cassone verso la bocca.
La livellatrice (grader), spesso con motore di trazione proprio (motolivellatrice, fig. 8), è una macchina su ruote gommate portante una lama angolabile situata tra gli assi portanti; può eseguire scavi di piccolo spessore in terreni poco coerenti, ma più spesso è impiegata per lo sgombro di piccole piante o di terreno vegetale e per lo spargimento di terreno già scavato con apripista o con scarificatore.
Per lo scavo in terreni sciolti sono usate anche le pale caricatrici; esse possono servire, come già detto in precedenza, anche per il trasporto su piccole distanze (fino a 150 ÷ 200 m); l'impiego principale di queste macchine per lavori stradali è tuttavia quello della ripresa e il carico su automezzi di terra già scavata dall'angledozer, o di altri spostamenti di terra.
Per la compattazione dei rilevati, eseguiti a strati successivi di piccolo spessore, si adoperano mezzi diversi a seconda della natura delle terre impiegate. Per terre incoerenti (sabbiose o ghiaiose con scarso contenuto d'argilla) si adoperano costipatori a cassone su pneumatici a uno o più assi, con molte ruote per asse, trainati da un trattore qualsiasi (fig. 9); il cassone può essere zavorrato con acqua, con sabbia o con pani di ghisa; il peso è molto variabile (da 2 a 100 t); il costipamento su strati sottili si ottiene con pochi passaggi. Per strati di maggior spessore si adoperano rulli compressori a due (fig. 10) o tre ruote lisce isolati o in tandem, quasi sempre vibranti, del peso di 8 ÷ 12 t: nelle ruote di questi ultimi sono contenute masse eccentriche, che, con la rotazione, danno un'azione dinamica che esalta il potere costipante; l'efficacia di un rullo vibrante può arrivare a cinque volte quella di un rullo normale dello stesso peso. Per terreni coerenti, contenenti cioè una certa quantità d'argilla, si adoperano comunemente costipatori a piede di montone: sono rulli con una o due ruote a cilindro dalla superficie del quale sporgono numerosissime punte terminanti con un ringrosso; pesano dalle 3 alle 5 t e sono trainati da normali trattori gommati o cingolati; per ottenere un buon costipamento occorrono almeno 10 ÷ 15 passaggi. Per questo tipo di terreni sono anche usati costipatori a piatto vibrante (battitori), nei quali un motore pone in moto rapido alterno verticale una piastra d'acciaio del peso di 0,5 ÷ 2 t posata sul terreno da costipare; con i battitori pesanti si possono costipare strati dello spessore fino a 75 cm.
Le macchine che si adoperano per la costruzione delle pavimentazioni di tipo bituminoso di strade di grande comunicazione sono oggi quasi esclusivamente le finitrici: sono costituite da un'incastellatura semovente su pneumatici con motore Diesel, portante una grande tramoggia entro la quale viene scaricato il conglomerato bituminoso ancora caldo proveniente dalla centrale; la macchina ha, in genere, la larghezza di una corsia stradale (2,50 ÷ 3,75 m) e, movendosi lentamente, lascia cadere da un'apertura regolabile con saracinesca sulla piattaforma stradale, già preparata mediante oleatura, una quantità di conglomerato adeguata allo spessore che si vuole ottenere per il manto; il passaggio di una lama livella la superficie, che viene successivamente compressa da appositi costipatori a piastra vibrante incorporati nella macchina. Le finitrici possono essere accoppiate in larghezza in modo da formare due o più corsie contemporaneamente; esse sono usate anche per la formazione di manti su pavimentazioni dissestate già esistenti. Macchine analoghe alle finitrici ora descritte s'impiegano per la formazione di pavimentazioni in conglomerati cementizi.
Cantieri per ponti e viadotti. - L'organizzazione del c. nelle immediate vicinanze del punto ove dev'essere costruita l'opera non presenta, di solito, difficoltà in quanto viene utilizzata per l'impianto dei macchinari e per il deposito dei materiali la stessa piattaforma stradale già costruita e, se occorre, convenientemente allargata.
