CERRI, Carlo
Nacque a Roma il 3 sett. 1611. Il padre Antonio, un avvocato che costruì la sua fortuna, in Curia al servizio dei Barberini, lo avviò alla carriera ecclesiastica. A diciotto anni, il 13 ott. 1629, il C. si laureò alla Sapienza in utroque iure e poco tempo dopo, il 19 marzo 1631, gli fu assegnato da Urbano VIII il primo beneficio, sotto forma di un canonicato nella basilica di S. Pietro. A partire dal 1637 coadiuvò il padre nell'ufficio di avvocato concistoriale, collaborazione ben presto estesa al ruolo di uditore generale che il genitore ricopriva presso il cardinal nepote Francesco Barberini. Nominato nello stesso periodo referendario utriusque Signaturae, il C. compì nel 1639 un notevole progresso nella sua carriera curiale con l'ingresso tra i giudici della Sacra Rota. Presentato il motuproprio di nomina il 30 maggio 1639, entrò nella pienezza delle sue funzioni di uditore, in cui sostituiva il defunto Alessandro Boccabella, il 9 dicembre dello stesso anno.
Il periodo centrale della vita del C. è caratterizzato dalla permanenza in questo importantissimo collegio giudicante, in cui sedette trent'anni ricoprendovi le cariche di tesoriere e di decano, la seconda delle quali gli toccò dal 15 ott. 1657 in seguito alla morte del predecessore Edmond Aimé du Nozet. Alessandro VII si servì di lui per compiti di natura spirituale (lo nominò esaminatore dei vescovi) e incombenze temporali. In questa seconda veste il C. fece parte di una commissione di tre prelati incaricati di sovrintendere ai problemi sanitari e annonari di Roma durante la peste del 1656. A lui in particolare fu affidata la tutela dei rioni di Borgo, Ponte, Parione e Regola. Come accadeva spesso ai giudici rotali, anche al C. toccò la porpora, seppure in circostanze piuttosto singolari. Il suo nome fu infatti incluso nella lista dei sette nuovi cardinali annunciati il 29 nov. 1669 da Clemente IX sul letto di morte. Il papa morì il successivo 9 dicembre senza che i neoporporati (tra i quali era anche Emilio Altieri, suo successore col nome di Clemente X) potessero ricevere il cappello.
Nell'occasione Pasquino motteggiò che il papa morente aveva nominato cardinali i sette peccati capitali, alludendo ai difetti tipici dei promossi: al C. attribuì la collera, che sembra essere stata una caratteristica del suo temperamento incostante.
Con l'elevazione alla porpora terminò in pratica la carriera del C. in Curia, nel corso della quale aveva ricoperto anche le cariche di consultore dei Sacri Riti per la canonizzazione dei santi, vicecamerlengo di Santa Romana Chiesa, prelato della Fabbrica di S. Pietro, vicario della Sapienza. Il 19 maggio 1670 Clemente X gli impose il cappello, assegnandogli contemporaneamente il vescovado di Ferrara e la Legazione di Urbino. In quest'ultima sede il C. rimase circa tre anni, segnalandosi per l'intensa attività svolta in occasione del terremoto che colpì Pesaro il 14 apr. 1672. Trasferitosi definitivamente a Ferrara nella seconda metà di maggio del 1673, vi esercitò quasi fino alla morte una funzione di guida spirituale, nettamente secondaria rispetto alla autorità civile detenuta dal legato.
