Laemmle, Carl
Distributore e produttore cinematografico statunitense, di origine ebraico-tedesca, nato a Laupheim(Baden-Württemberg) il 17 gennaio 1867 e morto a Los Angeles il 24 settembre 1939. Come fondatore della Universal Film Manufacturing Co. (v. Universal Pictures), va annoverato tra i grandi produttori indipendenti degli anni Dieci e Venti e tra i pionieri di Hollywood. Per la produzione di All quiet on the western front (All'Ovest niente di nuovo) di Lewis Milestone, che nel 1930 vinse gli Oscar per la regia e il miglior film, venne candidato al premio Nobel per la pace.
Compiuti gli studi nella città natale, a 17 anni emigrò con la famiglia negli Stati Uniti dove, dopo aver svolto vari mestieri, divenne direttore di una fabbrica di vestiti. Nel 1906 aprì a Chicago il suo primo nickelodeon, il Whitefront Theatre, e successivamente fondò, insieme con Robert H. Cochrane, il Laemmle Film Service che lo avrebbe reso in breve tempo il più importante distributore del Paese. Nel 1909 iniziò la sua lunga battaglia contro la Motion Picture Patents Company (MPPC), il potente trust dei produttori statunitensi, fondando una delle prime case di produzione indipendenti, l'IMP (sigla di Independent Motion Picture Corporation, ma anche demonietto, marchio della società), importando pellicola Lumière dalla Francia, perché sulla Eastman Kodak aveva l'esclusiva la MPPC, e scritturando il regista della Vitagraph William Ranous. Il loro primo film fu Hiawatha, tratto da H.W. Longfellow e girato nell'ultimo studio di cui potessero disporre gli indipendenti (ma ancora per poco), quello dell'Actophone. Nel 1910 L. rilevò la International Producing and Projecting Company, che riuniva alcuni importanti produttori europei con l'obiettivo di creare un canale di distribuzione alternativo per gli indipendenti americani. Infine contribuì a organizzare una società che garantisse, tra l'altro, un'assistenza giuridica contro le innumerevoli cause intentate dalla MPPC, la International Producing Sales Company. Ma in un panorama produttivo piuttosto indifferenziato ‒ i film erano 'immagini in movimento' tutte simili tra loro ‒ L. cercò soprattutto una strategia per diversificare i suoi prodotti; lo fece, dimostrando di aver colto per tempo il nascente fenomeno del divismo, offrendo maggiore visibilità agli attori e promuovendo regolarmente i suoi film attraverso di essi (amati dal pubblico popolare che frequentava le sale cinematografiche, ma tenuti nell'anonimato dalla maggior parte delle produzioni). Famosa, e addirittura considerata da alcuni storici l'atto di nascita dello star system, la campagna pubblicitaria da lui ideata a favore di Florence Lawrence, nota al pubblico come la 'Biograph girl', di cui la stampa comunicò la misteriosa notizia della morte per poi dichiararla, il giorno successivo, in ottima forma e con un nuovo contratto sensazionale firmato con la IMP: l'attrice, che non aveva una provenienza teatrale, fu una delle prime dive create interamente dal cinema. Poco dopo L. riuscì a sottrarre al trust anche Mary Pickford, avviandola alla notorietà.