Il problema del sostegno dei getti, che avviene spesso a notevole altezza sul piano di campagna o sul livello dell'acqua, è stato in passato risolto quasi sempre con la costruzione di opere di centinatura appoggiate direttamente al terreno, quando possibile, o alle pile e spalle costruite in precedenza. Anche oggi si costruiscono per grandi ponti ad arco in cemento armato, gettati su vallate strette e profonde, grandi centine in elementi tubolari d'acciaio appoggiate al terreno o a pile provvisorie (fig. 11). Accanto a tali opere sono oggi molto frequenti su strade di grande comunicazione, sia ordinarie sia ferrate, lunghi viadotti che svincolano il tracciato stradale dall'andamento altimetrico del terreno naturale; si preferisce in questi casi, quando è possibile, l'adozione di luci non molto grandi (comprese fra 20 e 50 m circa) che permettono l'uso di travate rettilinee semplicemente appoggiate o continue solidali o no con i piedritti, in cemento precompresso o in acciaio a parete piena. Il problema del sostegno durante la costruzione è sostituito da quello del varo per le travi costruite fuori opera, mentre è risolto con centine rampanti per le travate gettate in opera solidali con i piedritti.
Per il varo delle travi in precompresso costruite fuori opera si adotta il cosiddetto carro di varo, struttura che può differire nei particolari costruttivi e di funzionamento per adattarsi ai vari casi che si presentano nella pratica, ma che sostanzialmente è costituita da due grosse travi reticolari d'acciaio collegate trasversalmente tra di loro in modo da formare un lungo cassone aperto inferiormente; il complesso può scorrere su rotaie o su pneumatici essendo spesso fornito di motore proprio che gli conferisce un lento moto d'avanzamento; esso è dotato anche di dispositivi a gru capaci di sollevare la trave e tenerla sospesa nell'interno durante il moto; la lunghezza e conformazione del complesso sono tali che esso può avanzare a sbalzo da un'estremità fino ad andare ad appoggiarsi alla pila seguente (fig. 12); per il varo delle campate successive il carro scorre sulle travi poste in opera in precedenza.
Il varo di travi d'acciaio a parete piena può avvenire molto semplicemente facendole scorrere su appositi rulli e avanzare a sbalzo verso l'altra pila sorreggendo con tiranti l'estremo avanzante; anche le travi in cemento armato precompresso, costruite a conci da un estremo, possono essere fatte avanzare spingendole verso l'estremo opposto e sorreggendo lo sbalzo, munito di avambecco, con tiranti ancorati alla parte già costruita (fig. 13).
Per la costruzione di viadotti con pile molto alte solidali alle travate orizzontali si adoperano casserature automontanti e centine rampanti. Le prime sono costituite da casseri metallici scatolari, predisponibili per le dimensioni volute e innalzabili mediante martinetti idraulici che si appoggiano alla parte di pila già gettata; sono adoperati anche tipi che, mediante pannelli telescopici e martinetti orizzontali, possono provvedere alla costruzione di pile rastremate verso l'alto. Le centine rampanti sono apparecchiature che consentono il getto di travate a sbalzo (fig. 14) progredendo simmetricamente dai due lati dei piedritti a cui sono solidali, fino al congiungimento al centro delle luci (v. anche ponte, in questa Appendice).
Per il getto di travate in cemento armato semplice e precompresso in ponti ordinari e per altezze non forti sul piano di campagna, si adoperano spesso centinature metalliche reticolari (anche componibili con parti prefabbricate) che possono essere appoggiate a pile intermedie provvisorie anch'esse generalmente a traliccio metallico; per il getto sono utilmente usati i blondin tesi tra torri metalliche a traliccio sistemate in prossimità delle spalle opposte.
Anche per la costruzione di ponti a travata d'acciaio, oggi spesso a cassone, si adopera il blondin col quale si portano sul luogo di montaggio pezzi già preparati in officina, del peso di parecchie tonnellate; l'assemblaggio dei vari pezzi avviene con chiodatura o con bullonatura ad alta resistenza ; la costruzione, per forti altezze sul fondovalle, procede a sbalzo con l'adozione di ponti mobili scorrenti sulle parti già eseguite della struttura.
Vedi tav. f. t.
Bibl.: J. Linger, I cantieri, Bologna 1973; CH. Mondin, Lavori di terra, ivi 1972; J. Costes, Gru a torre, ivi 1974; Manuale del costruttore civile, Cremonese, Roma 1975; Il Nuovo Cantiere, ed. Etas-Kompass, Milano.
Cantiere navale (VIII, p. 784).
