scomunica Nelle Chiese cristiane, censura ecclesiastica che esclude il battezzato dalla comunione dei fedeli, vietandogli, in particolare, di amministrare e ricevere i sacramenti. Presuppone una grave responsabilità morale, cioè un peccato grave, tale da compromettere l’unione con la Chiesa, corpo mistico di Cristo.
La s. è la più grave delle censure ecclesiastiche (o pene medicinali) poiché comporta l’esclusione dalla comunione ecclesiale acquisita mediante il battesimo. Non può essere inflitta a un corpo morale, ma solo a persone fisiche, ecclesiastiche o laiche; una stessa persona può esserne ripetutamente colpita per lo stesso delitto ripetuto o per delitti diversi. Cessa soltanto con l’assoluzione ricevuta dall’autorità competente. La persona colpita da s. è soggetta a un triplice divieto: di prendere parte attiva come ministro alla celebrazione del sacrificio eucaristico e di qualsiasi altra cerimonia di culto pubblico o liturgico; di celebrare i sacramenti o i sacramentali e di ricevere i sacramenti; di esercitare qualsiasi ufficio, ministero o incarico ecclesiastico, e di porre atti di governo. Ulteriori effetti della s. inflitta o dichiarata sono l’inabilità a dare il proprio voto nelle elezioni a un ufficio ecclesiastico, a essere iscritto a un’associazione di fedeli ecc.
In ordine al modo dell’assoluzione, quanto all’autorità a ciò competente, si hanno vari gradi di severità; le s. più severe sono quelle riservate in modo specialissimo alla Santa Sede. Comunque, per principio, lo scomunicato può e deve essere sempre assolto dalla s. appena si pente sinceramente della colpa commessa poiché le censure hanno come fine diretto e immediato l’emendamento del reo, supposto che egli receda dalla contumacia e abbia la volontà di riparare convenientemente i danni e lo scandalo provocati con la violazione della legge della Chiesa.