Nella sua amministrazione della diocesi ferrarese è degno di nota il sinodo del 1674, nel corso del quale fu decisa la soppressione dei protettorati laici sulle chiese. I gusti architettonici del C., un po' magniloquenti, gli ispirarono una serie di restauri nella cattedrale di Ferrara spesso poco rispettosi di antichi monumenti e reliquie. Talvolta le sue decisioni incontrarono la decisa opposizione di canonici e fedeli, che, per esempio, gli imposero, all'inizio del suo vescovato, di rimettere al loro posto almeno una parte dei trofei bellici, memorie della guerra del 1509 con Venezia, che il C. aveva fatto rimuovere dalle pareti del tempio. In altre occasioni gli riuscì di portare a compimento i suoi progetti: nel 1678 cambiò radicalmente l'aspetto dell'altare maggiore facendo abbattere tre arcate marmoree che impedivano la vista del coro e nel 1680 fece trasportare il fonte battesimale da una navata all'altra della chiesa a prezzo della distruzione dell'antico altare dedicato ai santi Lazzaro e Maria Maddalena e della trecentesca tomba del canonico e giurista Bonalbergo Bonfadi.
Le assenze significative del C. da Ferrara sembrano limitate ai conclavi del 1676 e del 1689. Durante il primo fece parte del gruppo dei papabili ben visti dalla Francia, insieme con i cardinali Cibo e Rospigliosi, ma quando il cardinale Altieri propose la candidatura del C. in opposizione a quella prevalente dell'Odescalchi era ormai troppo tardi. Nello scrutinio decisivo (21 sett. 1676) il C. riportò solo due voti, confusi tra i dispersi. Nel conclave del 1689 la sua elezione non sarebbe dispiaciuta alla Corona spagnola, nonostante gli si rimproverasse la presenza di un nipote in qualità di paggio alla corte di Parigi. Anche l'imperatore Leopoldo I fece il suo nome tra i candidati a lui graditi nelle istruzioni dettate al cardinale Medici (29 agosto) e al principe Antonio di Liechtenstein (4 settembre). In conclave tuttavia le sorti del C. volsero al peggio, sfavorite anche dalle voci sulla povertà dei suoi parenti. I cardinali Chigi e Altieri si accordarono per escluderlo dal novero dei papabili, tra i quali l'età avanzata, che si rivelò motivo non secondario dell'elezione di Pietro Ottoboni, poneva il C. in condizioni dioggettivo favore. Una significativa eco dell'occasione perduta si coglie nella sua lapide sepolcrale, dove si accenna esplicitamente all'elezione di Alessandro VIII Ottoboni, l'unico cui il C. sarebbe risultato secondo.
Dopo il conclave, conclusosi il 6 ott. 1689, il C. rimase qualche tempo a Roma. Quando ripartì per Ferrara, nella primavera seguente, le sue precarie condizioni di salute lo costrinsero a interrompere il viaggio e a far ritorno a Roma, dove morì il 14 maggio 1690. Fu sepolto nella chiesa del Gesù, nella cappella di famiglia i cui lavori erano stati da lui portati a termine; il 26 giugno gli furono rese a Ferrara solenni onoranze.
Opere: il C. è autore di tre volumi di Decisiones rotali, editi a Roma nel 1682. Estratti del suo diario di uditore e poi decano della Sacra Rota si conservano nell'Arch. Segr. Vaticano, S. R. Rota,Diaria 4 (ff. 128r-150v, dal 14 maggio 1653 al 31 maggio 1666) in forma abbreviata, mentre più estesamente si leggono negli interi Diaria 18 (dal 27 apr. 1650 al 2 apr. 1659) e 19 (dal 21 apr. 1659 al 31 maggio 1666). Lettere scritte dal C. nell'esercizio delle sue funzioni di uditore del cardinale Francesco Barberini si trovano nel codice Barb. lat. 8932 (nn. 29-39) della Biblioteca Apostolica Vaticana.