La tecnica delle costruzioni navali ha subito dei mutamenti rivoluzionari negli ultimi 20-25 anni; in un moderno c. infatti le navi non si costruiscono più sugli scali ma entro un bacino (v. in questa App.,), si adotta largamente la tecnica delle prefabbricazione che esige l'impiego di mezzi di trasporto e di sollevamento per pezzi del peso di 300 ÷ 600 t e per unire le varie parti elementari s'impiega la saldatura elettrica. Infine per la tracciatura e il taglio delle lamiere s'impiegano macchine automatiche che eliminano la necessità di disegnare lo scafo in grandezza naturale.
La costruzione in bacino, diffusasi nel decennio 1950-60, ha eliminato lo studio e l'esecuzione del varo abolendo ogni spesa e ogni rischio, però richiede un cospicuo investimento di denaro per la realizzazione del bacino, che è un'opera di notevole mole, mentre invece uno scalo è un modesto manufatto in terra e muratura. Per questa ragione economica, mentre gli antichi c. avevano fino a otto o dieci scali, oggi i moderni c. hanno uno o al massimo due o tre bacini di costruzione, entro cui gli scafi debbono essere ultimati nel minor tempo possibile. Il sistema della prefabbricazione consiste nel montare in officina intere parti di scafo, in quanto è assai più facile e più rapido montare e saldare insieme i vari pezzi che le costituiscono in un'area di lavoro facilmente accessibile e ben riparata, anziché dover farlo sullo scalo. Per trasportare i pezzi prefabbricati e per sollevarli sono necessari mezzi di trasporto e di sollevamento imponenti: in generale ogni bacino è dotato di due gru a portale, ciascuna capace di sollevare 300 ÷ 400 t con campata che copre sia il bacino sia l'attigua area di prefabbricazione. L'adozione della saldatura elettrica ha permesso di rendere automatica l'operazione di attacco delle parti fra loro e per costruire le ossature. Le macchine per saldare si muovono automaticamente sulle lamiere da unire, che debbono però essere sistemate su un piano orizzontale; apposite macchine eseguono anche le saldature di testa di lamiere in posizione verticale. La tracciatura e il taglio delle lamiere, che un tempo esigevano laboriose operazioni manuali in sala disegno, nella sala a tracciare e nell'officina costruzioni in ferro sono oggi eseguite completamente da macchine che lavorano comandate da nastri magnetici preparati con l'impiego di un calcolatore elettronico. L'inderogabile necessità di occupare il bacino il minor tempo possibile per ciascuna costruzione, impone una perfetta programmazione e automazione del lavoro, connessa anche a una razionale ubicazione delle varie officine e zone di lavoro del cantiere.
Il ciclo di lavorazione inizia nel parco lamiere, dove vengono ordinatamente immagazzinati i materiali divisi per dimensioni e spessore. Apposite gru magnetiche a portale prelevano le lamiere secondo il previsto programma di lavorazione e le trasportano all'ingresso dell'officina sabbiatura, deponendole su un convogliatore a rulli che le porta alla macchina sabbiatrice e successivamente alla macchina per la pitturazione dove vengono ricoperte di antiruggine su ambedue le facce. Sempre trasportate dal convogliatore a rulli le lamiere così preparate passano alle officine taglio, operazione eseguita per mezzo di cannello a fiamma ossiacetilenica o a plasma da macchine automatiche a controllo numerico. Dopo il taglio i pezzi catalogati e numerati vengono passati in aree d'immagazzinamento da cui sono poi prelevati per passare all'officina di saldatura, nella quale le saldatrici automatiche eseguono le saldature d'unione dei pezzi per costituire le parti elementari. Successivamente le parti elementari passano nelle aree di prefabbricazione in cui vengono riunite per costituire i blocchi di scafo, che, infine, sono trasportati in prossimità del bacino su un piazzale servito dalla gru a portale che li solleva e li presenta nella posizione in cui debbono essere sistemati e uniti alle altre parti già montate.
