canto gregoriano
La secolare tradizione del canto della Chiesa di Roma
Repertorio melodico di canti liturgici in lingua latina, il canto gregoriano ha accompagnato il rito religioso cattolico per più di mille anni, fino al Concilio Vaticano II (1962-65). Questo grande patrimonio di melodie modali, il cui ritmo segue l'accentuazione delle parole, è diventato nel corso della storia musicale occidentale un esempio e un modello di arte sacra
Il canto cristiano delle origini subì l'influsso del canto giudaico praticato nelle sinagoghe, che prevedeva la centralità della parola nel rito. Tale centralità era presente anche nella liturgia musicale cristiana (musica, grammatica della). La cantillazione (cioè la lettura intonata di testi sacri quali l'Epistola o il Vangelo nella Messa), la salmodia (cioè il canto declamato dei salmi della Bibbia), o lo jubilus (gioioso vocalizzo che si ritrova nell'Alleluia della messa) sono tutte forme di intonazione della parola provenienti dal rito della sinagoga. In particolare la salmodia presentò vari modi di esecuzione. Tra questi si differenziarono più nettamente la salmodia antifonica, nella quale il versetto del salmo veniva intonato da due gruppi corali; la salmodia responsoriale, nella quale si alternavano il solista e il coro; la salmodia direttaneo-solistica, nella quale il salmo veniva eseguito interamente dal solista.
Nel 313, con la promulgazione dell'editto di Milano, l'imperatore Costantino concesse ai cristiani la libertà di culto. Questo atto contribuì alla definizione della liturgia cristiana e delle forme musicali a essa connesse. Nel 4° secolo, grazie all'impulso di s. Ambrogio, vescovo di Milano, iniziarono a diffondersi gli inni, canti in lode di Dio. A differenza dei salmi, il testo poetico degli inni non è tratto dalla Bibbia, ma è di libera invenzione. L'intonazione del testo è sillabica (cioè a ogni sillaba corrisponde un suono) e strofica, per cui la stessa melodia si ripete uguale per ogni strofa.
Tra il 6° e il 7° secolo lo sviluppo del monachesimo favorì la definizione della liturgia dell'Ufficio delle ore. Nel Medioevo, infatti, la vita del monaco alternava la preghiera al lavoro ed era suddivisa in otto appuntamenti di preghiera: mattutino (prima dell'alba); laudi (dopo l'alba); ora prima (alle 6 del mattino); terza (ore 9); sesta (ore 12); nona (ore 15); vespri (ore 17) e compieta (ore 20). Durante questi momenti di preghiera i monaci intonavano salmi, inni, responsori (canti in cui al verso intonato dal celebrante risponde un ritornello corale).
Parallelamente si vennero fissando i periodi dell'anno liturgico (Avvento, Natale, Quaresima, Pasqua, Ascensione, Pentecoste) e la liturgia musicale della messa. Quest'ultima comprendeva la serie di canti del Proprio della messa (Introito, Graduale, Alleluia, Tratto, Offertorio, Comunione), i cui testi variavano a seconda del periodo liturgico, e i canti dell'Ordinario della messa (Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus e Benedictus, Agnus Dei), con testi che non variavano durante l'anno liturgico.
Secondo la tradizione papa Gregorio Magno, alla fine del 6° secolo, riformò la liturgia della Chiesa romana e raccolse le melodie che da lui prendono il nome. In realtà il canto gregoriano nacque dall'opera di unificazione di varie tradizioni avviata tra l'8° e il 9° secolo in Francia dai re carolingi Pipino il Breve e Carlomagno. Con il Sacro Romano Impero si determinò infatti una fusione tra il canto cristiano praticato in Francia, detto gallicano, e quello romano. Tale fusione diede vita al canto gregoriano, diffusosi poi in Europa occidentale e rientrato a Roma con le discese degli imperatori Ottoni (nella seconda metà del 10° secolo).
Tra le fondamentali trasformazioni avvenute in età carolingia va ricordata inoltre la nascita della scrittura musicale neumatica (dal greco nèuma "segno"), che servì a fissare per iscritto i canti che in precedenza si tramandavano oralmente.
Nel corso del 9° e 10° secolo, l'esigenza di arricchire i testi e le melodie dei canti portò allo sviluppo di forme poetico-musicali indipendenti e perfino a drammatizzazioni di passi del Vangelo, rispettivamente denominate tropi, sequenze e drammi liturgici.