Cesare, Gaio Giulio
L'uomo che portò Roma dalla repubblica all'impero
Cesare è considerato uno dei maggiori personaggi della storia universale. La sua fama è legata alle eccelse qualità personali e al ruolo nella storia di Roma. È stato allo stesso tempo un geniale generale, un abile politico e un grande scrittore. Le sue campagne militari, che estesero enormemente i possedimenti di Roma, sono rimaste un modello per i condottieri e per gli studiosi di arte militare d'ogni tempo. La sua azione politica costituì un esempio straordinario di come un uomo possa giungere a dominare uno Stato. Con l'appoggio delle masse popolari che proteggeva, lusingava e manovrava per i propri scopi, Cesare pose le basi della trasformazione di Roma da repubblica a Impero
Per arrivare al successo Cesare dovette affrontare sfide difficilissime e lottare contro molti avversari all'interno e all'esterno di Roma, andando incontro a grandi pericoli. Egli seppe anche raccontare le sue imprese in modo così brillante da prendere posto tra i maggiori scrittori romani.
Le sue azioni di condottiero e capo politico hanno acquistato un valore esemplare, tanto per coloro che lo hanno ammirato quanto per coloro che lo hanno avversato, in primo luogo per aver posto fine alla Roma repubblicana e aperto le porte al dominio imperiale. Così, Cesare e la sua opera, il cesarismo, sono diventati modelli. Essere un Cesare ha voluto dire incarnare la figura del generale vittorioso e autoritario; e cesarismo ha assunto il significato di una politica che si serve della forza armata e del consenso manipolato del popolo per sopprimere la libertà di un paese. Dopo la sua morte gli imperatori romani furono tutti chiamati Cesari.
Cesare apparteneva a una delle famiglie più illustri ma non più ricche di Roma, la gens Julia. Il giovane Cesare, nato a Roma nel 100 a.C., si legò al partito democratico, che si opponeva all'oligarchia aristocratica. Le prime importanti cariche le ottenne quando nel 63 a.C. fu eletto alla carica di pontifex maximus (una carica religiosa); nel 62 a.C. venne nominato pretore e l'anno successivo gli fu conferito il governo della Spagna Ulteriore. Ben presto sottomise alcuni domini spagnoli al potere di Roma. Per i suoi successi fu temuto dagli aristocratici riuniti nel Senato e per superare la loro ostilità Cesare strinse un patto (triunvirato) con due grandi personaggi, Pompeo e Crasso, anch'essi decisi a far prevalere i propri personali interessi. Con il loro appoggio, fu eletto nel 59 alla massima carica, il consolato (una carica annuale).
Per ottenere un più vasto consenso popolare, da console Cesare fece votare delle leggi agrarie, vale a dire assegnazioni di terre di proprietà pubblica. Inoltre si fece conferire il governo della Gallia Cisalpina e Narbonense. Tra il 58 e il 51 a.C. condusse una serie di campagne militari contro le tribù galliche, germaniche e britanne, che ne misero in evidenza il genio militare, paragonabile a quello di cui avevano dato prova in precedenza Alessandro Magno e Annibale e di cui avrebbe dato un'altra prova molti secoli dopo Napoleone Bonaparte. Sconfisse gli Elvezi, i Germani di Ariovisto, i Belgi. Quindi penetrò in Britannia. Un momento di estremo pericolo fu la grande insurrezione delle tribù galliche (Galli) guidate da Vercingetorige, che però Cesare nel 52 sconfisse, nonostante la forte inferiorità numerica dei Romani, grazie alla superiorità del suo comando e dell'organizzazione e disciplina delle legioni. Così i domini di Roma, diventata il centro di un grande Impero, si estesero immensamente.
Una componente importante del potere di Cesare era stata l'alleanza che egli aveva stabilito soprattutto con Pompeo, il quale aveva sposato sua figlia Giulia. Ma ormai entrambi miravano a stabilire la propria supremazia su Roma. E, dopo la morte di Giulia, i rapporti tra i due incominciarono a incrinarsi, fino a che essi divennero apertamente nemici.