In un c. bene organizzato tutti i suddetti spostamenti debbono avvenire in un'unica direzione, senza deviazioni o ritorni; inoltre l'intera rete dei mezzi di trasporto, siano essi gru, convogliatori a rulli o carrelli, dev'essere comandata da un'unica stazione centrale nella quale si conosce la situazione di tutto il materiale in lavorazione e in cui si programmano i suoi spostamenti che, come si è detto, avvengono senza l'intervento diretto dell'uomo. In alcuni c. esistono anche apposite strutture formate da due grandi cerchi metallici, entro le quali si montano interi blocchi prefabbricati; la struttura viene poi fatta ruotare in tre tempi successivi di 90° alla volta, in modo da poter disporre in posizione bassa e orizzontale quei giunti da saldare che, in posizione iniziale, si trovano su lamiere disposte verticalmente o in alto. Per le lavorazioni da eseguire nell'interno dello scafo durante il suo montaggio in bacino, sono state adottate apposite torri mobili che consentono agli operai di raggiungere tutti i punti in cui debbono lavorare senza la necessità di costruire ponteggi, che sono pericolosi per chi vi deve lavorare sopra e che richiedono tempo e denaro per essere eretti e demoliti. Normalmente durante la prefabbricazione dei pezzi di scafo, si montano in posto macchinari, tubolature, condotte di ventilazione, cavi elettrici: cioè si eseguono lavori di allestimento quando i locali sono aperti e molto più facilmente accessibili di quanto non lo siano a scafo ultimato. Oltre a impiegare tutti gli accorgimenti sopra citati per organizzare il lavoro nella maniera più razionale possibile, i vari c., a seconda delle dimensioni dei bacini di cui dispongono, adottano speciali tecniche per ridurre il tempo di costruzione, così se la lunghezza del bacino è sufficiente, si mette in lavorazione la poppa di una scafo mentre se ne ultima un altro: in tal modo quando la nave finita esce in mare, la poppa della seconda è già ultimata e può essere spostata in avanti nella posizione in cui dovrà essere completato il resto dello scafo, mentre nella parte più interna del bacino si dà inizio alla costruzione di una terza poppa. L'organizzazione sopra descritta è quella adottata dalla quasi totalità dei c. navali in cui si costruiscono navi in bacino: esistono però c. organizzati in maniera diversa, fra i quali si citano quello di Arendal in Svezia e quello di Ingalls West a Pascagoula (SUA). Il c. di Arendal invece di un solo bacino è fornito di due bacini gemelli disposti l'uno accanto all'altro, che hanno la parte più interna coperta da un capannone, chiuso da una parete di forma speciale nella parte verso il bacino. La costruzione dello scafo viene eseguita entro il capannone a "moduli" di uguale lunghezza, il primo dei quali è costituito dall'estrema poppa: ultimato il primo modulo, lo si spinge fuori dal capannone e s'inizia la costruzione del secondo, che a sua volta, quando ultimato, viene spinto fuori e attaccato al primo, e così si procede fino a scafo ultimato. Il cantiere di Ingalls West non è fornito né di bacino di costruzione né di scalo, e le navi vi vengono costruite al di sopra del livello del mare seguendo una tecnica ispirata a quella delle catene di montaggio: anche in questo cantiere la nave si costruisce in moduli che vengono eretti e completati in vari piazzali di montaggio e che poi vengono trasportati fino all'area di montaggio dello scafo, che, una volta completato, viene spostato trasversalmente su una "piattaforma di varo " affiancato alla banchina e appoggiata sul fondo. La piattaforma di varo è un bacino galleggiante che ha una parete abbattibile: quando lo scafo da varare è giunto sulla platea, si rimonta la parete verso terra e lo si rimorchia al largo, dove viene allagato e affondato fino a rendere galleggiante la nave che contiene. Gli spostamenti sia dei moduli che dell'intero scafo vengono effettuati per mezzo di carrelli mobili su una rete di ferro-guide sistemate sul piano del cantiere. Nei c. navali sprovvisti di bacino di costruzione si possono costruire navi di medie e di piccole dimensioni, essi in genere non dispongono di potenti mezzi di sollevamento e quindi applicano solo in misura modesta il sistema della prefabbricazione. Tuttavia alcuni di questi c. sono attrezzati per costruire navi da 350.000 ÷ 400.000 t di portata, alcuni varano lo scafo completo da un gigantesco scalo (Astilleros y Talleros del Noro este, Spagna), altri varano lo scafo in due metà che vengono poi unite in mare a nave galleggiante (cantiere Scott Lithgow, Inghilterra). La costruzione su scalo di unità di medie e piccole dimensioni è tuttora largamente praticata e lo sarà ancora prevedibilmente per lungo tempo, in quanto i problemi tecnici sono di natura diversa da quelli che s'incontrano per costruire le navi più grandi.
