capitani di ventura
Condottieri militari
I capitani di ventura comandavano gli eserciti mercenari del basso Medioevo, le compagnie di ventura. In Italia furono i protagonisti di frequenti scontri tra i comuni e le signorie e alcuni di loro riuscirono a conquistare la signoria di importanti città
Il ricorso a milizie mercenarie si diffuse a partire dall'11° secolo. Erano mercenari i Normanni giunti in Italia meridionale e le milizie usate dai re di Francia e d'Inghilterra per reprimere le ribellioni dei vassalli (le utilizzò, per esempio, Enrico II d'Inghilterra nel 1159). Erano impiegate anche nelle guerre, come la famigerata 'compagnia degli sgozzatori' presente nella guerra dei Cent'anni (1337-1453). Mercenari erano anche i protagonisti della distruzione della città di Albi nella crociata contro gli eretici Albigesi, in Provenza; e i Lanzichenecchi tedeschi, arruolati dagli imperatori Massimiliano I (1508-19) e Carlo V (1519-56) e artefici nel 1527 del sacco di Roma.
Già tra il 13° e il 14° secolo soldati di varia provenienza erano arrivati in Italia al seguito di sovrani stranieri quali Pietro IV re d'Aragona, e gli imperatori Enrico VII e Ludovico IV il Bavaro. Questi soldati ebbero così l'occasione di mettersi al servizio di comuni e signorie (comunale, civiltà): Werner (in italiano noto come Guarnieri) d'Urslingen proveniva dalla Germania, John Hawkwood (Giovanni Acuto) dall'Inghilterra, Giovanni di Montréal (Fra' Moriale) dalla Provenza. Le compagnie di ventura si imposero soprattutto nell'Italia dei comuni e delle signorie. Quando la nobiltà feudale, abituata alla pratica delle armi, fu sostituita come classe dominante dalla borghesia (che preferiva dedicarsi alle attività mercantili), le truppe mercenarie finirono con il soppiantare la milizia cittadina.
Soldati di diversa origine e provenienza si organizzarono così in compagnie di cavalieri (lancieri), sostenuti da una fanteria di arcieri e balestrieri. Il comando era affidato a un capitano, scelto per le capacità e il valore. Agli stranieri si aggiungevano soldati italiani di varia estrazione sociale: crociati rientrati dall'Oriente, servi della gleba, contadini e artigiani poveri che cercavano di fuggire la miseria. I capitani avevano talvolta origini oscure (il Carmagnola era di famiglia contadina), ma più spesso provenivano dalla nobiltà, esperta per tradizione nell'arte militare. Molti erano figli cadetti (cioè non primogeniti), i quali non potevano ereditare il feudo, che spettava al primo figlio, e cercavano una fonte di reddito nella professione militare. Le compagnie più importanti arrivarono a contare fino a 10.000 soldati, assunti a tempo determinato dai capitani. In battaglia i nemici erano fatti prigionieri, invece che uccisi, per poter ottenere il pagamento di un riscatto. In tempo di pace le compagnie si mantenevano con saccheggi, minacce, taglieggiamenti e ricatti, per cui erano molto temute dalle popolazioni.
Se alcuni capitani furono guerrieri valorosi e coraggiosi, molti altri ‒ come osservò Niccolò Machiavelli ‒ consideravano l'attività militare solo un lavoro e non si facevano scrupolo di tradire chi li assumeva per passare al servizio di un miglior offerente. Talvolta capitani schierati su fronti opposti si accordavano per ridurre al minimo i rischi: la vita di ogni soldato era un bene prezioso da salvaguardare. Molti scontri, come le battaglie di Zagonara (1424) e di Anghiari (1440), furono solo simulati e i pochissimi morti furono vittime di incidenti fortuiti, come cadute da cavallo.
La prima compagnia italiana fu la Società di san Giorgio, fondata nel 1376 da Alberico di Barbiano. Nel 15° secolo furono numerosi i capitani di ventura italiani, chiamati condottieri per il nome del contratto ‒ la condotta appunto ‒ che stipulavano col committente. I più famosi furono Facino Cane, Francesco di Bussone detto il Carmagnola, Muzio Attendolo Sforza, Erasmo da Narni detto il Gattamelata, Bartolomeo Colleoni, Niccolò Fortebraccio, Giovanni de' Medici dalle Bande Nere. Alcuni riuscirono a diventare signori: Francesco Sforza divenne signore di Milano; suo fratello Alessandro, di Pesaro; Braccio da Montone, di Perugina; Niccolò Piccinino, di Bologna.
Le compagnie di ventura italiane tramontarono e scomparvero con l'ondata delle invasioni straniere iniziata nel 1494: gli eserciti delle monarchie nazionali e le armi da fuoco si dimostrarono superiori agli scontri cavallereschi dei condottieri.