capitano
Negli eserciti moderni, il capo di una compagnia di soldati o di un corpo equivalente; nella gerarchia militare di quasi tutti gli eserciti fa parte della categoria degli ufficiali inferiori (in Italia, è il grado intermedio fra tenente e maggiore) e ha alle sue dipendenze uno o più ufficiali subalterni. Il grado di c. pare rimonti al 1355 in Francia e vi abbia sostituito quello di banderese. Con questo termine si sono indicate figure molteplici di capi militari e politici.
C. delle Chiavi: l’ufficiale che aveva la sorveglianza delle porte di una città o di una piazza.
C. di giustizia: il magistrato, in talune signorie e principati (a Milano dal sec. 15°), con attribuzioni giurisdizionali e di polizia.
C. del golfo: a Venezia, il comandante della squadra che teneva difeso l’alto Adriatico dai corsari.
C. del popolo: il magistrato che tutelava il «popolo» nella sua organizzazione economico-professionale in seno al comune podestarile, a volte forestiero come il podestà, di cui poteva, in particolari circostanze (a Siena nel 1252), assumere quasi tutte le funzioni; doveva appartenere al partito dominante e durava in carica dapprima un anno, in seguito sei mesi.
Si chiamano tuttora c. reggenti i capi dello Stato della Repubblica di S. Marino: in numero di due, sono eletti tra i consiglieri, a metà marzo e a metà settembre, durando in carica dal 1° aprile al 1° ottobre e dal 1° ottobre al 1° aprile dell’anno seguente.
C. di ventura: il comandante di milizie da lui assoldate, e a sua volta al soldo temporaneo di comuni o di principi, indipendente, però, particolarmente in Italia, dal potere politico, costituendo così quella tipica classe di professionisti della guerra che si chiamavano anche, dalle loro condotte, «condottieri».