CAPRAIA (A. T., 24-25-26)
Isola dell'Arcipelago Toscano che sorge nel Tirreno alla posizione geografica media di 43°2′ lat. N e di 9°50′ long. E., tra il promontorio di Piombino e il Capo Corso, dai quali dista rispettivamente km. 55 e 27. L'isola, di forma allungata, con l'asse rivolto in direzione NNE.-SSO., si distende per una lunghezza che dalla Punta della Teia a quella dello Zenobito misura 7700 m. e una larghezza massima di 3500 m. Il suo circuito di circa 20 km. racchiude un'area di kmq. 19,5. L'isola, di origine vulcanica, presenta ovunque carattere montuoso e culmina nella sua parte nord col Monte Castello (m. 447). La eruzione vulcanica, dai cui materiali eruttati (lave e ceneri) frammisti a graniti e rocce silicee l'isola risulta costituita, dovette avvenire alla fine del Terziario, e forse la Capraia fece parte della supposta Tirrenide, al cui sprofondamento contrasterebbe d'altra parte il fatto delle evidenti tracce di sollevamenti che essa presenta e della formazione dei terrazzi constatati dal Rovereto; sollevamenti che forse avvennero in tempi più recenti. L'isola, detta Αἴγιλον dai Greci e ricordata dai Romani come luogo di relegazione, prese il nome attuale dalle capre selvatiche che la popolano. Nei primi secoli del cristianesimo accolse, al pari di altre isole minori dell'Arcipelago Toscano, eremiti e monaci seguaci di S. Agostino, dei quali parla Rutilio Namaziano, che sfuggivano alle persecuzioni; e dei loro cenobî si trovano forse tracce nelle costruzioni delle chiese tuttora esistenti. Sono ignote le vicende subite nei tempi di mezzo, durante i quali l'isola, già densamente popolata, pare dipendesse dalla diocesi di Luni e avesse sorte comune con la Corsica. Conquistata dai Saraceni, fu loro ritolta dai Pisani, al dominio dei quali venne poi riconosciuta. Passata nel 1430 sotto la signoria del patrizio genovese Iacopo di Mari, venne a esso ripresa nel 1507 dai Genovesi, cui poi la ritolsero, alla lor volta, i Corsi, guidati da Pasquale Paoli, nella loro sollevazione del 1767. Durante la dominazione genovese ebbe a subire frequenti incursioni di corsari turchi; fra le quali particolarmente memorabile quella subita nel 1540 dal Dragut che condusse schiavi 600 abitanti. Nel contratto di vendita della Corsica alla Francia, la Capraia venne esclusa e rimase poi sempre sotto la repubblica di Genova e quindi, salvo l'interruzione napoleonica, sotto il regno di Sardegna (1815) e quello d'Italia (1861), ma restando aggregata amministrativamente alla provincia di Genova, finché, con regio decreto del 15 novembre 1925, venne riunita a Livorno come imponevano evidenti ragioni geografiche. L'isola è in via di forte decadenza demografica ed economica. La sua popolazione, che verso la fine del sec. XVIII era di 1550 ab., si ridusse nel 1861 a 646. Al censimento del 1921 risultò di 551, compresi i detenuti della colonia intermedia di pena che vi venne istituita nel 1874. Gli abitanti vivono per la maggior parte aggruppati nell'abitato del Castello, villaggio capoluogo dell'isola il quale sorge su un terrazzo della costa orientale, elevato 90 m., che chiude a levante una piccola insenatura, sull'opposta costa della quale si trova l'abitato minore della Marina. L'isola, pur ferace, è poco coltivata e, salvo qualche vigna e qualche campo di grano, la macchia tende a riprendere ovunque il sopravvento. La popolazione vive dei prodotti agricoli e della pesca specie delle acciughe.
Bibl.: Cionini, L'isola di Capraia, Pisa 1891; G. Rovereto, L'isola di Capraia, in Le vie d'Italia, ottobre 1926.