Nel 1912, insieme ad altri produttori e a Cochrane, L. creò la Universal, di cui la IMP divenne parte, ne assunse la presidenza e, seguendo l'esodo degli indipendenti, iniziò il trasferimento in California dove, a San Fernando Valley, nel 1915 avrebbe inaugurato gli Universal City Studios. I primi film della casa furono soprattutto western, un genere popolare che l'avrebbe caratterizzata anche in seguito e che trovava in California le condizioni ideali per una realizzazione a budget ridotto. Ma tra le produzioni più interessanti di quest'epoca va annoverata quella di Traffic in souls (1913) di George Loane Tucker, un thriller ambientato in una città inquietante e ipocrita dove un insospettabile imprenditore organizza il rapimento di giovani bianche per avviarle alla prostituzione. Il film, che prendeva spunto dalla strana voce della scomparsa, avvenuta forse proprio in alcuni nickelodeons, di centinaia di ragazze poi costrette a prostituirsi, rappresenta il primo lungometraggio statunitense tratto da un soggetto originale e, nonostante le numerose richieste di censura, ottenne un grande successo di pubblico. Singolare, ma per altri motivi, fu anche The graft di George Lessey e Richard Stanton, uscito nel 1915, l'anno in cui la MPPC veniva dichiarata illegale: si tratta di un curioso serial sulle intollerabili sopraffazioni dei trust, in cui, alle scene di ambientazione contemporanea, si alternano immagini, dalla simbologia esplicita, di crudeli faraoni che, a colpi di frusta, impediscono a spauriti schiavi di estrarre gemme preziose, e di eroi che, brandendo la 'spada della giustizia', riportano l'ordine. Nel 1919 L. assunse Erich von Stroheim, che esordì nella regia con Blind husbands (Mariti ciechi), seguito da The devil's passkey (1920; La chiave del diavolo); per promuovere Foolish wives (1922; Femmine folli), costato l'incredibile cifra di un milione di dollari, L. fece affiggere a Broadway un cartello pubblicitario in cui venivano settimanalmente aggiornate le spese, mentre per l'iniziale di Stroheim veniva usato il simbolo del dollaro; durante la lavorazione di Merrygoround (1923; Donne viennesi), però, uno dei produttori della Universal, Irving Thalberg, licenziò Stroheim per le sue eccessive pretese e fece concludere il film a Rupert Julian. Diversamente da altri indipendenti, infatti, che sempre maggiormente investivano in film d'arte e ad alto budget, negli anni successivi L. si sarebbe attenuto prevalentemente a una politica di bassi costi che avrebbe di fatto relegato la Universal a un ruolo più marginale, anche se in essa transitarono registi come John Ford o produttori come lo stesso Thalberg. Negli anni Venti, comunque, L. avviò la Universal sulla strada che l'avrebbe resa celebre negli anni Cinquanta, iniziando a produrre i primi horror che molto avrebbero contribuito alla codificazione del genere: The phantom of the Opera (1925; Il fantasma dell'Opera) di Julian, con Lon Chaney che esibiva un ripugnante make-up, o The cat and the canary (1927; Il castello degli spettri o Il gatto e il canarino) e The man who laughs (1928; L'uomo che ride), entrambi del regista tedesco di formazione espressionista Paul Leni. Infatti, benché "forse il meno intellettuale e ambizioso dei personaggi hollywoodiani", L. si era preoccupato "durante le sue visite annuali nella natia Germania di procacciarsi gli uomini e le idee più all'avanguardia, con il risultato che il prodotto tipico dei suoi studi, cioè il film horror […], era talvolta una copia piuttosto vicina a modelli espressionistici tedeschi" (E.J. Hobsbawm, Age of extremes ‒ The short Twentieth century 1914-1991, 1994; trad. it. Il secolo breve, 1995, p. 221). Questo filone sarebbe stato proseguito, dopo l'avvento del sonoro, dal figlio Carl Laemmle Jr (1908-1979) ‒ al quale L. aveva lasciato la guida della Universal nel 1929 ‒ con alcuni classici come Dracula (1931) di Tod Browning, che rese celebre Bela Lugosi e che viene considerato il film con il quale ebbe inizio il genere horror vero e proprio, Frankenstein (1931) di James Whale, alcune scene del quale furono censurate per la loro crudezza, The mummy (1932; La mummia) di Karl Freund e The invisible man (1933; L'uomo invisibile), sempre di Whale, dagli spettacolari effetti speciali. Il più importante progetto realizzato insieme dai Laemmle, che stavano ormai per essere travolti dalla crisi economica, fu il pacifista All quiet on the western front, film liberamente tratto dal romanzo di E.M. Remarque, censurato nell'Italia fascista e violentemente attaccato dal movimento nazionalsocialista in Germania. Nel 1936 i Laemmle furono costretti a liquidare la società, che si sarebbe trasformata nella Universal International.
J. Drinkwater, The life and adventures of Carl Laemmle, New York-London 1931; B. Dick, City of dreams: the making and remaking of Universal Pictures, Lexington 1997; Storia del cinema mondiale, a cura di G.P. Brunetta, 2° vol., Gli Stati Uniti, Torino 2000, ad indicem.