Ubicazione dei cantieri navali. - I c. navali moderni esigono la disponibilità di ampi spazi per il parco lamiere e per le aree di prefabbricazione, nonché di un adeguato fronte a mare su cui aprire il bacino di costruzione, l'eventuale bacino di carenaggio e riparazione e sistemare le banchine d'allestimento. Nei c. costruiti lungo i fiumi, generalmente, sia gli scali sia i bacini sono disposti con l'asse che forma un angolo acuto con quello del fiume, allo scopo di poter disporre di una maggior lunghezza d'acqua per il varo e per l'entrata o l'uscita del bacino delle navi. I c. con fronte su ampi specchi d'acqua hanno invece scali e bacini con asse perpendicolare alla riva. In generale, tutti i c. esistenti da molti anni hanno dovuto affrontare seri problemi per adattarsi ai nuovi sistemi di lavorazione, viceversa la maggior parte dei c. di nuova costruzione è stata edificata in località scelte con criteri moderni e razionali, in genere ottenute con l'interramento di zone di mare. I bacini di costruzione più grandi sono proporzionati per contenere navi da un milione di t di portata. In Italia il più grande fra quelli esistenti è il c. di Monfalcone, che permette la costruzione di navi da circa 350.000 tonnellate.
Cantieri di riparazione. - Il c. di riparazione ha come principale attrezzatura un bacino di carenaggio fisso o galleggiante, per mettere a secco le navi che debbono essere riparate. Per piccoli scafi si possono usare anche scali di alaggio o piattaforme di sollevamente brevetto Syncrolift. Il bacino del c. di riparazione non necessita di mezzi di sollevamento di notevole potenza, sono sufficienti gru mobili da 25 ÷ 30 t con sbraccio conveniente. I c. di costruzione e riparazione possiedono sempre due bacini distinti: uno per le costruzioni e uno per le riparazioni; anche le officine di costruzione debbono essere separate da quelle di riparazione e anziché sulla linea di lavorazione degli scafi debbono essere ubicate presso il bacino di carenaggio e la banchina di ormeggio per le navi ai lavori. I c. di riparazione generalmente sono forniti anche di officine per la manutenzione e revisione di caldaie, macchine e motori.
Cantieri di demolizione. - Il c. di demolizione esige un'unica attrezzatura costituita da un piano inclinato su cui viene alato lo scafo, che si trascina sempre più verso terra, man mano che si alleggerisce per il prelievo delle parti più alte che vengono demolite. Tale piano inclinato può essere naturale e costituito da una semplice spiaggia. Il taglio delle strutture viene eseguito con fiamma ossiacetilenica e s'inizia a nave galleggiante.
Cantieri navali italiani. - In Italia i principali c. di costruzione navale sono raggruppati in un unico complesso a partecipazione statale denominato Italcantieri con stabilimenti di costruzione a Monfalcone (Trieste), Genova-Sestri, Castellammare di Stabia (ex Regio C.), a Livorno (C. Orlando) e La Spezia (C. Muggiano). Esistono inoltre c. a Venezia, Ancona, Palermo, Taranto, Napoli, Carrara e c. di riparazione nei maggiori porti. I c. di demolizione sono quasi esclusivamente ubicati a La Spezia.
Vedi tav. f. t.
Bibl.: A. Schmidt, An advanced concept of improved shipbuilding, in Maritime tecnology, apr. 1965; I. Takezawa, Management control in shipbuilding in Japan, in Transactions, Royal institution of naval architects, 1967; H. G. Archer, Shipyard practice, in Transaction, Society naval architecs and marine engineers, 1969; G. Galuppini, La costruzione delle navi in bacino, in Rivista marittima, febbr. 1969; Atti del Symposium on development in merchant shipbuilding, Delft, 30 maggio-2 giugno 1972; G. Galuppini, Mezzi di lavoro giapponesi per i cantieri di Monfalcone, in Rivista marittima, luglio 1973. Le riviste (dal 1965): Rivista marittima, La marina italiana, La marina mercantile; Navires port et chantier (fino al 1972); Marine engineer log (SUA); Zosen (Giappone); Shipbuilding & Marine engineering international (Gran Bretagna).