Fonti e Bibl.: I funerali ferraresi del C. sono descritti in un opuscoloanonimo, il cui autore è il canonico Andrea Bertoni, intitolato Relazione de funerali celebrati dal Reuerendiss. Capitolo della Cattedrale di Ferrara il di 26 Giugno 1690 nella medema Chiesa. Per la morte dell'Eminentissimo,e Reuerendissimo Signor Card. C. di F. M. già Vescouo, Ferrara 1690. L'orazione funebre pronunciata in quell'occas. dal canonico regolare lateranense Pietro Saffi (Lo sforzo del merito. Orazione funebre in morte del eminentiss. e reverendiss. C. card. C. vescovo di Ferrara..., Ferrara 1690) presenta, in mezzo a una congerie esorbitante e ridicola di lodi del defunto, qualche notizia utile alla ricostruzione della biografia del Cerri. Su di lui vedi inoltre: C. Cartari, Advocatorum Sacri Consistorii syllabum, Alma in Urbe 1656, pp. 258, 269 s.; A. Oldoini, Athenaeum Romanum, Perusiae 1676, p. 160; A. Chacón-A. Oldoini, Vitae,et res gestae Pontificum Romanorum et S. R. E. Cardinalium..., IV, Romae 1677, coll. 792 s.; P. Mandosi, Bibliotheca Romana..., Romae 1682, pp. 202 s.; G. Baruffaldi, Dell'istoria di Ferrara, Ferrara 1700, pp. 168, 172 s., 205-207, 232, 241, 253 s., 271-275, 278 s., 293-298, 316, 324-326, 331, 332, 337, 344 s., 383, 387, 396-398, 406; V. Forcella, Iscrizioni delle chiese e d'altri edificii di Roma..., X, Roma 1877, p. 481 n. 798; G. J. Eggs, Purpura docta, III, 6, Monachii 1714, pp. 502-504; F. Ughelli-N. Coleti, Italia sacra, II, Venetiis 1717, col. 562 n. LXXIX; L. Barotti, Serie de' vescovi ed arcivescovi di Ferrara, Ferrara 1781, pp. 131 s.; L. Cardella, Memorie storiche de' cardinali della S. Romana Chiesa, VII, Roma 1793, pp. 197 s.; G. Manini Ferranti, Compendio della storia sacra e politica di Ferrara, IV, Ferrara 1808, pp. 232-238; G. Cappelletti, Le Chiese d'Italia..., IV, Venezia 1846, p. 163; A. Frizzi, Memorie per la storia di Ferrara, V, Ferrara 1848, pp. 131, 132, 141; F. Petruccelli della Gattina, Histoire diplom. des conclaves, III, Paris1865, pp. 222, 283, 287, 296, 313, 323, 325, 329, 330, 334; L. Wahrmund, Das Ausschliessungs-Recht(ius exclusivae)der katholischen Staaten Österreich,Frankreich und Spanien bei den Papstwahlen, Wien 1888, pp. 162, 163, 281, 282; E. Cerchiari, Capellani papae et Apostolicae Sedis auditores causarum Sacri Palatii Apostolici seu Sacra Romana Rota..., I, Romae 1921, pp. 235, 291, 294 n. 35, 301; II, ibid. 1920, pp. 150, 157-159 n. 482, 182, 184, 185, 331; III, ibid. 1919, pp. XVII, XXII, 356, 386, 395, 397, 399 s., 402, 404, 406, 409-411, 414, 428; B. Katterbach, Referendarii utriusque Signaturae... et praelati Signat. Supplicationum..., Città del Vaticano 1931, pp. 287, 327; H. Hoberg, Der Amtsantritt des Rotarichters Antonio Albergati(1649), in Römische Quartalschrift für christliche Altertumskunde und Kirchengeschichte, XLIX (1954), pp. 114 n. 2, 118, 120 ss.; Id., Die Diarien der Rotarichter,ibid., L (1955), pp. 50, 52; L. von Pastor, Storia dei papi, XIV, 1, Roma 1961, pp. 566 s.; 2, ibid. 1962, pp. 4 n. 3, 5 n. 2, 9 n. 3, 387, 414; A. Kraus, Das päpstliche Staatssekretariat unter Urban VIII. 1623-1644, Rom-Freiburg-Wien 1964, p. 35; G. Moroni, Diz. di erudiz. storico-ecclesiastica, XI, p. 101; R. Ritzler-P. Sefrin, Hierarchia catholica, V, Patavii 1952, pp. 5, 52, 200.