capigliatura
Cosa si nasconde dietro un capello
Già dalle più remote civiltà, pettinare i capelli, intrecciarli e decorarli erano considerate azioni dotate di valori rituali e sociali, non solo estetici. La capigliatura, come l'abbigliamento, è un modo di presentarsi agli altri; in genere distingue il sesso, il ceto e, in alcuni casi, l'etnia di una persona
Per capire il ruolo di distintivo sociale della capigliatura si pensi a quante figure storiche sono connotate da un soprannome che si collega al loro colore di capelli, alla loro abbondanza o mancanza: il console romano Lucio Quinzio Cincinnato (da cincinnus "ricciolo"), l'imperatore Carlo il Calvo, il condottiero normanno Eric il Rosso.
Ai capelli sono attribuite anche valenze magiche, come dimostra il rituale cruento dello scalpo, cioè l'uso di staccare parte della capigliatura assieme al cuoio capelluto del nemico, praticato dalle tribù indiane, ma già noto ad antichi popoli orientali. Lo scalpo veniva anche offerto agli dei per chiedere loro la fertilità delle donne e dei campi. Si riteneva, infatti, che nei capelli risiedesse l'energia vitale dell'uomo. I monaci accettano la tonsura: un taglio a forma di croce che denuda il cranio e indica la rinuncia a ogni vanità.
Da sempre anche gli uomini hanno tinto i capelli. L'imperatore Commodo, per farsi biondo, si cospargeva il capo di polvere d'oro. Alla caduta dei capelli si rimediava con l'uso di parrucche.
Fatte con capelli veri, queste erano molto costose. Al tempo di Luigi XIV, il Re Sole, le parrucche erano così di moda che, crescendo la richiesta, se ne facevano anche con crini di cavallo, peli di capra e perfino con i capelli dei morti. Nel Settecento, alle parrucche si preferivano spesso vistose acconciature: per approntarle si rinunciava al sonno, per mantenerle non si lavavano i capelli. La regina di Francia Maria Antonietta si permetteva acconciature alte fino a un metro e mezzo.
Alcune persone, invece, per nascondere la calvizie ‒ l'inarrestabile caduta di capelli ‒, ricorrono al 'riporto': un modo di mandare i capelli contro il loro verso naturale, per coprire alcune porzioni del capo senza capelli. A questa debolezza ricorse anche Giulio Cesare, che pettinava in avanti i radi capelli e che indossò la corona di alloro per meglio dissimulare la calvizie.
Attraverso il linguaggio dei capelli possono essere inviati i messaggi più vari. Hippies, punks, skinheads dichiarano disagio, contestano l'ordine costituito attraverso la loro capigliatura.
Dopo la Rivoluzione francese, molti nobili portavano ancora il codino, che contrassegnava i sostenitori del re. Da allora, si dice 'codino' di chi è retrogrado, reazionario. Ma oggi, più spesso, il codino è considerato una sfida al cosiddetto ordine costituito e ai pregiudizi: i capelli lunghi, infatti, non sono ammessi nell'esercito perché sono poco pratici e sono considerati segno di effeminatezza.
Durante la Prima guerra mondiale la donna sostituì nel lavoro gli uomini al fronte: adottò pratici abiti maschili e tagliò i capelli. L'acconciatura, un caschetto con frangia noto come taglio alla garçonne (alla "maschietta"), divenne per la donna simbolo di indipendenza.
L'eroe biblico Sansone aveva nei lunghi capelli la fonte della sua forza. Innamoratosi di Dalila, le svelò purtroppo tale segreto. Dalila lo tradì e, rasatolo, lo consegnò ai Filistei suoi nemici. Ridotto in schiavitù, l'eroe si vendicò: ricresciutigli i capelli e dunque riguadagnata la forza, anche sacrificando sé stesso, riuscì a uccidere numerosi Filistei. Una leggenda inglese racconta che Lady Godiva esortava suo marito, un avido conte, a ridurre le tasse. Il marito per accontentarla pretese che ella cavalcasse nuda per il paese: sciolti i lunghi capelli a ricoprire il corpo nudo, Lady Godiva accettò la sfida. Raperonzolo, infine, è la fiaba di una fanciulla imprigionata in una alta torre. Per permettere al principe azzurro di raggiungerla, Raperonzolo gli getta le trecce perché quello le usi a mo' di scala.