carcere
Luogo di privazione della libertà per motivi di giustizia
Quando una persona, attraverso un processo, è riconosciuta colpevole di un reato per il quale la legge prevede la reclusione, allora viene chiusa in un carcere, dove rimane per il tempo previsto dalla sentenza. A volte, per ragioni di sicurezza, si può essere incarcerati prima del processo; ma si dovrebbe trattare di una misura eccezionale e limitata nel tempo, perché nei moderni Stati di diritto la reclusione è una pena che può essere inflitta solo al termine di un processo
Il carcere ‒ dal latino carcer "recinto" ‒ è una costruzione circondata da un alto muro di cinta. Al suo interno vi sono molte celle, ossia stanze nelle quali i detenuti sono obbligati a passare quasi tutta la loro giornata. In ogni cella dovrebbe esserci almeno un letto, un bagno, un lavandino e un piccolo fornello per cucinare. Per alcune ore durante il giorno i detenuti possono uscire dalle celle, per passeggiare in un cortile interno e chiacchierare con qualcuno che non sia il compagno di cella. Se nel carcere vi sono impianti sportivi, aule o ambienti di lavoro i detenuti possono anche fare attività fisica, studiare e lavorare.
Il carcere più antico che conosciamo si chiama Mamertino e si trova a Roma, sotto il Campidoglio, nel bel mezzo dei Fori, dove un tempo i Romani si riunivano per discutere, prendere decisioni politiche ed esercitare il commercio. Quando insorgevano contrasti o liti, i Romani si affidavano a un giudice, per stabilire chi avesse ragione e chi torto.
Il carcere Mamertino era una specie di grotta, così come in gran parte del mondo le carceri sono state in passato, e come talvolta ancora oggi sono. In uno spazio così ristretto non si potevano rinchiudere molte persone per lungo tempo. E infatti nel carcere Mamertino non venivano rinchiuse le persone giudicate colpevoli di un reato, ma quelle in attesa di giudizio, per evitare che fuggissero prima del processo. Questo significa che nell'antichità (e fino a tempi anche più vicini a noi) il carcere non era un luogo di punizione.
Ancora fino a pochi secoli fa le pene inflitte ai colpevoli dei reati erano pecuniarie o corporali: nel primo caso si pagava una certa somma di denaro, nel secondo si veniva sottoposti a supplizi come il taglio delle mani o delle braccia, la rottura delle ossa, la tortura o, infine, si poteva essere condannati a morte.
Tale impostazione muta tra la fine del Medioevo e la nascita dell'Età moderna, con il progressivo affermarsi del valore di ogni persona, secondo i principi dell'umanesimo e dell'individualismo. Si comincia a pensare che un colpevole non debba soltanto espiare una colpa, ma anche ripensare ai propri errori, per averne una possibilità di riscatto. In questo senso il modello dell'espiazione è offerto dalla vita reclusa dei monaci: non è un caso che molti monasteri vengano utilizzati anche come luoghi di reclusione. La reclusione sottrae il condannato anche alla vendetta privata da parte di chi ha subito il torto, proprio per permettergli l'espiazione della colpa.
Anticipata da una lunga storia, una svolta decisiva ‒ che segna la nascita delle garanzie giudiziarie, cioè dell'insieme di norme volte a tutelare i diritti degli imputati ‒ è rappresentata da una legge inglese approvata nel 1679 e chiamata Habeas Corpus Act: essa prevedeva che una persona arrestata dovesse essere condotta entro tre giorni davanti a un giudice che ne convalidasse l'arresto, altrimenti doveva essere scarcerata (doveva "riavere il proprio corpo").
Nasce così ‒ da un maggiore rispetto per la persona dell'imputato ‒ la moderna reclusione carceraria: la punizione consiste nel togliere la libertà a una persona, costringendola entro un edificio dal quale non può uscire fino a quando essa non sia terminata.
Per circa due secoli ‒ negli Stati prima liberali e poi democratici ‒ si è cercato di rendere socialmente utile il carcere. Utile non solo per punire chi ha sbagliato, ma anche per il funzionamento della società e soprattutto per la rieducazione del colpevole. Il carcere è stato quindi pensato per 'rieducare' i condannati alle regole della società e per renderli produttivi: lavorando in carcere, i detenuti avrebbero potuto imparare un mestiere e nello stesso tempo rendersi utili alla società. Sono stati due secoli di tentativi e di fallimenti: da una parte l'organizzazione di un carcere è troppo rigida perché le persone recluse possano veramente imparare un mestiere e lavorare bene; dall'altra il carcere ‒ nella maggior parte dei casi ‒ aumenta il senso di inutilità e improduttività dei detenuti, che nella grande maggioranza dei casi non hanno studiato abbastanza e non hanno mai avuto un lavoro (o hanno avuto un cattivo lavoro).
Insomma, un carcere rispettoso della dignità della persona, pur costando molto (in Italia nel 2003 ogni detenuto è costato 118 euro al giorno allo Stato), non riesce a rieducare i detenuti. È per queste ragioni che oggi si vanno sempre più diffondendo le pene alternative alla detenzione: la libertà controllata, lo svolgimento di lavori socialmente utili fuori dal carcere, e così via. E il carcere sembra tornare quello di un tempo: un recinto per le persone in attesa di giudizio e per chi vive ai margini della società, senza un lavoro e senza le capacità, l'esperienza o le conoscenze per trovarsene uno.
Attualmente, il paese con il maggior numero di detenuti sono gli Stati Uniti, sia in assoluto (tabella 1) sia rispetto al numero di abitanti. In questo genere di classifiche l'Italia si situa rispettivamente al ventottesimo posto per valore assoluto (57.046 detenuti al 30 giugno del 2004), e al centoventiseiesimo posto (insieme con l'Austria e l'Ecuador) per numero di detenuti rispetto alla popolazione (100 ogni centomila abitanti), numero comunque quasi doppio rispetto al 1990.
Tabella 1
Stato n. detenuti USA 2.085.620 Cina 1.548.498 Russia 763.054 Brasile 331.642 India 313.635 Ucraina 198.386 Messico 192.890 Repubblica Sudafricana 186.739 Tailandia 168.264 Iran 133.658 (fonte: International centre of prison studies, King’s College, Londra)
Tabella 2
Stato n. detenuti / 100.000 ab. USA 714 Russia 532 Bielorussia 532 Arcipelago delle Bermuda (GB) 532 Isole Vergini 490 Turkmenistan 489 Cuba 487 Suriname 437 Isole Cayman 429 (fonte: International centre of prison studies, King’s College, Londra)
Non è stato sempre così – e in molte parti del mondo non è ancora così –, ma in Italia i bambini e i ragazzi fino a 14 anni non possono essere incarcerati. Dopo i 14 anni si diventa responsabili delle proprie azioni anche davanti al giudice, che può condannare un minorenne a scontare una pena negli Istituti penali per minori. Ma le nostre leggi prevedono che i ragazzi tra i 14 e i 18 anni siano condannati alla pena detentiva solo in caso di reati particolarmente gravi e quando non si riesca a far loro seguire programmi di rieducazione. Grazie a queste leggi, l'Italia è uno dei paesi al mondo con il minor numero di detenuti giovanissimi. Invece, nelle carceri per adulti, negli istituti o nelle sezioni femminili ci sono ancora alcune decine di bambini, con meno di 3 anni, in carcere con le loro madri. Infatti, per alcuni reati, considerati particolarmente gravi, alle madri non è consentito di scontare la pena con una misura alternativa alla detenzione, e così i figli più piccoli vivono con loro dentro le mura del carcere.