BARGNANI, Carlo
Appartenente a nobile famiglia bresciana, era arciprete del duomo di Brescia quando fu coinvolto all'inizio del sec. XVIII nel movimento quietistico che, dal nome del suo promotore Giuseppe BeccareW, prese poi il nome di "beccarellismo". Il nome dei B. compare per la prima volta nelle memorie bresciane del tempo a proposito di alcune novità da lui introdotte nelle pratiche di pietà dei suoi devoti.
Vacante la sede vescovile bresciana per la morte del cardinale Marco Dolfin, avvenuta il 5 ag. 1704, il B. ritenne evidentemente di poter agire di propria iniziativa: non sappiamo in che cosa consistessero le "divozioni nove" di cui parla una fonte, ma il fatto di far chiudere i confessionali con due imposte nella parte inferiore e con una grata, di legno nella superiore, sicché il confessore non potesse essere veduto, al contrario di quanto s'era usato per l'addietro, doveva fornire motivo di sorpresa e mormorazione ai fedeli. A ciò si aggiungeva la singolare assiduità del B. nel confessare le sue penitenti, che si accostavano al sacramento anche più volte al giomo, e l'abitudine di radunare intorno a sé, dopo la spiegazione domenicale della dottrina cristiana, molte giovani donne alle quali andava insegnando l'orazione mentale. Il B. venne ripetutamente ammonito dal vicario generale della diocesi, A. Soncini, ma egli perdurò nella sua poco prudente condotta, del resto mostrandosi apertamente seguace del Beccarelli anche col procurargli i mezzi necessari all'istituzione di un collegio di studenti in Brescia.Il B. era dunque, sia per la sua carica ecclesiastica, sia per le sue risorse finanziarie, uno dei più autorevoli fautori del BeccareW, come tale ben noto al cardinale Giovanni Alberto Badoer, che il 27 febbr. 1707 prese possesso del vescovato bresciano. Contro il Beccarelli, il B. e gli altri seguaci del movimento il Badoer prese subito pubblicamente posizione, denunziandone gli errori e le pratiche ambigue. Il B. fu personalmente ammonito e per ordine del vescovo furono rimessi nel pristino stato i confessionali del duomo. La decisa presa di posizione del vescovo non produsse però alcun risultato, ché anzi il B. dichiarò pubblicamente "come non si dovesse poner mente alle parole del Cardinale, perché parlava di passione, e per sussurro d'altri non informati" (Averoldi, t. X, c. 75 v).
Il Badoer decise quindi di accentuare la sua azione e il 14 luglio 1707 emanò, unitamente al domenicano T. A. Manganoni, inquisitore generale della diocesi, un editto con il quale venivano ufficialmente condannati gli errori del Beccarelli e dei suoi seguaci e vietate le adunanze di uomini e donne, specialmente se queste fossero giovani, in chiese, case o altri luoghi, sia pubblici sia privati, sotto pretesto d'esercizi spirituali o d'insegnamento della meditazione e della orazione mentale, e ciò sotto pena di scomunica latae sententiae. Un secondo solenne avvertimento venne lanciato dal vescovo il 12 nov. 1707 coli, il richiamo all'osservanza delle regole sulla confessione e con la denuncia degli errori commessi da taluni direttori spirituali, come la pretesa di cieca obbedienza da parte dei penitenti, talvolta dietro giuramento o, comunque, formale promessa, l'affermazione dell'inutilità dell'orazione vocale e l'abuso dei sacramenti. Finalmente il Badoer chiese l'intervento delle autorità civili, le quali ordinarono l'arresto del Beccarelli (4 giugno 1708).
Alla notizia di questo provvedimento, il B. tentò dapprima di fuggire, ma successivamente preferì rivolgersi al vescovo chiedendogli perdono nell'udienza concessagli il 21 giugno 1708: il Badoer, ricordate tutte le ammonizioni precedentemente rivoltegli, pur prendendo volentieri atto della resipiscenza del B., lo informò che ormai la cosa era nelle mani delle autorità venete. Rifiutando ostinatamente i consigli di coloro che lo esortavano a lasciare Brescia, il B. si rassegnò al proprio destino; il 6 luglio venne anch'egli tratto in arresto, condotto in vescovato e di là, sotto buona scorta, in castero, dove fu rinchiuso nel fondo di un torrione. Subì un primo interrogatorio il 6 maggio 1709, al quale ne seguirono altri il 17 maggio, il 24 maggio, il 5 giugno, ed altri ancora certamente fra quest'ultima data ed il dicembre successivo, allorché il processo poteva dirsi terminato. Nel marzo e nell'aprile del 1710 vennero sentiti i testimoni prodotti a difesa del B., il quale aveva già dichiarato, dal canto suo, di rimettersi completamente nelle mani del vescovo. Il 27 settembre, dopo che s'era compiuta l'abiura del Beccarelli ed era stata emanata la sentenza contro di lui, il B. venne trasferito dalle carceri del castello a quelle del vescovato. Qui venne visitato il 16 febbr. 1711 da due medici e da un chirurgo e dichiarato inabile alla tortura. Pochi giorni più tardi (il 20 febbraio, sesecondo l'Averoldi), fu condannato dal tribunale dell'Inquisizione a cinque anni di prigione, con perpetua inabilità alla cura d'anime. Fu riconosciuto colpevole di sollecitazione in confessione e di abuso dello stesso sacramento, amministrando il quale egli insegnava alle sue penitenti, come il Beccarelli, che i contatti sessuali non costituivano peccato quando esse vi si abbandonassero passivamente, senza alcun consenso o concorso della propria volontà. Dopo la condanna scende sulla sua figura il silenzio, rotto soltanto dalla concisa annotazione di una fonte che ci informa come egli ottenesse la grazia della diminuzione della pena di un anno; il B., pertanto, dovette essere rimesso in libertà nel 1715.
Fonti e Bibl.: La principale fonte è costituita da due tomi manoscritti di G. A. Averoldi, Del Beccarellismo, attualmente presso l'Ateneo di Brescia, Miscellanea Averoldi, tt. X e XI; v. inoltre: Brescia, Biblioteca Queriniana, F. IV 8 m. 7, Ristretto del Processo formale contro Giuseppe Beccarelli; Ibid., D. VII 3s e 36, Della vita e della morte, virtù pastorali, intercessioni e predicazione del servo di Dio Giovanni cardinale Badoaro vescovo di Brescia, memorie raccolte dal p. Giovanni Veneziani della Compagnia di Gesù suo confessore; Ibid., A. VI 28, Alcune memorie della vita del venerabile servo di Dio cardinale Giovanni Badoaro vescovo di Brescia; Diari dei Bianchi,in Cronache bresciane inedite dei secoli XV-XIX,a cura di P. Guerrini, V, Brescia 1933, p. 67; P. Guerrini, Quietisti e pelagini in Valle Camonica ed a Brescia,in Brixia Sacra, III (1912), pp. 30-48;Id., I Pelagini di Lombardia. Contributo alla storia del quietismo, in La Scuola cattolica, L (1922), pp. 380 s.; Id., La casa del Carmagnola, Brescia 1931, pp. 88-94.