Per contrastare Cesare, Pompeo si alleò con il Senato. Nel 49 a.C. i consoli ordinarono a Cesare di venire a Roma, dopo aver lasciato il comando del suo esercito. Ma Cesare, contando sulla piena fedeltà dei suoi soldati, i quali erano legati al loro comandante da un vincolo di lealtà personale ormai più forte di quello nei confronti delle istituzioni della Repubblica, decise di rompere ogni indugio e passò il fiume Rubicone con le sue truppe dirigendosi verso Roma. Il Rubicone segnava il limite oltre il quale era vietato a un generale di procedere seguito dalle sue truppe, per impedire che Roma si trovasse sotto la minaccia della forza militare. Si trattava di un vero e proprio atto di ribellione, che Cesare decise di compiere dicendo: "Alea iacta est" ("il dado è tratto").
Deciso a riformare le istituzioni di Roma repubblicana assumendo di fatto un potere monarchico, Cesare ormai mirava a stabilire il suo comando personale. Rapidamente sottomise l'Italia, sconfisse in Spagna i seguaci di Pompeo, il quale, divenuto l'estrema difesa del partito senatoriale, si recò in Grecia, dove sperava di poter sconfiggere Cesare e riconquistare l'Italia. Ma Pompeo venne battuto a Farsalo nel 48; e, sentendosi perduto, si rifugiò in Egitto, contando sulla protezione del re Tolomeo XIII, che però, per fare cosa grata a Cesare, lo uccise. Eletto dittatore nel 48, Cesare era ormai il padrone assoluto di Roma e dell'Impero. L'anno seguente sbarcò in Africa, quindi distrusse le ultime truppe fedeli a Pompeo e alla causa repubblicana.
Acquisito il potere assoluto, Cesare, che, di fatto se non formalmente, aveva assunto il ruolo di un re senza corona, si diede a trasformare le istituzioni statali in senso monarchico, essendo convinto che Roma non potesse più essere efficacemente governata come una repubblica. Occorreva secondo lui la costituzione di un forte potere centrale al fine di garantire l'ordine ed evitare i conflitti in Italia e nell'Impero.
Nel 44 a.C. si fece eleggere dittatore a vita. Egli diventava così il primo dei Romani e gli venivano tributati gli onori tipici di un sovrano. Procedette a creare nuove colonie, ad assegnare terre agli agricoltori e ai soldati, che divennero suoi convinti sostenitori, riformò il calendario, estese il numero dei cittadini romani, riordinò i municipi, promosse grandi opere pubbliche. Ma l'opposizione a Cesare degli aristocratici e del Senato non era ancora spenta. Sicché nel marzo del 44 (le idi di marzo) un gruppo di congiurati guidati da Bruto e da Cassio lo pugnalò a morte nel Senato. Cesare cadde trafitto di fronte alla statua del suo avversario Pompeo.
Dopo la morte venne reso pubblico il suo testamento, in base al quale egli lasciava una somma di trecento sesterzi a ogni cittadino romano. Soprattutto indicativo dei suoi progetti di trasformazione di Roma in una monarchia imperiale fu il fatto che, spezzando la tradizione repubblicana, Cesare avesse nominato suo erede il giovane pronipote Ottaviano. Unitosi a Marco Antonio e a Lepido, questi costituì un triumvirato contro Bruto e Cassio, i quali vennero sconfitti e uccisi nel 42 nella battaglia di Filippi in Macedonia. Dopo una nuova ondata di guerre civili, nel 27 Ottaviano divenne il primo imperatore di Roma, col nome di Augusto.
Cesare fu un grande oratore e scrittore. Egli lasciò vari scritti, tra cui soprattutto due resoconti delle sue imprese: il De bello gallico (Le guerre galliche) e il De bello civili (La guerra civile), nei quali narrò con purezza di stile ed esemplare chiarezza le sue grandi imprese militari e le vittorie.
Un tratto tipico del suo stile fu l'uso, per indicare sé stesso, non della prima persona ("io ho fatto questo e quello") bensì della terza persona ("Cesare ha fatto questo e quello"), un espediente che serve a comunicare al lettore il senso di un racconto oggettivo.