CANZACHI, Giovanni Camillo, detto lo Zoppo
Nacque a Bologna verso la fine del sec. XVII. Piccolo di statura e piuttosto grasso, quantunque zoppicasse da una gamba, fu considerato dai suoi contemporanei attore completo, capace di sostenere, con eguale bravura, ruoli diversi (barone ö Byrn, p. 49). Come molti altri comici italiani dell'epoca, il C. fu dotato di una buona cultura, non soltanto esclusivamente teatrale; conosceva la lingua francese e la tedesca e a lui si deve, secondo il Bartoli (p. 153), l'introduzione sulle scene del personaggio di Raguet, spiritoso carattere di francese "italianato", poi ripreso e imitato da altri comici, che parla in un italiano ricco di risibili gallicismi. Un altro personaggio nella cui interpretazione egli particolarmente si distinse fu quello del "dottore" che, secondo la tradizione della commedia dell'arte, si esprimeva in dialetto bolognese. Cimentandosi in questi, oltre che in altri ruoli, egli recitò a Vienna, al servizio della corte dell'imperatore Carlo VI, riportando un buon successo personale non soltanto come attore, ma anche come autore della commedia, esemplata sullo stile dei classici e di gusto cinquecentesco, L'adulatore. Tornato in Italia e passato alla compagnia del teatro di S. Luca, a Venezia, vi replicò la sua commedia, ma il pubblico si rifiutò di ascoltarla e il C. dovette sospendere la recita dopo il primo atto (Bartoli, pp. 153 s.).
Il C., che nella commedia sosteneva la parte bolognese d'Annipio, uscì allora sul proscenio per calmare l'uditorio e per cercare di accattivarsi la benevolenza del pubblico, cui volle ricordare con quale grande piacere la sua opera fosse stata ascoltata dall'imperatore a Vienna. Ma non riuscì a raggiungere il suo scopo di proseguirne la rappresentazione e fu costretto, per placare il generale dissenso, a portare a termine la serata con la recita di una commedia all'improvviso.
Malgrado la cattiva accoglienza riservatagli dai veneziani, L'adulatore fu lodato dai contemporanei e, in particolare, da Apostolo Zeno. Pubblicata da Giuseppe Bettinelli a Venezia, nel 1740, la commedia era preceduta da un discorso introduttivo (Mazzuchelli, cod. Vat. lat. 9265) in cui il C. si diffondeva sul gusto teatrale del suo tempo e annunciava la prossima pubblicazione di una raccolta di componimenti comici, da lui stesso curata e che, in realtà, non fu poi mai eseguita. Alcuni anni dopo, in conseguenza della decisione di Federico Augusto II, elettore di Sassonia e re di Polonia e della regina Maria Giuseppa di costituire a corte una compagnia di comici italiani, fu affidato dai sovrani all'attore Andrea Bertoldi l'incarico di scritturare una compagnia di comici in Italia. Recatosi in Italia, il Bertoldi, con l'aiuto dell'ambasciatore sassone a Venezia, conte de Villéo, riuscì a riunire verso la fine del 1737 una compagnia che giunse agli inizi del nuovo anno a Dresda (Rasi, p. 382). Di questa compagnia faceva parte anche il C. che, ingaggiato dal Bertoldi, venne assunto al servizio di Federico Augusto II, sotto il cui regno la vita teatrale a Varsavia e in Polonia conobbe un grande sviluppo. Il 3 ag. 1748, giorno onomastico del re, il C. partecipò allo spettacolo per l'inaugurazione del teatro di corte di Varsavia, costruito nelle vicinanze del palazzo reale, e ai grandi festeggiamenti che si diedero per celebrare l'avvenimento. Dal 3 ag. 1748 al 24 genn. 1749 la compagnia italiana rappresentò ventotto commedie (Rasi, p. 301). Nel carnevale del 1749 il C. prese parte alla rappresentazione della commedia Amor non hariguardi, sostenendovi la parte di Tabarino e avendo come valenti comprimari gli attori M. Bastona, F. Golinetti, I. Toscani, M. G. Casanova, Antonio Bertoldi, Pietro Moretti, i quali nella commedia sostenevano rispettivamente le parti di Aurelia, Pantalone, Colombina, Rosaura, Arlecchino, Brighella.
Impegnato alternativamente nei teatri di corte di Varsavia e di Dresda, il C. impersonò, con capacità e bravura, ruoli diversi, ma egli si fece particolarmente apprezzare soprattutto nelle parti di marchese e in quella, da lui preferita sopra ogni altra, di Tabarino, maschera della commedia dell'arte che risorse a nuova vita in Italia, nel Settecento, ad opera soprattutto dei comici Bigher, Giovan Battista Meneghin e dello stesso C. che ne offrirono al pubblico una versione in dialetto bolognese.
Alla corte di Polonia, dopo la pace di Hubertsburg del 1763, seguita alla guerra dei Sette anni, gli artisti italiani vennero formalmente congedati. Nello scioglimento della compagnia la corte si preoccupò di agire nel modo più umano nei confronti dei comici a molti dei quali furono concesse liberalmente indennità e pensioni. Fra questi anche il C. fu iscritto nella lista delle pensioni.
Il C. morì qualche tempo dopo a Dresda, città dove, in seguito allo scioglimento della compagnia di cui faceva parte, si era trasferito (cfr. Bartoli, p. 154).
Bibl.: L. Allacci, Drammaturgia, Venezia 1755, col. 12; Bibl. Apost. Vat., Vat. lat. 9265: G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittorid'Italia, c. 108rv; F. Bartoli, Notizie istoriche de' comici italiani, Padova 1782, I, pp. 153 s.; Roma, Biblioteca teatrale del Burkardo, coll. 3.37.7.16: F. A. barone ö Byrn, Giovanna Casanova e i comici italianialla corte di Poloniae di Sassonia, trad. it. di T. Sormanni Rasi, pp. 49, 71; L. Rasi, I comiciitaliani, Firenze 1895, p. 583; G. Salvioli-C. Salvioli, Bibl.univers. del teatro dramm.ital., Venezia 1903, I, p. 64; N. Leonelli, Attori tragici e attori comici, Roma 1946, I, p. 201; Enc.d. Spett., II, coll. 1703 s.